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Cinque operai morti intossicati in un'autocisterna per il trasporto di polvere di zolfo

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Approfondimento

04/03/2008

A Molfetta, cinque operai sono morti intossicati in un'autocisterna. La dinamica è la tipica di questi infortuni: la prima vittima perde conoscenza nella cisterna, gli altri soccorritori intervengono senza precauzioni e rimangono intossicati.

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Ancora una strage sul lavoro. Ancora un infortunio che si poteva evitare, in questo caso con una corretta formazione e una attenta valutazione dei rischi.
 
A Molfetta, cinque operai (il quinto è morto questa mattina all'alba a causa dell'aggravamento dell'edema polmonare acuto) sono morti intossicati dalle esalazioni diidrogeno solforato (acido sulfidrico)provenienti da un'autocisterna adibita al trasporto di polvere di zolfo durante le operazioni di lavaggio della cisterna.
 
La dinamica è la tipica di questi infortuni: la prima vittima perde conoscenza nella cisterna (sembra che si sia solamente affacciata alla bocca della cisterna e sia caduta all'interno), gli altri soccorritori intervengono senza precauzioni e rimangono intossicati.
Le vittime sono il titolare della ditta, l'autista e alcuni operai.
 
L'incidente è avvenuto nel pomeriggio all'interno dell'azienda Truck Center che si occupa di parcheggi, attrezzature e impianti nella zona industriale del paese pugliese.
 
Secondo una prima ricostruzione dei Vigili del fuoco, quando il primo operatore ha accusato un malore all'interno del serbatoio, per soccorrerlo è intervenuto il titolare della ditta.
A causa delle letali esalazioni di zolfo, però, l’imprenditore non è riuscito ad aiutare il suo collega e a questo punto è intervenuto l'autista di un camion di un'altra ditta. Quindi sono intervenuti altri due operai. Ma in pochi minuti non c’è stato nulla da fare per i primi quattro, tutti ritrovati dai soccorritori sul fondo della cisterna.
L'ultima vittima era stata trovata ancora in vita, ma in gravissime condizione per l'inalazione dei vapori.
 
 
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A proposito delle precauzioni che non sarebbero state adottate, il Corriere della Sera riporta il parere di Franco Sarto, vicepresidente dell’Anmelp (Associazione nazionale dei medici del lavoro pubblici), spiega che «lo zolfo a contatto con l'acqua diventa acido solforico. Anche con l'umidità dell'aria. Quegli operai avrebbero dovuto essere protetti da scafandri». «Nelle autocisterne è difficile entrare con le bombole - aggiunge - per questo ci sono gli autorespiratori, collegati all'esterno con dei tubi».
 
Gli effetti dell’intossicazione, sempre riportati dal Corriere, secondo il professor Giancarlo Umani Ronchi, ordinario di Medicina Legale all'Università La Sapienza di Roma, sono questi: “Quando si formano vapori di zolfo di anidride solforosa o idrogeno solforato, il sangue non si ossigena più, viene bloccata l'emoglobina, e si muore per asfissia. Non respiratoria, ma sanguigna».
«Non c'è molto tempo, quasi subito interviene la perdita di conoscenza, che probabilmente è quello che è capitato agli operai scesi nella cisterna per tentare di soccorrere la prima vittima, e si muore. C'è poco da fare, ci vorrebbe (ma solo se sono passati pochi istanti di esposizione) un'immediata rianimazione e un soccorso con ossigeno, ma anche in questo caso le speranze sono pochissime, lo zolfo è un elemento che una volta respirato non perdona».
 
Articolo modificato il 04.03.08.
 

Nota di redazione del 04.04.08: indagini successive all’infortunio,hanno suggerito che il responsabile dei decessi potrebbe essere stato il contatto dello zolfo con qualche altra sostanza o detergente utilizzati per la pulizia dell’autocisterna che può aver sprigionato i gas tossici che hanno saturato l’ambiente, facendo perdere immediatamente conoscenza agli operai e impedendogli di raggiungere l’uscita della cisterna.

 

 
 
 


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Rispondi Autore: Antonio Cutrona - likes: 0
04/03/2008 (09:27)
Ancora una volta , in troppo breve tempo, dobbiamo occuparci di una strage “da lavoro”.

A caldo, frullano in testa : sottovalutazione, disinteresse, superficialità; come si possono spiegare altrimenti accadimenti così tragici e così combattuti nelle stanze degli addetti ai lavori?

Abbiamo una sequela i leggi e norme specifiche minuziose e precise, con buona pace di che sembra svegliarsi in un deserto e vuole realizzarvi un sistema nuovo o innovativo.

E’ vero che abbiamo bisogno di una architettura normativa unificata, armonizzata ed innovata. E’ altrettanto vero che nulla si può contro la non consapevolezza o peggio contro la mancanza di volontà.

Manca la “cultura della sicurezza”, come se non fosse bisogno primario di individui e società.

Si vuole evitare di “perdere tempo”, sottraendolo alla più concreta produzione ad ogni costo, come se ciò non significasse “perdita di vite”.

Si vogliono evitare aggravi e costi sulle piccole imprese, il più gran numero di imprese in Italia, consentendogli, per esempio, la gestione diretta del datore di lavoro della sicurezza in azienda, come se ciò non fosse una scorciatoia verso la sottovalutazione e quindi l’assenza di ogni sicurezza.

La situazione di lavoro degli ambienti confinati, cisterne o altro, è ben chiara a chi si occupa di queste cose con professionalità, come chiare sono le misure e gli accorgimenti da porre in atto o le protezioni da attuare ed i dispositivi da utilizzare.

Perché dunque l’avventurarsi, si direbbe superficialmente se non ci fossero coinvolte le vittime, senza un attimo di riflessione sulle cose da fare per tornare a casa sereni dopo il lavoro?

Perché forse ci si fida di sé oltre il limite della consapevolezza del rischio che si corre: mancanza di formazione e cultura! Come pure lo slancio eroico di coinvolgersi nel tentativo di salvare il compagno, contravvenendo al principio basilare di evitare l’aggravamento dell’incidente, corrisponde a questo quadro di carenza di conoscenza ed addestramento.

Facciamole le leggi, semplifichiamo ma solo la burocrazia, le farragini. Unifichiamo e semplifichiamo le letture, le modalità applicative. Esaltiamo e sottolineiamo le professionalità, le specificità, le consapevolezze; snelliamo e responsabilizziamo gli interventi correttivi; intensifichiamo i controlli semplificandoli ed unificandoli, oltre a renderli concretamente possibili con adeguata destinazione di risorse materiali, gestibili, oltre che umane; sanzioniamo ed espelliamo dal contesto civile gli ottusi ed i riottosi causa di sciagure e lutti.

Per concludere, chi ama questo lavoro non può e non vuole più pensare ad aziende senza sistema di sicurezza armonizzato con il sistema produttivo, come componente essenziale e costitutiva dello stesso.

Solo così si potranno evitare situazioni di dolore, lutto e sconfitta come quelle su cui oggi stiamo riflettendo, con l’emozione ed il pensiero alle vittime ed ai familiari che mai potranno consolarsi delle perdite subite, quali e quante fossero le solidarietà.

Antonio Cutrona
Socio AIFOS - FIRAS


Rispondi Autore: eugenio - likes: 0
04/03/2008 (16:30)
Ho notato dalle foto sui quotidini che la autocisterna porta la targa di segnalazione del trasporto 33-1203 che indica contenuto benzina.
Quindi se avesse avuto un incidente trasportando il carico altamente pericoloso di polvere di zolfo i VVF eventualmente intervenuti non avrebbero avuto la corretta indicazione immediata sul contenuto trasportato
Avrebbe dovuto avere una targa con codice 66-xxxx.

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