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Imparare dagli errori: i lavoratori autonomi e i lavori in quota

Imparare dagli errori: i lavoratori autonomi e i lavori in quota

Esempi di infortuni di lavoratori autonomi nei lavori in quota e su coperture. Infortuni nella sostituzione dei canali di gronda, nella manutenzione su un tetto e nel taglio di alberi ad alto fusto. Normativa e obblighi dei lavoratori autonomi.

 
Brescia, 13 Set – Come abbiamo più volte ripetuto su PuntoSicuro ci sono alcuni settori lavorativi - ad esempio i settori delle costruzioni, dei trasporti e dell’agricoltura - in cui è aumentato negli anni il numero di lavoratori autonomi. Una tipologia di lavoratori che spesso è soggetto ad un rischio di infortuni con lesioni invalidanti o mortali maggiore rispetto ad altre categorie. Ed è infatti, partendo da questi presupposti, il D.Lgs. 81/2008 - Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – ha previsto (art. 21) una estensione delle tutele anche ai lavoratori autonomi con l’obbligo di utilizzo di dispositivi individuali di protezione e l’impiego di attrezzature sicure e conformi.

 

Torniamo a parlare di questo tema in “Imparare dagli errori”, la rubrica dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni, con particolare riferimento, oggi, ai rischi e agli infortuni dei lavoratori autonomi nei lavori in quota e su coperture.


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Come sempre, le dinamiche infortunistiche presentate sono tratte dall’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

 

I casi di infortunio dei lavoratori autonomi nei lavori in quota

Il primo caso riguarda l’attività di un lavoratore intento alla sostituzione dei canali di gronda presso un’abitazione a tre piani.

Il lavoratore autonomo, decoratore in sub-appalto, riceve l’incarico di decorare le pareti esterne di un condominio di sette piani. Il lavoratore, per svolgere il proprio lavoro, utilizzando una piattaforma aerea con i comandi a bordo, sale in quota, in prossimità di un balcone al sesto piano del condominio.

Nell’eseguire questa operazione, a causa di un errore di manovra, la piattaforma urta una mensola metallica posta sopra il balcone, incastrandosi. L’infortunato tenta più volte di sbloccare il cestello incastrato effettuando delle manovre a bordo tramite il radiocomando, ma la macchina, bloccata, non si muove.

A questo punto il lavoratore tenta di sbloccare manualmente la piattaforma accedendo sul balcone vicino: nell’eseguire questa operazione, a 20 metri di altezza da terra e sporgendosi nel vuoto, rimane disteso, afferrando il corrente del parapetto della piattaforma con entrambe le mani, mantenendo i piedi sulla ringhiera del balconcino. Improvvisamente la piattaforma si libera dal punto che la vincolava ed ha un’oscillazione verso l’esterno ovvero torna nella sua posizione iniziale.

In quel momento il lavoratore è sbalzato verso l’esterno e precipita per circa 20 metri, impattando il pavimento in battuto di cemento del cortile sottostante, riportando un trauma mortale. Il lavoratore non faceva uso di imbracatura di sicurezza.

 

Questi sono i fattori causali rilevati:

  • il lavoratore “tentava di spostare il cestello in modo pericoloso”;
  • mancanza di “dispositivi di protezione caduta dall'alto”.

 

Nel secondo caso l’infortunio è avvenuto durante un intervento di manutenzione su un tetto.

L’operatore è intento ad eseguire un intervento consistente nella chiusura di un’apertura (1x1 m) con una lamiera ad un’altezza di circa 10 metri.

Nel compiere l’operazione di posizionamento della lamiera perde l’equilibrio e cade attraverso l’apertura sul pavimento del capannone industriale (10 metri circa).

L’intervento veniva eseguito senza l’uso di dispositivi anticaduta di cui il lavoratore autonomo era privo.

Per cui, anche in questo caso, il principale fattore causale riguarda il “mancato uso di mezzi anticaduta”.

 

Il terzo caso riguarda un infortunio mortale occorso ad un lavoratore autonomo che esegue il taglio di alberi ad alto fusto (abeti), presso il giardino di una abitazione privata.

Il lavoratore esegue da solo tali lavorazioni. Utilizzando una piattaforma di lavoro elevabile PLE di sua proprietà e dovendo tagliare la punta dell’albero, si posiziona all’interno del cestello, senza indossare nessun sistema di protezione dalle cadute, si porta ad un’altezza di circa 8-9 metri da terra vicino al tronco dell’abete che deve tagliare.

Da dentro il cestello imbraga la punta dell’albero, con una corda nel punto in cui doveva eseguire il taglio e fissa l’altra estremità della corda sul tronco dell’albero sotto il punto di taglio, ciò per evitare che la punta tagliata cadendo a terra causi eventuali danni con l’impatto al suolo.

Il lavoratore dall’interno del cestello, senza indossare un’imbracatura a corpo intero con cordino di trattenuta agganciato al cestello, con la motosega esegue il taglio della punta dell’albero. Al termine del taglio la porzione tagliata cade ed essendo legata rimane sospesa, e oscillando urta il tronco dell’albero che a sua volta urta il cestello in cui è posizionato il lavoratore.

A causa dell’urto il lavoratore viene sbalzato fuori del cestello e precipita a terra.

Cadendo da un’altezza di circa 8–9 metri, batte fortemente la nuca sulla ringhiera in ferro del muro di recinzione. L’urto causa la morte immediata del lavoratore per frattura del cranio. Dopo l'infortunio la PLE veniva abbassata e si accertava che all'interno del cestello c'era una cintura di sicurezza che l'infortunato non aveva indossato.

 

I fattori causali rilevati:

  • “l'infortunato lavorava in altezza su una PLE in condizioni pericolose”;
  • “l'infortunato aveva a disposizione l'imbragatura di sicurezza, non la indossava”.

 

Gli obblighi dei lavoratori autonomi

Rimandando ad altri nostri articoli un eventuale approfondimento delle misure di prevenzione per i lavori in quota, ci soffermiamo brevemente sugli obblighi dei lavoratori autonomi come riportati nel documento “Vademecum. Il lavoratore autonomo in edilizia”, a cura dell’Ing. Danilo Giovanni Maria De Filippo (ex DTL Siena).

 

Il documento segnala che se i maggiori obblighi si addensano all’interno del Titolo IV del D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro - TUSL), in realtà gli adempimenti in capo ai lavoratori autonomi “attraversano in maniera trasversale” l’intero Testo Unico. E, a differenza di quanto ritenuto da molte fonti, “il lavoratore autonomo non è un soggetto che viene solo marginalmente interessato dalle misure prescrittive previste dal testo unico, ma, proprio nello spirito con cui il legislatore ha voluto graduare le responsabilità, queste appaiono attenuate per effetto della marginale incidenza di questa figura. Molti adempimenti riservati alle imprese, infatti, non incidono minimamente sulla figura dell’artigiano autonomo, anche in ovvia conseguenza del fatto che questo soggetto giuridico non possiede lavoratori dipendenti per i quali, invece, sarebbe tenuto ad attuare le comuni misure di tutela previste dalla legge”.

 

Uno tra i primi riferimenti al lavoratore autonomo è contenuto all’art. 20 del TUSL riguardo l’obbligo di esporre, in regime d’appalto e subappalto, l’apposito tesserino di riconoscimento.

Il comma 3 dell’articolo indica che i lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto (ai sensi della Legge 13 agosto 2010 n. 136 la tessera di riconoscimento dei lavoratori autonomi deve contenere anche l'indicazione del committente).

 

Nel successivo art.21 vengono poi delineate importanti precisazioni per i lavoratori autonomi: sono obbligati ad utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di legge ed a munirsi di dispositivi di protezione individuale al pari degli altri lavoratori. E tali soggetti, con riferimento ai rischi specifici delle attività svolte, hanno ‘facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria’ e ‘partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro’.

Dunque “all’interno del cantiere, con altri soggetti, i lavoratori autonomi non sono obbligati, salvo risponderne poi penalmente nel caso si dovesse verificare un evento infortunistico a questi imputabile, né a frequentare corsi di formazione professionale né a sottoporsi a specifici controlli sanitari”. Tuttavia tale facoltà – continua il documento - sarà certamente in futuro “limitata dal Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi che creerà, ineluttabilmente, precisi indici di scelta dei soggetti autorizzati a partecipare alle lavorazioni”.

 

Arriviamo all’art.90 comma 9 del Titolo IV, specifico per l’edilizia, dove “si legge che la committenza dei lavori (pubblica o privata) deve verificare, anche nei confronti dei lavoratori autonomi, l’ idoneità tecnico-professionale secondo specifici contenuti”.

Inoltre l’art. 94 (Obblighi dei lavoratori autonomi), sempre del TUSL, si limita a indicare che ‘i lavoratori autonomi che esercitano la propria attività nei cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente Decreto Legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza’.

Il documento segnala che questo precetto normativo, “oltre a sancire l’assoluto rispetto che il lavoratore autonomo deve, ovviamente, al CSE” (il coordinatore in materia di sicurezza e salute durante l’esecuzione dei lavori), “in realtà, mediante l’evidente richiamo ai più ampi contenuti di legge, contiene in sé una complessa serie di obbligazioni previste in numerosi articoli del Testo Unico” (art.90, art.92, art.100, artt.124, 138, 152, art.160, ...).

 

E dunque il lavoratore autonomo “quale soggetto partecipante alla realizzazione dell’opera, è comunque chiamato al pieno coinvolgimento nel progetto di sicurezza del cantiere e, dunque, a volte anche più di altri, risponde personalmente nel caso attui comportamenti considerati lesivi ai principi di tutela antinfortunistica”.

 

In conclusione segnaliamo la recente Legge n. 81 del 22 maggio 2017 recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. Rimandiamo alla lettura dei nostri articoli di presentazione della legge per conoscere le novità in materia di tutela della sicurezza dei lavoratori autonomi.

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 3251, 4014 e 8132 (archivio incidenti 2002/2015).

 

 

Tiziano Menduto



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