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Le conseguenze del decreto 151/2011 sulle strutture alberghiere

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Prevenzione incendi

05/11/2012

Dubbi sulla coerenza del quadro normativo relativo ad alcune novità introdotte dal DPR 151/2011 e alla loro applicazione alle strutture alberghiere. Il caso di un albergo, la mancata semplificazione e la classificazione del rischio d’incendio.

 
 
Cagliari, 5 Ott – A volte la convergenza di diverse normative su uno stesso oggetto può produrre incertezza, in particolar modo quando le normative non sono adeguatamente coordinate fra loro.
È il caso, secondo l’Ing. Giorgio Demontis (ESSEI Servizi srl), della normativa relativa al rischio incendio, con particolare riferimento al Decreto n. 151 del primo agosto 2011 - regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi – e alla classificazione ABC.
 
L’autore ne parla in un articolo presentato sul numero 120 (aprile/maggio/giugno 2012) della rivista “ Informazione”, pubblicata dall’ Ordine degli ingegneri della provincia di Cagliari.
 
In “ La classificazione ABC introdotta dal DPR 151/2011 e la sua applicazione alle strutture alberghiere. Dubbi sulla congruenza tra interpretazione istituzionale e intero quadro normativo” l’Ing. Demontis ricorda che il DPR 151/2011 indica che le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi si distinguono nelle categorie A, B e C, come individuate nell’Allegato I in relazione alla dimensione dell’impresa, al settore di attività, alla esistenza di specifiche regole tecniche, alle esigenze di tutela della pubblica incolumità.
Se nel DPR 151/2011 non sono esplicitate relazioni delle tre categorie con i rischi, il fatto che la gravità del rischio sia alla base della classificazione A, B, C, “risulta poi ripresa nella circolare 4865 del 5 ottobre 2011 e nella circolare 13061 del 6 ottobre 2011, ove si fa presente che nella classificazione è stato utilizzato il principio di proporzionalità con riguardo alla gravità del rischio, alla natura giuridica del soggetto destinatario delle norma e alla dimensione delle attività”.
 
Per comprendere come sia affrontato il problema del rischio incendio dalle norme tecniche di prevenzione incendi, l’articolo presenta il caso di un albergo.
 

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Viene dunque preso come esempio il caso di un albergo “realizzato a ridosso del 1996, con 150 posti letto, altezza antincendio contenuta entro 6 m, 1.500 mq di superficie, con sviluppo orizzontale, adagiato su una collina che degrada verso la spiaggia. I livelli fuori terra sono due, il numero dei piani fuori terra risulta uno. L’albergo ha la maggior parte delle camere con ingresso da loggiati aperti. La configurazione è quella tipica degli alberghi delle coste sarde nord-orientali, caratterizzati da sviluppo prevalente orizzontale in quanto adagiati su un versante affacciato sul mare”.
Segnalando che la regola tecnica vigente, il DM del 9 aprile 1994, “non è allineata con la definizione di rischio incendio data dal DM 98” ( DM del 10 marzo 1998), l’autore fa un’analisi delle prescrizioni e si sofferma sulla classificazione normativa del rischio incendio degli alberghi con riferimento ai disposti del DM 98 all’allegato I - Linee guida per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro.
È poi sufficiente una comparazione fra il DM 98 ed il DPR 151/2011 per comprendere come la classificazione del rischio incendio (basso, medio e alto) di uno stesso albergo possa differire alla luce dei due decreti.
L’articolo fornisce ulteriori informazioni sul rischio incendio negli alberghi attraverso una comparazione con quanto contenuto nel DM 94 e con riferimento a estintori, lunghezza delle vie di fuga, rete di idranti (in riferimento alla Uni 10779:2007), impianti di rilevazione incendi, ...
 
Rimandandovi alla lettura integrale dell’articolo, ricco di tabelle esplicative, veniamo ad alcune riflessioni dell’autore.
 
Intanto vista dal lato utente, “la quantità degli adempimenti ai fini antincendio per le attività alberghiere non risulta cambiata, posto che in fondo i documenti, gli elaborati da presentare al comando, i disposti antincendio da rispettare sono rimasti di fatto gli stessi”. In particolare se in Sardegna “il numero medio di posti letto per struttura risulta pari a 113 nell’anno 2009”, “non risultano particolari semplificazioni degli adempimenti per le attività sopra i 50 posti letto”. Inoltre “parte degli alberghi, quelli fra 100 e 500 posti letto, spenderanno mediamente di più, sia per gli adempimenti amministrativi che per i nuovi costi legati alla neoclassificazione del rischio incendio”. La SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) non ha poi “introdotto formalmente sostanziali snellimenti burocratici per l’utente: da tempo si faceva la dichiarazione di inizio attività (DIA, modello PIN 4-2004), con decorrenza immediata così come la SCIA”. Sono tuttavia cambiate le procedure di presentazione e viene segnalato il costo crescente del SUAP ( Sportello Unico per le Attività Produttive).
 
Dunque l’operazione di semplificazione, almeno per le attività alberghiere, “appare principalmente una rimodulazione amministrativa e non risulta in realtà avere alcuna attinenza coi livelli di rischio, peraltro neanche sfiorati nel testo del DPR 151/2011”.
Inoltre la “rivalutazione implicita dei livelli di rischio presente nei documenti ufficiali del ministero”, comporterà per l’albergo in esame, qualora esplicitata, “una serie di conseguenze onerose; se ne elencano alcune:
- necessità di eseguire nuovi corsi di formazione in quanto il corso tipo B (rischio medio, da 8 ore) non sarà più adeguato, risulterà necessario il corso C da 16 ore;
- necessità di adeguare il documento della valutazione dei rischi in funzione della nuova classificazione di rischio;
- adeguamento degli estintori: il 21A-113BC ogni 100 mq non sarà più utilizzabile, sarà richiesto un 34 A 233Bc ogni 100 mq; il 34A-233 BC ogni 150 mq dovrà essere integrato, occorrerà un nuovo estintore ogni 2, passando a 100 mq;
- ridefinizione delle lunghezze massime dei percorsi di esodo; la lunghezza massima si ridurrà da 40 m a 30 m, un parsec, introducendo la necessità di modifiche non pensate nell’assetto progettuale dell’edificio, talvolta non attuabili;
- diversa classificazione assicurativa, passando da rischio medio a rischio alto”.
 
L’articolo si conclude sottolineando che “alla legge risultano legate due anime, una tecnica ed una non tecnica”.
“Peraltro il problema della rimodulazione delle tariffe, fatto non tecnico, non aveva la stretta necessità di scomodare ed associare il concetto di rischio, legato alla stesura delle regole tecniche”. E la “modifica dei livelli di rischio genera milioni di euro di spesa”.
Quanto osservato potrà acquistare un senso solo in chiave propedeutica all’abolizione o alla futura modifica del Decreto Ministeriale 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro”.
 
 
 
 
La classificazione ABC introdotta dal DPR 151/2011 e la sua applicazione alle strutture alberghiere. Dubbi sulla congruenza tra interpretazione istituzionale e intero quadro normativo”, a cura dell’Ing. Giorgio Demontis (ESSEI Servizi srl), articolo presentato sul numero 120 (aprile/maggio/giugno 2012) della rivista “Informazione”, pubblicata dall’Ordine degli ingegneri della provincia di Cagliari (formato PDF, 392 kB).
 
 
 
RTM


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Rispondi Autore: Claudio Nini - likes: 0
05/11/2012 (09:02:35)
Mi sembra quantomeno inverosimile che in un albergo si possa ipotizzare un rischio di incendio alto come in uno stabilimento petrolchimico...per quanto la notizia possa provenire da un esponente certamente autorevole io sentirei altre "campane"....
Rispondi Autore: Giorgio Demontis - likes: 0
28/06/2013 (08:46:36)
Difatti nell'articolo si esplicita che la classificazione a livello C, rischio elevato) è un accrocchio amministrativo (Anima ma non tecnica) che
nulla ha a che vedere con il livello di rischio
A conferma di cio sullo stesso argomento ho scrittoun altro articolo-
Stima del rischio incendio su base statistica nelle strutture alberghiere italiane, dove si rileva che, in base all'evidenza e con le misure attualmente in essere, gli alberghi sono strutture sicure.

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