Regione Lombardia: spunti per un nuovo piano regionale per la sicurezza
Milano, 3 Sett – I Piani regionali per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non solo guidano le strategie di prevenzione, ma generalmente individuano anche quali sono gli aspetti più fragili, gli obiettivi su cui puntare in un mondo del lavoro che è in continuo cambiamento.
Per questo motivo è utile non solo ricordare non solo i Piani di tutela attivi, ma anche conoscere il loro sviluppo e i criteri e obiettivi con cui si stanno evolvendo.
Per avere qualche breve informazione sul prossimo Piano per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro della Regione Lombardia, possiamo fare riferimento ad un intervento che si è tenuto al seminario “ Lavoro che cambia: cambia la prevenzione?” (Milano, 6 aprile 2018).
Il piano regionale per la tutela della salute e sicurezza
Ricordiamo innanzitutto che in Lombardia il Piano regionale 2014-2018 per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è stato approvato con D.g.r. 20 dicembre 2013 n. X/1104. Un piano che si basa su tre principi sanciti dall’Intesa, sottoscritta lo scorso 30 luglio 2013, tra Regione Lombardia e i rappresentanti del partenariato economico-sociale, istituzionale e degli enti preposti all’attuazione e alla vigilanza della normativa in materia di sicurezza:
- intersettorialità: approccio trasversale alla salute e sicurezza in ambienti di lavoro, ricercando e stimolando la collaborazione, l’interazione funzionale e il coordinamento con tutti i soggetti coinvolti;
- semplificazione: riformulazione di procedure e ridisegno di modelli organizzativi, non a contrazione delle funzioni e dei servizi a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ma a vantaggio dei cittadini e delle imprese;
- sostenibilità: visione integrata delle forze e delle risorse messe in campo che siano di sostegno alle priorità individuate, migliorino la partecipazione del partenariato economico-sociale alla definizione delle strategie, favoriscano una concezione di lungo temine della tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
E PuntoSicuro nei mesi scorsi ha anche pubblicato il “ Piano Regionale 2014-2018 per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro - Report di metà mandato - aggiornamento al 31.12.2015”, un report che ha proposto una riflessione di metà mandato in relazione all’attuazione del Piano regionale 2014-2018.
Quali potrebbero essere i temi e gli obiettivi del prossimo Piano lombardo?
Il nuovo piano e i controlli
Per saperlo facciamo riferimento all’incontro di Milano del 6 aprile e alla relazione “Spunti di riflessione per il prossimo Piano regionale di tutela della salute e sicurezza del lavoratore”, a cura della D.essa Nicoletta Cornaggia (DG Welfare, UO Prevenzione, Struttura Ambienti di vita e di lavoro).
Sono riportati, innanzitutto, numerosi dati relativi agli attuali risultati del Piano SSL (PSSL) 2014-2018, in relazione agli infortuni denunciati, agli infortuni mortali e alla emersione delle malattie professionali, ….
E sono riportate informazioni sul prosieguo del PSSL 2014-2018 in relazione ai controlli mirati.
Infatti se le condizioni occupazionali generano disuguaglianze di salute nei cittadini, “per ridurle, l’attività di controllo deve essere mirata alle situazioni a maggior rischio”, anche con riferimento ai lavoratori con mansioni poco qualificate che “sono più esposti ai rischi ed alla probabilità di subire danni alla salute (edilizia, agricoltura, …)”.
Sempre riguardo ai controlli si indica che “ulteriori 900 aziende saranno controllate già nel 2018, rispetto al 2017”, ma si fa riferimento nella relazione anche ai controlli a diversa modalità.
Infatti i Piani Mirati di Prevenzione “costituiscono la modalità con cui le ATS affiancano alla consueta attività di sopralluogo una moderna modalità di controllo che permette di assistere le aziende ‘virtuose’, ma con un gap di ‘capacità’, nell’applicazione di misure di tutela puntuali ed innovative. Nell’occasione di indagini e sopralluoghi per eventi sentinella, anche conseguenti ad indagini di infortunio e di malattia professionale, le ATS hanno modo di individuare nuove e più efficaci misure di tutela la cui applicazione, se portata e descritta a tutte le aziende interessate, può prevenire analoghi ed ulteriori casi”.
E in questa logica le ATS “coinvolgono le aziende del loro territorio, accumunate – oltre che dalla “motivazione” alla salute e sicurezza sul lavoro - da un identico profilo di rischio, in percorsi strutturati di prevenzione che consentono alle stesse, attraverso seminari/riunioni/sessioni informative e formative ed un susseguirsi di processi di autovalutazione e valutazione dei rischi collegiale (in un periodo determinato), di conoscere ed applicare autonomamente nelle loro sedi/reparti quelle misure tecniche, organizzative e procedurali (sempre ulteriori rispetto alla norma statale) che scongiurano nuovi infortuni e nuove malattie professionali”. Ed è proprio con questa modalità, “che consente di verificare e perfezionare l’adozione di specifiche misure di tutela in molte aziende contemporaneamente”, che le ATS nella Regione Lombardia possono “rendere più efficiente l’attività di controllo sul loro territorio”.
Le nuove problematiche e la promozione della salute
La relatrice riporta poi i capisaldi della prossima pianificazione in materia di strategia, obiettivi, strumenti e modelli organizzativi tripartito.
Rimandando alla lettura integrale della relazione, ci soffermiamo su alcuni aspetti.
Ad esempio nella relazione si indica che per affrontare problematiche come l’invecchiamento al lavoro, lo stress lavoro correlato, le novità nell’organizzazione del lavoro (e-commerce, just in time, …), le nuove tecnologie ( Industria 4.0; nanotecnologie), i lavori usuranti e i rischi tradizionali, è necessario un processo di scoping.
Lo scoping è un processo attraverso il quale “sono identificati i più importanti aspetti del problema prima di definire le priorità per affrontarlo. Presupposto è la capacità di ampliare la visione del problema, riconoscendo e rispettando i diversi punti di vista. Aiuta a capire se non sia necessario un nuovo approccio”.
La relazione si sofferma poi sulla tutela del lavoratore in età avanzata e la tutela delle giovani leve.
È necessario un approccio multiplo:
- “aziendale: applicazione degli interventi di promozione della salute (Workplace Health Promotion - WHP) che devono tenere conto degli effetti sulla salute umana sia dei rischi legati agli stili di vita che dei rischi professionali: la sorveglianza sanitaria dei lavoratori effettuata dal medico competente deve costituire un’occasione per promuovere un invecchiamento attivo che tenga conto dell’ambiente di lavoro e della mansione che a quel lavoratore è stata assegnata;
- individuale perché l’individuo, per primo, è chiamato responsabilmente ad assumere comportamenti di vita sani;
- sociale, con ciò non solo intendendo politiche di governo di tipo assistenziale e previdenziale, ma anche del territorio e delle infrastrutture e mobilità: le istruttorie/ conferenze relative ai Piani di Governo del territorio (PGT), ma anche i procedimenti per la valutazione di impatto ambientale di progetti ed opere (sono solo un esempio) dovranno tenere conto della necessità di disporre di un ambiente di vita sano, in cui sia possibile praticare uno stile di vita sano atto a garantire un invecchiamento attivo”.
La relazione si sofferma, infine, sulla Total Worker Health.
La TWH è definita “dall’insieme di politiche, programmi e pratiche che integrano la prevenzione dai rischi per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con la promozione delle azioni di prevenzione di danni acuti e cronici a favore di un più ampio benessere del lavoratore” (NIOSH).
Bisogna tener conto di due aspetti. Da una parte “i fattori di rischio tradizionali, gli accertamenti sanitari da svolgere nell’ambito di una definita periodicità di visita medica periodica, modulata in funzione dell’età, e la formulazione del giudizio di idoneità alla mansione specifica. Dall’altra, la consapevolezza che i fattori di rischio negli ambienti di lavoro possono contribuire alla genesi di problemi in precedenza considerati non correlati al lavoro: ad esempio esistono fattori di rischio lavoro-correlati responsabili di alterazioni del peso corporeo, di disordini del sonno, di malattie cardiovascolari, di stati depressivi e di altre condizioni nosologiche. Nel riconoscimento di queste relazioni, ad evidenza emergente, in Lombardia, attraverso la rinnovata rete delle UOOML, ci si orienta - in primis con riguardo al settore della sanità - all’approccio della TWH”.
Dunque, nella certezza “che le aziende che optano per programmi di benessere in assenza di adeguate garanzie di tutela della salute e sicurezza sul lavoro non applicano i principi stessi della TWH, si svilupperà la capacità di porre attenzione su come i fattori ambientali e occupazionali possano mitigare o accentuare le condizioni generali di salute dei lavoratori superando la più tradizionale concezione della medicina del lavoro”.
E, conclude la relazione con riferimento al «Manuale Oxford di Sanità Pubblica» (2015), “la promozione della salute nei luoghi di lavoro non deve essere realizzata a spese del controllo dei rischi lavorativi”. Tuttavia “un approccio multidisciplinare non può funzionare in assenza di coordinamento”.
Tiziano Menduto
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“ Spunti di riflessione per il prossimo Piano regionale di tutela della salute e sicurezza del lavoratore”, a cura della D.essa Nicoletta Cornaggia (DG Welfare, UO Prevenzione, Struttura Ambienti di vita e di lavoro), intervento al seminario “Lavoro che cambia: cambia la prevenzione?” (formato PDF, 1.61 MB).
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