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La libertà e la ragionevolezza nella formazione
Milano, 3 Apr - Sempre più spesso leggo commenti un poco oscurantisti che cercano di frenare in modo inappropriato l'inevitabile sviluppo della formazione on line, e-learning e Fad con argomenti burocratici che manifestano una sostanziale indifferenza per i principi di libertà previsti dalla Costituzione, per il criterio di ragionevolezza e per la produttività aziendale (che in Italia è molto bassa), in nome della difesa di una formazione in aula costosa e spesso non sufficientemente qualificata.
La «sfera generale di libertà» dei «singoli» e delle «comunità amministrate», è tutelata dall’articolo 23 Costituzione laddove prevede che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge». Quindi è vietato imporre modalità di erogazione della formazione costose e patrimonialmente rilevanti se questo non è previsto dalla legge.
Secondo la Corte Costituzionale, 115/2011, l’imposizione di obblighi di non fare (divieti) «rientra ugualmente nel concetto di ‘prestazione’», poiché risulta «anch’essa restrittiva della libertà dei cittadini». Quindi o i divieti sono espliciti, in quanto formulati dalla legge, o se manca la legge che vieta, il comportamento è automaticamente lecito e non esiste il divieto. Ciò che non è vietato dalla legge è dunque lecito e sempre consentito.
Inoltre la libertà imprenditoriale non può essere limitata se non in forza di legge. Secondo l'articolo 41 della Costituzione: “l'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità; sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Nell'ordinamento giuridico italiano, a partire dalla Costituzione, vige il principio secondo cui in ambito economico «è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge», segue l’indicazione che il legislatore statale o regionale può e deve mantenere forme di regolazione dell’attività economica volte a garantire, tra l’altro – oltre che il rispetto degli obblighi internazionali e comunitari e la piena osservanza dei principi costituzionali legati alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e della finanza pubblica – in particolare la tutela della sicurezza, della libertà, della dignità umana, a presidio dell’utilità sociale di ogni attività economica, come l’art. 41 Cost. richiede (Corte Costituzionale, sentenza n. 200 del 2012).
La possibilità della formazione a distanza degli operatori di sicurezza è affatto stata introdotta per la prima volta in Italia con l’ Accordo sulla formazione dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione (RSPP) e degli addetti a tali servizi (ASPP), raggiunto nella seduta del 26/1/2006 della Conferenza Stato Regioni.
È vero esattamente il contrario: prima di quel momento si poteva fare per ogni attività formativa FAD, e solo da quel momento per la prima volta si è posto un limite prima inesistente per la FAD, regolamentandola in modo restrittivo, e ammettendola, per quel che riguarda il solo ambito dei corsi Rspp e Aspp, per i soli corsi di aggiornamento, avendo stabilito che gli stessi potessero essere svolti anche con modalità di formazione a distanza pur non avendo indicato però delle precise condizioni alle quali tali corsi di aggiornamento si sarebbero dovuti attenere.
Non è vero che la formazione con la modalità e-learning è stata in realtà introdotta ufficialmente e regolamentata solo nel 2011 e precisamente nell’ambito degli Accordi della Conferenza Stato-Regioni del 21/12/2011 relativi alla formazione dei datori di lavoro che hanno optato per lo svolgimento diretto dei compiti del servizio di prevenzione e protezione e dei lavoratori, dirigenti e preposti. E’ vero il contrario. Prima di tale accordo l’e-learning era, per tali soggetti, liberamente somministrabile, solo dopo tali accordi - con l’Allegato I di tali Accordi - infatti sono state individuate condizioni limitative alla presenza delle quali è stata subordinata la validità della modalità di formazione e-learning, che per di più è stata in ogni caso consentita dall’Accordo stesso solo per lo svolgimento di alcuni dei moduli di formazione e di aggiornamento.
Nella sentenza 115/2011 del 04/04/2011 - è evidente l’adesione della Corte Costituzionale alla concezione dottrinale secondo la quale il nostro ordinamento è improntato, dal punto di vista dei singoli, al principio di libertà e, dal punto di vista dell’amministrazione, al principio di legalità: secondo tale concezione, per gli individui «tutto ciò che non è espressamente vietato è (dalla legge) implicitamente permesso» (principio di libertà); invece, «per l’amministrazione vale il principio opposto: tutto ciò che non è (dalla legge) espressamente autorizzato è (dalla legge) implicitamente vietato» (principio di legalità).
Riccardo Guastini, nel libro “Le fonti del diritto”, individua due distinte condizioni di validità dell’atto amministrativo:
a) “per un verso, deve essere fondato su una norma (costitutiva) attributiva di potere;
b) per altro verso, deve essere conforme alle norme (regolative) che ne disciplinano la forma e il contenuto”.
Secondo G. Falcon, “Lezioni di diritto amministrativo” (Padova, 2009) «gli speciali poteri il cui esercizio si traduca in una limitazione delle libertà o in una restrizione del patrimonio dei destinatari debbono avere un fondamento legislativo».
Questo però vale solo per la pubblica amministrazione, ovvero che ciò che non è permesso è vietato, per i privati vale il principio opposto, quel che non è vietato è consentito.
In tal senso sono fondamentali gli articoli 23 e 41 della Costituzione sui principi di libertà che valgono per tutti i cittadini. Insomma senza i fondamentali del diritto si rischia di fornire pareri profondamente errati e fuorvianti.
E dire che la formazione dei formatori effettuata in modalità e-learning non è consentita è affermazione giuridicamente priva di ogni fondamento, posto che non esiste alcuna legge che la vieta, e ricavare da principi generali inesistenti un divieto imporrebbe oneri economici per fare la formazione in aula ingiustificati e immotivati, in termini legali.
Rolando Dubini, avvocato in Milano e consigliere nazionale Aias
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Rispondi Autore: Graziano Frigeri - likes: 0 | 03/04/2014 (06:36:26) |
Ringrazio Dubini per avere, con le argomentazioni proprie del giurista, affermato un principio che il sottoscritto ha sempre sostenuto come valido (non solo relativamente alla formazione), anche in confronti serrati con gli stessi Organi di Vigilanza, e nei corsi che tengo quando si affronta il tema: sono solito dire "ciò che è vietato non si può fare, ciò che è obbligatorio si deve fare, per tutto il resto....ci regoliamo secondo principi professionali, deontologici, di buone prassi e del buon senso". Il che, ovviamente, vale anche per la formazione e le modalità di organizzazione della stessa. Sulla qualità dei singoli corsi, siano essi FAD, online (in videoconferenza) o residenziali) si può poi aprire tutto un altro discorso. |
Rispondi Autore: Andrea Di Maio - likes: 0 | 03/04/2014 (09:14:57) |
Capisco, quindi, che oltre che per la formazione dei formatori, ancher per la formazione specifica dei lavoratori possa valere lo stesso principio... L'accordo stato regioni consente la formazione online per alcuni ambiti (formazione generale, formazione dirigenti, etc); dato che non specifica "solo" per questi ambiti e non vieta di farla per gli altri (ie: la formazione specifica), ciascuna azienda ha la libertà di organizzarla secondo principi professionali, deontologici, di buone prassi, del buon senso, ma ancora di più dell'efficacia! E' corretta questa mia interpretazione? |
Rispondi Autore: arturo luciani - likes: 0 | 03/04/2014 (12:24:16) |
per la formazione lavoratori sui rischi specifici in e-learning il richiamo negli accordi (21.12.11) è la possibilità (per le regioni) di attivare progetti sperimentali a livello regionale. A quanto ne so io oggi solo la Lombardia ha dato indicazioni precise in merito con la circolare 17 di agosto 2013 mentre in altre regioni non vi sono informazioni in tal senso. Per rispodnere alla domanda di Andrea quindi in Lombardia se si desiderano attivare progetti di formazione in e-learning sui rischi specifici è necessario seguire un iter ben preciso e presentare un progetto all'ASL che lo analizza e discute in un tavolo di coordinamento regionale. Non è così semplice... muoversi come da tua interpretazione mi parrebbe molto rischioso perché, come afferma Dubini, un conto è muoversi in assenza di regola ma quando la regola esiste è necessario rispettarla e in questo campo esiste. |
Rispondi Autore: Davide Cardin - likes: 0 | 03/04/2014 (13:15:00) |
Concordo con L'avvocato Dubini e con gli atri colleghi su alcune formazioni a distanza, ma da istruttore 118 quando vedo attestati di Pronto Soccorso (e non sono pochi) fatti mediante corsi in modalità e-learning e dichiarati ai sensi del DM 388 mi vengono i brividi !!! |
Rispondi Autore: Gerardo Porreca - likes: 0 | 04/04/2014 (08:46:04) |
Le giustissime considerazioni svolte da Rolando Dubini avvalorano un principio che lo scrivente ha da sempre espresso e cioè che in Italia “tutto ciò che non è vietato è consentito” ma nello stesso tempo rafforzano purtroppo la convinzione che se nel campo della formazione in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, dove regna una enorme confusione, non cominciamo proprio in applicazione del suddetto principio a fissare delle regole precise e che siano valide per tutti e non cominciamo a porre appunto dei divieti espressi non ci raccapezzeremo più con il rischio, per come stanno andando le cose, di andare incontro alla più completa anarchia peraltro senza controllo. Parlo alla nuora perché la suocera intenda. |
Rispondi Autore: Giuseppe Scalzo - likes: 0 | 06/04/2014 (17:12:12) |
Come sempre l’Avv Dubini ha argomentato in maniera eccellente il quesito se la formazione a distanza fosse o no vietata dalla normativa ed è stato anche estremamente chiaro. Diciamo allora che è fuori discussione porre ancora la questione. Quello che però è in discussione è altra cosa e cioè se la formazione a distanza cosi come viene fatta serve veramente o si traduce ad un passatempo nozionistico per rispondere ai quesiti per acquisire l’attestato. Io ne sono tanto convinto visto che ho effettuato il primo aggiornamento quinquennale di 60 ore (effettuate 68 ore) frequentando 12 corsi di interesse di varia durata in presenza e uno solo a distanza nel quale mi sono divertito a prendere un minimo di appunti per superare i quesiti posti. Le dico che francamente non ricordo nemmeno la faccia del conduttore del corso. Cordialmente |