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Il valore delle linee guida e il principio di massima sicurezza fattibile

Il valore delle linee guida e il principio di massima sicurezza fattibile

Un intervento si sofferma sul valore delle linee guida nella normativa prevenzionale. L’art. 2087 c.c. e la massima sicurezza tecnologicamente fattibile, le definizioni del Testo Unico e i riferimenti significativi nella giurisprudenza.


Milano, 4 Ott – Sono tante le linee guida in materia di sicurezza e salute sul lavoro che in questi anni il nostro giornale ha presentato. E a volte alcune linee guida sono richiamate anche dallo stesso D.Lgs. 81/2008 o da altra normativa prevenzionistica.
È chiaro quale sia il valore giuridico delle linee guida? È obbligatorio conoscerle, utilizzarle e seguirle? E, se non si seguono, con quali conseguenze?
 
Per provare a dare una risposta a queste domande possiamo fare riferimento al convegno “ FAV- Le fibre artificiali vetrose. Linee Guida della Conferenza Stato Regioni sui rischi e le misure di prevenzione per la tutela della salute” che si è tenuto a Milano il 3 Dicembre 2015 e che, con specifico riferimento alle  Linee Guida sulle fibre artificiali vetrose, ha chiesto all’avvocato Anna Guardavilla un intervento sul valore, in generale, delle linee guida.
 
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In “Il valore delle Linee guida”, Anna Guardavilla, che su questo tema ha pubblicato qualche mese fa su PuntoSicuro un suo specifico contributo, ci ricorda che il loro valore giuridico è correlato all’ art. 2087 del codice civile che pone il principio della cosiddetta “massima sicurezza tecnologicamente fattibile”.  
 
Ricordiamo che l’art. 2087 c.c. (Tutela delle condizioni di lavoro) indica che  ‘l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro’.  E dunque ne discende che il datore di lavoro (DL) “deve adottare tutte le misure dettate:
- dalla particolarità del lavoro, in base alla quale devono essere individuati i rischi e le nocività specifiche;
- dall’esperienza, in base alla quale si deve tener conto delle prassi, degli eventi già verificatisi, delle segnalazioni, dei pericoli già valutati in precedenza, delle esperienze maturate all’interno dell’azienda o di altre aziende e socializzate nel settore etc.;
- dalla tecnica, in base alle nuove conoscenze in materia di sicurezza messe a disposizione dal progresso tecnico-scientifico”.
E questa “massima sicurezza organizzativa, tecnica e procedurale tecnologicamente fattibile” obbliga alla “migliore scienza ed esperienza disponibile in un certo settore produttivo in un dato momento storico” (Cassazione Penale).
 
Con riferimento alla massima sicurezza fattibile e al tema dell’intervento vengono poi riproposte alcune definizioni del D.Lgs. 81/2008 (art. 2):
- prevenzione: ‘il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno’.
- buone prassi: ‘soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall’ISPESL, dall’INAIL e dagli organismi paritetici, validate dalla Commissione consultiva permanente, previa istruttoria tecnica dell’ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione’;
- norma tecnica: ‘specifica tecnica, approvata e pubblicata da un’organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria’;
- linee guida: ‘atti di indirizzo e coordinamento per l’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai ministeri, dalle regioni, dall’ISPESL e dall’INAIL e approvati in sede di Conferenza Stato-Regioni’.
Dunque il Testo Unico indica che possono intendersi quali “linee guida” solo quegli atti di indirizzo emanati da una rosa ristretta di organismi pubblici a cui la legge ha riconosciuto l’autorevolezza e la legittimazione istituzionale necessaria.
 
L’intervento riporta una serie di riferimenti alla “massima sicurezza fattibile” in alcune sentenze significative, a partire dalla giurisprudenza correlata al grave incidente avvenuto nel 2007 all’acciaieria Thyssenkrupp di Torino:
- Sentenza Thyssen, Trib. Torino, Corte d’Assise, 15 aprile 2011: ‘la Corte non ignora una ipotizzabile difficoltà, per il datore di lavoro, di conoscere effettivamente come comportarsi […] a fronte di un dovere generale di solidarietà e di una espressione di ampio contenuto quale quella di cui all'art.2087 c.c.’ […]. Ma ‘il dovere generale di tutela, derivante dalla Costituzione e dall'art. 2087 c.c., funge da - elementare, ma altrettanto fondamentale - criterio interpretativo per tutta la legislazione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori a cominciare dal D.Lgs 626/94 - v. nelle prioritarie enunciazioni […] ‘misure generali di tutela’ - passando per i decreti ministeriali, per giungere alle norme ‘tecniche’ le quali ultime, riproducendo lo ‘stato dell'arte’ (nel nostro caso, relativo alla materia di prevenzione antincendio), costituiscono il ‘contenuto’ preciso del rinvio alla ‘tecnica’ ed alle ‘conoscenze acquisite in base al progresso tecnico’ come indicate all'art. 2087 c.c. e all'art. 3 D.Lgs 626/94’. È ovvio, continua la sentenza, che ‘non esista una specifica ‘norma’ che indichi espressamente al datore di lavoro come, in tutti i particolari e considerato anche, solo come esempio, il tenore del ‘piano di emergenza’, debba valutare il rischio incendio nella zona di entrata di una linea di ricottura e di decapaggio attrezzata come la Linea 5, inserita nel processo produttivo di uno stabilimento come quello di Torino, in un dato momento storico; e poi espressamente gli imponga di prevedere ed installare, in quella area, l’impianto x e e/o le altre misure y[…]. E riguardo alle necessarie conoscenze tecniche “medie” indica che ‘già i sopra citati documenti - semplici ‘manuali operativi’ e schemi redatti da tecnici aziendali ‘interni’ - consentono di affermare che lo ‘scenario’ purtroppo realizzatosi la notte del 6 dicembre 2007 e in particolare il c.d. ‘flash fire’ si presentasse agevolmente prevedibile e rappresentabile sulla base di conoscenze tecniche ‘medie’ e patrimonio tecnico consolidato: sicuramente non di carattere ‘innovativo’.
 
Infine Anna Guardavilla riporta anche un riferimento specifico alle linee guida presente in una sentenza del 22 ottobre 2010 del Tribunale di Asti.
 
Nella fattispecie “l’amministratore delegato di una s.p.a., il medico competente della stessa e il consulente esterno sono chiamati a rispondere del reato di lesioni personali gravi a seguito dell’emergere di malattie da movimenti e sforzi ripetuti contratte da 6 dipendenti. L’azienda si occupa della produzione di motori per autovetture o camion e il lavoro era strutturato su linee di montaggio in cui venivano assemblate le varie parti del motore”.
In questo caso “l’insorgenza delle malattie professionali è da porre in nesso di causalità con la mancanza di visite da parte del medico competente, con la mancata assunzione di misure di prevenzione da parte del datore di lavoro e con l’erronea e lacunosa valutazione del rischio derivante dalle singole postazioni lavorative secondo il metodo Ocra, valutazione commissionata dall’azienda ad un consulente esterno. Il consulente esterno svolge l’incarico finché, a seguito di contestazioni mosse dallo Spresal, si ricorre ad un noto esperto del metodo OCRA che effettua una verifica della valutazione che risulta alla fine idonea. Nonostante gli studi del consulente mostrino una situazione ottimale per quasi tutte le postazioni e nessuna postazione a ‘rischio’ di insorgenza di malattia, continuano a manifestarsi malattie muscolo scheletriche o comunque insorgenze di patologie lavoro correlate”.
La sentenza, con riferimento a quanto indicato nelle linee guida, arriva dunque a parlare del valore delle linee guida: nelle linee guida è ‘normalmente contenuta la più compiuta e particolareggiata indicazione del sapere scientifico di un determinato settore. Da ciò consegue che nei processi per reati colposi (soprattutto quelli in campo medico) le linee guida vengono spesso in rilevo, poiché da esse possono essere tratti sia elementi indispensabili per l’individuazione del comportamento corretto da seguire e sia il ‘modello di agente’.
Inoltre le linee guida ‘costituiscono, al contempo, fonte dell’obbligo di adeguamento e metro della diligenza richiesta a chi opera in un determinato settore[…].In definitiva i medici competenti, i datori di lavoro ed i consulenti di questi ultimi ‘erano senz’altro tenuti alla conoscenza delle linee guida relative al metodo OCRA per organizzare al meglio il lavoro in strutture imprenditoriali aventi ad oggetto lavorazioni a rischio, in quanto estrinsecantesi in movimenti degli arti superiori ad elevata ripetitività’. Inoltre la sorveglianza sanitaria “obbligatoria” ‘deve essere attivata non solo quando sono presenti lavoratori addetti a postazioni con indice Ocra superiore a 2,2 ma anche quando nell’azienda si verificano più casi di malattie muscolo scheletriche’. La relatrice ricorda, a questo proposito, che “il Tribunale cita le linee guida per la formazione continua e l’accreditamento del medico del lavoro - revisione del 2006”. Secondo tali linee guida, ‘il medico competente ha il dovere di eseguire controlli periodici ma anche mirati nei confronti dei lavoratori affetti da patologie; tali patologie possono essere sia legate al lavoro sia del tutto sconnesse dall’attività lavorativa; ha il compito specifico di valutare le singole postazioni di lavoro in relazione alle specifiche malattie dalle quali è affetto il lavoratore; ha il dovere di visitare ed informare il lavoratore, al fine di consentirgli una piena tutela della propria salute; ha il dovere di fornire eventualmente una valutazione negativa per il reinserimento del lavoratore affetto da determinate patologie; ecc…’.
 
In definitiva il Tribunale conclude: ‘si deve dunque ritenere provato il nesso di causalità tra le omissioni del medico competente e l’insorgenza delle malattie’. È infatti ragionevole ritenere che se il medico competente ‘avesse correttamente posto in essere il comportamento doveroso a lui spettante in forza delle norme nonché in forza alle regole di esperienza e se avesse dunque agito con perizia, diligenze e prudenza nello svolgimento del proprio lavoro, le malattie muscolo scheletriche non sarebbero insorte’.
 
 
 
 
Il valore delle Linee guida”, a cura dell’avvocato Anna Guardavilla, intervento al convegno “FAV- Le fibre artificiali vetrose. Linee Guida della Conferenza Stato Regioni sui rischi e le misure di prevenzione per la tutela della salute” (formato PDF, 15.73 MB).
 
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 

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Rispondi Autore: Alessio - likes: 0
04/10/2016 (15:20:59)
Potrebbe valere lo stesso discorso per la normativa estera? Come ad esempio quella americana quando è superiore alla ns?
Rispondi Autore: Alessio - likes: 0
04/10/2016 (16:28:05)
Potrebbe valere lo stesso discorso per la normativa estera? Come ad esempio quella americana quando è superiore alla ns?
Rispondi Autore: Alessio - likes: 0
05/10/2016 (08:14:31)
Potrebbe valere lo stesso discorso per la normativa estera? Come ad esempio quella americana quando è superiore alla ns?
Rispondi Autore: Alessio - likes: 0
05/10/2016 (09:06:38)
Potrebbe valere lo stesso discorso per la normativa estera? Come ad esempio quella americana quando è superiore alla ns?

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