Il benessere nel mondo del lavoro e il futuro della sicurezza
Brescia, 23 Lug – In un mondo del lavoro in continuo, e fin troppo rapido, cambiamento, con le criticità connesse all’ invecchiamento della forza lavoro, alle difficoltà nel trovare un corretto equilibrio fra vita e lavoro, all’aumento, non solo in sanità, della violenza e dei comportamenti disfunzionali, è bene tornare a parlare di benessere lavorativo e di cosa si possa fare, anche nel mondo del lavoro, per migliorarlo.
Anche perché, come aveva ricordato ai nostri microfoni, la psicologa del lavoro Rosanna Gallo, spesso nei luoghi di lavoro “si sta male” e “le malattie psicosomatiche sono in aumento; lo stress riduce la prestazione lavorativa sia manuale che intellettuale ed aumenta il rischio di errori e di infortuni”. E a sottolineare l’importanza del benessere psicofisico del lavoratore è stato, in questi anni, anche l’Osservatorio Olympus e la “Fondazione Rubes Triva” con la “ Carta di Urbino per il benessere della persona che lavora”.
Proprio partendo dalla consapevolezza dell’importanza di questo tema, abbiamo deciso di intervistare l’Ing. Alessio Toneguzzo, esperto in sicurezza e presidente dell' Associazione Nazionale Ingegneri, che durante il Forum HSE 2024, svoltosi a Milano l’8 maggio 2024, ha moderato la Tavola Rotonda “Il Wellbeing nella Strategia Safety". Tavola rotonda che gli ha permesso, proprio nella sua funzione di moderatore, di interagire con diversi interlocutori e aziende che hanno fornito informazioni e possibili strumenti operativi per occuparsi di benessere nei luoghi di lavoro.
All’ingegnere, oltre ad alcune domande sulla tavola rotonda che ha moderato, con riferimento anche ai programmi TWH, poniamo poi alcune domande per conoscere la sua opinione sul futuro della prevenzione e sulle recenti novità in materia di salute e sicurezza ( accordo in materia di formazione e patente a crediti).
Perché è importante oggi parlare di wellbeing, di benessere? E cosa si può intendere, nel mondo del lavoro, con queste parole?
Quanto è importante per incidere sul benessere lavorativo implementare nelle aziende dei programmi/modelli Total Worker Health?
Ci sono approcci integrati ai rischi per la salute e la sicurezza che includono anche le “vulnerabilità” soggettive e ambientali? Ci sono dei progetti per incidere anche sul benessere di chi lavora parzialmente o completamente in remoto?
Come adattare il metodo Inail per valutare lo stress lavoro-correlato alle specificità di un'organizzazione lavorativa?
Come promuovere un invecchiamento attivo e proattivo?
Cosa ne pensa del futuro Accordo in materia di formazione? Quali sono gli aspetti positivi o negativi?
Qual è il vostro parere sulla patente a crediti?
Cosa si potrebbe e dovrebbe fare in Italia per migliorare la prevenzione e ridurre infortuni e malattie professionali?
Questi gli argomenti affrontati nell’intervista:
- Benessere e lavoro: i programmi TWH e le vulnerabilità soggettive e ambientali
- Benessere e lavoro: il rischio stress, il lavoro da remoto e l’invecchiamento
- Presente e futuro della sicurezza: l’accordo sulla formazione e la patente a crediti
Benessere e lavoro: i programmi TWH e le vulnerabilità soggettive e ambientali
Partiamo dalla scelta del tema della tavola rotonda che lei ha moderato. Perché è importante oggi parlare di wellbeing, di benessere? E cosa si può intendere, nel mondo del lavoro, con queste parole?
Alessio Toneguzzo: Ebbene sì, anche nel frenetico mondo moderno ci concediamo il lusso di parlare di wellbeing!
Chi non desidera lavoratori sereni e performanti?
Nel mondo del lavoro, il benessere è inteso come un insieme di fattori che influenzano positivamente la salute fisica, mentale ed emotiva dei lavoratori. Questo include la gestione dello stress, l'equilibrio tra vita lavorativa e personale, e il supporto per le sfide esterne al lavoro, come la disgregazione familiare o l'accudimento di genitori anziani.
Quanto è importante, a suo parere, per incidere sul benessere lavorativo implementare nelle aziende dei programmi/modelli Total Worker Health?
A.T.: L'implementazione di programmi Total Worker Health è un investimento che offre rendimenti significativi sia in termini di salute e sicurezza dei lavoratori, sia in termini di produttività e soddisfazione lavorativa.
Il concetto di Total Worker Health (TWH), sviluppato dal National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH), si basa su politiche, programmi e pratiche che mirano a migliorare il benessere fisico, mentale e sociale dei dipendenti, oltre a ridurre i rischi per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Questo approccio è più efficace rispetto a trattare la sicurezza e il benessere come elementi separati. I lavoratori che si sentono supportati e valorizzati sono più motivati e produttivi.
I programmi TWH aiutano a migliorare il morale dei dipendenti, riducendo l'assenteismo e aumentando la soddisfazione lavorativa. Ad esempio, Intesa Sanpaolo ha sviluppato progetti per migliorare il benessere dei lavoratori, come la gestione del tecnostress e la promozione della resilienza psicofisica.
I programmi TWH affrontano altresì il problema crescente dello stress lavorativo, includendo tecniche di gestione dello stress, miglioramento dell’equilibrio tra vita lavorativa e personale, e promozione di un ambiente di lavoro positivo.
La gestione dello stress è particolarmente importante nel contesto del lavoro da remoto, dove i lavoratori possono sperimentare isolamento e difficoltà di disconnessione.
Inoltre, i programmi TWH incoraggiano abitudini di vita sane, come una corretta alimentazione, attività fisica regolare e una buona igiene del sonno.
Questi elementi sono cruciali per mantenere i lavoratori in buona salute e prevenire malattie croniche che potrebbero compromettere la loro capacità lavorativa a lungo termine.
Nella tavola rotonda si è parlato di un approccio integrato ai rischi per la salute e la sicurezza che include anche le cosiddette “vulnerabilità” soggettive e ambientali. Di che tipo di approccio stiamo parlando?
A.T.: L'approccio che include le "vulnerabilità" soggettive e ambientali nei rischi per la salute e la sicurezza è un metodo integrato e personalizzato, che riconosce la complessità delle diverse situazioni lavorative e delle caratteristiche individuali dei lavoratori.
Questo tipo di approccio si basa -in primis - sulla valutazione delle vulnerabilità specifiche che possono influenzare negativamente la salute e la sicurezza dei dipendenti e - in subordine -sull'implementazione di misure mirate per affrontare queste vulnerabilità.
La vulnerabilità soggettiva è riconducibile alle differenze di età e genere (si pensi ai lavoratori più anziani che potrebbero necessitare di misure ergonomiche speciali o di pause più frequenti per evitare affaticamento e infortuni), alle malattie croniche (si pensi ai lavoratori con condizioni di salute preesistenti che richiedono adattamenti specifici sul posto di lavoro per prevenire aggravamenti della loro condizione e garantire che possano lavorare in sicurezza), e allo stato emotivo e psicologico (si pensi ai quei lavoratori che possono essere più vulnerabili a causa di problemi personali o stress lavoro-correlato).
Le vulnerabilità ambientali sono invece riferibili alle condizioni di lavoro e al contesto organizzativo. È noto a tutti che gli ambienti di lavoro devono essere progettati per minimizzare i rischi, ad esempio migliorando l'illuminazione, riducendo il rumore e garantendo una buona qualità dell'aria, così come le condizioni ergonomiche devono essere adattate per ridurre i rischi all’apparato muscoloscheletrico. Inoltre, un contesto lavorativo che promuove il supporto reciproco e la comunicazione aperta può ridurre significativamente i livelli di stress e aumentare il benessere generale.
Come è possibile incidere su queste vulnerabilità?
A.T.: Innanzitutto è essenziale condurre valutazioni regolari dei rischi che considerino sia le vulnerabilità soggettive che ambientali.
Questo può essere fatto attraverso strumenti specifici come il Work Ability Index (WAI) per valutare la capacità lavorativa e altri strumenti diagnostici per monitorare il benessere psicologico e fisico dei lavoratori. A valle delle predette valutazioni gli interventi devono essere “su misura” per le esigenze specifiche dei lavoratori.
Le azioni possono includere programmi di formazione sulla gestione dello stress, modifiche ergonomiche delle postazioni di lavoro, e politiche di flessibilità lavorativa che permettano ai lavoratori di bilanciare meglio le loro responsabilità personali e professionali.
E’ altresì possibile implementare programmi di benessere che promuovano uno stile di vita sano tra i lavoratori, come attività fisiche regolari, alimentazione sana, e tecniche di rilassamento e gestione dello stress. Programmi come quelli sviluppati da Intesa Sanpaolo, che offrono percorsi di benessere emotivo e gestione del carico cognitivo, sono esempi di buone pratiche. Interessante è altresì l’offerta di servizi di supporto psicologico e consulenza per aiutare i lavoratori a gestire lo stress e altre problematiche psicologiche (es. sessioni di counseling, gruppi di supporto e accesso a risorse di benessere mentale).
Benessere e lavoro: il rischio stress, il lavoro da remoto e l’invecchiamento
Durante l’incontro sono state fornite informazioni anche sul benessere nel lavoro ibrido? Ci sono dei progetti per incidere anche sul benessere di chi lavora parzialmente o completamente in remoto?
A.T.: Sì, durante il Forum HSE 2024 sono stati presentati vari progetti per migliorare il benessere dei lavoratori in modalità ibrida o remota.
Questi includono la promozione di un uso equilibrato della tecnologia per evitare il tecnostress, l'implementazione di programmi di benessere emotivo e cognitivo attraverso app e piattaforme digitali, e la creazione di spazi di lavoro che favoriscano la creatività e le relazioni sociali.
Una ricercatrice dell’Università di Torino si è soffermata sull’adattamento del metodo Inail per valutare lo stress lavoro-correlato alle specificità di un'organizzazione lavorativa. Quali sono le considerazioni più importanti che sono emerse?
A.T.: Non è la prima volta che si afferma che il metodo Inail per la valutazione dello stress lavoro-correlato debba essere adattato all'organizzazione. Tuttavia, sembra che questa idea sia come la dieta post-natalizia: se ne parla molto, ma pochi la seguono davvero!
Durante il forum è stato quindi ribadito che è fondamentale adattare la valutazione dello stress lavoro-correlato alle caratteristiche specifiche dell'organizzazione, includendo aspetti come la cultura aziendale, il tipo di lavoro svolto e le dinamiche interpersonali.
Così come è stato specificato che la valutazione deve essere un processo continuo e dinamico, con monitoraggi periodici per identificare eventuali cambiamenti nei livelli di stress dei lavoratori e intervenire tempestivamente. Le azioni correttive devono essere accompagnate da interventi preventivi, come la promozione del welfare organizzativo, soprattutto per ridurre i fattori di stress prima che diventino problematici.
E’ stato dato per scontato, anche se non sempre applicato, il coinvolgimento attivo dei lavoratori nel processo di valutazione e nelle soluzioni adottate, soprattutto per garantire che le misure implementate siano efficaci e accettate dal personale.
Quando si parla di benessere nel mondo del lavoro non si può non tener conto anche dell’invecchiamento della popolazione lavorativa. Come promuovere un invecchiamento attivo e proattivo?
A.T.: Ah, l'invecchiamento! Quel momento magico in cui cominciamo a chiamare "giovanotto" chiunque abbia meno di cinquant'anni e la nostra agenda si riempie più di visite mediche che di appuntamenti di lavoro.
Eppure, nonostante si parli tanto di "invecchiamento attivo", sembrerebbe che il termine "proattivo" sia stato inventato per dare un tocco più dinamico al tutto, come se aggiungere qualche lettera potesse trasformare un sessantenne in un ventenne in un batter d'occhio.
Ironia a parte, promuovere un invecchiamento attivo e proattivo richiede un approccio che integri salute, partecipazione e sicurezza ovvero che copra diversi aspetti della vita lavorativa e personale dei lavoratori “anziani”.
Le misure chiave includono:
- la prevenzione della Salute, ovvero l’implementazione di check-up periodici e monitoraggi dedicati per genere e condizioni specifiche, oltreché la promozione di stili di vita sani attraverso programmi di nutrizione e attività fisica;
- “l’adeguamento” dei Luoghi di Lavoro, ovvero il miglioramento dell'ergonomia delle postazioni di lavoro, la riduzione del carico di lavoro fisico e l’introduzione di pause brevi ma frequenti, durante la giornata lavorativa, per prevenire l'affaticamento;
- la formazione, ovvero offrire l’opportunità di formarsi e aggiornarsi per mantenere le competenze e facilitare l'acquisizione di nuove abilità, promuovendo così l'integrazione e la produttività degli anziani;
- il Supporto Sociale e Economico; vale a dire garantire risorse economiche adeguate e supporto sociale, inclusi programmi di mentoring dove i lavoratori più giovani e quelli anziani possono scambiare competenze ed esperienze.
Durante la tavola rotonda lei ha potuto conoscere diversi approcci nelle politiche di HSE finalizzate al benessere dei lavoratori. Quale ritiene possa essere un approccio attuabile nelle nostre aziende?
A.T.: A volte viene il dubbio che certe politiche di benessere aziendale e le relative iniziative siano pensate più per farci fare esercizio di stretching mentre cerchiamo di capire di cosa si tratta, che per migliorare davvero la nostra qualità di vita… come quella volta in cui il “responsabile” ha pensato che una lezione di yoga in sala riunioni fosse la soluzione perfetta per abbattere lo stress accumulato... o forse solo per farci vedere quanto fosse bravo a fare la posizione del “cane a testa in giù”.
Ad ogni modo, vediamo quale approccio può essere davvero attuabile nelle nostre aziende per il benessere dei lavoratori.
Programmi come l'app "21days" di Intesa Sanpaolo, che offre percorsi intensivi per il benessere emotivo e la gestione del carico cognitivo, sono un esempio eccellente di come si possa supportare il benessere dei lavoratori in modo concreto e pratico.
Garantire che le postazioni di lavoro siano ergonomicamente corrette è fondamentale per prevenire infortuni e migliorare il comfort dei lavoratori. Misure come sedie ergonomiche, scrivanie regolabili e strumenti di supporto visivo possono fare una grande differenza nella riduzione del rischio di infortuni muscoloscheletrici. L'ergonomia non è solo una questione di comfort, ma di prevenzione di problemi di salute a lungo termine!
Adottare politiche di lavoro flessibili che permettano ai dipendenti di bilanciare meglio le responsabilità lavorative e personali è cruciale. Il lavoro remoto e gli orari flessibili non solo aiutano a ridurre lo stress, ma migliorano anche la produttività e la soddisfazione dei lavoratori. In un mondo in cui la distinzione tra vita lavorativa e personale è sempre più sfumata, offrire flessibilità può essere un vantaggio competitivo significativo per le aziende.
Offrire opportunità di formazione continua e sviluppo professionale è essenziale per mantenere alta la motivazione e l'engagement dei lavoratori. Programmi di mentoring, per esempio, possono aiutare i lavoratori più giovani a imparare dai colleghi più esperti, creando un ambiente di apprendimento e crescita continua.
Fornire accesso a servizi di supporto psicologico è una componente fondamentale di qualsiasi programma di benessere. Gli interventi psicologici possono aiutare i lavoratori a gestire lo stress, migliorare la resilienza emotiva e affrontare problemi personali che possono influenzare la loro performance lavorativa.
Presente e futuro della sicurezza: l’accordo sulla formazione e la patente a crediti
Ne approfitto per raccogliere qualche suo commento, anche con riferimento al lavoro dell’Associazione Nazionale Ingegneri, sulla situazione attuale normativa in materia di salute e sicurezza su lavoro in Italia. Recentemente è stata diffusa una bozza di quello che sarà il futuro Accordo in materia di formazione. Cosa ne pensa? Quali sono a suo parere gli aspetti positivi o negativi?
A.T.: La normativa italiana in materia di salute e sicurezza sul lavoro: un intricato labirinto dove ogni tanto ci si perde, sperando di trovare l'uscita senza troppi intoppi.
Il D.lgs. 81/2008, è ben strutturato e “quasi “completo, ma risulta ancora complesso e difficile da applicare in modo uniforme.
Questo crea ancora qualche confusione e difficoltà interpretativa, soprattutto per le piccole e medie imprese.
Sappiamo che l'eccesso di burocrazia è un problema cronico che può creare un ambiente di lavoro dove le norme vengono rispettate più per obbligo formale che per convinzione. Snellire i processi burocratici potrebbe migliorare notevolmente l'applicazione delle normative e favorire una cultura organizzativa - e quindi una cultura della sicurezza - più proattiva.
La recente bozza dell'Accordo in materia di formazione potrebbe essere un’opportunità per fare un passo avanti, ma deve essere accompagnata da risorse adeguate e strumenti pratici.
Ovvero, abbiamo bisogno di docenti che mettano al centro il lavoratore, che sappiano la differenza tra andragogia e pedagogia, e che siano consapevoli dei processi cognitivi che i lavoratori (adulti) devono eseguire per recepire un compito educativo (vedasi la tassonomia di Bloom). In altre parole, meno teoria astratta e più applicazione pratica, con formatori che siano davvero capaci di fare la differenza.
Un’altra novità riguarda la patente a crediti. Qual è il vostro parere su questa forma di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi nei cantieri temporanei e mobili?
A.T.: Ah, la patente a crediti! Se l’ispirazione è stata presa direttamente dalla patente a punti del codice della strada, mi preoccuperei: che tristezza “comportarsi bene in cantiere” solo per non perdere crediti.
Ogni volta che c'è un'infrazione, giù di crediti!
Ironia a parte, l'idea di introdurre un sistema di qualificazione basato sui crediti è, sulla carta, molto promettente ma ha delle criticità che non possiamo ignorare. Ad esempio, la patente a crediti non considera la specificità di ciascun settore/attività, per non parlare dell’infrastruttura amministrativa (es. supporto informatico,…) necessaria per la gestione: c'è il rischio che anche questo sistema diventi l’ennesima complicazione burocratica.
In sintesi, non credo che la patente a crediti sia lo “strumento chiave” o il “deterrente corretto” per indurre a un comportamento sociale (della sicurezza) etico.
Infine, in conclusione, qual è il suo parere sulla situazione in Italia riguardo alle tutele di infortuni e malattie professionali. Cosa si potrebbe e dovrebbe fare per migliorarle?
A.T.: La situazione in Italia, riguardo alle tutele per infortuni e malattie professionali ha visto progressi significativi negli ultimi anni, ma ci sono ancora molte sfide da affrontare, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI).
Le PMI costituiscono la spina dorsale dell'economia italiana, e per loro è particolarmente difficile destreggiarsi tra le numerose regolamentazioni e i requisiti di sicurezza.
Credo che sia necessario strutturare un programma di mentoring da dedicare agli imprenditori/datori di lavoro, aumentare le collaborazioni con le associazioni di categoria, le camere di commercio e le reti di imprese per identificare e coinvolgere mentori esperti disposti a condividere la loro esperienza.
Un programma di mentoring ben strutturato può fare una grande differenza per gli imprenditori, in particolare nelle PMI. Fornendo orientamento strategico, supporto nella navigazione/applicazione delle normative (si pensi appunto alla sicurezza, l’ambiente, la privacy,…) e sviluppo delle competenze, il mentoring potrebbe aiutare gli imprenditori a superare le sfide e a far crescere le loro attività in modo sostenibile.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
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