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"La radiazione solare ultravioletta: un rischio per i lavoratori all’aperto"

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Lavoratori

25/06/2003

Non solo indumenti protettivi, ma anche una migliore organizzazione dei turni di lavoro possono ridurre il rischio UV. Questi ed altri consigli nella guida, rivolta ai lavoratori ed ai datori di lavoro, realizzata dal CNR con l’Ispesl e l’AIDA.

L’esposizione al sole può arrecare rilevanti benefici ma, senza le giuste precauzioni e se eccessiva, può provocare gravi patologie della pelle.
Se infatti i raggi ultravioletti possono arrecare benefici quali la sintesi della vitamina D, l’azione antisettica e antibatterica, la fotosintesi della melanina e la liberazione di sostanze antiossidanti, vasoattive e filtranti, non si possono assolutamente trascurare gli innumerevoli effetti negativi. Si pensi, ad esempio, all’invecchiamento precoce, all’alterazione di alcuni geni e soprattutto ai danni al DNA e ai fenomeni tumorali (il c.d. fenomeno del Photoaging).

Il Sole infatti può giocare un ruolo importante nell’induzione e nell’aggravamento di pericolose malattie della pelle: le statistiche rivelano che nel mondo si registrano ogni anno ben 2 milioni di cancri non melanocitari e 200.000 melanomi.

La radiazione solare ultravioletta, quindi, costituisce un rischio in particolare per le persone che lavorano molte ore all’aperto, come gli addetti alla manutenzione delle strade, i muratori, ai contadini, i pescatori, gli sportivi, i poliziotti addetti al controllo della viabilità e moltissimi altri.

Proprio a questi lavoratori è dedicata la guida “La radiazione solare ultravioletta: un rischio per i lavoratori all’aperto”, realizzata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche insieme all’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro e all’Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali, presentata ieri a Roma nel corso di un seminario di studio.

"Negli ultimi anni – spiega Gennaro Spera, dermatologo del CNR che è fra gli estensori delle linee guida – il rapporto con l’esposizione al Sole è profondamente cambiato. Mentre infatti i nostri nonni ci raccomandavano di stare molto alla luce, anche per prevenire malattie quali il rachitismo, oggi si tende a fare molta più attenzione e anche un po’ di allarmismo su questo argomento. In ogni caso, il rischio maggiore lo corrono coloro che si espongono ai raggi ultravioletti nelle ore più critiche, vale a dire dalle 11,00 alle 15,00, ma soprattutto chi è costretto per lavoro a passare lunghe ore all’aperto".

Proprio per tutelare al massimo coloro che lavorano all’aperto il manuale rivolge alcune raccomandazioni ai lavoratori e ai datori di lavoro: "Come sempre – precisa il dottor Spera – è la prevenzione la migliore cura: per questo raccomandiamo una buona organizzazione del lavoro, attraverso opportune turnazioni; e una particolare attenzione dei datori alle mappe di rischio, che tengono conto di fattori quali orario di lavoro, zona geografica, condizioni meteorologiche, altitudine, grado di diffusione delle radiazioni nell’atmosfera e grado di riflessione delle radiazioni da parte delle superfici circostanti, come sabbia e neve". Tutto questo senza demonizzare il Sole.

Il manuale vuole aiutare a gestire al meglio il binomio lavoro ed esposizione solare.
Il manuale sarà distribuito dall’Ispesl a lavoratori e datori di lavoro.

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