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Quali sono i contenuti di un’adeguata formazione sui rischi chimici?

Quali sono i contenuti di un’adeguata formazione sui rischi chimici?

Indicazioni sulla formazione dei lavoratori sui rischi determinati da sostanze chimiche pericolose con particolare riferimento alle varie criticità, all’importanza della valutazione dei rischi e ai principali contenuti del percorso formativo.

 

Milano, 21 Lug– La normativa nazionale ed europea sottolinea spesso l’importanza della formazione dei lavoratori e ricorda la necessità di intervenire con adeguate attività di formazione.

Ad esempio l’art. 37 del D.Lgs. 81/2008 recita ‘il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche’.

 

Nonostante quanto indicato “l’importanza di questa attività preventiva non è stata compresa completamente da tutti i soggetti coinvolti e responsabili”, spesso “invece di attuare una reale ed effettiva attività di formazione”, si è spesso proceduto con la “somministrazione” di corsi che in molti casi sono corsi di formazione generici, “affrontano tematiche teoriche e spesso non riconducibili alle reali condizioni di lavoro” e vengono erogati a “lavoratori provenienti da realtà lavorative differenti senza alcuna attenzione alla specificità della loro effettiva attività svolta e dei rischi conseguenti”.

 

A ricordare queste criticità in materia di formazione e a offrire utili informazioni sulla formazione in materia di rischi chimici e cancerogeni è un contributo presente nel documento “EBook Rischio Chimico e cancerogeno pubblicato dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione ( CIIP) e curato in particolare da Lalla Bodini, Susanna Cantoni, Enrico Cigada e Carlo Sala.

 

L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:


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Sostanze pericolose: gestione del rischio chimico
Sostanze pericolose: gestione del rischio chimico - Esercitazioni di formazione su supporti didattici dedicati all'aggiornamento dei vari soggetti della sicurezza.

 

Le criticità e difficoltà della formazione alla sicurezza

Nel contributo “La formazione dei lavoratori sui rischi determinati da sostanze chimiche pericolose”, a cura di Norberto Canciani con E. Ariano, S. Cantoni, E. Gerbino, S. Savi, R. Vitale, A. Zaffanella, C. Zamponi, si segnala che in molti casi l’erogazione dei corsi non comporta “un efficace processo educativo” ed è, quindi, possibile affermare che in questi casi, “nonostante l’attivazione di diversi ‘corsi di formazione’ e in difformità rispetto a quanto previsto dall’art. 37 sopracitato, l’obiettivo di una formazione ‘sufficiente e adeguata non possa essere considerato realizzato”.

 

E questo aspetto – continua il contributo – “assume ancor più rilevanza nell’ambito del rischio determinato dalla presenza di sostanze chimiche pericolose in quanto, non vi è dubbio, che uno dei pericoli presenti nei luoghi di lavoro di difficile gestione è rappresentato proprio dalla presenza delle sostanze chimiche. Un pericolo che non solo è spesso sottovalutato in molti settori, ma è soggetto a continue evoluzioni in rapporto alla nascita di nuovi prodotti e materiali come ad esempio le nanoparticelle o alle nuove scoperte sui danni che le sostanze possono provocare sulla salute e sull’ambiente”.

Inoltre è sbagliato “associare al rischio chimico unicamente la grande impresa che produce o manipola enormi quantità di sostanze chimiche in quanto sono diverse le attività lavorative che espongono in modo diretto e/o indiretto i lavoratori alle stesse”.

 

Il rischio chimico e le attività di formazione e addestramento

Riguardo al rischio chimico se sul posto di lavoro “sono contemporaneamente presenti due fattori:

  1. l’agente chimico (legato al processo);
  2. le condizioni che possono portare il lavoratore nella sfera di azione dell’agente, legate alle modalità operative in condizioni normali e/o in emergenza

diventa necessario procedere, dapprima alla valutazione del rischio attraverso le fasi sotto indicate:

  • l’identificazione del pericolo;
  • la valutazione dei rischi;
  • la definizione dell’esposizione;
  • la stima dei danni che ne derivano”.

 

Successivamente, fermo restando quanto previsto dagli artt. 36 (informazione) e 37 (formazione) del D.Lgs. 81/2008, “il Datore di Lavoro (art 227 del D.Lgs. 81/08) deve garantire, attraverso le attività di formazione/addestramento (almeno le 12 ore specifiche previste dal comma 11 dell’articolo 37), che i lavoratori e i loro rappresentanti dispongano di:

  1. dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;
  2. informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, quali l’identità degli agenti, i rischi per la sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;
  3. formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo di lavoro;
  4. accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal fornitore.

 

Senza dimenticare che le varie informazioni preventive e protettive e/o le precauzioni da adottare nei casi di esposizione accidentale “non devono essere generiche ma devono fare riferimento agli specifici agenti chimici pericolosi presenti ed utilizzati durante le attività lavorative”. Per questo motivo l’attività di formazione “deve essere riferita agli effettivi fattori di rischio presenti, individuati e adeguatamente valutati nell’ambito del processo di valutazione dei rischi”.

 

I contenuti della formazione sui rischi chimici

Dal documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, riprendiamo alcuni contenuti della formazione sui rischi da agenti chimici.

 

Si ricorda, innanzitutto, che, come già indicato, “le attività formative/addestrative devono avvenire inevitabilmente successivamente agli esiti del processo di valutazione dei rischi effettuato attraverso la minuziosa conoscenza di tutte le fasi lavorative del ciclo produttivo, i prodotti e le sostanze utilizzate e che si producono nel processo produttivo nonché le caratteristiche degli impianti, la conoscenza specifica dei DPI”.

 

Si indica che “l’obiettivo iniziale e principale dell’attività di formazione/addestramento sarà comprendere le informazioni contenute sulle etichette dei contenitori delle sostanze/miscele e acquisire la capacità di analizzare le 16 Sezioni riportate nella Scheda Dati di Sicurezza (SDS). Ovviamente tali informazioni, finalizzate alla gestione dei rischi connessi l’esposizione a sostanze chimiche pericolose, devono essere integrate dalla indicazione delle necessarie modalità comportamentali da assumere (misure preventive e misure protettive collettive, procedurali, ambientali e personali). La individuazione di tali modalità, diretta conseguenza dell’analisi e della valutazione dei rischi, deve essere adeguatamente condivisa dai lavoratori proprio al fine di migliorarne l’efficacia. Infatti, soprattutto quando le misure di prevenzione sono di tipo procedurale e organizzativo, l’insufficiente coinvolgimento dei lavoratori e l’inadeguatezza del processo formativo possono, di fatto, rendere inefficace la misura stessa prevista”.

 

L’attività di formazione – continua il contributo – deve quindi mirare alla “fornitura di strumenti adeguati per lo svolgimento in sicurezza di tutti i compiti previsti dalle attività lavorative, con particolare riferimento alle fasi critiche, ma deve anche considerare le anomalie possibili che possono verificarsi durante il lavoro, compresi i guasti delle attrezzature e degli impianti nonché potenziali situazioni di emergenza (incendio, terremoto). Tra le anomalie rientrano anche i possibili errori umani e l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile delle attrezzature. Quest’ultimo aspetto che, come previsto dalle direttive di prodotto deve essere obbligatoriamente considerato per i progettisti e i costruttori di macchine, attrezzature e impianti, rappresenta una condizione estremamente pericolosa perché è una situazione lavorativa anomala sottovalutata dagli operatori e tende frequentemente a diventare una consuetudine. Pertanto, la formazione deve necessariamente modificare la familiarità di questi comportamenti riconducendo il modo di lavorare al rispetto delle corrette procedure di lavoro”.

 

Un altro importante argomento da affrontare durante la formazione dei lavoratori “è rappresentato dai possibili rischi derivanti dalla contestuale presenza di più attività lavorative interferenti tra di loro per la presenza, ad esempio, di altri prodotti chimici incompatibili ma anche per lavorazioni inconciliabili con le caratteristiche dei prodotti chimici utilizzati”.

 

Per quanto riguarda poi i contenuti della formazione “non si può dimenticare l’importanza di una corretta formazione/addestramento sulle situazioni di emergenza che si possono verificare e, soprattutto, sulle diverse modalità d’intervento”.

Anche in questo caso si sottolinea che “non possono essere sufficienti informazioni generiche sul piano di emergenza, ma devono essere individuate le situazioni e gli scenari possibili e, sempre sulla base di quanto previsto in ambito di valutazione del rischio, devono essere forniti ai lavoratori gli strumenti ambientali (es. attrezzature), procedurali (sequenze operative), individuali (DPI mirati e specifici) necessari per affrontare gli eventi indesiderati. Utili, a tal proposito, risultano essere le periodiche esercitazioni sul campo, ma anche l’esame di casi specifici (incidenti, infortuni, avvenuti e mancati)”, ad esempio con riferimento alle storie di infortunio pubblicate dalle Aziende sanitarie di alcune Regioni.

 

Segnaliamo, in conclusione, che il contributo riporta ulteriori dettagli e si sofferma anche sulle modalità formative e sulla formazione specifica relativa all’abilitazione alle operazioni con gas tossici e all’acquisto e uso dei prodotti fitosanitari.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

CIIP, “ EBook Rischio Chimico e cancerogeno”, a cura di Lalla Bodini, Susanna Cantoni, Enrico Cigada e Carlo Sala (formato PDF, 6.2 MB). 

 

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