Disturbi muscolo-scheletrici e lavoro: una mappatura critica
Pubblichiamo un estratto della ricerca della Fondazione Marco Biagi – UNIMORE Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, a cura di Livia Di Stefano e Dario Fontana.
DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI E LAVORO: UNA MAPPATURA CRITICA
Negli ultimi anni si è assistito all’aumento progressivo delle denunce di malattie professionali riconducibili a patologie dell’apparato muscoloscheletrico legate a movimenti ripetitivi degli arti superiori, alla movimentazione dei carichi e all’assunzione di posture incongrue. L’analisi dei dati delle relazioni INAIL relativi agli anni 2015 e 2016 evidenzia che in Italia, così come in Europa, i DMS rappresentano il 60% delle malattie professionali, dato, comunque, sottostimato a parere della comunità scientifica in generale.
Sulla base di tali presupposti e tenendo presente che “i DMS sono una epidemia sorta sulla scia di nuovi metodi di razionalizzazione della produzione e della promozione della flessibilità del lavoro degli anni 80-90… nessuna soluzione standardizzata può essere presa in considerazione, dal momento che le misure adottate devono essere adattate allo specifico storico, tecnologico, organizzativo e alle caratteristiche economiche di ciascun luogo di lavoro.”(Roquelaure 2015) gli autori hanno studiato il fenomeno, non solo da un punto di vista statistico, ma anche, e soprattutto, approfondendo le dinamiche “macro”, interdisciplinari, indagando le componenti attribuibili alle caratteristiche dell’imprese e dei settori di appartenenza, al comportamento dei lavoratori assicurati e dell’INAIL, al ruolo di attori istituzionali. Analisi complicata dal fatto che i dati utilizzabili sono solo quelli di origine assicurativa, provenienti dalla Banca dati “Flussi informativi INAIL-Regioni “, in assenza di altre fonti di registrazione delle patologie professionali da Disturbi Muscolo Scheletrici (DMS) a causa del rallentamento del progetto di mappatura epidemiologica dei DMS per mezzo del registro Nazionale delle Malattie Professionali.
Partendo dall’analisi degli studi finalizzati ad indagare il fenomeno delle denunce e delle sotto denunce , pochi e quasi tutti realizzati negli USA, e che evidenziavano comportamenti diversi influenzati dalla sindacalizzazione, dalla grandezza delle aziende, dal settore economico di attività, dal tipo di patologia, dall’eventuale esistenza di altra assicurazione, dalla consultazione di specialisti, dalla presenza di incentivi per la promozione della sicurezza, dalla paura di eventuali provvedimenti disciplinari con possibilità di perdita del lavoro, sono state analizzate le varie componenti che potessero in qualche modo agire sul comportamento di denuncia tra cui: il ruolo del sindacato, l’effetto ammortizzatore sociale, l’effetto scoraggiamento, l’effetto contagio, l’effetto licenziamenti e cessazioni aziendali, e la componente “pregiudizio di genere”.
Lo studio si è proposto di rispondere, anche, a due domande di ricerca complementare:
1) quali sono le possibili determinanti dell’accoglimento o respingimento delle denunce di DMS lavoro-correlati;
2) quali le possibili determinanti della distribuzione delle denunce di DMS lavoro correlati per territorio e settore produttivo.
La successiva elaborazione dei dati provenienti dalla Banca “Flussi informativi INAIL-Regioni 2013”, ha evidenziato, relativamente al calcolo del tasso di incidenza medio annuale su gruppi provincia e Ateco, una vicinanza ricorrente di province, invece di vicinanze ricorrenti di settori Ateco e che i primi 20 settori con valori più alti di Rischio Relativo (RR) della denuncia in rapporto all’ATECO sono risultati essere: carbone, altre ind. estrattive, costruzioni, servizi famiglia, smaltimento rifiuti, conf. abbigliamento, trasporti terrestri, fabbr. auto, minerali non metall, ind. alimentari, ind. tessili, ind. conciarie, ind. legno, metallurgia, lav. metallo, sanità, fabbr. mobili, gomme e plastiche, con una predominanza dei settori industriali rispetto a quelli dei servizi. I risultati dei rischi relativi delle province hanno mostrato che, su 110 province, 89 risultano con un grado di significatività rilevante.
Controllando il settore di produzione, cioè il settore dove si lavora al momento della denuncia, risultano presenti 4 valori di RR outlier: Oristano, Medio-campidano, Pescara, Lucca, mentre la maggior parte delle province esprime un rischio di denuncia inferiore al 50% rispetto alla media. Paradossalmente al nord, dove si colloca la maggior parte della produzione, c’è un esito negativo dell’andamento della denuncia, mentre nelle zone della costiera centrale adriatica, Umbria, nord-ovest Toscana e sud-Ovest Sardegna si riscontrano i rapporti più alti. La conferma della presenza di una DISTORSIONE causata da un effetto legato alla provincia piuttosto che al settore lavorativo ha portato gli autori all’analisi delle possibili componenti in grado di influenzare il comportamento di denuncia, individuati negli effetti: istituzionale, socio-economico e economico produttivo. In presenza di fattori distorsivi e non eliminabili quali effetto denunciato nella provincia dove si è presentata la denuncia e non dove si è verificato l’evento, al netto dell’effetto delle singole 108 province e della patologia denunciata, l’analisi ha evidenziato che solo 10 settori ATECO hanno una probabilità superiore alla media di incorrere nel rischio riconoscimento. In ordine: costruzioni, confezioni, coke, ind. conciaria, servizi famiglia, ind. alimentari, altre ind. estrattive, ind. tessili, fabbr. mobili, fabbricazione altri mezzi di trasporto.
Tale effetto ATECO viene interpretato come espressione della gravità della patologia o catalizzatore di patologie maggiormente riconosciute, ma anche come maggiore capacità degli attori sociali ed istituzionali. Rispetto alle patologie, su 48 patologie, 35 risultano avere un rapporto significativo con il rischio riconoscimento. In ordine: ernia del disco, borsite prepatellare, epicondilite mediale, sindrome cuffia dei rotatori, altre sinoviti, tunnel carpale, tendinite bicipitale, tenosinovite stiloide radiale, tendinite calcificante spalla, altre lesioni menisco. L’elemento di essere una patologia giuridicamente tutelata risulterebbe l’elemento trainante del riconoscimento.
Per quanto riguarda i coefficienti delle provincie di denuncia, al netto dell’ATECO e delle patologie, 24 sono le province che hanno mostrato una la probabilità uguale o superiore alla media di riconoscimento, con una distribuzione molto differente sul territorio nazionale.
Solo per 9 province è stato riscontrato contemporaneamente un valore di probabilità superiore alla media sia per i riconoscimenti che per le denunce: Ravenna, Pesaro e Urbino, Lucca, Livorno, Pisa, Terni, Reggio Calabria, Cagliari, Fermo, province in cui si può presumere un coordinamento tra attori sociali e istituzionali per l’emersione. In molte province si denuncia meno con una minore percentuale di riconoscimento. Sette, invece, sono risultate le province con alta probabilità di denunce e basso riconoscimento: Massa Carrara, Arezzo, Perugia, Teramo, Pescara, Chieti e Rimini. E, in tutte, sembrerebbe giocare il ruolo degli attori coinvolti. Complessivamente ed in conclusione il lavoro rileva la persistenza di distorsioni di provincia ed ATECO, di tariffa e ICDX, ed è lecito supporre, a detta degli autori, che le denunce e i riconoscimenti seguano, negli anni di forte ascesa (2009-2010), un andamento che esula dal contesto socio-economico per cui diventa preponderante il ruolo degli attori socio-istituzionali.
Dott.ssa Laura Verderosa
Dott. Giorgio Di Leone
Scarica la versione integrale della ricerca:
Disturbi muscolo-scheletrici e lavoro: una mappatura critica - Quaderni Fondazione Marco Biagi Ricerche - UNIMORE Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – a cura di Livia Di Stefano, Dario Fontana. (pdf, 3.5 MB)
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