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Sul lavoratore in assenza di un formale contratto di assunzione

Sul lavoratore in assenza di un formale contratto di assunzione
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Lavoratori

06/11/2023

Ai fini dell'applicazione delle norme di cui al d. lgs. n. 81/08 si rileva l'oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell'impresa a prescindere dal fatto che il "lavoratore" possa o meno essere titolare di impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo.

 

Periodicamente la Corte di Cassazione torna a richiamare la definizione di lavoratore di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 81 del 2008, sottolineando che la stessa faccia leva sullo svolgimento dell'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro indipendentemente dalla tipologia contrattuale. Tale definizione, ha precisato la suprema Corte, è certamente più ampia di quelle previste dalle normative pregresse che si riferivano invece al "lavoratore subordinato" (D.P.R. n. 547 del 1955, art. 3) e alla "persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro" (D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 2, comma 1, lett. a) per cui ciò che conta, ai fini dell'applicazione delle norme incriminatrici previste nel citato decreto è l'oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell'impresa nel luogo deputato (anche eventualmente a titolo di favore) e su richiesta dell'imprenditore, a prescindere dal fatto che il "lavoratore" possa o meno essere titolare di impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo.

 

Il fatto di cui alla sentenza in commento ha riguardato l'infortunio di un lavoratore che, mentre era intento a caricare del materiale edile sul cassone di un autocarro stando nella sua parte posteriore è rimasto schiacciato a causa di uno sbalzo repentino di un altro autocarro parcheggiato dietro dovuto ad una manovra imprudente di un altro lavoratore, totalmente privo di istruzioni e di addestramento, il quale lo aveva messo in moto senza salire al posto di guida. L'evento, quindi, era stato causato dall'inosservanza da parte di quest’ultimo della regola cautelare, secondo cui, prima dell'accensione del veicolo, avrebbe dovuto verificare che la marcia del veicolo fosse stata disinserita.

 

Condannato per lesioni colpose nei due primi gradi di giudizio, in relazione al reato di cui agli artt. 113 e 590 c.p. e all’art. 18, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n. 81 del 2008, il titolare dell'azienda ha ricorso per cassazione basando la sua difesa sul fatto che non sussistesse un rapporto di lavoro subordinato ex art. 2 D. Lgs. n. 81 del 2008 tra lui e il lavoratore intervenuto a mettere in moto il mezzo e che l'evento era accaduto per un comportamento imprudente e imprevedibile dello stesso, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso ribadendo che in capo all'imputato era stato riconosciuto dai giudici di merito una posizione di datore di lavoro di fatto.



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Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni

La Corte di Appello ha confermata la sentenza del Tribunale con cui il datore di lavoro di una azienda era stato condannato alla pena di due mesi di reclusione, coi benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel certificato del casellario giudiziale, in relazione al reato di cui agli artt. 113 e 590 c.p. e art. 18, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n. 81 del 2008. Era successo che un operaio, nel mentre era intento a caricare materiale edile sul cassone di un autocarro stesso nella sua parte posteriore di tale mezzo era rimasto schiacciato per lo sbalzo repentino di un altro autocarro parcheggiato dietro al primo, a causa della manovra imprudente di un lavoratore, totalmente privo di istruzioni e di addestramento, il quale aveva messo in moto il mezzo senza salire al posto di guida, cagionando così uno sbalzo del mezzo e lo schiacciamento dell'operaio.

 

Il datore di lavoro, a mezzo del proprio difensore, ha ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello, proponendo due motivi di impugnazione. Come primo motivo lo stesso ha sostenuto l'insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato ex art. 2 del D. Lgs. n. 81 del 2008 ricorrente con il soggetto che ha provocato l’infortunio. Secondo il ricorrente infatti, la Corte territoriale non aveva applicato correttamente i principi da essa stessa richiamati sulla qualificazione giuridica del concetto di lavoratore, che presuppone lo svolgimento di "mansioni tipiche" da parte del soggetto, non importa se a titolo di favore, comunque "stabilmente incardinato tra i lavoratori dell'azienda" e su "richiesta dell'imprenditore". Lo stesso si era recato sul camion di sua iniziativa e soltanto in passato aveva acceso il motore degli autocarri per cui non era configurabile un rapporto lavorativo costante, duraturo e strutturale di svolgimento di mansioni tipiche aziendali.

 

Come seconda motivazione ha evidenziato un vizio di motivazione in ordine al giudizio di imprevedibilità del comportamento del lavoratore stesso che aveva posto in essere una condotta caratterizzata dall'assoluta imprevedibilità ed eccezionalità. L'evento era stato causato dall'inosservanza da parte sua della regola cautelare, secondo cui, prima di accendere il veicolo, avrebbe dovuto verificare che la marcia del veicolo non fosse inserita.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato ritenuto inammissibile dalla Corte di Cassazione. La stessa, con riferimento al primo motivo di ricorso, ha premesso che la definizione di "lavoratore", di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 81 del 2008, fa leva sullo svolgimento dell'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ed è definizione più ampia di quelle previste dalla normativa pregressa, che si riferivano invece al "lavoratore subordinato" (D.P.R. n. 547 del 1955, art. 3) e alla "persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro" ( D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 2, comma 1, lett. a), per cui, ai fini dell'applicazione delle norme incriminatrici previste nel decreto citato, rileva l'oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell'impresa nel luogo deputato (anche eventualmente a titolo di favore) e su richiesta dell'imprenditore, a prescindere dal fatto che il "lavoratore" possa o meno essere titolare di impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo e ha citato come riferimento la sentenza n. 18396 del 15/03/2017, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “Sulla definizione di lavoratore alla luce del Testo Unico.

 

Già prima dell'entrata in vigore del D. Lgs. n. 81 del 2008, peraltro, la Corte aveva qualificato come lavoratori subordinati coloro che, indipendentemente dalla continuità e dall'onerosità del rapporto, abbiano prestano la loro attività fuori del proprio domicilio alle dipendenze e sotto la direzione altrui e ha affermato il principio secondo cui, ai fini della tutela della salute e delle sicurezza nei luoghi di lavoro, un rapporto di lavoro subordinato deve essere considerato tale in riferimento all'assenza di autonomia del lavoratore nella prestazione dell'attività lavorativa e non già in relazione alla qualifica formale assunta dei medesimo.

 

Ciò premesso sulla definizione di lavoratore, la Corte di Appello, secondo la Sezione IV, ha fatto buon governo dei principi di diritto elaborati in relazione alla applicabilità della normativa prevenzionistica a rapporti quale quello in esame. Nella sentenza impugnata, infatti, si è logicamente sottolineato che le disposizioni di cui al D. Lgs. n. 81 del 2008 si applicano anche in caso di insussistenza di un formale contratto di assunzione, in quanto rileva l'espletamento di mansioni lavorative tipiche dell'impresa, indipendentemente dalla circostanza che esse siano svolte a titolo di favore, nel luogo di lavoro deputato e su richiesta dell'imprenditore. La Corte distrettuale aveva logicamente sottolineato che, in base alle dichiarazioni dei vari testi, pur tra qualche reticenza, la presenza in azienda dell’autore della manovra imprudente che causava l'infortunio del lavoratore risultava non casuale né occasionale in quanto varie volte era stato visto mettere in moto un pulmino o un camion.

 

In ordine al secondo motivo di ricorso, la suprema Corte ha ricordato che, in tema di infortuni sul lavoro, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. Ha precisato, altresì che, in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante.

 

Non è configurabile, in altri termini, la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli.

 

La sentenza impugnata quindi, in conclusione, si era allineata, secondo la suprema Corte, ai predetti superiori principi, avendo individuato nell'avvio dei motori dei mezzi proprio l'attività che improvvidamente aveva determinato l'infortunio e che rientrava nelle attribuzioni di fatto assegnate al lavoratore. La Corte di merito, inoltre, aveva chiaramente escluso ogni incidenza causale dell'imprudenza del lavoratore, in quanto si trattava di soggetto del tutto privo di istruzione e di formazione, carenze sicuramente ricollegabili al datore di lavoro e aveva escluso che l'operazione svolta (dalla quale era scaturito l'infortunio) fosse imprevedibile o abnorme, proprio in quanto rientrava pacificamente nelle mansioni sistematicamente sollecitate al lavoratore dal datore di lavoro.

 

Per quanto sopra detto la Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

 

Scarica la sentenza di riferimento:

Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 38464 del 21 settembre 2023 (u.p. 23 giugno 2023) - Pres. Serrao - Est. Esposito – PG Tampieri - Ric. omissis - Ai fini dell'applicazione delle norme di cui al d. lgs. n. 81/08 si rileva l'oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell'impresa a prescindere dal fatto che il "lavoratore" possa o meno essere titolare di impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo.

 



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23/07/2024 (12:31:35)
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Rispondi Autore: MALATESTA RICCARDO - likes: 0
26/07/2024 (18:57:33)
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