Tecnologia e interazione uomo-macchina: si possono prevedere gli usi scorretti?
Roma, 23 Ott – L’evoluzione e trasformazione digitale, come ricordato spesso anche dai documenti della campagna europea 2023-2025 “ Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”, ha portato all’introduzione di numerose macchine tecnologicamente avanzate nel sistema produttivo, “molte delle quali, oggi, interagiscono con l’operatore, non lo sostituiscono”.
Infatti il problema è che se finora “il rischio di contatto con elementi mobili della macchina era sostanzialmente gestito con la separazione fisica tra la macchina e il lavoratore riducendo lo stesso alle fasi necessarie di interazione (es. manutenzione, attrezzaggio e programmazione)”, oggi, “soprattutto in presenza di macchine autonome o semiautonome, l’interazione è non solo inevitabile ma la ragione stessa del sistema uomo-macchina”. E, per “l’elevata flessibilità e configurabilità dei sistemi produttivi con cui l’operatore si interfaccia e in cui l’operatore stesso concorre, con le sue specificità, all’uso del sistema, la stima dei comportamenti umani, sebbene complessa, diventa indispensabile”.
A ricordarlo è una recente scheda informativa, un factsheet predisposto dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’ Inail, dal titolo “Interazione uomo-macchina. L’uso scorretto può essere ragionevolmente prevedibile?” e a cura di D. Freda, A. Ferraro, L. Di Donato, A. Biagi (Inail).
Nel presentare la scheda, l’articolo affronta i seguenti argomenti:
- L’interazione uomo-macchina e il nuovo documento Inail
- L’evoluzione digitale e l’approccio antropocentrico
- L’interazione uomo-macchina e l’impianto normativo
L’interazione uomo-macchina e il nuovo documento Inail
Il factsheet ribadisce, nelle premesse, che se il saper predire l’ uso scorretto ragionevolmente prevedibile è un obiettivo importante, la valutazione del rischio dell’interazione uomo-macchina, “specie in presenza di macchine autonome e semiautonome, è resa complessa dalla variabilità delle configurazioni possibili e dei comportamenti umani”. E gli esempi di “uso scorretto ragionevolmente prevedibile” che sono suggeriti dalla normativa tecnica “sono indubbiamente comportamenti possibili durante l’uso della macchina ma non chiaramente contestualizzabili a tipiche configurazioni di interazione”.
Partendo da queste considerazioni il lavoro presentato nel documento “ha messo a fuoco gli stati cognitivi a cui sono ascrivibili comportamenti involontari, usi scorretti o ragionevolmente prevedibili, nella convinzione che una progettazione vincente in termini di sicurezza deve tendere a finalizzare un’interazione che attivi stati cognitivi scientificamente associabili alla performance dell’operatore”.
E tale conoscenza permette al progettista “di gestire il rischio di uso scorretto ragionevolmente prevedibile con un nuovo approccio”.
L’evoluzione digitale e l’approccio antropocentrico
Riguardo poi alla trasformazione digitale e in relazione alla indispensabile stima dei comportamenti umani, si segnala che “essendo nota la variabilità delle relazioni (e conseguenze) tra stress mentale e fattori individuali (UNI 10075-1) che influenza il comportamento, un’alternativa valida è aggirare la difficoltà diagnostica e affrontare il problema da un altro punto di vista: individuare i costrutti cognitivi coinvolti (processi attentivi) e i relativi antecedenti (ciò che li innesca), che possono favorire comportamenti associabili ad usi scorretti e progettare per evitare tali costrutti”.
Gli autori indicano che gli studi hanno evidenziato che “la performance è dipendente dallo stato cognitivo associabile alla condizione di comfort”. Ed è “pronosticabile” che l’eventuale errore umano associabile al comportamento involontario o uso scorretto ragionevolmente prevedibile “si verifichi quando, durante l’interazione con la macchina, il lavoratore si trova in condizioni di discomfort”.
In particolare, adottare un approccio antropocentrico significa “progettare la macchina” per ridurre la probabilità di uno sforzo cognitivo (strain cognitivo) durante il “task” e, conseguentemente, “prevenire l’uso scorretto invece che stimarne la possibilità e intervenire a valle per gestire il rischio”.
In questo senso “mettere a fuoco i costrutti cognitivi diversi dallo stato di comfort ovvero di massima performance”, è un’opportunità per “aumentare il livello di sicurezza”.
L’interazione uomo-macchina e l’impianto normativo
La scheda si sofferma anche sull’impianto legislativo e normativo che è finalizzato a “tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, prescrivendo il rispetto di requisiti di progetto al fine di prevenire infortuni ai danni dei lavoratori che operano con macchine”.
In particolare, come ricordato spesso nei nostri articoli, la direttiva macchine, come anche il Regolamento UE 2023/1230, prescrivono che “il prodotto immesso sul mercato o comunque messo in servizio nel territorio europeo rispetti detti requisiti minimi attraverso una valutazione dei rischi che il fabbricante deve realizzare. Questa valutazione prevede la definizione a monte dei limiti d’uso della macchina, il che comprende l’uso previsto e l’ uso scorretto ragionevolmente prevedibile”.
E, malgrado gli aspetti soggettivi connessi agli aggettivi “prevedibile” e “ragionevole” e al fatto che “ciò che è ragionevole e ciò che non lo è” è in continua evoluzione, la progettazione della macchina da parte del fabbricante deve “tener in considerazione l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile da parte dell’utilizzatore finale, adottando accorgimenti progettuali e, dove necessario, anche specifici mezzi tecnici per gestire i rischi connessi”.
La scheda si sofferma anche sulla norma UNI EN ISO 12100 che “fornisce un elenco esemplificativo di comportamento involontario dell’operatore o uso scorretto ragionevolmente prevedibile della macchina”.
Riprendiamo dal documento la raccolta di questi esempi:
Si segnala poi che il Rapporto Tecnico UNI ISO/TR14121-2 suggerisce, “per garantire che siano identificati tutti gli usi - inclusi quelli scorretti ragionevolmente prevedibili - di mettere in comunicazione tra loro i fabbricanti/fornitori e gli utilizzatori del macchinario”. E su questa linea, “la norma UNI EN ISO 14119 introduce ed evidenzia l’importanza del coinvolgimento dell’operatore della macchina per individuare eventuali usi scorretti (che portano ad esempio ad una neutralizzazione di un dispositivo di protezione) che possono essere dunque ragionevolmente prevedibili”. Viene proposta nell’allegato H una “check list per la valutazione della motivazione alla neutralizzazione dei dispositivi di interblocco”.
Nel Rapporto Tecnico UNI ISO/TR 14121-2 è suggerito anche di “prendere in considerazione i modi più semplici o più veloci per eseguire un’attività, il comportamento riflesso davanti a un malfunzionamento, un incidente o un guasto, nonché l’errore umano”. E la probabilità con cui questi comportamenti si possono realizzare “è funzione di molti aspetti (organizzazione, formazione dell’operatore, caratteristiche dell’interfaccia, etc.)”.
Tuttavia – concludono gli autori – “non vi sono indicazioni operative nelle norme tecniche né per identificare né per valutare il rischio”. E riguardo agli aspetti strettamente connessi alla richiesta di impegno cognitivo del sistema, “non sono disponibili procedure o protocolli a supporto del fabbricante, né del datore di lavoro anche perché, come è noto, le variabili del sistema sono molteplici”.
Tra l’altro, nel caso di macchine autonome e semiautonome collaborative, “i dati acquisibili e confrontabili tra i diversi stakeholder sono relativamente pochi essendo queste macchine di recente diffusione nonché scarsamente utilizzabili a causa della flessibilità e variabilità degli scenari”.
Concludiamo rimandando alla lettura integrale del documento che si sofferma sul possibile cambiamento di approccio (“da macchinocentrico a umanocentrico”), sugli stati cognitivi, sul degradamento della performance e sugli errori (mind wandering, effort withdrawal, perseveranza, cecità e sordità inattentiva, …).
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ Interazione uomo-macchina. L’uso scorretto può essere ragionevolmente prevedibile?”, a cura di D. Freda, A. Ferraro, L. Di Donato, A. Biagi (Inail), Factsheet edizione 2024 (formato PDF, 372 kB).
Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ L’uso scorretto ragionevolmente prevedibile e l’interazione uomo-macchina”.