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Il rischio organizzativo nella normativa sulla sicurezza sul lavoro

Il rischio organizzativo nella normativa sulla sicurezza sul lavoro
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Normativa

21/12/2016

Una pubblicazione affronta il tema della gestione dell’elemento umano nelle organizzazioni e riporta anche un’analisi sull’attenzione agli aspetti organizzativi nel contesto legislativo e giurisprudenziale in materia di salute e sicurezza.


Roma, 21 Dic – In questi anni è aumentata l’attenzione, in materia di tutela della salute e sicurezza, sugli aspetti correlati all’organizzazione di lavoro, sul benessere organizzativo e sui cosiddetti rischi organizzativi. Dove il rischio organizzativo si può definire come il rischio “derivante da una o più carenze dell’organizzazione, in termini gestionali, metodologici, operativi come un’insufficiente formazione, attribuzioni di responsabilità poco chiare, mancanza o inefficacia di procedure interne, scarso coinvolgimento, carenze metodologiche nell’analisi del rischio, ecc. Dal concretizzarsi di queste criticità discendono situazioni che possono avere impatti diretti e indiretti sulle condizioni di SSL”.

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A presentare in questi termini il rischio organizzativo è la pubblicazione della Contarp dell’ Inail - a cura di Paolo Clerici, Annalisa Guercio e Loredana Quaranta – dal titolo “ La gestione dell’elemento umano nelle organizzazioni per la salute e sicurezza sul lavoro”; pubblicazione che sottolinea quanto l’azione sulle criticità organizzative permetta di prevenire i rischi lavorativi.

 

Un breve paragrafo del documento tratta anche un aspetto su cui raramente ci siamo soffermati come giornale in passato: l’attenzione agli aspetti organizzativi nel contesto legislativo e giurisprudenziale.

 

Ad esempio la pubblicazione analizza il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81), con particolare riferimento all’art. 15 che elenca le misure generali che il datore di lavoro deve attuare ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

 

Articolo 15 - Misure generali di tutela

1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:

a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;

b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro;

c) l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;

e) la riduzione dei rischi alla fonte;

f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;

g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;

h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;

i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

l) il controllo sanitario dei lavoratori;

m) l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove possibile, ad altra mansione;

n) L’informazione e formazione adeguate per i lavoratori;

o) l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;

p) l’informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

q) l’istruzioni adeguate ai lavoratori;

r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;

s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi;

u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;

v) l’uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.

(...)

 

Si segnala che tra queste misure, “alcune possono essere illuminanti per comprendere che l’idoneo, e necessario, approccio da adottare per la gestione delle problematiche relative all’organizzazione e alla sua influenza sulla sicurezza dei lavoratori e sui loro comportamenti è quello di risalire alle cause della situazione di disagio, come indicato alle lettere c) ed e) dell’art. 15, ed eliminarle alla fonte, attraverso misure collettive”.

 

Ad esempio è nella lett. b) dell’art. 15 che è “posto l’accento sulla programmazione degli interventi di prevenzione dei rischi” la quale deve essere ‘mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro’.

Ma all’organizzazione di lavoro si fa riferimento anche nella lett. d) riguardo al ‘rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro’ e la legge ribadisce, inoltre, la “centralità dell’organizzazione del lavoro” alla lett. g) (‘la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio’) e soprattutto alle lettere n), o), p), q), r), s) in cui fattori, definibili ‘organizzativi’ nell’ambito di un sistema di gestione, quali informazione, formazione, addestramento, partecipazione e consultazione dei lavoratori, diventano determinanti per il mantenimento ottimale e il miglioramento continuo delle condizioni di lavoro”. E si segnala, ad avvalorare questa interpretazione, la lett. z) che indica, “come ulteriore misura generale di tutela, la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti, sottolineando non l’aspetto meramente tecnico e tecnologico relativo, poiché si dà per scontato che questi elementi rispettino i requisiti di sicurezza, bensì il loro mantenimento per attuare il quale occorre provvedere a mettere in campo risorse tecniche, economiche e strumentali, ossia - di nuovo - organizzare la manutenzione secondo procedure programmate”.

 

Anche il Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 - Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 - esalta “la centralità dell’organizzazione - comunque composta di individui ‘fallibili’ - e il principio della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i reati commessi dalle figure apicali, di vertice, e dalle persone sottoposte alla vigilanza delle figure apicali anzidette (dipendenti, fornitori ecc.) nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso”. E, come più volte raccontato dal nostro giornale, il D.Lgs. 231/2001 prevede la possibilità per l’Organizzazione “dell’esenzione da tale responsabilità nel caso in cui questa sia dotata di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (nonché di un Organismo di Vigilanza) sempre che il modello risulti costantemente verificato, efficace ed aggiornato”.

 

Tornando al D.Lgs. 81/2008 si ricorda che il lavoratore, destinatario della tutela e soggetto della sicurezza aziendale, “ha in carico obblighi nei confronti ‘delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro’.

Gli obblighi del lavoratore sono riportati al comma 2 dell’art. 20. E, con riferimento a quanto già indicato dalla pubblicazione sul “fattore umano”, le eventuali inadempienze “possono configurarsi come errori operativi da cui possono sorgere gli ‘effetti delle … azioni o omissioni’ del lavoratore, fermo restando che il Datore di Lavoro abbia adempiuto ai propri obblighi tramite erogazione della formazione e dell’addestramento, informando con idonee istruzioni e provvedendo a fornire mezzi correttamente gestiti, ovvero sia dotato di un Modello di Organizzazione e di Gestione verificato, efficace e aggiornato”. E si osserva come sia difficile che a una “manovra imprudente” non si accompagni una possibile violazione di un dovere di formazione e di informazione ovvero una violazione del dovere di sorveglianza.

E in sostanza un evento infortunistico “difficilmente ha origine solo da una condotta inosservante da parte del lavoratore; il ruolo del preposto nel controllo e nella vigilanza, quale ulteriore ‘barriera’ sistemica è fondamentale per impedire il verificarsi di comportamenti erronei e dei potenziali conseguenti infortuni, anche nei casi in cui il comportamento imprudente sia stato indotto da situazioni giudicate ‘non previste’”.

 

Il paragrafo dedicato al contesto normativo e giurisprudenziale si conclude poi con un riferimento alla norma EN ISO 12100-1 che fornisce alcuni esempi dei “tipi di uso scorretto o di comportamento umano facilmente prevedibile da prendere in considerazione, riportando dunque il tema del comportamento imprudente del lavoratore sul terreno della prevedibilità”. E se la prevedibilità del comportamento del lavoratore non è impossibile, “ciò rafforza l’idea che l’ elemento umano (e i suoi comportamenti) sia un ‘componente’ del sistema lavoro, di cui possa essere valutata e massimizzata l’affidabilità e che si presta ad essere strutturato in modelli di comportamento sistemico”.

 

Rimandiamo infine alla lettura integrale del documento Inail, anche con riferimento alla pubblicazione di utili tabelle in merito al tema del calcolo dell’affidabilità umana nel sistema lavoro.

 

 

Inail, “ La gestione dell’elemento umano nelle organizzazioni per la salute e sicurezza sul lavoro”, pubblicazione realizzata dalla Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (CONTARP) e a cura di Paolo Clerici, Annalisa Guercio e Loredana Quaranta, edizione 2016, pubblicazione maggio 2016 (formato PDF, 3.13 MB).

 

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ La gestione dell’elemento umano nelle organizzazioni”.

 

 

Tiziano Menduto



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