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L'approfondimento

1. Informazione, formazione e addestramento
Ai sensi dell'art. 21 del D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 il datore di lavoro, il dirigente e il preposto (nell'ambito delle rispettive competenze) devono provvedere affinché ogni lavoratore riceva una adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;
f) i nominativi del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure d prevenzione incendi, lotta antincendio, gestione dell'emergenza e pronto soccorso di cui agli articoli 12 e 15 del D. Lgs. n. 626/94.

Ai sensi dell'art. 22 del D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 il datore di lavoro, il dirigente e il preposto devono provvedere affinché ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori a domicilio riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.

La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

Per quanto riguarda gli agenti chimici pericolosi, il datore di lavoro oltre a fornire ai lavoratori una informazione e una formazione generale circa i rischi lavorativi di cui all'art. 21 e 22 D. Lgs. n. 626/94, deve, ai sensi dell'art. 72-octies comma 1 D. Lgs. n. 626/94, garantire che i lavoratori o i loro rappresentanti per la sicurezza (si noti l'»o» disgiuntivo) dispongano di:

a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, quali l'identità degli agenti, i rischi per la sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal fornitore ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 [(Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose) - pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 11 marzo 1997, n. 58] e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche [Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose - pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 11 marzo 1997, n. 58].

In particolare le informazioni devono essere fornite ai destinatari con modalità adeguate al livello di rischio presente e costantemente aggiornate:
''a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di cui all'articolo 72-quater. Tali informazioni possono essere costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramento individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze'' (art. 72-octies comma 1 D. Lgs. n. 626/94)

Per il corretto adempimento degli obblighi previsti dalla legge, appare utile fornire ai lavoratori, per le situazioni ove è presente una natura e un grado di rischio tale da richiedere informazioni scritte (necessarie per evitare comportamenti inadeguati dei soggetti sottoposti al rischio medesimo) , fornire informazioni scritte in merito all'esistenza di valori-limite di concentrazione (ad esempio per il piombo, per il quale esistono livelli ufficiali recepiti nell'allegato VIII-ter del D. Lgs. n. 626/94) nell'aria e nel sangue dell'interessato, sui controlli ambientali, clinici e biologici predisposti e relativamente alle modalità per il corretto uso degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di protezione.

L'informazione deve essere fornita con periodicità adeguata alla variazione del livello di rischio e alla finalità di mantenere il lavoratore costantemente attento e consapevole dei corretti comportamenti preventivi.

2. Modalità di adempimento dell'obbligo di informazione e formazione
Gli strumenti attraverso i quali può essere fornita l'informazione ai lavoratori sono i più vari: depliant, video, assemblee generali, volantini, incontri di piccolo gruppo, lezioni in aula; avvisi in bacheca, assemblee di reparto ecc. Deve altresì essere predisposto un programma delle attività di informazione ed modalità "dedicate" per i nuovi assunti (cfr. Linee guida per il Monitoraggio e il controllo sull'applicazione del D. Lgs. - Linee guida regionali, giugno 1997).

La giurisprudenza di legittimità afferma da tempo il principio secondo il quale è del tutto inutile, ai fini dell'adempimento dell'obbligo di una adeguata informazione dei lavoratori [nel senso di rendere edotti i lavoratori dei rischi ai quali sono sottoposti nello svolgimento della loro attività, art. 4 D.P.R. n. 547/1955), ''mettere tra le mani degli operai un "manuale con le istruzioni", che gli operai, per nulla educati e stimolati, hanno distrattamente sfogliato''.

Il datore di lavoro, invece, deve «avere la cultura, la "forma mentis" del garante di un bene prezioso qual'è certamente l'integrità del lavoratore» («cultura imposta, richiesta dalla Carta Costituzionale», all'art. 32), e deve quindi «accuratamente illustrare agli operai i pericoli cui vanno incontro», deve «pretendere che la superficialità venga bandita», deve «educare e costringere i lavoratori a tenere a portata di mano» i dispositivi di protezione individuale, deve «insegnare e ribadire» natura, rischi e condizioni delle operazioni lavorative da eseguire, affinché i lavoratori si pongano, opportunamente muniti dei necessari mezzi personali di protezione, «nelle condizioni di non nuocere a se stessi».

Il datore di lavoro ha «il dovere di educare il lavoratore a far uso degli strumenti di protezione e il distinto dovere di controllare assiduamente, a costo di essere pedanti, che il lavoratore abbia appreso la lezione e abbia imparato a seguirla» [Cass. pen. sez. IV, 3 giugno 1995, n. 6486, Grassi, Cass. pen. 1996,1957 (s.m.), in motivazione].
Inoltre lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, «se é necessario nei confronti dei dipendenti dell'impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note» [Cassazione penale sez. IV, 3 marzo 1995, n. 6486, Grassi, in Cass. pen. 1996,1957 (s.m.)].

Obblighi, come si vede, assai precisi e definiti, che richiedono una chiara consapevolezza della loro importanza, e della necessità di organizzare adeguatamente la formazione e l'informazione dei lavoratori
Perciò non adempie all'obbligo di cui all'art. 4 lett. b) d.P.R. 19 marzo 1956 n. 303, di rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e dei modi di prevenire i danni derivati dai rischi stessi, «il datore di lavoro che si limiti alla pur necessaria affissione di estratti delle norme di igiene del lavoro e alla applicazione, sugli impianti, di generici simboli di pericolo. L'obbligo di informazione, avendo ad oggetto la specificità dei rischi e i modi concreti di prevenire i conseguenti danni, deve essere attuato specificamente mediante: l'indicazione dettagliata delle sostanze chimiche contenute nei singoli impianti; l'indicazione dei pericoli per la salute derivanti distintamente da inalazione, contatto o ingestione delle sostanze stesse; l'informazione sui rimedi per fronteggiare l'intossicazione; le istruzioni in ordine ai tempi e ai modi di utilizzo dei diversi mezzi personali di protezione messi a disposizione dei lavoratori» [Pretura Brescia 12 ottobre 1983, Guerini, in Riv. giur. lav. 1984, IV,138].

Dunque l'obbligo di informazione è assai preciso e definito, e richiede una chiara consapevolezza della sua importanza, e della necessità di organizzarla adeguatamente.

Peraltro l'ignoranza da parte del datore di lavoro dei rischi ambientali o dei modi di prevenire i relativi danni ''non vale a giustificare l'inadempimento agli obblighi di prevenzione e informazione, giacché dall'art. 2087 c.c. si desume per l'imprenditore l'obbligo strumentale di acquisire le necessarie cognizioni tecniche e di aggiornarsi sugli sviluppi delle conoscenze circa gli aspetti rischiosi del lavoro e circa le misure di sicurezza da adottare'' [Pretura Torino 14 luglio 1983, Gamalero e altro, in Riv. giur. lav. 1984, IV,178].

Da notare che il Decreto Ministeriale del 4 aprile 1997, recante l'Attuazione dell'art. 25, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose, relativamente alla scheda informativa in materia di sicurezza, prevede che la scheda di sicurezza, tra le altre informazioni, deve «indicare qualsiasi altra informazione che potrebbe essere rilevante per la sicurezza e la salute e per la protezione dell'ambiente, ad esempio:
- indicazioni sull'addestramento;
- raccomandazioni per l'uso ed eventuali restrizioni;
- ulteriori informazioni (riferimenti scritti e/o centri di contatto tecnico) (...).
Tali indicazioni si conformano al principio generale di cui all'art. 3 comma 1 lett. i che impone l'»utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro».

A cura di Rolando Dubini - Avvocato in Milano.

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La seconda parte dell'articolo sara' pubblicata il 31 luglio 2002.
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