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Stress lavorativo cronico: il rischio di burnout degli insegnanti

Stress lavorativo cronico: il rischio di burnout degli insegnanti
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Istruzione

14/04/2015

Il rischio burnout negli insegnanti: i fattori di rischio, le reazioni di adattamento, i compiti dell’organizzazione scolastica e le strategie personali e professionali di prevenzione del rischio.


Pubblichiamo un recente factsheet prodotto dal Dipartimento di Medicina del Lavoro dell’ Inail che riporta indicazioni sul rischio del burnout negli insegnanti.
 

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Burnout e insegnamento
Il termine burnout (letteralmente bruciato, fuso) definisce la sindrome da stress lavorativo cronico di colui che vive una condizione di esaurimento fisico ed emozionale, mostra un atteggiamento distaccato e apatico verso il lavoro e nei rapporti interpersonali e sperimenta una sensazione d’inefficacia professionale con conseguente riduzione della produttività.
 
Esaminata inizialmente come malattia professionale specifica delle attività socio-sanitarie, si riscontra in realtà in tutte le professioni basate sui rapporti interpersonali che comportano un elevato investimento emotivo, colpendo soprattutto i soggetti più motivati e con elevate aspettative nei confronti del lavoro.
 
Le conseguenze del burnout variano da forme più lievi (assenteismo, lieve somatizzazione, deterioramento della prestazione lavorativa) a manifestazioni gravi (sintomi psico-fisici importanti, richiesta di trasferimento, abbandono volontario del posto di lavoro).
 
Tra le categorie a rischio c’è quella degli insegnanti a causa della natura intrinseca della professione, che comporta una relazione prolungata e intensiva con gli alunni in primis, ma anche con le famiglie, i colleghi, il personale ATA ed il dirigente. Inoltre la scuola è anche una struttura organizzativa la cui complessità può ricadere sui docenti in termini di stress.
 
Fattori di rischio
Tra i fattori che possono accrescere lo stress vi sono le condizioni di lavoro (classi numerose, aule ristrette, carenza di attrezzature didattiche e logistiche), l’organizzazione scolastica (orari di lavoro e riunioni, eccessive pratiche burocratiche, comunicazione interna poco chiara, carenza di percorsi di aggiornamento significativi) e le “politiche” scolastiche (quadro normativo culturale e pedagogico in continua evoluzione, limitata possibilità di carriera, retribuzione insoddisfacente, precarietà e mobilità). Inoltre a livello individuale, possono contribuire all’insorgenza del burnout la contestuale presenza di problematiche familiari o relazionali e la scarsa tolleranza dello stress.
 
Fattori protettivi
Tra i fattori protettivi contro il burnout si segnalano:
> la famiglia: le relazioni familiari offrono maggiore esperienza su problemi emozionali e relazioni interpersonali;
> il genere: le donne possiedono maggiori risorse emozionali e affettive;
> l’età in termini di expertise: gli anziani hanno più esperienza lavorativa e strumenti per affrontare situazioni stressogene.
 
Inoltre, un ambiente sociale accogliente, il supporto di colleghi ed il livello di autoefficacia percepita prevengono lo stress e la sua manifestazione psicosomatica.
 
Le reazioni di adattamento
Le strategie di fronteggiamento (coping strategies) adottate dai singoli insegnanti per rispondere agli stressors sono state classificate da Cooper in:
> dirette: la situazione viene affrontata positivamente;
> diversive: evitamento della situazione con atteggiamento distaccato e apatico;
> di fuga: abbandono dell’attività;
> palliative: assunzione di caffè, alcool, fumo o farmaci per fronteggiare situazioni stressanti.
 
Gli atteggiamenti di distacco psicoemotivo possono manifestarsi attraverso l’adozione di forme d’insegnamento esclusivamente tradizionali, l’applicazione standardizzata e non flessibile della programmazione, l’attribuzione del fallimento scolastico dell’alunno al suo scarso impegno, a modeste capacità intellettive oppure alla famiglia ed al ceto sociale a cui appartiene, l’abbandono di strategie didattiche che tengano conto della reale situazione della classe o del recupero individualizzato.
 
Strategie personali e professionali
L’insegnante può adottare una serie di iniziative volte al miglioramento del proprio stato, quali: > Acquisire consapevolezza di sé e delle proprie esigenze, prestando attenzione ai primi sintomi psicosomatici e attivandosi ad interpellare esperti.
> Affrontare gli insuccessi lavorativi come momento transitorio e costruttivo, imparando a gestirli diversamente (es. corsi di formazione, letture specializzate, ecc).
> Porsi obiettivi realistici, tenendo presente i limiti propri e dell’organizzazione, ed impegnarsi per raggiungerli (es. strutturare il tempo lavorativo in modo efficace e flessibile).
> Creare una rete sociale e/o organizzare delle occasioni conviviali all’interno della scuola migliorando la comunicazione e le relazioni all’interno del contesto lavorativo.
> Imparare strategie per gestire il carico emotivo (es. breve counselling) e individuare fonti di soddisfazioni e gratificazioni anche esterne al contesto lavorativo.
> Formulare al dirigente proposte per ottimizzare alcuni aspetti critici a livello organizzativo, preferibilmente insieme ad altri colleghi che sperimentano le stesse difficoltà.
> Valorizzare se stessi e le proprie potenzialità proponendosi per gestire particolari ambiti dell’organizzazione scolastica (formazione, rapporti con il territorio, progettualità specifiche).
 
Compiti dell’organizzazione scolastica
Quando lo stress lavoro-correlato è legato a cause organizzative una sua adeguata valutazione, prevenzione e riduzione, porta ad incrementare il benessere organizzativo ottimizzando il clima scolastico e riducendo conseguentemente il rischio burnout. Secondo l’art. 6 dell’Accordo Europeo sullo stress lavoro- correlato, spetta al datore di lavoro stabilire misure adeguate per la prevenzione e la riduzione dello stress, e attuarle con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti, lungo tre direttrici:
 
1. Area gestione e comunicazione: esplicitare obiettivi (es. rendere effettivo il POF), assicurare ascolto (valorizzare proposte, risorse umane e professionali) e sostegno (es. alla didattica o per l’integrazione, incoraggiamento a manifestare disagio legato a fattori organizzativi senza giudizio sulla persona e le sue capacità), migliorare l’organizzazione (es. flessibilità nell’applicazione di norme).
 
2. Area formazione: stimolare la consapevolezza degli insegnanti (se e come mai sono appesantiti), aiutarli a comprendere le cause dello stress (screening dei vari fattori probabili) e il modo in cui affrontarlo (tecniche di gestione dello stress, focus group).
 
3. Informazione e consultazione dei lavoratori: fornire conoscenze aggiornate rispetto all’organizzazione scolastica (effettive risorse e potenzialità), coinvolgere i docenti nelle decisioni e nella gestione (es. attuare la delega, gestire le criticità in team).
 
Riferimenti normativi
• Con il D.Lgs. 81/2008 “Attuazione dell’art. 1 della Legge 3 agosto 2007 n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, il datore di lavoro ha l’obbligo esplicito di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compresi rischi “particolari” quali quelli inerenti allo stress lavoro-correlato (art. 28). Ciò è in linea con l’Accordo quadro europeo sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004, recepito come Accordo interconfederale nel giugno 2008 e inserito nel suddetto decreto.
 
 



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Rispondi Autore: Massimo Zucchiatti - likes: 0
14/04/2015 (09:35:27)
ogni tanto, anche se gli insegnanti (scusatemi il paragone) non "pilotano aerei" , dovrebbero essere "scannerizzati" mentalmente per sapere se possono ancora "interagire" con bambini o giovani ...se sono ancora in grado di insegnare.
Questa "scannerizzazione" non elimina le cause ma diagnostica i sintomi e non basta un questionario numerico valutativo...ogni preside, ogni insegnante collega ma a volte gli stessi alunni o genitori si "accorgono" che una persona è "schizzata". Niente contro questa ma almeno interveniamo e limitiamo i danni...dopotutto se ad un "autista" si scoprisse che è alcoldipendente...gli si toglie la patente o lo si manda al SERT a curarsi senza perdere il posto di lavoro...perchè non facciamo questo anche con gli insegnanti ? 8senza contare che io ogni anno farei fare semplici prove per vedere se "sanno" insegnare oltre che se "possono" ancora insegnare).
Le nuove generazioni sono cambiate molto (in peggio credo) ed è difficile insegnare oggi molto più di ieri . Inoltre il ministero italiano dell'istruzione aumenta sempre più il numero di studenti di una classe (lasciamo perdere se l'aula fisica può o no contenerli...altro problema altra discussione). Insegnare oggi a 25 ragazzini è molto più "dura" dell'insegnamento a classi da 40 ragazzi di 30 anni fa...lo sanno gli insegnanti ma lo sanno e non lo dicono anche i genitori che hanno difficoltà ad insegnare ad 1 o 2 figli solamente.
Auguri a tutti
mandi
Rispondi Autore: Massimiliano Carpene - likes: 0
14/04/2015 (15:21:06)
Quello di verificare gli altri è un ritornello che sento spesso, specialmente in occasione di particolari fatti di cronaca. In linea di principio è un concetto condivisibile, quello che invece lo rende difficilmente applicabile è quando si passa alla pratica. La domanda è: chi controlla il controllore? Mi ricordo che molti anni fa in occasione di un concorso pubblico per laureati il presidente della commissione contestava ad un partecipante l'uso improprio della lingua inglese nel tema d'esame:
- non era inglese ma latino;
- il presidente della commissione d'esame era un sindacalista che aveva preso la terza media con le 150 ore.
Nel leggere poi l'articolo mi viene il dubbio che chi lo ha scritto non abbia mai messo piede in una scuola.
Rispondi Autore: BRUNO QUINTORIO - likes: 0
17/04/2015 (22:41:31)
Non sono d'accordo con i due Massimo, è vero il mondo della scuola (l'impresa scuola) è complicata e semplice allo stesso modo.
Ormai conosciamo le fonti di rischio che caratterizzano l'istituzione scolastica:
- carenze strutturali
- carenze organizzative
- sostituzione continue dei Dirigenti Scolastici
- tipologia degli alunni e le loro famiglie
- carenza di fondi
- mancanza di incentivi che premiano la professionalità
Ma vi posso assicurare, che effettuare una attenta analisi, con l'aiuto di un professionista psicologo, si possono rilevare con una buona approssimazione le cause più scatenanti lo stress in quell'istituto.
Ho seguito personalmente almeno 7 progetti di altrettanti istituti sullo stress correlato al lavoro, in cui si sino rilevati i seguenti punti critici
- Scarsa comunicazione tra dirigenza e personale, e tra il personale
- Dirigenti poco disponibili a mettersi in discussione
- Gestione e confronto con alunni e genitori lasciata alla singola esperienza dei docenti, senza un gioco di squadra.
- Gestione e organizzazione dell'orario quasi sempre conflittuale.

Per tutti questi punti la relazione del professionista ha permesso, se non la risoluzione radicale dei problemi, almeno la loro consapevolezza ed il tentativo, seppur lento, di organizzarsi in team (gioco di squadra) e tentativo di adottare un sistema di gestione che è risultato vincente anche riguarda la sicurezza sui i luoghi di lavoro.
IL PRESIDENTE DEL 18° DISTRETTO SCOLASTICO DI ROMA

Rispondi Autore: harleysta - likes: 0
20/04/2015 (13:04:17)
...i figli sono lo specchio dei genitori...

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