Linee guida e buone prassi: PLE, sbarco in quota e DPI anticaduta
Milano, 6 Giu – Sono molti i fattori di rischio di cui tener conto nell’utilizzo delle piattaforme di lavoro elevabili (PLE): dai rischi di rovesciamento/ribaltamento all’investimento di persone, dalla caduta dall’alto ai rischi di compressioni, urti e schiacciamento, dalla caduta dei materiali ai rischi elettrici e ai rischi interferenziali.
Con tutti questi pericoli per l’incolumità dei lavoratori è importante poter fare sempre riferimento a idonee procedure per lavorare in sicurezza. E per avere specifiche informazioni sulla prevenzione degli infortuni nell’utilizzo delle piattaforme di lavoro, il nostro giornale torna a focalizzare l’attenzione su un documento che in questi anni ha fornito buone prassi lavorative correlate all’utilizzo di questa diffusa attrezzatura di lavoro.
Stiamo parlando della “Linea guida. Uso delle Piattaforme di Lavoro Elevabili (cantieri temporanei e mobili)” approvata dalla Regione Lombardia con Decreto n. 6551 dell’8 luglio 2014 e presentata dal nostro giornale nell’articolo “ Linee guida per l’uso in sicurezza delle piattaforme di lavoro elevabili”.
Le piattaforme di lavoro e lo sbarco in quota
Nel documento della Regione Lombardia, oltre a indicare le misure generali o specifiche per la sicurezza de lavoratori, un capitolo è dedicato al tema dello sbarco in quota.
Si indica che la piattaforma di lavoro elevabile è “una macchina generalmente progettata per il solo sollevamento di persone a quote diverse, allo scopo di effettuare lavori di manutenzione, costruzione o altro dall'interno della piattaforma stessa; pertanto, essa non è destinata al trasferimento di lavoratori tra livelli diversi o per lo sbarco uscendo dalla piattaforma di lavoro in quota”. E la possibilità di sbarcare in quota da una piattaforma di lavoro elevabile non rientra tra le modalità di utilizzo, per le quali la norma armonizzata UNI EN 280 conferisce presunzione di conformità ai requisiti essenziali di sicurezza delle ‘Direttive Macchine’ (DPR 459/96 e D.Lgs. 17/2010), in quanto detta norma non contempla i rischi derivanti da "accessi o uscite dalla piattaforma di lavoro da livelli diversi”. E la stessa norma – continua il documento – “prevede che per l' utilizzo della PLE con metodi o condizioni di lavoro particolari, che non rientrino in quelli specificati dal fabbricante, l'utilizzatore deve ottenere l'approvazione del fabbricante stesso con delle linee guida specifiche”. Inoltre alcuni fabbricanti di piattaforme “prevedono tra le modalità di utilizzo la possibilità di effettuare lo sbarco in quota dalla piattaforma; a tale scopo forniscono una procedura puntuale con gli elementi minimali per garantire il rispetto delle norme in vigore in materia di lavoro in quota”.
Le linee guida, oltre a riportare i diversi “regimi di immissione sul mercato di piattaforme di lavoro elevabili”, indica che per un possibile utilizzo delle PLE per lo sbarco in quota, “la consultazione del libro di uso e manutenzione, fornito a corredo della macchina, consente di definire le seguenti situazioni:
- esplicito divieto utilizzo per lo sbarco in quota esplicitato dal costruttore della macchina;
- nessun riferimento utilizzo per lo sbarco in quota esplicitato dal costruttore della macchina;
- procedura di lavoro, con definiti i limiti di impiego per un possibile utilizzo per lo sbarco in quota, redatta dal costruttore della macchina;
- assenza di libro di uso e manutenzione (macchine non marcate CE)”.
In ogni caso l'utilizzo di PLE per attività che prevedono lo sbarco in quota “non costituisce prassi ordinaria per l'esecuzione di lavori in elevazione, bensì costituisce una modalità di lavoro ammissibile solo per l'esecuzione di interventi di riparazione, manutenzione, ecc. che abbiano durata limitata nel tempo (non superiore a una giornata)”.
Inoltre la possibilità di sbarco e reimbarco da posizioni diverse da quella di partenza “deve essere oggetto di una rigorosa e specifica valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro, che possibilmente deve coinvolgere il costruttore della PLE, che tenga conto delle caratteristiche tecniche dell'attrezzatura, delle condizioni del cantiere e della natura delle operazioni da svolgere”. E tale valutazione dei rischi deve considerare in particolare i seguenti fattori:
- modalità e tempi di trasferimento del lavoratore dalla piattaforma della PLE alla zona di sbarco;
- caduta di persone durante il trasferimento dalla piattaforma di lavoro alla struttura;
- caduta di attrezzature e/o materiali durante il trasferimento dalla piattaforma di lavoro alla struttura;
- movimento improvviso della PLE o della piattaforma di lavoro;
- carichi aggiuntivi imposti alla PLE, che potrebbero influenzare la stabilità o sovraccaricare la macchina;
- scarico improvviso dell'eventuale materiale trasportato;
- danni alla PLE o alla struttura di sbarco, causati da un movimento involontario della PLE;
- evacuazione dei lavoratori sbarcati in caso di emergenza”.
E dunque all'esito della valutazione dei rischi “devono essere adottate misure tecniche e/o organizzative idonee a ridurre i rischi a livelli accettabili, redigendo una procedura operativa di sicurezza, da adottarsi da parte degli operatori sotto la supervisione di un preposto”.
In particolare:
- “lo sbarco deve essere adeguatamente sicuro, mediante la protezione della zona di sbarco con mezzi di protezione collettiva o con la predisposizione di un punto fisso di ancoraggio o di una linea vita quali sistemi necessari per poter consentire al lavoratore di operare sempre in condizioni di sicurezza;
- l'abbandono della piattaforma deve essere effettuato in modo tale da non generare pericolosi effetti dinamici dovuti alla elasticità della struttura estensibile;
- il sistema anticaduta indossato dal lavoratore deve essere dotato di doppio cordino in modo da consentire al lavoratore di assicurarsi ai citati punti fissi di ancoraggio o alla linea vita prima di liberarsi dal punto di ancoraggio presente sulla piattaforma”.
Rimandiamo alla lettura integrale del documento, che si sofferma anche sul punto di ancoraggio della piattaforma e sulla scelta della PLE, e presentiamo alcune brevi indicazioni sui dispositivi di protezione individuale per il lavoro in quota su piattaforme di lavoro elevabili.
Il lavoro in quota e i dispositivi di protezione individuale
Il documento segnala che la valutazione del rischio associato all'uso delle PLE “mette in evidenza che, escludendo i rischi generati dalle condizioni ambientali, dallo stato e dal posizionamento della macchina, il maggior pericolo è la proiezione, con successiva caduta, dal ‘basso verso l'alto’ dovuta all'effetto ‘catapulta’ o ‘canna da pesca’”. E si consiglia per le PLE a braccio articolato “l'integrazione nel sistema anticaduta per la trattenuta del corpo di un elemento di dissipazione di energia, al fine di mitigare gli effetti lesivi sulla persona, sia per quanto attiene le strutture osteoarticolari che per quanto attiene gli organi ‘molli’ contenuti in strutture rigide, quali il tessuto celebrale e gli organi retrosternali”.
Segnalando che il documento per ogni dispositivo anticaduta fornisce anche la certificazione tecnica necessaria (il documento è del 2014), vediamo il sistema anticaduta (a trattenuta del corpo) per PLE a sviluppo verticale:
- dispositivo di tenuta del corpo: “comunemente detto ‘imbracatura’ ha la funzione di contenere il corpo dell'utilizzatore”;
- cordino anticaduta regolabile per il collegamento tra l'imbracatura e l'ancoraggio: il cordino anticaduta regolabile “deve essere regolato il più corto possibile e in modo tale da non permettere la fuoriuscita della persona dalla piattaforma”;
- connettori di collegamento: connettori da collegare agli estremi del cordino anticaduta regolabile;
- ancoraggio: “è un punto ben preciso della struttura (detto anche cestello) che ospita l'utilizzatore. L'ancoraggio è indicato dal costruttore della piattaforma ed è identificato sia sull'attrezzatura in piattaforma che nel libretto di uso e manutenzione della macchina”. Il punto di ancoraggio delle PLE “è finalizzato esclusivamente alla trattenuta del corpo all'interno della piattaforma e non come punto di ancoraggio per l'arresto della caduta”.
Infine per il sistema anticaduta (a trattenuta del corpo) per PLE a braccio articolato, il cordino anticaduta regolabile deve essere sostituto “da uno dei sistemi di seguito riportati:
- dispositivo anticaduta retrattile a nastro con dissipatore: “sistema di collegamento tra l'imbracatura e l'ancoraggio”. Il dispositivo anticaduta retrattile a nastro con dissipatore “deve essere compatibile anche con l'ancoraggio posizionato in basso”;
- cordino anticaduta regolabile con dissipatore: “sistema di collegamento tra l'imbracatura e l'ancoraggio. Il sistema è costituito da più elementi:
- cordino con regolazione per la lunghezza”;
- “dissipatore di energia”;
- dispositivo anticaduta di tipo guidato su fune di ancoraggio flessibile: “sistema di collegamento tra l'imbracatura e l'ancoraggio. Il sistema è normalmente preassemblato” e costituito da:
- fune con capi asolati, lunghezza consigliata 120 cm;
- dispositivo anticaduta guidato;
- dissipatore di energia.
RTM
Scarica la normativa di riferimento:
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Rispondi Autore: Lucal ai - likes: 0 | 06/06/2018 (09:27:33) |
Ma da quando una Regione può emanare linee guida? Il D.lgs. 81 non lo prevede. Considerando inoltre che in UNI sono anni che si ragiona dello sbarco e della modifica della EN 280 ma non si è ancora trovata una univoca soluzione tecnica, mi chiedo quale sia il valore legale di questo documento.. |
Rispondi Autore: Emanuele Rizzato - quadrato - likes: 0 | 06/06/2018 (17:29:46) |
che questa modalità operativa di sbarco possa essere una buona linea guida nulla da dire. MA ad oggi nessun costruttore prevede l'uso di una piattaforma con sbarco in quota. alla richiesta di utilizzo con procedura integrativa ogni costruttore non da il proprio consenso. la EN 280 è in modifica da non so quanti anni ma non è arrivata ancora a districare la problematica. Ripeto l'idea è buona però non è supportata da uno strumento legislativo adeguato. |