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Gli indirizzi e-mail privati non sono pubblici, anche se reperiti su internet
“Gli indirizzi di posta elettronica non sono liberamente utilizzabili da chiunque per il solo fatto di trovarsi in rete. La vasta conoscibilità degli indirizzi e-mail che Internet consente, non rende lecito l’uso di questi dati personali per scopi diversi da quelli per i quali sono presenti on line. Gli indirizzi e-mail non sono, insomma, “pubblici” come possono essere quelli presenti sugli elenchi telefonici.”
Il principio generale è stato ribadito dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, nell’esame dei ricorsi presentati da alcuni utenti che avevano segnalato di aver ricevuto e-mail commerciali al proprio indirizzo di posta elettronica reperito in rete. (Si veda il caso presentato sul n.593 di PuntoSicuro):
Alle proteste degli utenti, le società che avevano inviato le e-mail rispondevano che non vi era stata alcuna violazione della privacy perché gli indirizzi erano stati reperiti su Internet (spesso attraverso appositi software) e che pertanto erano “pubblici”.
Di diverso parere il Garante per la privacy, che nella newsletter settimanale ha precisato che tali indirizzi non possono essere considerati “pubblici”:
“Gli indirizzi di posta elettronica non provengono, infatti, da pubblici registri, elenchi, atti o documenti formati o tenuti da uno o più soggetti pubblici e non sono sottoposti ad un regime giuridico di piena conoscibilità da parte di chiunque.
La circostanza che l’indirizzo e-mail sia conoscibile di fatto, anche momentaneamente, da una pluralità di soggetti non lo rende, infatti, liberamente utilizzabile e non autorizza comunque l’invio di informazioni, di qualunque genere, anche se non specificamente a carattere commerciale o promozionale, senza un preventivo consenso.”
L’Autorità sottolinea che l’eventuale disponibilità in Internet di indirizzi di posta elettronica, anche se resi conoscibili dagli interessati per certi scopi (ad esempio su un sito istituzionale o anche aziendale) attraverso siti web o newsgroup, va “rapportata alle finalità per cui essi sono pubblicati sulla rete”.
“Per poter inviare e-mail senza violare la privacy degli utenti web è obbligatorio, dunque, ottenere prima il loro consenso.”
Il principio generale è stato ribadito dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, nell’esame dei ricorsi presentati da alcuni utenti che avevano segnalato di aver ricevuto e-mail commerciali al proprio indirizzo di posta elettronica reperito in rete. (Si veda il caso presentato sul n.593 di PuntoSicuro):
Alle proteste degli utenti, le società che avevano inviato le e-mail rispondevano che non vi era stata alcuna violazione della privacy perché gli indirizzi erano stati reperiti su Internet (spesso attraverso appositi software) e che pertanto erano “pubblici”.
Di diverso parere il Garante per la privacy, che nella newsletter settimanale ha precisato che tali indirizzi non possono essere considerati “pubblici”:
“Gli indirizzi di posta elettronica non provengono, infatti, da pubblici registri, elenchi, atti o documenti formati o tenuti da uno o più soggetti pubblici e non sono sottoposti ad un regime giuridico di piena conoscibilità da parte di chiunque.
La circostanza che l’indirizzo e-mail sia conoscibile di fatto, anche momentaneamente, da una pluralità di soggetti non lo rende, infatti, liberamente utilizzabile e non autorizza comunque l’invio di informazioni, di qualunque genere, anche se non specificamente a carattere commerciale o promozionale, senza un preventivo consenso.”
L’Autorità sottolinea che l’eventuale disponibilità in Internet di indirizzi di posta elettronica, anche se resi conoscibili dagli interessati per certi scopi (ad esempio su un sito istituzionale o anche aziendale) attraverso siti web o newsgroup, va “rapportata alle finalità per cui essi sono pubblicati sulla rete”.
“Per poter inviare e-mail senza violare la privacy degli utenti web è obbligatorio, dunque, ottenere prima il loro consenso.”
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