La sicurezza sul lavoro, i disturbi e la qualità del sonno
Rimini, 11 Apr – Alcune ricerche hanno mostrato come la frequenza degli infortuni, le assenze dal posto di lavoro e la produttività aziendale siano correlati anche alla qualità del sonno dei lavoratori.
Se il sonno e il dormire bene sono correlati alla produttività e alla sicurezza in azienda, le organizzazioni cominciano a preoccuparsi del sonno dei propri dipendenti? E che relazione c’è tra il dormire bene, la sicurezza sul lavoro e l’aumento degli incidenti alla guida?
Dormire bene: una rivoluzione in azienda
Sono domande a cui ha risposto il Prof. Sergio Garbarino - esperto di riferimento a livello nazionale ed internazionale sui rapporti tra sonno, salute e mondo del lavoro e docente dell’ Università di Genova - che ha condotto un incontro dal titolo “Dormire bene: una rivoluzione in azienda” che si è tenuto durante la prima edizione del “Richmond HSE Forum” (Rimini, 8/9 marzo 2018).
In relazione alla rilevanza e alla novità del rapporto tra qualità del sonno e sicurezza sul lavoro, abbiamo intervistato il Prof. Sergio Garbarino, anche in relazione ai risultati di alcune sue ricerche sui disturbi del sonno che mostrano come i lavoratori che dormono in modo scorretto abbiano un rischio 1,62 volte più alto di avere infortuni sul lavoro e presentano una perdita complessiva del rendimento professionale maggiore del 10,3% rispetto ai lavoratori che dormono bene.
Esiste la possibilità di monitorare il sonno? Ci sonno programmi di supporto per aziende e lavoratori? Quanto sono importanti normative come la Direttiva 2014/85/UE e il decreto di recepimento del 22 dicembre 2015 relativamente al tema dei disturbi del sonno?
L’intervista a Sergio Garbarino
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di ascoltare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
Partiamo dalla relazione che c’è tra il dormire bene e la sicurezza sul lavoro… Ho letto, credo con riferimento ad una sua ricerca, alcune statistiche relative al mondo del lavoro: si evidenzia come i lavoratori che dormono in modo scorretto abbiano un rischio 1,62 volte più alto di avere infortuni sul lavoro…
Sergio Garbarino: “Intanto la ringrazio di aver citato un nostro lavoro italiano. Si tratta di una sorta di metanalisi, cioè abbiamo preso tutti i lavori che in maniera rigorosa si occupavano di infortuni sul lavoro e siamo andati a vedere quale era veramente il rischio relativo del lavoratore affetto da disturbi del sonno. Il rischio come dice lei è intorno a 2,0, diciamo quasi il doppio rispetto alle persone che non sono affetti da disturbi del sonno.
Questo secondo me è un dato importante, perché noi nel lavoro che abbiamo prodotto facciamo anche notare che in realtà, fino ad oggi, non sono stati prodotti molti studi “scientificamente robusti”. Quindi il dato esiste, è importante, però sarebbe bene che si continuasse con metodologie molto rigorose e curate, a capire realmente quanto è la dimensione del fenomeno, non solo tra i lavoratori ma anche tra la popolazione generale”.
Queste ricerche riescono ad avere delle conseguenze sulla prevenzione dei rischi aziendali?
Sergio Garbarino: “Questo delle conseguenze delle ricerche è un po’ un problema per tutti i ricercatori e per tutte le patologie mediche… (…) E una buona prevenzione primaria, una prevenzione fatta con accuratezza e con efficacia non può non prescindere da un’evidenza scientifica e chiara. (…) Anche se in realtà devo dire che in questo settore noi abbiamo già abbastanza dati, forse troppi, per poter affrontare le contromisure e le strategie preventive, le campagne educazionali, per ridurre fortemente questo fenomeno creato dai disturbi del sonno e in particolare dalla sindrome dell'apnea ostruttiva. Noi dobbiamo fare questo perché la prevenzione, vista anche la congiuntura economica che non credo cambierà molto presto, è l'arma vincente per cercare di migliorare davvero il benessere, la salute e la sicurezza dei lavoratori e degli italiani”.
Esiste oggi la possibilità di monitorare nelle aziende il problema del sonno? E nel nostro paese non c’è una carenza della cultura del sonno?
Sergio Garbarino: “Indubbiamente è così. In altri paesi molto meno, in Italia, pur essendo un grande paese europeo, c'è questo “gap” che si è creato rispetto ai paesi analoghi e per svariate ragioni che non sto qui a elencare. (…) Ragioni che riguardano un aspetto che è eminentemente culturale. Noi abbiamo un settore della medicina, quello della medicina del sonno, che non è molto trattato nell'ambito dei corsi universitari della facoltà di medicina e chirurgia, né all'interno delle specializzazioni mediche e altrettanto, ovviamente, dai medici di medicina generale, che sono un po' le colonne, il basamento, la piattaforma su cui si basa il nostro servizio sanitario nazionale. (…)
Bisogna fare un’attività di sensibilizzazione, di formazione-informazione profonda (…). Uno studente di medicina che si occupa di diabete troverà problemi legati al diabete non so in quanti esami del suo percorso di studi e questi esami parleranno sempre del diabete. Non credo che ci siano altrettanti esempi - al di là di là dell'insonnia, forse, che viene più considerata come sintomo che come malattia – relativi ai disturbi del sonno. Non c'è, a partire dal medico di medicina generale, quella sensibilità nell'individuare e intercettare i casi, ad esempio, di apnee notturne”. (…)
C’è stata in questi anni un’attenzione del legislatore italiano ed europeo sul tema dei disturbi del sonno?
Sergio Garbarino: “Diciamo che la Direttiva Europea del 2014, alla quale anch'io ho contribuito, come il recepimento che l'Italia in un anno, in maniera veramente veloce, è riuscita a darsi con il decreto del dicembre del 2015, hanno fatto emergere dai “bassifondi della medicina” alla luce del sole una problematica enorme che non è solo quella delle apnee notturne, ma anche dei disturbi del sonno latu sensu, cioè in senso proprio ampio.
È chiaro che la sonnolenza, soprattutto la sonnolenza diurna, l’eccessiva sonnolenza, rappresenta un problema non solo medico, ma sociale, per l'impatto che ha nella vita quotidiana, per gli incidenti domestici, gli incidenti stradali. Non solo quindi per gli infortuni sul lavoro e senza dimenticare l’impatto sulla riduzione di performance, riduzione che porta quindi ad una diminuita produttività, per l'aumento di errori, per l’assenteismo sul lavoro. È difficilmente quantificabile questo fenomeno.
Credo che sia un problema anche di tipo economico che ha portato l'Europa a decidere per una direttiva su una singola patologia, non dimentichiamo, però, collegata alla sonnolenza diurna”.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
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Rispondi Autore: ernesto cabrini - likes: 0 | 11/04/2018 (07:23:37) |
Ho letto con attenzione l'articolo riguardante la qualità del sonno.... ma quante ore dovrebbe dormire una persona che al mattino deve recarsi al lavoro .....visto che i programmi tv iniziano tardi e finiscono a tarda ora ... non è che il dormire poco ( senza patologie) influiscano negativamente quando si lavora '?' |