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Incendio alla ThyssenKrupp di Torino: conclusa l’inchiesta

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Prevenzione incendi

26/02/2008

Depositati gli atti con l’innovativa accusa, nei processi per infortuni sul lavoro, di omicidio volontario per l’amministratore delegato della ThyssenKrupp in Italia: secondo i PM il manager conosceva i rischi, quindi doveva prevenire l'incendio.

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“L'accusa è pesante, ma abbiamo le prove”, si pronuncia così il procuratore capo di Torino Marcello Maddalena al termine delle indagini sull’incendio all’acciaieria ThyssenKrupp di Torino dello scorso dicembre in merito all'ipotesi di omicidio volontario a Harald Espenhahn, amministratore delegato della ThyssenKrupp in Italia dal 2005, una contestazione di “omicidio volontario con dolo”: “Noi pensiamo – continua Marcello Maddalena - che debba essere fatta per gli omicidi sul lavoro, ma soltanto se ci sono i presupposti. Che in questo caso esistono.“
 
Si chiude così la prima fase del procedimento per la morte dei sette operai provocata dall'incendio del 6 dicembre 2008.
 
La grave accusa trae le sue giustificazioni dai precedenti specifici degli incidenti nelle acciaierie del gruppo che avrebbero dovuto portare ad una serie di iniziative di prevenzione e non invece ad un risparmio degli investimenti sulla sicurezza.
Tutti precedenti che il numero uno della multinazionale tedesca in Italia conosceva e avrebbe dovuto mettere in pratica: Espenhahn, ingegnere metallurgico ha lavorato per il gruppo proprio negli stabilimenti tedeschi dove, su una linea identica a quella numero 5 dello stabilimento di Torino, il 22 giugno del 2006, un incendio provocò ingenti danni.
 
“Un incendio – come evidenziato da Vera Schiavazzi sul Corriere della Sera del 24 febbraio 2008 - analizzato per elaborare un nuovo sistema di sicurezza, producendo tra l'altro la pubblicazione sul sito aziendale di un articolo intitolato: «Prevenire è meglio che spegnere».
 
“L'incendio - è scritto nel testo - dello stabilimento Nirosta di Krefeld dimostra quanto sia alto il rischio di simili eventi in realtà come le nostre, dove le potenziali cause sono moltissime, da quelle elettriche (scintille, surriscaldamento) alle esplosioni (…). Per questo la ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni si è da tempo dotata di una struttura antincendio che agisce su prevenzione, protezione e spegnimento».
 
L’amministratore delegato non poteva non sapere dei rischi dello stabilimento torinese ed era sicuramente al corrente che dopo l'incendio in Germania alle linee-laminatoio identiche a quella di Torino, la compagnia Zurich si era tirata indietro e aveva ceduto la copertura alla Axa, che però aveva fissato la franchigia in 100 milioni di euro contro i 30 della franchigia precedente e contro i 50 delle linee di altro tipo.
 
Tutto questo appare “logico” se si tiene presente la decisione di chiudere entro l’anno lo stabilimento torinese per trasferire a Terni l'intera produzione.
 
Vi erano tutte le condizioni: dall’abbandono della manutenzione al ripetersi di piccoli incendi con getti di olio nebulizzato sino a dieci metri di distanza. Si legga "Chi chiedeva sicurezza veniva punito" (La Stampa del 24/2/2008) o "Mandati a morire per risparmiare” (La stampa del 24/2/2008): “la scelta di non investire meno di un milione di euro è costata la vita di 7 uomini, fra i 43 e i 26 anni, che lavoravano alla ThyssenKrupp”. Un “cinico calcolo del rischio” con il conseguente mancato allestimento di un impianto di spegnimento automatico del fuoco: «Era consapevole (l’amministratore delegato Thyssenkrupp in italia, ndr) dei gravissimi rischi per la sicurezza dei dipendenti e li ha accettati».
 
 
 
 

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Dalle carte sequestrate (sono oltre 40.000 le pagine preparate dalla procura di Torino) sembra infatti emergere che, nel suo ruolo di numero uno in Italia, Espenhahn dovesse sapere che le misure di sicurezza non erano pienamente osservate.
 
Oltre al manager sono anche indagati il responsabile degli acquisti, il responsabile del marketing, il direttore dello stabilimento torinese, il responsabile della sicurezza e quello delle misure antincendio, a cui sono contestati anche il reato di omissione volontaria di cautele antinfortunistiche. Tutti e cinque rispondono pure di omicidio colposo sotto il profilo della colpa cosciente.
 
Il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e i PM Laura Longo e Francesca Traverso sembrano orientati a consentire ai difensori 2 mesi di tempo per presentare memorie o sollecitare gli interrogatori degli indagati. La richiesta di rinvio a giudizio nella primavera avanzata.
 
“Portare a termine accertamenti di questa complessità in meno di tre mesi sottolinea Guariniello - è stato possibile grazie all'aiuto di tante persone in gamba e grazie a una buona organizzazione.”
Più di 50 collaboratori - fra fiamme gialle, vigili del fuoco, tecnici Asl, vigili urbani e consulenti tecnici - hanno lavorato per la procura per un approccio multidisciplinare nuovo - sottolinea Guariniello - in materia di sicurezza del lavoro: verificare in base a budget e bilanci quanto pesa nelle strategie di una grande acciaieria la sicurezza dei lavoratori rispetto alla ricerca degli utili.
 
Proprio per questo, Guariniello torna a caldeggiare l'istituzione di "una procura nazionale sugli infortuni sul lavoro, composta da personale altamente specializzato capace di condurre le indagini seguendo metodi ben precisi.
 
Si vedano anche i resoconti delle audizioni della Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro ai rappresentanti di ThyssenKrupp, ASL Torino, C.M.A. (azienda di manutenzione degli estintori) e delle compagnie assicurative dell’impianto torinese.


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