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Le norme silenti: il comma 1 dell'articolo 39 d.lgs. 81/08

Autore: Pietro Ferrari

Categoria: Medico competente

18/09/2012

L'attività del medico competente secondo i pricìpi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH). A cura di Pietro Ferrari.

 
Propongo, senza pretesa, di intendere la definizione nel titolo come quelle norme che, vuoi perché sembrano non mostrarsi immediatamente cogenti, vuoi perché non implicano direttamente sanzione, vengono colpevolmente sottovalutate, se non trascurate.
Emblematica, in questo senso, appare la norma, di assoluta novità, contenuta nel primo comma dell'art. 39 D.Lgs. 81/08 (“Svolgimento dell'attività del medico competente”):
1. L'attività del medico competente è svolta secondo i pricìpi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH)).
Ciò stà a significare, molto semplicemente, che essa attività deve venir svolta in conformità con tali princìpi. Non sembri inutile e tautologica tale specifica. Vedremo infatti la qualità fondativa della norma appena riportata.
 
Nel dibattito che caratterizza la figura ed il ruolo del medico competente, come ri-definiti nel
D.Lgs. 81/08, la norma introduttiva dell'art. 39 non pare venir sottoposta a particolare attenzione.
Forse perché, in genere, si tende a dare per scontato ciò che scontato non è: la qualitasprofessionale e deontologica dell'attività di medico competente.
Sgombriamo subito il campo da equivoci: non si manifesta qui alcuna animosità (pure, assicuro, in certe occasioni, giustificabilissima) [1] con riguardo all'operare dei medici competenti. Qui si vuole considerare ciò che la legge stabilisce – e dunque impone- si debba fare.
 
Se noi consideriamo i contenuti del comma 1, rileviamo, in primo luogo, il compito da parte del
M.C. di rispettare i doveri generali di libertà, indipendenza e dignità della professione.
"Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo alla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità umana..
La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona." [art. 3 del codice deontologico della Federazione Nazionale dell'Ordine dei Medici]
Non diversamente, il Codice internazionale di etica per gli operatori di medicina del lavoro (dell'ICOH) richiama i doveri di competenza, integrità ed imparzialità; di indipendenza professionale; di equità, non-discriminazione e obbligo di comunicazione.
Ma, in più, esso definisce inequivocabilmente quali sono i doveri e i compiti del M.C.
"Obiettivo primario della Medicina del Lavoro è quello di salvaguardare e promuovere la salute dei lavoratori, in un ambiente di lavoro sicuro e non nocivo e di proteggerne le capacità lavorative e l'accesso al mondo del lavoro.
Nel perseguire tale obiettivo, gli Operatori di Medicina del Lavoro (OML) dovranno fare uso di validi metodi di valutazione del rischio, dovranno proporre misure preventive efficaci e quindi controllarne l'applicazione.
Gli OML dovranno assistere con competenza e chiarezza i datori di lavoro sulle modalità di adempimento delle proprie responsabilità per quanto concerne la sicurezza e la salute sul lavoro, e i lavoratori per quanto riguarda la protezione e la promozione della salute in rapporto all'attività lavorativa: ..." (punto 1°)


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A ciò si aggiunga che il comma 1 dell'art. 39 viene a rappresentare, per la prima volta, un aspetto grandemente significativo. Aspetto da me già più volte evidenziato, la cui individuazione è da attribuirsi a più autorevoli commentatori, in primis il Prof. Gabriele Marra.
Tale aspetto contempla l'evidenza che il comma 1 procede alla giuridificazione della fonte (il Codice ICOH); di modo che “quello che per sua natura è un catalogo di valori” viene trasformato, ad effetto della giuridificazione “in obblighi di legge coattivamente presidiati” (G. Marra).
E' d'altronde impressionante – e non casuale- la coerenza tra i passaggi del Codice ICOH appena riportati con il dettato del decreto legislativo 81/08 s.m.i.
Vediamo che, secondo quelli, il M.C. ha come “obiettivo” nella sua attività, quello di “salvaguardare e promuovere la salute dei lavoratori” attraverso il dominio di una valida strumentazione tecnico scientifica e la (conseguente) capacità di proporre -controllandone poi
l'applicazione-“misure preventive efficaci”.
Solo così potrà -secondo previsione dell'art. 25, comma 1, lettere b) ed m), D.Lgs. 81/08- programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria “attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;” e
partecipare“alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli
sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;”.
Si richiama come, nel primo caso, la violazione dell'obbligo venga sanzionata con la pena alternativa dell'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 300 a 1.200 euro (il D.Lgs. 106/09 ha ridotto così l'originaria ammenda che era da 1.000 a 4.500 euro); mentre, nel secondo, il D.Lgs. 106 ha tolta la sanzione amministrativa pecuniaria che era da 1.000 a 3.000 euro.
 
La norma di legge e l'impegno deontologico (peraltro giuridificato) impediscono al M.C. che possa assumere un qualche valore l'eventuale <ricatto contrattuale> posto in essere da un datore di lavoro.
E tuttavia, a ulteriore e miglior protezione dell'attività del medico competente, l'art. 55 (Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente) punisce il datore di lavoro che non effettui la valutazione dei rischi e l'elaborazione del documento conseguente in collaborazione con il M.C.; che non abbia richiesto “al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico dal presente decreto;”; che non abbia fornito al M.C. tutte le “informazioni” previste; che non abbia provveduto -con la collaborazione del M.C.- a porre in essere il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; che non abbia tenuto conto, nell'affidare i compiti ai lavoratori, delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza Resta peraltro impregiudicata la facoltà del M.C. di rivalersi, in sede di procedimento civile [2], nel caso di risoluzione <strumentale> del rapporto contrattuale; in quella sede potrà senz'altro far valere la violazione dell'obbligo (..pur non sanzionata) per il DdL di assicurare “al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l'autonomia”(art. 39, comma 4).
Così come, per altro verso, è fatta salva la facoltà del datore di lavoro di rivalersi (sia contrattualmente che giudizialmente) in conseguenza di danni subiti per negligenza e/o imperizia attribuibili all'operato del M.C. .
 
Esiste nel D.Lgs. 81/08, e non può essere sottaciuta, una discrasia tra norme relative agli obblighi della valutazione dei rischi.
Fatto salvo l'obbligo fondamentale, la responsabilità prima e indelegabile di cui all'art. 17, comma 1, lett. a) : “Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'art. 28 [il DVR];”, i problemi hanno inizio quando si viene a trattare dell'obbligo per il M.C. di partecipare alla valutazione dei rischi e alla programmazione delle misure preventive e protettive.
L' ansia interventista e correttiva dell'allora Ministro Sacconi, avrebbe ben potuto, sull'oggetto,
placarsi. E contribuire a risolvere le contraddizioni nel testo, determinate dal pessimo coordinamento di norme.
Infatti mentre gli artt. 2 (Definizioni) e 25 (Obblighi del medico competente) definiscono limpidamente -come vedremo- il dovere di partecipazione del M.C. alla valutazione dei rischi (perciò prevedendo sempre la presenza del M.C. nel processo valutativo), gli artt. 18, comma 1, lett. a), 28, comma 2 e 29, comma 1, condizionano tale presenza all'individuazione della necessità di porre in essere la sorveglianza sanitaria (retaggio, invero, del D.Lgs. 626/94; anche, però, sciatta sussunzione di quella norma).
 
Art. 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente)
1. a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi
previsti dal presente decreto legislativo;
Art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi)
2. [il DVR] ..deve esser munito.. ai soli fini della prova della data di sottoscrizione.. [dalla firma] del medico competente, ove nominato,..
Art. 29 (Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi)
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento [DVR]..in collaborazione con il.. medico competente, nei casi di cui all'art. 41 [Sorveglianza sanitaria].
 
La domanda che all'epoca era sorta spontanea ai più, si poneva all'incirca in questi termini: ma
com'è possibile che il M.C. possa contribuire a stabilire se è necessaria la sorveglianza sanitaria
quando il M.C. stesso può venire nominato soltanto dopo che sia stata identificata la necessità della sorveglianza sanitaria?
A tale domanda, e alla contraddizione in essa resa evidente, si era cercato di rispondere considerando la ratio legis, evidentemente diversa da quella rappresentata precedentemente nel D.Lgs. 626/94 s.m.i.
L'art. 17, comma 1, lett. a), del 626, si limitava infatti a prevedere che il M.C. dovesse collaborare alla predisposizione dell'attuazione delle misure a tutela, mostrando, con ciò, di richiamare ad una fase successiva a quella della valutazione.
 
Art. 17 D.Lgs. 626/94
Il medico competente
1. il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro.. sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;”.
 
Anche se, già allora, ci si sarebbe potuto chiedere da dove mai -se non dalla partecipazione alla valutazione dei rischi- dovessero venire al M.C. la “specifica conoscenza dell'organizzazione
dell'azienda”e la specifica conoscenza “delle situazioni di rischio”. In effetti, a ben vedere, potevano rinvenirsi specifiche disposizioni <annidate> nell'art. 4 (Obblighi del datore di lavoro del dirigente e del preposto). Qui infatti il comma 5, lett. g), impegnava il datore di lavoro a richiedere “l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;” e il comma 6 lo impegnava a effettuare la valutazione dei rischi e ad elaborare il documento conseguente “in collaborazione.. con il medico competente nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria,..”.
Diverso era però, all'epoca, il quadro di sistema. Meno puntuale nel definire il ruolo attivo, e proattivo e sinergico, delle diverse figure della prevenzione aziendale.
Le norme -pur presenti, anche se <annidate>- non vennero dunque efficacemente rese esigibili.
Con l'emanazione del D.Lgs. 81/08, vengono però ridefiniti il ruolo ed il quadro delle responsabilità del M.C.
A ciò contribuisce il successivo decreto integrativo e correttivo, il D.Lgs. 106/09 (uno dei pochi
aspetti positivi del 106), introducendo una sanzione penale, per reato proprio, nei confronti del
M.C. che non abbia collaborato con il DdL e con il SPP alla valutazione dei rischi [3].
Sono l'art. 2 (Definizioni), comma 1, lett. h) e l'art. 25 (Obblighi del medico competente), comma 1, lett. a), a definire l'obbligo: ed è l'art. 58 (Sanzioni per il medico competente), comma 1, lett. c), a sanzionarne la violazione.
 
Art. 2 (Definizioni)
1. h) <<medico competente>>: medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e
professionali di cui all'art. 38, che collabora, secondo quanto previsto dall'art. 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;
 
Art. 25 (Obblighi del medico competente)
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro.. alla valutazione dei rischi, anche ai fini, ove necessario, della sorveglianza sanitaria,...
 
Art. 58 (Sanzioni per il medico competente)
1. il medico competente è punito:
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 400 a 1.600 euro per la violazione dell'art. 25, comma 1, lettere a), con riferimento alla valutazione dei rischi,ed l);
Oggi, dunque, possiamo ben dire che la norma riguardante la figura ed il ruolo del M.C. nella
valutazione dei rischi e nella predisposizione di misure preventive è inequivocabile e tassativa (la sua violazione è peraltro sanzionata, sia con riguardo al datore di lavoro che al M.C. medesimo, con sanzioni penali alternative e/o con sanzioni amministrative pecuniarie).
 
La nomina del M.C. è dunque sempre obbligatoria rispetto alla valutazione dei rischi [4].
Impedita, al contrario, nel caso la valutazione dei rischi non evidenzi, poi, la necessità di applicare la sorveglianza sanitaria. Ancora obbligatoria, infine, nel caso la valutazione dei rischi
stabilisca“nei casi previsti dalla normativa vigente” l'obbligo della sorveglianza sanitaria [5].
 
Si dovrebbero perciò prevedere distinte forme di contrattualizzazione: l'una relativa alla partecipazione del M.C. alla valutazione dei rischi ed all'elaborazione del documento conseguente (DVR); l'altra relativa alla eventuale riconosciuta necessità della sorveglianza sanitaria -e dunque al processo di miglioramento nel tempo delle condizioni di sicurezza e salute delle lavoratrici e dei lavoratori (processo comprensivo, perciò, di eventuali rielaborazioni del DVR, ex art. 29, comma 3)- secondo il seguente schema:
 
- in caso di costituzione di nuova impresa, o di radicale modifica dell'attività produttiva: va contrattualizzata la collaborazione del M.C., secondo la previsione -decisiva-  dell'art. 25, comma 1, lett. a): “collabora.. alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario della sorveglianza sanitaria..”. Se la valutazione dei rischi e l'elaborazione del relativo documento dovessero escludere la necessità della sorveglianza sanitaria, il contratto andrà a naturale risoluzione [6]. Il comma 3-bis dell'art. 18 porta a ritenere che tale risoluzione si collochi entro il termine (massimo) di 90 giorni;
- nel caso la valutazione dei rischi abbia individuato la necessità di porre in essere la sorveglianza sanitaria (o nel caso di subentro, sempre in questa ipotesi, di altro M.C.): va contrattualizzata la <collaborazione> del M.C. per lo svolgimento della sorveglianza sanitaria, ex art. 41, e per il contributo al miglioramento nel tempo delle condizioni di sicurezza e salute delle lavoratrici e dei lavoratori, secondo le previsioni degli artt. 2, comma 1, lett. h) e 18, comma 2; [7]
 
Art. 2 (Definizioni)
1. h) <<medico competente>>.. collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei
rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;”
 
Art. 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente)
2. Il datore di lavoro fornisce.. al medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e
protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui alla lettera r) [infortuni] e quelli relativi alle malattie professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
 
Se torniamo ora a considerare il comma 1 dell'art. 39, vediamo come esso possa rappresentare -credo senza tema di esagerazione- una norma di chiusura [8] rispetto agli obblighi connessi all'attività di medico competente. Nel senso che tutti li ricomprende, con-chiudendo l'ambito dei doveri e delle responsabilità.
In questo preciso senso, essa travalica la “evidente genericità del modello di condotta sanzionato come doveroso” (Trib. Pisa, sent. n. 1756, 7.12.2011), richiamando -oltre gli specifici modelli di condotta previsti nel “T.U.”- l'obbligo generale e inderogabile.
 
Siamo dunque in presenza di una norma di straordinaria importanza -norma fondativa della
responsabilità, ho accennato in inizio-, rispetto alla quale la stessa giurisprudenza (oltre che,
ovviamente, gli organi di vigilanza e gli stessi M.C.) non potrà che porsi in confronto [9].
 
Che l'attività del medico competente debba svolgersi secondo i princìpi della Medicina del Lavoro, come rappresentati nel codice etico della ICOH, e dunque utilizzando “validi metodi di valutazione del rischio” sembra richiamare, per analogia, (e come importanza), il criterio della massima sicurezza tecnologicamente attuabile [10]. L'obbligo di partecipazione per il M.C. al programma di educazione continua in medicina (ECM) [11] di cui al comma 3 dell'art. 38 (Titoli e requisiti del medico competente) ha appunto lo scopo di non consentire al M.C. l'ignoranza degli aggiornamenti normativi e dei migliori raggiungimenti tecnici e scientifici [12].
 
Solo una buona padronanza degli uni e degli altri consentirà al M.C. di svolgere il suo ruolo nel
rispetto dei termini di legge. A condizione che a quelli si accompagnino permanentemente il pathos etico e deontologico ed il logos dell'indipendenza e dell'equità [13].
Il tutto, come previsto dalla norma generale rappresentata dal comma 1 dell'art. 39.
 
 
Pietro Ferrari
Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente
Camera del lavoro di Brescia
 



[1] è da risapersi, giusto per capire, che -secondo una statistica non remota- un numero limitatissimo di medici competenti seguono, ciascuno, fino ed oltre 1.000 aziende; che un numero limitato ne segue, pro capite, alcune centinaia; che molti ne seguono, ciascuno, alcune decine; che moltissimi ne seguono più di dieci.
 
[2] e neppure è vietato, al M.C., il rivolgersi all'organo di vigilanza territorialmente competente.
 
[3] Anna Guardavilla “Profili di responsabilità del medico competente”, in GIMLE 2010
[4]  anche il combinato tra [il M.C.] collabora.. alla attività di formazione e formazione.. per la parte di competenza, e alla organizzazione del primo soccorso..” (art. 25, comma 1, lett, a) ) e l'obbligo del datore di lavoro di “designare preventivamente i lavoratori incaricati.. di primo soccorso..” (art. 18, comma 1, lett. b) ), corrobora la prescrizione che il M.C. debba venir coinvolto sempre, fin da subito, nella valutazione dei rischi e nella predisposizione delle misure conseguenti
[5] lo spettro normativo e regolamentare che richiede l'attivazione della sorveglianza sanitaria è tuttavia ormai così ampio da rendere davvero residuale l'ipotesi contraria.
 
[6] in tal senso sembra muoversi la lettera e) dell'art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi), nella parte in cui prescrive che il DVR debba contenere l'indicazione del nominativo “del medico competente che ha [mentre la logica della proposizione, trattando delle figure partecipi, imporrebbe il “hanno”] partecipato alla valutazione del rischio;”.
 
[7] in questo senso, già l'Ing. G. Porreca: il M.C. deve esser presente "in una fase preliminare collaborativa e di consulenza medica ed in una fase successiva ed eventuale di sorveglianza sanitaria..". Per cui discende che "il primo intervento che il medico competente è chiamato ad operare presso qualsiasi azienda è quello di collaborazione, quale consulente medico, nella valutazione dei rischi e nella gestione della sicurezza sul lavoro e che solo successivamente può essere nominato per la effettuazione della eventuale sorveglianza sanitaria". [G.Porreca: La figura del medico competente nel Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro: un collaboratore indispensabile per il datore di lavoro.]
 
[8] se invece dovesse trattarsi di esagerazione, parliamo pure di “una sorta di norma di chiusura”.
 
[9] conforta tale affermazione (pur senza risolverla), la recente condanna -seconda in un anno- da parte del Tribunale di Pisa nei confronti di un M.C. per omessa collaborazione nella valutazione dei rischi e nella predisposizione delle misure conseguenti. Significativo è rilevare come la prima condanna, invece, sia conseguita alle incongruenze e scollature del protocollo sanitario rispetto al documento di valutazione dei rischi.
 
[10] pur essendo, in realtà, già sufficiente quello di “scienza e coscienza”. Non scordiamo, tuttavia, che l'art. 25, comma 1, lett. b), impegna il M.C. a tenere “in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.
 
[11]  con bonaria malizia, si segnala -per i fautori del rapporto necessario obbligo=sanzione- che l'obbligo in questione non è assistito da corrispondente sanzione nell'art. 58; eppure, esso obbligo, rappresenta la condizione necessaria “Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente..” (c. 3, art. 38).
 
[12] “Gli OML [operatori di medicina del lavoro] dovranno mantenersi continuamente informati sul ciclo produttivo e sull'ambiente di lavoro, oltre a migliorare le proprie competenze ed aggiornare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche sui fattori di rischio professionali e sulle misure più efficaci per eliminare o ridurre i relativi rischi. ..” (Codice intermazionale di etica -ICOH, § Conoscenza e competenza)
 
[13] “Sulla base del principio di equità, gli OML dovranno aiutare i lavoratori sia ad ottenere che a mantenere il loro posto di lavoro, nonostante eventuali problemi o handicap. ..”; “Uno dei requisiti base per svolgere una valida pratica di Medicina del Lavoro è la piena indipendenza professionale, il che significa che gli operatori devono essere completamente autonomi nell'esercizio delle loro funzioni, in modo da poter effettuare valutazioni e dare suggerimenti.. secondo scienza e coscienza. ..” (Codice internazionale di etica – ICOH, Introduzione p. 3. e 8.)
 
 


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