L’impatto della quinta rivoluzione industriale: tecnologie e organizzazione
Si è cominciato a parlare di Industry 4.0 alla Fiera di Hannover del 2011 indicando con questa espressione l’insieme integrato di esseri umani, oggetti e sistemi che creano una rete digitale e interconnessa tra imprese, coinvolgendo l’intera filiera produttiva, capace di auto – organizzarsi e di ottimizzarsi in tempo reale: il tutto allo scopo di creare maggior valore attraverso l’incremento della competitività” .
Il 4.0 è arrivato “ufficialmente” in Italia il 21 settembre 2016 con la presentazione del Piano Industria 4.0, noto anche come Piano Calenda e ha aperto una nuova fase industriale caratterizzata dall’utilizzo da parte del sistema produttivo di un flusso ininterrotto di innovazioni tecno – scientifiche.
Le nuove tecnologie (sistemi cyber-fisici, internet delle cose e intelligenza artificiale) sono state introdotte sul territorio nazionale a macchia di leopardo e hanno prodotto effetti disomogenei. Soprattutto, forse proprio a causa dell’accelerazione impressa al cambiamento, non c’è stato (o non è stato reso percepibile) lo sforzo di conciliare le esigenze produttive con le ricadute che esso ha sulle persone, sulla società e sull’ambiente.
L’evoluzione del 4.0 in 5.0 o “ quinta rivoluzione industriale” è costituita proprio dalla ricerca di detta conciliazione. La Commissione Europea ha presentato nel gennaio 2022 il documento “Industry 5.0” verso una industria europea sostenibile, humancentric e resiliente volto a promuovere un approccio produttivo eco-compatibile per il benessere del pianeta e delle future generazioni.
Concretamente la quinta rivoluzione industriale dovrebbe perseguire il benessere dell’uomo e di conseguenza avere alla sua base, in accordo con i dettati dell’Agenda 2030:
- la responsabilità sociale d’impresa con una focalizzazione specifica sulle condizioni di lavoro e sull’impatto economico e sociale delle attività produttive sulle comunità locali.
- L’economia circolare, spingendo le aziende a ripensare il ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione alla fine del loro utilizzo, promuovendo la creazione di prodotti duraturi, riparabili e completamente riciclabili.
- L’adozione di processi che minimizzino l’impatto ambientale attraverso l’efficientamento energetico, l’uso di materiali sostenibili e il riciclo dei rifiuti.
- La produzione sostenibile e personalizzata che, attraverso l’integrazione di tecnologie intelligenti ottimizzi l’uso delle risorse di energia e di materiali e riduca gli sprechi, grazie a sistemi di monitoraggio in tempo reale e algoritmi predittivi.
Per quanto riguarda in particolare salute e sicurezza, l’attenzione alle persone, indicata come uno degli assi portanti del 5.0, impegna a rileggere l’impatto che l’introduzione delle nuove tecnologie ha sulle persone.
Di conseguenza non ci si può limitare a presupporre che le ricadute di esse siano necessariamente positive, come, ottimisticamente, faceva la Circolare n. 4/E del 30/03/2017 del Ministero dello sviluppo economico che sosteneva “i vantaggi più evidenti della quarta rivoluzione industriale possono sintetizzarsi anche in una maggiore sicurezza attraverso una migliore interazione e agilità di interfaccia uomo-macchina che rende possibile una significativa riduzione di errori e infortuni, un miglioramento della sicurezza e della ergonomia del luogo di lavoro” e ancora “Sistemi di produzione che supportano e assistono gli operatori nello svolgimento delle loro mansioni portano a una riduzione dello stress lavoro-correlato e al superamento di alcuni limiti in termini di disponibilità del personale già adeguatamente formato, di invecchiamento della forza lavoro, di maggior integrazione di lavoratori con disabilità”.
Occorre invece verificarne gli effetti reali non solo attraverso la revisione del DVR, atto dovuto a fronte dell’introduzione di nuove tecnologie o di una nuova organizzazione del lavoro, ma anche attraverso un confronto puntuale con lavoratrici e lavoratori che al loro effetto sono sottoposti.
Di particolare interesse è indagare le possibili ricadute in termini di stress, tecnostress e fatica mentale, nel caso in cui le nuove modalità di lavoro comportino
- un aumento del contenuto cognitivo
- un aumento della polivalenza
- un’esigenza diffusa di flessibilità produttiva
- l’aumento del lavoro in team, soprattutto formalizzati
- la condivisione della mansione
- l’automatizzazione del lavoro
- il supporto di computer collegati in rete e in cloud
Peraltro l’elenco stesso dei fattori di rischio stress lavoro correlati attualmente in uso dovrebbe essere rivisto e ampliato comprendendo quelli derivanti dalla nuova organizzazione del lavoro.
Renata Borgato
I documenti citati nell’articolo:
Commissione europea - Industry 5.0: A Transformative Vision for Europe (formato PDF, 725 kB)
Ministero dello sviluppo economico - Circolare n. 4/E del 30/03/2017 (formato PDF, 1.20 MB)
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