Rischio incendio in edilizia: fonti di rischio e materiali infiammabili
Roma, 28 Giu – In materia di rischio incendio ed esplosione il settore edile va annoverato tra quelli più rischiosi e con un alto indice infortunistico sia in termini di frequenza che di gravità.
Ad esempio delle conseguenze di questi fattori di rischio si può fare riferimento anche “agli ingenti danni provocati al patrimonio artistico e culturale mondiale a causa di alcuni incendi che si sono sviluppati durante i lavori di restauro di alcuni edifici di pregio”, ad esempio con riferimento alla Cappella Guarini del Duomo di Torino o alla Cattedrale Notre Dame de Paris.
A ricordare questi esempi e a soffermarsi ampiamente su questi rischi è il documento “ Rischio incendio ed esplosione in edilizia. Prevenzione e procedure di emergenza” che nasce dalla collaborazione tra Inail e Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e che riporta utili indicazioni operative per la gestione delle emergenze e della sicurezza antincendio nel settore dell’edilizia.
In relazione al contenuto del documento oggi analizziamo i seguenti argomenti:
- L’individuazione delle fonti di rischio incendio ed esplosione
- Rischio incendio in edilizia: i materiali combustibili solidi
- Rischio incendio: sostanze infiammabili liquide e prodotti combustibili gassosi
L’individuazione delle fonti di rischio incendio ed esplosione
Il documento ricorda che il rischio d’incendio generalmente “è legato alla probabilità che possa attivarsi un fenomeno di combustione e che tale combustione, non essendo controllata e svolgendosi in uno spazio non appositamente destinato a contenerla, si trasformi in incendio”. E la combustione a sua volta “dipende dalla combinazione di almeno tre elementi che definiscono il cosiddetto triangolo del fuoco e cioè il materiale combustibile, il comburente (normalmente l’ossigeno presente nell’aria) che, legandosi al combustibile, lo ossida e la sorgente d’innesco o di energia che permette di far raggiungere al materiale combustibile una temperatura tale da consentire il legame di ossidazione”.
Riprendiamo dal documento una utile tabella che riporta i valori di temperatura a cui devono essere portati alcuni materiali per poter iniziare spontaneamente il processo di combustione:
Si ricorda poi la definizione di temperatura di infiammabilità, “proprietà associata ai liquidi infiammabili, definibile come la più bassa temperatura alla quale i vapori formano con aria una miscela infiammabile”. E se in funzione della velocità della reazione di ossidazione e della conseguente produzione di fumi, gas, fiamme e calore “si possono registrare diverse tipologie di combustione”, il documento si sofferma su incendio e esplosione, “fenomeni nei quali i citati prodotti della reazione sono influenti ai fini della sicurezza delle persone e dei beni, per il calore sviluppato e, nel caso dell'esplosione, per l'effetto della sovrappressione generata dalla rapida produzione di fumi e gas”.
Il documento presenta poi diversi materiali combustibili e infiammabili in edilizia segnalando che i materiali che possono prendere fuoco “sono più o meno pericolosi in funzione di alcune caratteristiche. La prima di tali caratteristiche riguarda lo stato di aggregazione del materiale che può essere solido, liquido o gassoso. Ad ogni stato di aggregazione, unitamente ad alcuni parametri fisici, corrisponde un diverso grado di pericolosità che si esplica sia nella ‘facilità’ con cui il materiale può iniziare a bruciare che nella velocità con cui il materiale brucia”. E conseguenza diretta della velocità di combustione è “la velocità con cui vengono sprigionati fumi, gas pericolosi, calore e fiamme, prodotti che arrecano danno all’uomo, alle strutture e all’ambiente”.
Rischio incendio in edilizia: i materiali combustibili solidi
Nei materiali combustibili solidi - che “sono visibili e quindi ben percepibili dall’uomo” - per poter iniziare la combustione “la fonte d’innesco (es.: fiamma libera) deve andare a contatto con il materiale”.
Si segnala che “la quantità di energia necessaria per iniziare la combustione è legata, oltre che alla natura chimica del materiale” (escludendo gli esplosivi):
- “alla superficie di contatto/scambio che il materiale, a parità di massa, garantisce con l’aria. In tal senso più il materiale è piccolo, più ha forma sottile, più è poroso meno energia è necessaria per riscaldare il materiale e quindi iniziare la combustione;
- all’umidità del materiale, è abbastanza intuitivo che minore è il contenuto d’acqua (materiale più secco) meno energia è necessaria per riscaldare il materiale e quindi iniziare la combustione”.
Tali parametri influenzano anche “la velocità con cui la combustione procede nel materiale, nel senso che, normalmente, più è bassa l’energia necessaria per iniziare la combustione più sarà veloce la combustione all’interno del materiale”. Ma la velocità è influenzata anche da altri fattori:
- “dalla ventilazione e quindi dall’apporto di più o meno ossigeno sulla superficie di scambio con la conseguente ossidazione del materiale;
- dalla disposizione spaziale, il materiale disposto verticalmente brucia più velocemente rispetto allo stesso materiale in posizione orizzontale, questo perché i citati prodotti della combustione (fumi, gas pericolosi, calore e fiamme) essendo molto ‘caldi’ nella prossimità del fuoco si spostano verso l’alto”.
Con riferimento all’edilizia, nelle varie fasi del cantiere, si riportano alcuni esempi di situazioni a rischio d’incendio in relazione a tali materiali:
- “incendio dell’involucro esterno che racchiude il ponteggio perimetrale di edifici in ristrutturazione. Il materiale che normalmente si utilizza è una rete o telo in plastica che raccoglie alcune delle caratteristiche descritte e che facilitano sia l’accensione sia la velocità di propagazione: materiale sottile, con elevato rapporto superficie contatto aria/massa, idrofobo, disposizione verticale, condizioni di aerazione favorite”.
- costruzioni in legno o comunque utilizzo di questo materiale per la realizzazione di impalcature, casseforme, ecc.: “sia il deposito ma soprattutto le polveri che si generano a seguito del taglio rappresentano una situazione da tenere in debito conto nella valutazione del rischio d’incendio. Le polveri di legno in particolare contemplano molte delle caratteristiche che facilitano il fenomeno della combustione e in determinate condizioni possono portare a fenomeni molto veloci (deflagrazioni). In particolare l’energia d’innesco necessaria è così bassa che concentrazioni di polvere in aria possono essere accese da piccoli archi elettrici e la velocità di combustione è molto elevata”;
- “i materiali per isolamento termico, sia esterni (cappotto) che racchiusi in intercapedine, quest’ultimi in alcune fasi del cantiere, rappresentano materiali da ‘attenzionare’ ai fini del rischio d’incendio”.
Rischio incendio: sostanze infiammabili liquide e prodotti combustibili gassosi
Il documento si sofferma poi sulle sostanze infiammabili liquide.
In questo caso per iniziare la combustione “la fonte d’innesco (es.: fiamma libera) non deve necessariamente trovarsi a contatto con il materiale; ad esempio, se dal contenitore del combustibile si verifica una perdita in fase liquida, o per evaporazione, esso può spostarsi a notevole distanza dalla posizione iniziale ponendosi a contatto con eventuali fonti d’innesco.”
Nel caso dei liquidi – continua il documento – “dovendo garantire comunque il legame combustibile comburente (ossigeno dell’aria), sono i vapori che bruciano e quindi affinché la combustione possa iniziare il liquido deve evaporare formando una miscela in aria. La quantità di energia necessaria per iniziare la combustione è in tal caso molto più bassa rispetto a quanto normalmente necessaria per i solidi e quindi i parametri che entrano in gioco sono altri. Innanzitutto è da specificare che condizione necessaria perché una miscela di vapori combustibili in aria bruci deve stare in un range di concentrazioni che dipendono dalla composizione chimica della sostanza”.
Il documento si sofferma poi, con alcune tabelle, sul campo di infiammabilità e sulle temperature di infiammabilità di alcuni liquidi combustibili come gasolio e benzina e si indica che se la benzina è più pericolosa del gasolio, “la sua pericolosità è soprattutto legata al fatto che la temperatura d’infiammabilità è più bassa rispetto alla temperatura standard, alla quale ordinariamente si svolgono le attività umane, e quindi, se evapora, è pronta ad incendiarsi”.
Riportiamo, infine, alcune indicazioni relative ai prodotti combustibili gassosi.
Si indica che anche per i gas combustibili “la quantità di energia necessaria per iniziare la combustione è molto bassa. Continua ad avere influenza il campo di infiammabilità di cui si riportano valori” per gas d’interesse:
Si ricorda che il rischio dei gas combustibili “è legato alle modalità con cui vengono trasportati e conservati”. E si segnala, infine, che “la necessità di avere quantitativi commercialmente validi, unitamente alla natura del gas, contempla:
- gas compressi a pressioni molto elevate (oltre 100 atmosfere), rispetto a quella atmosferica, in contenitori mobili, es.: il metano in bombole o carri bombolai;
- gas liquefatti come il GPL che si conserva in forma liquida nelle bombole o in serbatoi fissi a pressioni non molto elevate (da 2 a 10 atmosfere) rispetto a quella atmosferica;
- gas disciolti come l’acetilene, molto instabile, e a pressioni non molto elevate (da 15 a 19 atmosfere) rispetto a quella atmosferica
- ossigeno in bombole”.
In particolare le “miscele di gas combustibile richiedono energia d’innesco necessaria molto bassa e la velocità di combustione è molto elevata”.
È poi importante evidenziare, ai fini della completa individuazione del rischio d’incendio, “il comportamento che i gas possono assumere in aria una volta che fuoriescono dai sistemi di contenimento (tubazioni, serbatoi, bombole). Nello specifico ci si riferisce alla densità del gas rispetto all’aria per cui alcuni gas, come i GPL, essendo più pesanti dell’aria tendono a disporsi in basso e se trovano aperture a pavimento si possono depositare pericolosamente anche in vani interrati (piani interrati, canali, fosse di lavorazione) mentre altri, come il metano, essendo più leggeri dell’aria, tendono a disporsi verso l’alto e se hanno la possibilità si disperdono verso il cielo lontano dagli ambienti e spazi con possibile presenza di persone”.
E chiaramente si deduce che “la prima famiglia di gas, i più pesanti rispetto all’aria, risultano molto più pericolosi rispetto ai secondi”.
Ricordiamo, in conclusione, che il documento si sofferma anche su varie fonti di rischio come i rischi elettrici, i lavori a caldo e le lavorazioni con uso di materiale esplosivo da cantiere.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione, “ Rischio incendio ed esplosione in edilizia. Prevenzione e procedure di emergenza”, documento realizzato in collaborazione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, a cura di Giovanni Luca Amicucci, Beatrice Conestabile Della Staffa, Francesca Maria Fabiani, Daniela Freda, Alessandro Ledda, Donato Lancellotti, Barbara Manfredi, Federica Paglietti, Arcangelo Prezioso, Giovanna Ricupero, Alessio Rinaldini, Raffaele Sabatino, Maria Teresa Settino, Fabrizio Baglioni, Armando De Rosa, Federico Lombardo, Andrea Marino, Fabio Mazzarella, Francesco Notaro, Antonio Petitto, Amalia Tedeschi – Collana Ricerche - edizione 2020 (formato PDF, 4,70 MB).
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