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Il punto della sicurezza: normativa, infortuni e qualità del lavoro

Il punto della sicurezza: normativa, infortuni e qualità del lavoro
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Normativa

26/11/2019

In che contesto è nato il D.Lgs. 81/2008? Qual è il rapporto tra la tutela della sicurezza e della qualità del lavoro? Pubblichiamo l’intervento dell’onorevole Cesare Damiano al ventennale di PuntoSicuro.

 

Bologna, 26 Nov – Il 16 ottobre 2019 il nostro giornale ha festeggiato, nella cornice della Sala Cappella Farnese Palazzo d’Accursio in Piazza Maggiore a Bologna, i suoi venti anni di attività (1999-2019) caratterizzati da un approccio il più possibile attento e autorevole al tema della salute e sicurezza sul lavoro.

E proprio con l’idea di far diventare questa “celebrazione” una reale occasione di incontro e di confronto sulla situazione attuale in materia di salute e sicurezza, durante l’incontro “ 20 anni di PuntoSicuro” – che ha avuto il patrocinio del Ministero del Lavoro, della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Bologna e di una lunga serie di realtà associative – abbiamo cercato di fare “ Punto della Sicurezza” sia attraverso le opinioni di una lunga serie di collaboratori e amici del giornale, sia attraverso le parole dell’onorevole Cesare Damiano.

 

Ci soffermiamo oggi in particolare sull’intervento di Cesare Damiano che molti lettori ricorderanno non solo come uno dei padri del Decreto Legislativo 81/2008, ma anche come ex Ministro del lavoro e della previdenza sociale e come presidente, per molti anni, della Commissione lavoro della Camera.

 

Le parole di Cesare Damiano hanno permesso non solo di raccontare, dall’interno delle istituzioni, la genesi del D.Lgs. 81/2008, le sue difficoltà e la sua solidità, ma hanno cercato anche di fare il punto, un punto reale e non “demagogico”, della situazione infortunistica. Hanno ricordato quanto il tema della sicurezza sul lavoro sia correlato al tema della qualità del lavoro. Hanno provato poi - secondo un punto di vista personale e politico che si basa, tuttavia, anche su una grande esperienza sulle problematiche in materia di lavoro – a delineare quello che potrebbe essere il futuro della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

E proprio in relazione alla ricchezza dei contenuti affrontati abbiamo pensato di riproporre ai nostri lettori l’intervento dell’onorevole Damiano, a cui era stato chiesto di parlare del D.Lgs. 81/2008 e delle problematiche attuali in materia di salute e sicurezza, che si è tenuto durante la serata del ventennale.

 

Questi i principali argomenti affrontati:



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L’intervento dell’onorevole Cesare Damiano al ventennale di PuntoSicuro

 

 

Diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervento e/o di leggere una trascrizione parziale delle tematiche trattate nell’intervento.

 

Il contesto in cui è nato il D.Lgs. 81/2008 e la qualità del lavoro

Cesare Damiano: “Affrontare questo argomento lo si può fare in molti modi. Io cerco di spiegare un punto che è stato richiamato negli interventi precedenti: la cultura della sicurezza da una parte e poi anche quella della qualità del lavoro.

 

L’81 nasce in un contesto particolare. Qual era il contesto?

Il governo Prodi era particolarmente vocato ai temi della qualità del lavoro. Non lo dico perché ero ministro di quel governo e quindi difendo il vino della mia botte, ma perché sono profondamente convinto di quello che sto dicendo.

Ricordo, ad esempio, che attorno alla tematica, relativa alla sicurezza sul lavoro, io intervenni, d’intesa con Prodi, per quanto riguarda le assunzioni. Fissai una regola che vale tutt'ora. I governi successivi hanno cancellato molto di quello che io ho fatto, perché lo sport preferito di chi viene dopo è cancellare quello che è stato fatto prima; lo hanno fatto tutti, destra, sinistra, centro e credo che sia uno sport deplorevole soprattutto se quello che è stato fatto prima (…) è buono.

 

Qual è la regola sopravvissuta?

L'obbligo di comunicare l'assunzione del lavoratore un giorno prima che il lavoro inizi.

Sembra una banalità, ma voi ricorderete, prima di quella regola, la tragedia barbarica medievale – ammesso che il medioevo sia stato un punto oscuro della storia, Le Goff non la pensa così - della regolarità post-mortem, della messa in regola dopo la morte del lavoratore. Quella regola fu stabilita.

 

Seconda regola alla quale io ero molto affezionato.

Stabilì che nel caso in cui gli ispettori - io ne assunsi credo 1500, una parte li aveva già deliberati Maroni (…) - rilevassero in un'azienda più del 20% di lavoratori al nero l'attività di quell’azienda veniva immediatamente sospesa.

Fu sospesa per un pomeriggio una nota gelateria intorno al Parlamento che riaprì il giorno dopo perché i guadagni erano talmente rilevanti che non conveniva l’irregolarità.

 

Io ho fatto sparire 5000 aziende. Mi hanno accusato di chiudere le aziende. Io sono orgoglioso di aver chiuso le aziende che vivevano di lavoro nero, perché quello genera infortuni.

lo dico senza tema di ripensamento.

 

Quindi il contesto nel quale nasce l’81 è un contesto che guarda effettivamente alla qualità del lavoro nelle regole complessive.

In più c’è una circostanza, anche qui molto particolare. (…)

 

Eravamo nel 2007 il Presidente della Repubblica era Napolitano.

Napolitano esercitò una moral suasion su questo argomento. Diciamo che io non ne avevo bisogno. Ma la accettai molto volentieri. Poi Napolitano è uno che quando ti stimola non puoi dire di no facilmente. (…)

Il paragone storico è il 1962, Dario Fo e Franca Rame. Voi direte cosa c'entra? Quelli della mia generazione ricorderanno che c'era Canzonissima, quell'anno vinse Tony Renis con “Quando quando quando”, Gino Paoli al secondo posto.

Perché Dario Fo fu cacciato dalla Rai? Perché osò, nel 1962 a Canzonissima, fare uno sketch che aveva per protagonista un imprenditore edile che utilizzava dei lavoratori al nero, i quali morivano sul lavoro. Proteste di una parte politica - immagino la destra - chiusura dell’attività di Dario Fo e Franca Rame.

 

I due contesti: il Presidente della Repubblica che mi dice (…) “su questa cosa bisogna andare avanti e bene” (…) e nel ’62 l'estromissione dalla Rai di chi denunciava malattie professionali, mafia, eccetera. Pensate alla diversità dei contesti.

 

Concludo il primo ragionamento: se il contesto è favorevole alla regolazione, alla qualità del lavoro, queste norme possono nascere. Poi lì ci furono anche delle circostanze molto drammatiche che accelerarono: ricorderete la ThyssenKrupp, Campello sul Clitunno, quei due grandissimi disastri con i morti e la tragedia che ne seguì.

 

Quindi se non c'è un contesto, una cultura politica e sociale, non effimera, non emozionale, non superficiale, queste norme giacciono, rimangono nel cassetto o sono bistrattate.

 

La domanda è: “c'è oggi questo contesto”? A me non pare.

Nel senso che è da molti anni che tutti i governi che si sono succeduti hanno accantonato l'argomento. L'unica volta che l'argomento è stato tirato fuori dal cassetto è stato per abbassare le tutele previste dall’81: non innalzare, abbassare. Mi sbaglio? Può darsi.

Questo è il primo argomento.

 

Il confronto dei dati sugli infortuni tra gli anni ’60 ed oggi

Il secondo argomento è che io sono abbastanza stupito e stanco del modo col quale oggi non solo i politici ma anche le parti sociali trattano questa materia e altre materie.

Vince la demagogia, vince il populismo, vince l'urlo, vince il tweet, vince il web, vincono quelle cose che sapete, frasi corte, ad effetto che bistrattano la realtà.

Di recente politici e sindacalisti hanno fatto delle affermazioni del tipo: “In Italia si muore come 50 anni fa”. 

 

Io so che quando si toccano le statistiche, si viene sempre tacciati. (…) Bisogna trattare con cura questa materia, perchè delle volte sei mal interpretato.

Io dico questo. Nel 1963 l'Italia è all'apice dello sviluppo, il boom economico. Si cresceva a ritmi cinesi, gli attuali ritmi cinesi. Quanti morti sul lavoro quell'anno? 4400. (…) E quel trend è durato negli anni 60 e in parte negli anni 70. Oggi a quanto siamo? 1000, un enorme strage intendiamoci, un morto sul lavoro, un morto comunque è un dolore, una famiglia, un futuro che si spegne. Ci mancherebbe.

4000 e 1000. Possiamo dirlo? Perché altrimenti - io mi domando - sono un politico, sono un sindacalista, ma se si muore come nel 63, cosa ho fatto? Niente. Non ho fatto leggi, non ho fatto gli RLS, non ci sono gli RLST, non c’è la contrattazione, non c’è il decreto 81. Non c'è niente.  (…)

Si muore troppo, si muore ed è una situazione che va messa sotto controllo. Perché crescono un po' le morti sul lavoro… Ma siamo un quarto rispetto a 50 anni fa. (…)

 

Quando ero un giovane funzionario della Fiom a Mirafiori nel 1974, i lavoratori che montavano il pianale alla scocca lavorarono nelle fosse 8 ore al giorno a braccia alzate. Adesso c’è il robot che rovescia l'automobile (…) e l’avvitatura è a braccia orizzontali. Fate la differenza…

A quel tempo la verniciatura era con la mascherina a mano. Adesso ci sono le cabine siliconate di verniciatura (…). C'è stata un’evoluzione tecnologica voluta dal sindacato e dalle imprese. C’è stata una legislazione, la 626 e via via.

(…) È evidente che c'è un'evoluzione che ha portato, tutto sommato, anche a questo risultato che storicamente va rilevato. (…)

 

L’allarme odierno in materia di salute e sicurezza sul lavoro

Sistemati i dati, (…) possiamo rilevare con preoccupazione, nell'ultimo periodo, il fatto che fino a luglio del 2019 il numero dei morti sul lavoro aumenta rispetto al 2018. E questo è preoccupante. Togliamo il mese di agosto perché c'è un'anomalia. Sappiamo che nel mese di agosto dell'anno scorso ci furono quelle morti, il ponte Morandi (…), ci furono 16 braccianti agricoli che morirono, anche lì mi pare in un incidente in itinere, quindi una quarantina di morti in più, diciamo statisticamente parlando. (…)

Quindi c’è un allarme. Ed è un allarme - anche se relativamente contenuto - che è più pericoloso perché, secondo me, va coniugato con alcuni dati.

 

Ci sono meno occupati di un tempo. Anche se l’Istat ci dice che gli occupati oggi sono quelli del 2008, io all'Istat contesto il fatto che non basta dirla “così”. Mi devi dire che (…) le ore lavorate sono un miliardo e settecento milioni in meno del 2008.

Quindi mentre le teste sono al 99,9 % rispetto al 2008, le ore sono al 95 %. Quindi ci sono meno ore lavorate, in più aumenta la cassa integrazione all'inizio di quest'anno. È come se fino ad agosto 121.000 lavoratori fossero fuori dalla produzione, a tempo pieno, per tutti questi mesi, gennaio/agosto.

Quindi mi preoccupo. Perché anche se c’è il 10% in più nei primi sette mesi - l'aumento delle morti sul lavoro - a fronte di, come si dice?, un monte ore lavorato in meno, cresce la cassa integrazione, vuol dire che c'è un segnale d'allarme. Ma stiamo parlando di 1000 intorno a 1000. Non stiamo parlando di 4000. Questo va rilevato. Cioè va capita qual è la situazione.

 

Le imperfezioni e le solidità del D.Lgs. 81/2008

 (…) Io insisto sul fatto - come fa giustamente PuntoSicuro, come fanno diciamo gli studiosi della materia - di avere un approccio scientifico e non demagogico a questo argomento per vedere quello che ci interessa fare adesso…

L’81 è stato un grande lavoro. Ho spiegato il contesto nel quale è nato. (…)

Alla salute c’era Livia Turco, quindi abbiamo per la prima volta cooperato come Ministeri, cosa che non era assolutamente scontata. Poi il carico maggiore era sul Ministero del Lavoro per oggettività di materia. Abbiamo scelto la concertazione. Noi abbiamo concordato con le parti sociali e con le Regioni(…). Con le Regioni c'è stato un rapporto estremamente positivo.

 

Dopodiché, quel testo come tutte le leggi ha i suoi difetti.

Immaginate il compendio: inserire all'interno la 626, la legislazione sul lavoro, cioè riepilogare 30 anni. Ci sono stati degli errori, eravamo in articulo mortis, perché il Governo era caduto, eravamo semplicemente in amministrazione tecnica e poi si sarebbe andati alle elezioni. Abbiamo fatto anche qualche corsa: io ho voluto assolutamente arrivare al traguardo.

 

Quindi non nego imperfezioni e difetti ma i muri maestri erano e sono solidi.

 

Poi qualche mattonella, nel bagno, per terra, era sconnessa, qualcuno poteva inciampare, ma si mettono a posto. Quello che è stato fatto successivamente non ha messo in discussione, secondo me, i muri maestri.

Io non credo molto alla teoria della prossimità della contrattazione, della complicità tra datore di lavoro e lavoratore, poi capisco la convergenza che dobbiamo trovare fra interessi che possono essere anche non convergenti. Non credo molto alla cedevolezza delle norme, non credo alla derogabilità di leggi e contratti, sono contrario: perché andiamo al dumping e se fai il dumping hai il sotto salario e la sotto tutela. E sei hai la sotto tutela hai le morti.

 

Il futuro della tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro

L’anno scorso, secondo me, il decreto sblocca cantieri non ha fatto bene.

Io penso che il nuovo governo giallo rosa dovrebbe dire una parola chiara su questo.

 

A me non sta bene che i subappalti siano portati dal 30 al 40%. Qualcuno voleva portarli al 50%. Parliamoci chiaro nel subappalto si annida la mano oscura, non solo delle aziende borderline. Ma anche se sono aziende non borderline, le aziende che devono risparmiare dove risparmiano? Sulla trasparenza del costo del lavoro e sulla sicurezza (…).

 

Bisogna dire qualcosa sul massimo ribasso.

Il massimo ribasso è un cancro, lo dico. È l'offerta economicamente più vantaggiosa, ma se l'offerta economicamente più vantaggiosa è un massimo ribasso mascherato, che fa perno sul costo, sul prezzo e non sulla qualità tecnica… La qualità tecnica può far vincere un appalto a un'azienda, che ha una qualità superiore, e costa di più. Ma se noi diamo il premio ai commerciali che devono vincere la gara più bassa per avere il premio di risultato personale più alto, che cultura della sicurezza vogliamo fare?  

Pensate a quello che è successo al Ponte Morandi. Pensate a quello che è successo alla metropolitana di Roma. (…)

 

È un problema effettivamente di cultura. Quindi sui subappalti facciamo una battaglia, facciamoci sentire, tornare al 30%. Massimo ribasso? Eliminarlo. Lo abbiamo eliminato. ma l'offerta economicamente più vantaggiosa deve effettivamente avere come perno la qualità.

 

E poi questa storia della patente… Adesso tutti si inventano la patente a punti. C’è nel testo. Questo è uno dei decreti inattuati. La patente a punti c'è già. Perchè non l’attuiamo? Chi si oppone? Come funziona? È come la patente: se tu non paghi in modo regolare, ecc. ecc. - ti tolgo i punti e quando non hai più punti non puoi più partecipare alle gare – giustamente - né private, né pubbliche. 

 

È chiaro che andiamo a toccare degli interessi. Ma io dico questo: le imprese hanno tutto l’interesse a mettere fuori gioco chi fa concorrenza sleale, non l’incontrario.

Perché se noi non “facciamo fuori” quelli che fanno concorrenza sleale, la concorrenza sleale mette fuorigioco quelli che sono leali e trasparenti. È un gioco perverso di mercato.

 

Concludo con una battuta: bisogna ripensare al modello del capitalismo. Il capitalismo finanziario che ha dominato negli ultimi 40 anni ha messo nell'angolo il capitalismo manifatturiero, ha devastato il mondo e in particolare l'occidente nel quale viviamo. Ha distrutto il ceto medio, lo ha reso più povero, mentre il capitalismo industriale con tutte le sue manchevolezze, i suoi conflitti, l'aveva costruito, il ceto medio.

E sono contento che una voce venga dall'America (…). Viene una voce nuova dalle imprese, dal Business Roundtable: i 200 amministratori delegati delle più importanti aziende degli Stati Uniti (…) hanno detto che forse è giunto il momento di porre fine al dogma del “prima gli azionisti”. In nome del quale dogma per alzare le azioni in borsa, si licenziavano gli operai. Prima i lavoratori e il loro benessere, dentro e fuori l'azienda, poi i clienti e poi l'ecosistema e poi gli azionisti.

Non sto dicendo che non vanno remunerati gli azionisti, dobbiamo riscoprire quanto diceva (…) un mio conterraneo cuneese - sicuramente non della mia dottrina politica, Luigi Einaudi, liberale - riguardo al fatto che i ricchi devono pagare le tasse e le risorse vanno distribuite in modo equo… Quando riscopriremo questa semplice verità, forse il mondo andrà per il verso giusto e forse troveremo spazio sia per l'idea di un lavoro di qualità e sia per l'idea di una tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro”.

  

 

Intervento di Cesare Damiano all’evento “20 anni di PuntoSicuro” e articolo di Tiziano Menduto

 



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