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“Ancora sulla depenalizzazione del testo unico: un allarme ben fondato”
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Nell’ambito del dibattito sul Testo Unico della sicurezza, ospitiamo oggi un nuovo articolo a cura dell’avv. Rolando Dubini del Foro di Milano.
L'articolo odierno aggiorna i contenuti di un precedente articolo dell'avv. Dubini sull'argomento.
Sul tema della depenalizzazione è intervenuto sul nostro quotidiano anche l'ing. Gerardo Porreca [Si veda l'articolo del 25.2.2005].
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ANCORA SULLA DEPENALIZZAZIONE DEL TESTO UNICO: UN ALLARME BEN FONDATO
di Rolando Dubini, avvocato in Milano
Con il nuovo testo unico, come si è già avuto modo di sostenere, vengono depenalizzate la maggior parte delle e norme in materia di sicurezza sul lavoro, derubricate da norme penalmente sanzionate a norme di buona tecnica, annullando così in maniera drastica il 95% degli obblighi in materia di salute e di sicurezza a danno della tutela fisica dei lavoratori.
E' del tutto superfluo discutere se è giuridicamente più idoneo il termine depenalizzare, che significa semplicemente ridurre un reato penale ad un comportamento sanzionato in via amministrativa, o invece se occorra usare il termine desanzionare, che significa privare completamente di sanzione un comportamento in precedenza punito a titolo di violazione penalmente sanzionata.
Anche perchè, in realtà, col testo unico, alla sanzione si può anche arrivare, ma dopo un tragitto tortuso che rende la stessa aleatoria e improbabile, quindi non necessariamente ci si trova sempre di fronte ad un venir meno della sanzione, ma la sanzione non è imposta in modo generalizzato, come invece avviene con la vigenza delle le norme degli anni '50.
Il rigore andrebbe chiesto, in primo luogo, a chi ha elaborato un Testo unico così carente nei principi fondamentali, e così opinabile nei contenuti.
Nel testo unico le disposizioni legislative già contenute nei decreti legislativi degli anni '90 vengono trasposte nel Testo Unico, mentre quelle degli anni '50 vengono totalmente abrogate per esplicita indicazione nella stessa bozza del Testo Unico o comunque derubricate a norme tecniche e di buone prassi non più cogenti e sanzionate. E dunque per poter sanzionare penalmente la mancata applicazione degli obblighi inerenti la sicurezza sul lavoro si dovrà necessariamente passare per la via della disposizione da parte dell'organo di vigilanza, che lascia totalmente alle singole prassi territoriali la discrezionalità sull'esercizio di tale potere.
Proprio questo pare essere l'obiettivo dell'estensore della bozza, che vuole eliminare, in un modo o nell'altro, lacci e lacciuoli per le imprese, e la tutela della salute dei lavoratori, diritto costituzionale fondamentale e indisponibile, appare ora un legame, poco consono alla logica della flessibilità a qualunque costo del lavoro, acriticamente sposata con la Legge n. 30/2003, e col conseguente D. Lgs. n. 276/2003.
Il testo Unico è chiaro ed esplicito, e molti fanno finta di non vede l'articolo abrogativo, limpidissimo nel contenuto:
Art. 186
Abrogazioni
1. A partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:
a) l'articolo 4 della legge 19 gennaio 1955, n.25;
b) Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ad eccezione, per gli aspetti relativi alla prevenzione incendi, degli articoli 11, comma 7, lett. c); 13; 14; 26; 31; 35; 234; 235; da 237 a 240; da 244 a 246; da 248 a 254; 260; 262; 263; 266; 267; 300; 303; da 329 a 337; da 352 a 365 e articolo 389 per la parte sanzionatoria relativa agli articoli richiamati. Le disposizioni, ad eccezione di quelle appena indicate, contenute nei titoli II, III, IV, V e VI sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
c) Il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.164; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV, V, VI, VII, VIII e IX sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
d) Il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.302; le disposizioni contenute nei titoli II, III e IV sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
e) Il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.303;
f) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.320; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV, V, VI, VII ad eccezione degli articoli 42 e 43,, VIII e IX sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi
g) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.321; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV, V e VI sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
h) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.322; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV e V sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
i) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.323;
j) Il decreto ministeriale 12 settembre 1958 (G.U. 244 del 9 ottobre 1958);
k) Il decreto ministeriale 22 dicembre 1958 (G.U. n. 23 del 29 gennaio 1959;
Dunque quasi tutte le disposizioni dei decreti degli anni 1955-56 vengono derubricate e considerate di buona tecnica per definizione dello stesso Testo Unico, non solo quelle relative ad elementi di natura tecnica e costruttiva ma anche quelle di tipo generale che NON continuano a costituire reato in quanto NON trasposte fra gli obblighi contenuti nel Testo Unico medesimo sanzionati penalmente e la cui inadempienza costituisce contravvenzione ex D. Lgs. n. 758/96, COME RISULTA EVIDENTISSIMO DALLA LETTURA COMPARATA [...].
Il riferimento alle norme di buona tecnica nel Testo Unico avviene solo laddove ha significato meramente descrittivo, come ad esempio negli artt. 42 comma 3 per i luoghi di lavoro, art. 46 comma 7 per le attrezzature di lavoro, ecc., ma non è affatto, e intenzionalmente, riportata laddove dovrebbe essere in primo luogo riportata, ovvero nell'art. 186 del testo relativo alle abrogazioni (omissione intenzionale che NON verrà rettificata).
Nessun valore può attribuirsi al fatto meramente compilatorio che nella intestazione di ogni articolo della stessa bozza nella versione fornita dal Governo sono stati indicati i corrispondenti articoli delle norme preesistenti da abrogare (D.P.R. 547/55, D.P.R. 164/56, D.P.R. 303/56, D.P.R. 321/56, D. Lgs. 277/91, D. Lgs. 626/94 e s.m.i., D. Lgs. 494/96, D. Lgs. 493/96) oltre che le direttive comunitarie alle quali gli stessi fanno riferimento.
In realtà sono pochissimi gli articoli dei vecchi decreti che vengono trasposti nel nuovo testo, come la lettura del testo comparato si incarica di dimostrare a chiunque vorrà darne lettrura.
E dunque il ricorso dell'organo di vigilanza al potere di disposizione sarà diffusissimo, se si intende mantenere il volume di contestazione delle infrazioni attuale.
Vi è chi ha osservato che ora, in luogo degli articoli precisi, dettagliati e specifici di cui, ad esempio, al D.p.r. n. 547/1955, in tema di sicurezza delle macchine, dovrebbe farsi riferimento alal norma generale, e piuttosto generica, di cui all'art. 47 del Testo Unico, per cui il datore di lavoro che mette a disposizione dei propri lavoratori una macchina risultata non sicura e non rispondente al requisito generale di sicurezza di cui all'Allegato V punto 2.8 che così recita "Se gli elementi mobili di una attrezzatura di lavoro presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino le manovre pericolose prima di accedere alle zone in questione" sarebbe soggetto a prescrizione ex D. Lgs. n. 758/94, e costretto ad adempiere a quanto indicato nel verbale dell'u.p.g.
Vi è qui, però, un degradare del diritto, e del principio di stretta legalità in materia penale, perchè il d.p.r. n. 547/1955 era ben più specifico per le singole macchine, e impioneva disposizioni specifiche, afronte dell'attuale generico principio.
Sì è sostenuto che si dovrà sempre fare ricorso a simile norma omnibus, l'art. 47 dell'attuale T.U. Per tutta una serie di pericoli prima puniti da norme molto più specifiche: come nel caso della presenza del rischio specifico contro parti in movimento che possano costituire delle situazioni di pericolo nell'uso di una mola (art. 89 del 547/55), di una impastatrice, gramolatrice o macchina simile (art. 97 dello stesso decreto), di macchine utensili per metalli, legno e affini (art. 108, 109, 111, 113), di presse cesoie e macchine simili (art. 115, 119, 120, 122, 123), di frantoi, disintegratori, molazze e polverizzatori (art. 124, 125, 127), di macchine per centrifugare e simili (art. 130), di laminatoi rullatrici, calandre e cilindri in genere (art. 132), di apritoi, battitoi, carde, sfilacciatici, pettinatrici e macchine simili (art 135, 137, 138), di macchine per filare e simili (art. 139) ecc., oppure in caso di mancanza di protezione di motori (art. 50 del 547/55), di elementi per la trasmissione del moto, di alberi, cinghie e funi di trasmissione (art. 55, 56 dello stesso decreto), di ingranaggi (art. 59), di catene di trasmissione e ruote dentate (art. 61),di parti salienti di organi di macchine (art. 42), di manovellismi (art. 43), di tratti terminali sporgenti di alberi (art. 44) ecc.
La stessa cosa dovrà essere fatto nel caso che venga riscontrata per le attrezzature la mancanza di comandi regolari, del dispositivo di emergenza, dei dispositivi contro la proiezione di oggetti o l'emanazioni di vapori, gas o liquidi o polvere, di stabilità e resistenza della struttura, di illuminazione, di protezione contro il rischio incendio e di esplosione, di protezione contro il contatto diretto ed indiretto, ecc., ipotesi tutte previste nel Titolo III sulle norme generali di protezione delle macchine e nel Titolo IV del D.P.R. n. 547/55, contenente delle norme di protezione per particolari tipi di macchine, ed ipotesi tutte riprese ed inserite come requisiti generali di sicurezza penalmente sanzionati negli Allegati V e VI del nuovo Testo Unico.
Questo metodo è censurabile in quanto contravviene al principio di stretta legalità in materia penale, per violazione dell'articolo 25 della Costituzione, in forza del quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso, principio che viene leso quando molteplici specifiche fattispecie (e che siano specifiche è dimostrato proprio dai decreti degli anni 50), ed altre non meglio determinate, vengono sussunte sotto un unico, generico ed indeterminato principio, ad esempio l'art. 47 del TU, lasciando anche il fianco scoperto al divieto di analogia in materia penale, perchè si rischia di andare verso una costruzione analogica delle imputazioni, in luogo del principio rigorosamente rispettoso della legalità. di cui ai decreti degli anni 50, che con la loro specifica e rifgorosa descrizione dei comportamenti vietati, erano sicuramente più in linea col dettato costituzionale dell'odierno T.U,. in discussione.
Anche il destino della violazione degli obblighi del datore di lavoro in materia di lavori di riparazione o manutenzione o in lavori di registrazione, pulizia ed ingrassaggio su organi di macchine tenute in movimento, ben delineato dagli articoli 48, 49, 374, 375 e 376 del D.P.R. n. 547/55, inopinatamente derubricati a nome di buona tecnica e di buone prassi dal T.U., consente sì oggi di ricorrere al combinato disposto dell'art. 34 e del punto 2.13 dell'Allegato V del nuovo Testo Unico, che però dal punto di vista del contenuto è enormemente più limitato e limitativo rispetto ai dettagliati articoli del d.p.r. n. 547/1955 citati..
Esempi come questi dimostrano la deriva che affligge la più recente produzione legislativa, che non a caso è incorsa, in altri settori, e a più riprese, ad eloquenti censure della Corte costituzionale, e, sempre per motivi di incostituzionalità, dal parte del Presidente della Repubblica che si è rifiutato, in alcuni casi topici, di firmare provvedimenti licenziati dal parlamento a maggioranza.
.. Per quanto riguarda i decreti degli anni 50, si può perciò dire, se il T.U. Verrà applicato confrmemente al principio costituzionale di stretta legalità in materia penale, art. 25 cost., che dif atto sono stati quasi tutti abrogati (di diritto, non di fatto, e comunque che la tendenza sia quella è dimostrato dal fatto che rispetto alla prima bozza ufficiosa, alcuni articoli del d.p.r. 547 sono stati esplicitamente dichiarati non abrogati dall'art. 186, per far fronte ad obiezioni quiali a quelle che qui sottoscrivo), o, nel migliore dei casi, derubricate a norme di buona tecnica e di buone La lettera della norma è eloquente, e non si presta a dubbi.
L'art. 186 del Testo Unico abroga ESPLICITAMENTE tutte le disposizioni legislative in materia di sicurezza sul lavoro preesistenti che diventano norme di buona tecnica e quindi non più cogenti; esse diventano obbligatorie solo se oggetto di disposizione da parte dell'organo di vigilanza, se e quando viene adottata, e diventano penali addirittura solo nel caso in cui le stesse disposizioni non vengano ottemperate dai datori di lavoro.
L'allarme deve suonare ancora più forte ed alto.
L'unica via d'uscita è quella di cui lo stesso legislatore, come anticipato e a fronte di forti pressioni, ha dovuto riconoscere necessaria : MIGLIORARE decisamente e la bozza del testo e lasciar ein vigore, oppure riscrivere dentro il testo unico, in modo preciso e specifico, alcuni degli articoli del D.P.R. n. 547/55, con le relative sanzioni. come si è iniziato a fare in materia di antincendio (nell'ultima versione di TU che sono da considerarsi ancora in vigore gli articoli del D.P.R. n. 547/55 relativi alla prevenzione incendi, artt. 11, comma 7 lettera c), 13, 14, 26, 31, 35, 234, 236, ecc.), il tutto conformemente al principio fondamentale di cui alla direttiva 89/391, che i fans dell'attuale testo unico maliziosamente occultano
Direttiva del Consiglio concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee 29 giugno 1989, n. 183
Entrata in vigore il 19 giugno 1989
Termine di recepimento: 31 dicembre 1992
Direttiva recepita con Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626
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Il Consiglio delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118A,
vista la proposta della Commissione, elaborata previa consultazione del Comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale,
considerando che l'articolo 118A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, le prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori;
considerando che la presente direttiva non può giustificare l'eventuale riduzione dei livelli di protezione già raggiunti in ciascuno Stato membro, poiché gli Stati membri, in virtù del trattato, stanno cercando di promuovere il miglioramento delle condizioni esistenti in questo settore e si sono prefissi l'obiettivo dell'armonizzazione di dette condizioni nel progresso.
Altro che inaccettabile sovrapposizione di disposizioni di legge fra la normativa italiana di sicurezza preesistente al D. Lgs. n. 626/94 e le disposizioni di estrazione europea: è proprio la norma europea a chiederci di mantener ein vita eventuali livelli più elevati di tutela dei lavoratori!
L'esame appropfondito della questione permete di ribadire, con nuova forza e ulteriori argomenti, che con il nuovo Testo Unico le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro verranno in gran parte depenalizzate.
Nell’ambito del dibattito sul Testo Unico della sicurezza, ospitiamo oggi un nuovo articolo a cura dell’avv. Rolando Dubini del Foro di Milano.
L'articolo odierno aggiorna i contenuti di un precedente articolo dell'avv. Dubini sull'argomento.
Sul tema della depenalizzazione è intervenuto sul nostro quotidiano anche l'ing. Gerardo Porreca [Si veda l'articolo del 25.2.2005].
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ANCORA SULLA DEPENALIZZAZIONE DEL TESTO UNICO: UN ALLARME BEN FONDATO
di Rolando Dubini, avvocato in Milano
Con il nuovo testo unico, come si è già avuto modo di sostenere, vengono depenalizzate la maggior parte delle e norme in materia di sicurezza sul lavoro, derubricate da norme penalmente sanzionate a norme di buona tecnica, annullando così in maniera drastica il 95% degli obblighi in materia di salute e di sicurezza a danno della tutela fisica dei lavoratori.
E' del tutto superfluo discutere se è giuridicamente più idoneo il termine depenalizzare, che significa semplicemente ridurre un reato penale ad un comportamento sanzionato in via amministrativa, o invece se occorra usare il termine desanzionare, che significa privare completamente di sanzione un comportamento in precedenza punito a titolo di violazione penalmente sanzionata.
Anche perchè, in realtà, col testo unico, alla sanzione si può anche arrivare, ma dopo un tragitto tortuso che rende la stessa aleatoria e improbabile, quindi non necessariamente ci si trova sempre di fronte ad un venir meno della sanzione, ma la sanzione non è imposta in modo generalizzato, come invece avviene con la vigenza delle le norme degli anni '50.
Il rigore andrebbe chiesto, in primo luogo, a chi ha elaborato un Testo unico così carente nei principi fondamentali, e così opinabile nei contenuti.
Nel testo unico le disposizioni legislative già contenute nei decreti legislativi degli anni '90 vengono trasposte nel Testo Unico, mentre quelle degli anni '50 vengono totalmente abrogate per esplicita indicazione nella stessa bozza del Testo Unico o comunque derubricate a norme tecniche e di buone prassi non più cogenti e sanzionate. E dunque per poter sanzionare penalmente la mancata applicazione degli obblighi inerenti la sicurezza sul lavoro si dovrà necessariamente passare per la via della disposizione da parte dell'organo di vigilanza, che lascia totalmente alle singole prassi territoriali la discrezionalità sull'esercizio di tale potere.
Proprio questo pare essere l'obiettivo dell'estensore della bozza, che vuole eliminare, in un modo o nell'altro, lacci e lacciuoli per le imprese, e la tutela della salute dei lavoratori, diritto costituzionale fondamentale e indisponibile, appare ora un legame, poco consono alla logica della flessibilità a qualunque costo del lavoro, acriticamente sposata con la Legge n. 30/2003, e col conseguente D. Lgs. n. 276/2003.
Il testo Unico è chiaro ed esplicito, e molti fanno finta di non vede l'articolo abrogativo, limpidissimo nel contenuto:
Art. 186
Abrogazioni
1. A partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:
a) l'articolo 4 della legge 19 gennaio 1955, n.25;
b) Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ad eccezione, per gli aspetti relativi alla prevenzione incendi, degli articoli 11, comma 7, lett. c); 13; 14; 26; 31; 35; 234; 235; da 237 a 240; da 244 a 246; da 248 a 254; 260; 262; 263; 266; 267; 300; 303; da 329 a 337; da 352 a 365 e articolo 389 per la parte sanzionatoria relativa agli articoli richiamati. Le disposizioni, ad eccezione di quelle appena indicate, contenute nei titoli II, III, IV, V e VI sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
c) Il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.164; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV, V, VI, VII, VIII e IX sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
d) Il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.302; le disposizioni contenute nei titoli II, III e IV sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
e) Il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.303;
f) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.320; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV, V, VI, VII ad eccezione degli articoli 42 e 43,, VIII e IX sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi
g) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.321; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV, V e VI sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
h) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.322; le disposizioni contenute nei capi II, III, IV e V sono considerate norme di buona tecnica o buone prassi;
i) Il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n.323;
j) Il decreto ministeriale 12 settembre 1958 (G.U. 244 del 9 ottobre 1958);
k) Il decreto ministeriale 22 dicembre 1958 (G.U. n. 23 del 29 gennaio 1959;
Dunque quasi tutte le disposizioni dei decreti degli anni 1955-56 vengono derubricate e considerate di buona tecnica per definizione dello stesso Testo Unico, non solo quelle relative ad elementi di natura tecnica e costruttiva ma anche quelle di tipo generale che NON continuano a costituire reato in quanto NON trasposte fra gli obblighi contenuti nel Testo Unico medesimo sanzionati penalmente e la cui inadempienza costituisce contravvenzione ex D. Lgs. n. 758/96, COME RISULTA EVIDENTISSIMO DALLA LETTURA COMPARATA [...].
Il riferimento alle norme di buona tecnica nel Testo Unico avviene solo laddove ha significato meramente descrittivo, come ad esempio negli artt. 42 comma 3 per i luoghi di lavoro, art. 46 comma 7 per le attrezzature di lavoro, ecc., ma non è affatto, e intenzionalmente, riportata laddove dovrebbe essere in primo luogo riportata, ovvero nell'art. 186 del testo relativo alle abrogazioni (omissione intenzionale che NON verrà rettificata).
Nessun valore può attribuirsi al fatto meramente compilatorio che nella intestazione di ogni articolo della stessa bozza nella versione fornita dal Governo sono stati indicati i corrispondenti articoli delle norme preesistenti da abrogare (D.P.R. 547/55, D.P.R. 164/56, D.P.R. 303/56, D.P.R. 321/56, D. Lgs. 277/91, D. Lgs. 626/94 e s.m.i., D. Lgs. 494/96, D. Lgs. 493/96) oltre che le direttive comunitarie alle quali gli stessi fanno riferimento.
In realtà sono pochissimi gli articoli dei vecchi decreti che vengono trasposti nel nuovo testo, come la lettura del testo comparato si incarica di dimostrare a chiunque vorrà darne lettrura.
E dunque il ricorso dell'organo di vigilanza al potere di disposizione sarà diffusissimo, se si intende mantenere il volume di contestazione delle infrazioni attuale.
Vi è chi ha osservato che ora, in luogo degli articoli precisi, dettagliati e specifici di cui, ad esempio, al D.p.r. n. 547/1955, in tema di sicurezza delle macchine, dovrebbe farsi riferimento alal norma generale, e piuttosto generica, di cui all'art. 47 del Testo Unico, per cui il datore di lavoro che mette a disposizione dei propri lavoratori una macchina risultata non sicura e non rispondente al requisito generale di sicurezza di cui all'Allegato V punto 2.8 che così recita "Se gli elementi mobili di una attrezzatura di lavoro presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino le manovre pericolose prima di accedere alle zone in questione" sarebbe soggetto a prescrizione ex D. Lgs. n. 758/94, e costretto ad adempiere a quanto indicato nel verbale dell'u.p.g.
Vi è qui, però, un degradare del diritto, e del principio di stretta legalità in materia penale, perchè il d.p.r. n. 547/1955 era ben più specifico per le singole macchine, e impioneva disposizioni specifiche, afronte dell'attuale generico principio.
Sì è sostenuto che si dovrà sempre fare ricorso a simile norma omnibus, l'art. 47 dell'attuale T.U. Per tutta una serie di pericoli prima puniti da norme molto più specifiche: come nel caso della presenza del rischio specifico contro parti in movimento che possano costituire delle situazioni di pericolo nell'uso di una mola (art. 89 del 547/55), di una impastatrice, gramolatrice o macchina simile (art. 97 dello stesso decreto), di macchine utensili per metalli, legno e affini (art. 108, 109, 111, 113), di presse cesoie e macchine simili (art. 115, 119, 120, 122, 123), di frantoi, disintegratori, molazze e polverizzatori (art. 124, 125, 127), di macchine per centrifugare e simili (art. 130), di laminatoi rullatrici, calandre e cilindri in genere (art. 132), di apritoi, battitoi, carde, sfilacciatici, pettinatrici e macchine simili (art 135, 137, 138), di macchine per filare e simili (art. 139) ecc., oppure in caso di mancanza di protezione di motori (art. 50 del 547/55), di elementi per la trasmissione del moto, di alberi, cinghie e funi di trasmissione (art. 55, 56 dello stesso decreto), di ingranaggi (art. 59), di catene di trasmissione e ruote dentate (art. 61),di parti salienti di organi di macchine (art. 42), di manovellismi (art. 43), di tratti terminali sporgenti di alberi (art. 44) ecc.
La stessa cosa dovrà essere fatto nel caso che venga riscontrata per le attrezzature la mancanza di comandi regolari, del dispositivo di emergenza, dei dispositivi contro la proiezione di oggetti o l'emanazioni di vapori, gas o liquidi o polvere, di stabilità e resistenza della struttura, di illuminazione, di protezione contro il rischio incendio e di esplosione, di protezione contro il contatto diretto ed indiretto, ecc., ipotesi tutte previste nel Titolo III sulle norme generali di protezione delle macchine e nel Titolo IV del D.P.R. n. 547/55, contenente delle norme di protezione per particolari tipi di macchine, ed ipotesi tutte riprese ed inserite come requisiti generali di sicurezza penalmente sanzionati negli Allegati V e VI del nuovo Testo Unico.
Questo metodo è censurabile in quanto contravviene al principio di stretta legalità in materia penale, per violazione dell'articolo 25 della Costituzione, in forza del quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso, principio che viene leso quando molteplici specifiche fattispecie (e che siano specifiche è dimostrato proprio dai decreti degli anni 50), ed altre non meglio determinate, vengono sussunte sotto un unico, generico ed indeterminato principio, ad esempio l'art. 47 del TU, lasciando anche il fianco scoperto al divieto di analogia in materia penale, perchè si rischia di andare verso una costruzione analogica delle imputazioni, in luogo del principio rigorosamente rispettoso della legalità. di cui ai decreti degli anni 50, che con la loro specifica e rifgorosa descrizione dei comportamenti vietati, erano sicuramente più in linea col dettato costituzionale dell'odierno T.U,. in discussione.
Anche il destino della violazione degli obblighi del datore di lavoro in materia di lavori di riparazione o manutenzione o in lavori di registrazione, pulizia ed ingrassaggio su organi di macchine tenute in movimento, ben delineato dagli articoli 48, 49, 374, 375 e 376 del D.P.R. n. 547/55, inopinatamente derubricati a nome di buona tecnica e di buone prassi dal T.U., consente sì oggi di ricorrere al combinato disposto dell'art. 34 e del punto 2.13 dell'Allegato V del nuovo Testo Unico, che però dal punto di vista del contenuto è enormemente più limitato e limitativo rispetto ai dettagliati articoli del d.p.r. n. 547/1955 citati..
Esempi come questi dimostrano la deriva che affligge la più recente produzione legislativa, che non a caso è incorsa, in altri settori, e a più riprese, ad eloquenti censure della Corte costituzionale, e, sempre per motivi di incostituzionalità, dal parte del Presidente della Repubblica che si è rifiutato, in alcuni casi topici, di firmare provvedimenti licenziati dal parlamento a maggioranza.
.. Per quanto riguarda i decreti degli anni 50, si può perciò dire, se il T.U. Verrà applicato confrmemente al principio costituzionale di stretta legalità in materia penale, art. 25 cost., che dif atto sono stati quasi tutti abrogati (di diritto, non di fatto, e comunque che la tendenza sia quella è dimostrato dal fatto che rispetto alla prima bozza ufficiosa, alcuni articoli del d.p.r. 547 sono stati esplicitamente dichiarati non abrogati dall'art. 186, per far fronte ad obiezioni quiali a quelle che qui sottoscrivo), o, nel migliore dei casi, derubricate a norme di buona tecnica e di buone La lettera della norma è eloquente, e non si presta a dubbi.
L'art. 186 del Testo Unico abroga ESPLICITAMENTE tutte le disposizioni legislative in materia di sicurezza sul lavoro preesistenti che diventano norme di buona tecnica e quindi non più cogenti; esse diventano obbligatorie solo se oggetto di disposizione da parte dell'organo di vigilanza, se e quando viene adottata, e diventano penali addirittura solo nel caso in cui le stesse disposizioni non vengano ottemperate dai datori di lavoro.
L'allarme deve suonare ancora più forte ed alto.
L'unica via d'uscita è quella di cui lo stesso legislatore, come anticipato e a fronte di forti pressioni, ha dovuto riconoscere necessaria : MIGLIORARE decisamente e la bozza del testo e lasciar ein vigore, oppure riscrivere dentro il testo unico, in modo preciso e specifico, alcuni degli articoli del D.P.R. n. 547/55, con le relative sanzioni. come si è iniziato a fare in materia di antincendio (nell'ultima versione di TU che sono da considerarsi ancora in vigore gli articoli del D.P.R. n. 547/55 relativi alla prevenzione incendi, artt. 11, comma 7 lettera c), 13, 14, 26, 31, 35, 234, 236, ecc.), il tutto conformemente al principio fondamentale di cui alla direttiva 89/391, che i fans dell'attuale testo unico maliziosamente occultano
Direttiva del Consiglio concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee 29 giugno 1989, n. 183
Entrata in vigore il 19 giugno 1989
Termine di recepimento: 31 dicembre 1992
Direttiva recepita con Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626
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Il Consiglio delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118A,
vista la proposta della Commissione, elaborata previa consultazione del Comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale,
considerando che l'articolo 118A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, le prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori;
considerando che la presente direttiva non può giustificare l'eventuale riduzione dei livelli di protezione già raggiunti in ciascuno Stato membro, poiché gli Stati membri, in virtù del trattato, stanno cercando di promuovere il miglioramento delle condizioni esistenti in questo settore e si sono prefissi l'obiettivo dell'armonizzazione di dette condizioni nel progresso.
Altro che inaccettabile sovrapposizione di disposizioni di legge fra la normativa italiana di sicurezza preesistente al D. Lgs. n. 626/94 e le disposizioni di estrazione europea: è proprio la norma europea a chiederci di mantener ein vita eventuali livelli più elevati di tutela dei lavoratori!
L'esame appropfondito della questione permete di ribadire, con nuova forza e ulteriori argomenti, che con il nuovo Testo Unico le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro verranno in gran parte depenalizzate.
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