
Responsabilità penale: tutela della salute e della sicurezza nel codice penale

Sicuramente il codice penale, la codificazione e la principale raccolta di norme in materia di diritto penale nell'ordinamento italiano, non è di facile lettura, anche se alcune parti fanno riferimento specifico anche al tema degli infortuni sul lavoro.
Un nostro lettore, il Dott. Giuseppe Frisenda - attualmente EQ resp. a supporto delle Emergenze presso Regione Calabria, Dipartimento Protezione Civile, Settore Pianificazione , gestione e superamento dell’emergenza - cerca di raccontare alcuni aspetti del codice nel contributo dal titolo “Responsabilità penale: la tutela della salute e della sicurezza nel codice penale”.
Il contributo si sofferma sul titolo VI (Libro secondo - Dei delitti in particolare) e sugli artt. 437 (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) e 451 c.p. (Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro) anche con riferimento al D.Lgs. 81/2008.
Responsabilità penale: la tutela della salute e della sicurezza nel codice penale
Il codice penale, nel titolo VI, che si occupa dei Delitti contro l’incolumità pubblica, incorpora tutta una serie di comportamenti accomunati da una caratteristica peculiare: provocano un pericolo o un danno contraddistinto da una potenza diffusiva tale da coinvolgere potenzialmente un numero indeterminato di persone, non identificabili in via preventiva.
Questi sono i reati comune di pericolo, ciò che li contraddistingue, infatti, è il fatto che tendono a proiettare le conseguenze lesive creando pericoli per una platea indeterminata.
I reati in questione, e in particolare i reati di pericolo presunto, sono oggetto di forte discussione in seno alla Corte Costituzionale per il dubbio rapporto con il principio di colpevolezza; si crea in questi casi una differenza, difficilmente colmabile, tra fatto tipico e pericolo reale a cui è esposto il bene, per questo diversi orientamenti giurisprudenziali provano, attraverso le loro attività interpretative, a ridurre queste differenze.
In questo contesto gli artt. 437 e 451 c.p. vengono a caratterizzarsi come “microsistema”, il bene giuridico oggetto di tutela nelle due fattispecie deve necessariamente prendere in considerazione il luogo in cui l’evento può verificarsi: il luogo di lavoro. Altro elemento caratterizzante gli articoli in questione è dato dalla finalità degli stessi; pensati, non solo per evitare disastri, ma anche infortuni sul lavoro, nonostante le caratteristiche di questi siano molto meno diffusive.
Per lungo tempo la tendenza, soprattutto giurisprudenziale, è stata quella di limitare l’applicazione degli articoli in oggetto soltanto al verificarsi di pericoli particolarmente gravi e gravanti su un numero elevato di soggetti, escludendo in facto le piccole imprese dalla disciplina.
Negli ultimi tempi, tuttavia, si è fortemente ridimensionato l’aspetto quantitativo del concetto di indeterminatezza, sottolineando, invece, quello soggettivo; è divenuto fondamentale, in questo contesto, al fine dell’applicazione dei predetti articoli, che non sia determinabile, in via preventiva, i soggetti, o il soggetto, nei confronti dei quali l’evento potrebbe determinarsi.
L’ art. 437 c.p. è l’unico esempio di diritto doloso creato a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la norma nasce, secondo quanto affermato dallo stesso Ministro di Giustizia, per far fronte ad una lacuna esistente nel nostro ordinamento e porre fine a quell’ “ibrido e inefficace sistema affidato a una gamma ridotte di ipotesi di reato”.
Il reato suddetto è un reato di condotta, a condotta mista: può realizzarsi sia attraverso un’omissione, sia mediante il compimento di condotte attive; il soggetto attivo individuato dalla norma è “chiunque”, anche se è necessario sottolineare come in capo a questo soggetto debba comunque esservi un obbligo giuridico di attivarsi.
La norma individua gli oggetti materiali, questi sono impianti, apparecchi o segnali.
La lettera dell’art.437 c.p. escluderebbe dalla fattispecie le malattie professionali, poiché non di natura traumatologica o violenta; l’infortunio è definito, all’interno del d.p.r. 1124/1965, sulla base di alcuni elementi caratteristici, tra cui spicca la causa violenta. La differenza appare quindi evidente, potendosi così distinguere infortunio e malattia professionale.
Della questione è stata più volte investita la consulta, in relazione ad una presunta violazione del principio di uguaglianza, che ha sempre rigettato la questione come manifestatamente inammissibile.
Negli anni ottanta, però, si è imposta una giurisprudenza capace di includere all’interno del concetto di causa violenta una parte di malattie professionali, le quali derivino da una concentrazione della causa riconducibile a condizioni straordinarie di lavoro; in questo contesto si afferma la categoria delle malattia-infortunio, che può essere assimilata, ai fini penali, ad un infortunio vero e proprio.
Il dolo richiesto in questo contesto è il dolo generico, dalla giurisprudenza individuato nella “Coscienza e volontà di omettere le cautele prescritte nonostante la consapevolezza di tale destinazione e, quindi, pur rappresentandosi il pericolo per la sicurezza dell’ambiente di lavoro e dell’incolumità delle persone”.
L’art.451 c.p. sanziona con la reclusione fino ad un anno o con la multa “chiunque per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro”.
Per ciò che attiene al bene giuridico si rinvia a quanto già esposto per l’art.437 c.p., l’elemento che sembra caratterizzare l’art.451 c.p. è la prevenzione secondaria cui l’articolo sembra riferirsi: lo scopo sembra essere l’attenuazione delle conseguenze dannose del verificarsi dell’evento.
Altra caratteristica dell’art.451 c.p. è che alcuni hanno tentato di dilatare l’applicabilità della norma svincolandola dall’attività lavorativa e dell’ambiente di lavoro, sulla considerazione che la prevenzione degli incendi ignori qualsiasi specificazione del luogo ove questo avviene.
Ultimo elemento di distinzione tra le due fattispecie è dato dagli oggetti su cui le condotte tipiche devono ricadere: la formulazione dell’art.451 c.p. utilizza una dizione molto più ampia, potendo in tal senso ricomprendere anche materiali e sostanze, a differenza dell’art. 437c.p.
I rapporti tra i due articoli hanno dato vita a diverse tesi interpretative:
- Una prima tesi assegna ai due articoli un valore complementare: l’art. 437 riguarderebbe i mezzi di prevenzione primari, quelli cioè attraverso i quali si cerca di evitare il verificarsi dell’evento, mentre, l’art. 451 si andrebbe a riferire ai mezzi di prevenzione secondari, quelli attraverso i quali attenuare le conseguenze di un danno già prodottosi;
- Una seconda tesi sottolinea una assoluta identità oggettiva tra le due fattispecie, basandosi sull’impossibilità di distinguere tra prevenzione ex ante ed ex post;
- Terza tesi, e ultima, individua un rapporto tra le due fattispecie in termini di specialità: l’art.451 c.p. andrebbe considerato norma speciale (poiché rivolto ad un ambito applicativo più ristretto, riferendosi esclusivamente ai mezzi di prevenzione secondari), rispetto all’ art. 437 c.p. che avrebbe valenza generale (comprensivo di mezzi di prevenzione primaria e secondaria).
In ultimo occorre sottolineare il rapporto tra i reati di pericolo appena affrontati e il d.lgs. 81/08, il quale racchiude oggi la maggioranza delle contravvenzioni previste per la sicurezza sul lavoro.
La giurisprudenza prevalente, ad oggi, è incline a riconoscere il concorso formale fra le fattispecie esaminate e le contravvenzioni contenute nel decreto, in virtù del fatto che mentre il delitto andrebbe a tutelare la pubblica incolumità contro fatti dolosi di pericolo, le contravvenzioni sarebbero indirizzate alla tutela della sicurezza sul lavoro.
La dottrina maggioritaria si oppone a questa visione, utilizzando soprattutto il principio del ne bis in idem, sostenendo che debbano applicarsi soltanto le disposizioni delittuose, mentre le contravvenzioni dovrebbero essere applicate, in presenza di colpa, solo qualora non possa trovare spazio l'art. 451 c.p.
Dott. Giuseppe Frisenda
attualmente EQ resp. a supporto delle Emergenze presso Regione Calabria Dipartimento Protezione Civile SETTORE Pianificazione , gestione e superamento dell’emergenza

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