Formazione: le risposte di un parere pro veritate sui crediti formativi
Roma, 24 Giu – Sono tanti i quesiti e i dubbi che riguardano il mondo della formazione su salute e sicurezza sul lavoro e la possibilità, in talune circostanze, che possano essere sufficienti delle integrazioni di precedenti percorsi formativi.
Ove una azienda rientrante nei settori qualificati a rischio “alto” o “medio” ai fini e per gli effetti di cui all’Allegato II all’ Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 per la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro di lavoratori, dirigenti e preposti debba procedere ad assumere personale proveniente da Aziende a rischio “basso” o “medio”, potrà considerare esistente un credito formativo in capo a tale personale e provvedere unicamente all’integrazione dei percorsi formativi (dei quali si abbia evidenza documentale) già svolti?
In caso di risposta positiva a questo primo quesito sarebbe possibile una sola integrazione della parte di formazione “specifica” di cui all’articolo 37, comma 1, lettera b), e, in tal caso, in base a quali criteri?
E nel caso che entrambi i quesiti abbiano una risposta positiva, il termine per l’aggiornamento del percorso formativo del personale di nuova assunzione da quando andrà fatto decorrere?
In assenza, da ormai diverso tempo, delle risposte della Commissione Interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del D.Lgs. 81/2008, per avere utili suggerimenti su come muoversi conformemente a quanto richiesto dalla normativa è stato richiesto un “Parere pro veritate” all’avvocato Lorenzo Fantini nella sua qualità di consulente con competenze giuridiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L’articolo di presentazione del Parere pro veritate si sofferma sui seguenti argomenti:
- Analisi della normativa: la formazione generale e la formazione specifica
- Analisi della normativa: le norme speciali e la formazione specialistica
- Analisi della normativa: l’addestramento e i crediti formativi
- Formazione e crediti formativi: le risposte dell’avvocato Fantini ai quesiti
Analisi della normativa: la formazione generale e la formazione specifica
Per fornire una risposta puntuale ai quesiti posti, l’avvocato Fantini ha operato una “Analisi della vigente disciplina in materia di formazione e salute e sicurezza sul lavoro” di cui noi riprendiamo alcune parti.
Si ricorda che, con riferimento al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 - e successive modifiche e integrazioni - la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro “è significativamente qualificata nella vigente normativa italiana come: ‘processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi’ (articolo 2, comma 1, lett. aa), d.lgs. n. 81/2008). Tale definizione evidenzia come lo scopo della formazione sia il mutamento di comportamento dei discenti, in modo che i destinatari acquisiscano competenze cognitive (consistenti in ‘conoscenze e procedure’) e comportamentali che consentano loro di lavorare “in sicurezza”.
E La formazione dei lavoratori (ma anche di altri soggetti del sistema di prevenzione aziendale) trova la sua peculiare disciplina all’articolo 37 del d.lgs. n. 81/2008.
In particolare “la formazione dei lavoratori (articolo 37, comma 1, d.lgs. n. 81/2008) deve essere ‘sufficiente ed adeguata’ e si distingue in due tipologie, vale a dire:
- Formazione generale (articolo 37, comma 1, lettera a, d.lgs. n. 81/2008), riferita ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
- Formazione specifica (articolo 37, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 81/2008) avuto riguardo ai rischi riferiti alle mansioni, ai possibili danni, alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”.
La formazione dei lavoratori “deve dunque riguardare nozioni generali e nozioni specifiche, queste ultime relative ai fattori di rischio connessi alle attività in concreto svolte dal singolo; in tal senso è necessaria una formazione differenziata in relazione ai destinatari e alle diverse mansioni cui gli stessi sono adibiti. Infatti, l’attività formativa è indirizzata a ‘ciascun lavoratore’ (in tal senso espressamente l’articolo 37, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008)”.
L’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2008 – continua il Parere – “dispone, quindi, che i contenuti dell’attività formativa nei riguardi dei lavoratori sono individuati da un Accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, adottato in data 21 dicembre 2011. Il punto 4 di tale Accordo identifica nel dettaglio i contenuti necessari della formazione dei lavoratori, per quanto per mezzo di una elencazione di rischi lavorativi necessariamente esemplificativa, in quanto i fattori di rischio di riferimento – i quali debbono essere oggetto di trattazione nell’ambito della formazione “specifica” di cui all’articolo 37, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 81/2008 – debbono essere desunti dalla valutazione dei rischi”.
E questa circostanza è stata anche sottolineata nella risposta all’ Interpello n. 11 del 24 ottobre 2013, in cui “è dato leggere quanto segue: ‘Alla luce delle vigenti disposizioni normative ed in particolare sulla base di quanto indicato negli accordi Stato-Regioni (….), la formazione - che deve essere ‘sufficiente ed adeguata’ - va riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi’. Analoga argomentazione è, altresì, rinvenibile nell’ interpello n. 4 del 24 giugno 2015, allegato n. 2, ove si rimarca che: ‘i contenuti e la durata della formazione specifica, così come indicati nel sopra citato Accordo Stato-Regioni n. 221 del 21 dicembre 2011 e come ribadito nell’Accordo Stato-Regioni n. 153 del 25 luglio 2012, costituiscono un percorso minimo che il datore di lavoro dovrà valutare se sufficiente o da integrare tenendo conto sia di nuove normative che di quanto emerso dalla valutazione dei rischi”.
Gli interpelli citati “evidenziano entrambi come la disciplina di riferimento debba essere interpretata tenendo conto della finalità prevenzionistica della formazione, che impone una lettura delle disposizioni di riferimento coerente con quanto sin qui esposto. E, infatti, il numero di ore minimo della formazione ‘sufficiente ed adeguata’ per i lavoratori è stato identificato dall’Accordo del 21 dicembre 2011 all’Allegato II in modo diversificato in base al codice ATECO di appartenenza dell’azienda, quale ‘primo elemento’ per valutare la ‘sufficienza e adeguatezza’ della formazione dei lavoratori. In particolare – fermo restando che la formazione ‘generale’ ha durata di 4 ore per ogni azienda (in tal caso non rileva il codice ATECO di appartenenza) – la formazione “specifica” ha durata minima di 4 ore per le aziende che siano da classificare a rischio “basso”, 8 per le aziende a rischio “medio” e 12 per le aziende a rischio “alto”. Ne deriva che il numero legalmente ritenuto minimo di ore di formazione per i lavoratori sarà di 8 ore per le aziende a rischio basso, 12 per le aziende a rischio medio e 16 per le aziende a rischio elevato. L’Accordo individua anche i contenuti dei corsi di formazione, pur sempre facendo salva la discrezionalità dell’azienda rispetto alla parte dei corsi riferita ai ‘rischi specifici’ presenti nei luoghi di lavoro di riferimento”.
Analisi della normativa: le norme speciali e la formazione specialistica
Il Parere pro veritate si sofferma poi sul quadro regolatorio di riferimento che va individuato anche attraverso la lettura combinata dell’Accordo citato con l’Accordo contenente disposizioni integrative e correttive rispetto a quello del 21 dicembre 2011, approvato in data 25 luglio 2012. E il Parere ricorda anche l’Accordo del 22 febbraio 2012 per l’uso di determinate attrezzature di lavoro e altre specifiche discipline di riferimento che riguardano particolari attività formative obbligatorie.
In particolare si indica che la “non semplice problematica della relazione intercorrente tra la formazione dei lavoratori ‘sufficiente ed adeguata’ ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 37, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 e la formazione egualmente obbligatoria ed ‘aggiuntiva’ rispetto ad essa è affrontata nell’ambito dell’ Accordo del 25 luglio 2012, nel quale è dato leggere quanto segue: ‘Il terzo periodo della “Premessa” dell’accordo ex articolo 37 del d.lgs. n. 81/2008 puntualizza che la formazione in parola: ‘è distinta da quella prevista dai Titoli successivi al I del d.lgs. n. 81/08 o da altre norme, relative a mansioni o attrezzature particolari”. Tali disposizioni, oltre a prevedere una formazione integrativa in merito a rischi specifici, individuano in modo dettagliato percorsi formativi con molteplici contenuti, diretti a esigenze ben definite e particolari di tutela di soggetti che svolgano determinate attività e che, pertanto, richiedono corsi ad hoc’. Dunque, alla formazione ‘generale’ e a quella ‘specifica’ – entrambe previste dall’articolo 37, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 – si deve in taluni casi aggiungere (sempre a cura e spese del datore di lavoro, soggetto obbligato in tal senso) una formazione ‘specialistica’, in quanto necessaria in relazione a fattori di rischio, legati alle particolari modalità di svolgimento del lavoro svolto, presi espressamente ed autonomamente in considerazione nell’ordinamento giuridico italiano”.
Nel Parere, che vi invitiamo a leggere integralmente, sono poi riportate, sempre con riferimento al contenuto dell’Accordo del 25 luglio 2012 quelle che sono da considerarsi norme speciali (ad esempio la formazione connessa all’ Accordo del 22 febbraio 2012) e viceversa, non si ritiene che costituiscano norme speciali “disposizioni quali, sempre solo a titolo esemplificativo, quelle di cui all’articolo 169, comma 1, lettera b), in materia di movimentazione manuale dei carichi, o di cui all’articolo 177, comma 1, lettera b), in materia di attrezzature munite di videoterminali, nelle quali si parli, come negli esempi citati, di ‘formazione adeguata’ o si usino formule simili, senza che la normativa individui in modo puntuale e peculiare le caratteristiche (in termini di durata, contenuti ect.) dei corsi stessi. In simili situazioni, la formazione relativa ai rischi di specifico riferimento (negli esempi appena riportati, i rischi relativi alla movimentazione manuale dei carichi e quelli derivanti dall’uso di attrezzature munite di videoterminali) va effettuata in applicazione delle disposizioni di cui all’accordo ex articolo 37 del d.lgs. n. 81/2008, nella parte denominata ‘Formazione specifica’. Agli esempi riportati va aggiunta la formazione obbligatoria per i lavoratori che siano incaricati dal datore di lavoro di utilizzare “attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’articolo 71, comma 7’ (articolo 73, comma 4, d.lgs. n. 81/2008) i quali sono destinatari di ‘formazione, informazione ed addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone’ (in questi termini espressamente l’articolo 73, comma 4, appena citato)”.
Analisi della normativa: l’addestramento e i crediti formativi
Il Parere segnala poi, “la puntualizzazione – sempre contenuta nell’Accordo del 25 luglio 2012 – per cui: ‘Resta inteso che la formazione in parola non comprende comunque l’addestramento, a maggior ragione ove esso sia necessario in relazione a specifiche fattispecie di rischio individuate nei Titoli diversi dal Titolo I del d.lgs. n. 81/2008, come accade, ad esempio, in relazione alle disposizioni di cui all’articolo 77, comma 5, del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro in ordine ai Dispositivi di Protezione Individuale di terza categoria, ai sensi del d.lgs. n. 475/1992”.
E in tal modo “viene chiarito (in modo coerente con quanto costantemente argomentato dalla giurisprudenza) come l’addestramento è obbligo ulteriore rispetto alla formazione e come esso vada adempiuto “oltre” l’adempimento formativo, non potendosi in esso esaurirsi. Del resto, val la pena ricordare come già l’Accordo 21 dicembre 2011 avesse sottolineato, al riguardo, come: “Qualora il lavoratore svolga operazioni e utilizzi attrezzature per cui il D.Lgs. n. 81/08 preveda percorsi formativi ulteriori, specifici e mirati, questi andranno ad integrare la formazione oggetto del presente accordo, così come l’addestramento di cui al comma 5 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08”. Tale puntualizzazione appare necessaria avuto riguardo alla autonoma definizione (alla quale si connette, non a caso, una autonoma peculiare regolamentazione) dell’”addestramento”, definito all’articolo 2, comma 1, lettera cc), del d.lgs. n. 81/2008 come: “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro”.
L’avvocato Fantini segnala, infine, la previsione contenuta all’articolo 37, comma 14-bis, del d.lgs. n. 81/2008 - nel testo introdotto dall’articolo 32 del decreto-legge 21/06/2013, n. 69 - che “si riporta di seguito: ‘In tutti i casi di formazione ed aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell’aggiornamento corrispondenti erogati’, mentre il secondo comma della norma in parola rinvia alla Conferenza Stato-Regioni la individuazione delle ‘modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l’avvenuta formazione’; disposizione che, peraltro, ha trovato la sua specifica attuazione per mezzo dell’ Accordo 7 luglio 2016 per la formazione dei responsabili e degli addetti al servizio di prevenzione e protezione, che reca un Allegato III specificamente dedicato al riconoscimento – totale o parziale, a seconda dei casi – di crediti formativi per attività già svolte, confermando in tal modo la volontà legislativa di evitare l’inutile (anche dal punto di vista prevenzionistico) ripetizione di percorsi formativi già erogati”.
Per tutti questi motivi – sottolinea il Parere – è da ritenersi possibile che esistano, in materia di formazione obbligatoria alla salute e sicurezza sul lavoro, crediti formativi acquisiti, in relazione ai quali si possa procedere all’integrazione della formazione senza necessità della loro ripetizione.
A favore di tale conclusione, oltre agli elementi sin qui riportati, si considerino, altresì, le seguenti fonti:
- L’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 7 luglio 2016, al punto 12.2., dispone quanto segue: “Un datore di lavoro, la cui attività risulti inserita nei macrosettori Ateco a rischio medio/alto, secondo quanto individuato nella tabella di cui all’allegato II dell’accordo del 21 dicembre 2011 (ex artt. 34 d.lgs. n. 81/2008), può partecipare al modulo di formazione per datore di lavoro che svolge i compiti del servizio di prevenzione e protezione relativo al livello di rischio basso, se tutti i lavoratori svolgono esclusivamente attività appartenenti ad un livello di rischio basso; se tale condizione viene successivamente meno, il datore di lavoro è tenuto ad integrare la propria formazione, in numero di ore e contenuti, avuto riguardo alle mutate condizioni di rischio dell’attività dei propri lavoratori. Analogamente, un datore di lavoro, la cui attività risulta inserita nella tabella di cui all’allegato II dell’accordo del 21 dicembre 2011 (ex artt. 34 d.lgs. n. 81/2008) nei settori di attività a rischio basso, deve partecipare o integrare la formazione per datore di lavoro, che svolga i compiti del servizio di prevenzione e protezione relativo al livello di rischio medio o alto, se ha al suo interno lavoratori che svolgono attività appartenenti ad un livello di rischio medio o alto”.
- L’interpello n. 4/2015, citato “puntualizza quanto segue: ‘qualora i compiti affidati ad un lavoratore lo espongano di fatto a rischi diversi ed ulteriori rispetto a quelli che siano già stati oggetto di valutazione e di conseguente formazione, saranno necessarie sia una nuova valutazione dei rischi che una correlata formazione integrativa’”.
Formazione e crediti formativi: le risposte dell’avvocato Fantini ai quesiti
Veniamo alle conclusioni del Parere pro veritate dell’avvocato Lorenzo Fantini.
In risposta al primo quesito si indica “ove una Azienda debba procedere ad assumere personale proveniente da altra Azienda – sempre che disponga delle evidenze documentali relative all’adempimento presso l’impresa di provenienza degli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro – potrà valutare l’esistenza di crediti formativi acquisiti, in tutto o in parte. Dunque, per i lavoratori dei quali si abbia evidenza documentale relativa all’avvenuto svolgimento del percorso formativo di cui all’articolo 37, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008, non occorrerà ripetere il relativo percorso formativo (al momento regolato, anche quanto a numero minimo di ore, dall’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011)”.
Inoltre – il secondo quesito – è possibile una sola integrazione della parte di formazione “specifica” e, in tal caso, in base a quali criteri?
La risposta del Parere indica che “l’integrazione dei percorsi formativi ‘specifici’ già svolti dal lavoratore (e ancora in corso di validità per non essere ancora scaduti) andrà definita avendo a riferimento le mansioni di assegnazione presso l’Azienda di destinazione, in base alla valutazione dei rischi. Pertanto, qualora nell’ambito delle attività formative svolte presso l’Azienda di provenienza siano stati trattati, in tutto o in parte, argomenti corrispondenti ai rischi analizzati e valutati presso l’Azienda di destinazione si potrà procedere alla sola integrazione dei percorsi formativi già svolti e documentati.
In tal caso dovrà essere cura (e responsabilità) dell’Azienda di destinazione elaborare ed attuare un percorso formativo che dia evidenza della trattazione dei fattori di rischio non considerati o non adeguatamente considerati nell’ambito della formazione “specifica” pregressa. In tale contesto, lo scrivente consiglia comunque di integrare il percorso formativo per un numero di ore complessivamente congruo al completamento della trattazione dei rischi della formazione “specifica” (di cui all’articolo 37, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 81/2008), avuto riguardo alla disciplina (nel corpo del parere già descritta) che impone un numero minimo di ore di formazione specifica di 4 ore per le aziende a rischio “basso”, di 8 per aziende a rischio “medio” e di 12 per aziende a rischio “elevato”. Tale integrazione, adeguatamente documentata (come da Accordo in Conferenza Stato-Regioni 21 dicembre 2011, ad esempio quanto a possesso dei requisiti di cui al decreto interministeriale 6 marzo 2013 in capo al docente, tenuta dei registri di presenza, attestato di riferimento e quant’altro ivi previsto) permetterà, in tal modo, di ritenere soddisfatte tutte le previsioni vigenti in materia.
Infine, il termine per l’aggiornamento del percorso formativo del personale di nuova assunzione da quando andrà fatto decorrere?
L’avvocato Fantini, “avuto riguardo alla circostanza che il percorso formativo di riferimento sarà stato debitamente integrato, per ragioni logiche e in assenza di una previsione di riferimento per il caso di specie nell’ambito dell’Accordo del 21 dicembre 2011 per la formazione di lavoratori, dirigenti e preposti, reputa che il quinquennio per l’aggiornamento della formazione decorra a far data dal completamento del percorso formativo ‘integrativo’ del lavoratore, vale a dire dal giorno nel quale il lavoratore ha completato tale percorso”.
Va, infine, puntualizzato – si conclude il Parere pro veritate - che “il percorso formativo di riferimento andrà ulteriormente integrato qualora le mansioni del lavoratore lo espongano a un rischio per il quale l’ordinamento giuridico prevede un altro percorso di formazione (ad esempio, qualora il lavoratore sia operatore di una attrezzatura di cui all’Accordo 22 febbraio 2012) o una attività di addestramento, fattispecie differente dalla formazione e che, quindi, si aggiunge ad essa, integrandola”.
Tiziano Menduto
NB: Ricordiamo che quanto indicato nell’articolo fa esclusivo riferimento ad un parere, ad un'opinione espressa in merito a una determinata questione attraverso un percorso logico argomentativo in cui vengono esaminati i dati normativi atti a giustificare la soluzione proposta.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Parere pro veritate del 13 aprile 2022 su formazione e crediti formativi – avvocato Lorenzo Fantini.
Scarica la normativa di riferimento:
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Rispondi Autore: Gian Piero Marabelli - likes: 0 | 24/06/2022 (08:30:17) |
Sono d'accordissimo con l'avvocato Fantini nelle conclusioni relative: abbiamo sempre consigliato le aziende di verificare, quando ci sono le "evidenze" della formazione, la possibilità di integrare i percorsi formativi e personalmente mi è capitato più volte ad esempio di "integrare" la formazione tra "medio" rischio e "alto" rischio, con la specifica degli argomenti trattati in più. Ma anche se si tratta del passaggio tra due di aziende ad alto rischio, andrebbe considerata l'integrazione adeguata dei percorsi formativi: pensiamo al passaggio tra una passaggio da una metalmeccanica "artigiana" ad una "acciaieria", per non dire passaggi più radicali. Oppure potremmo fare la domanda al contrario, sulla quale potrebbe essere utile riflettere di più: e cioè se il dipendente possiede un'attestato ad "alto rischio" e passa ad un azienda a "basso" rischio, possiamo tenere l'attestato ad alto rischio oppure dobbiamo "integrare" alcuni /?) argomenti. La mia risposta è sicuramente no, però ho notato da parte delle aziende una prassi contraria e cioè: anche se la persona possiede attestati coerenti con il livello di rischio, si tende a far ripetere l'intero percorso, (accade specie nelle grandi aziende). Vorrei poi fare una domanda ostativa al dettato chiaro della norma sull'addestramento: perchè mai, l'addestramento su una macchina, attrezzatura, impianto, non dovrebbe essere considerato "parte" della formazione specifica? Se la formazione specifica, dev'essere coerente con le mansioni esercitate, l'addestramento deve essere "parte" della formazione specifica. Oltretutto adesso con la modifica al comma 5 dell'art. 37 dev'essere "registrato", "tracciato", quindi ci sarebbero tutti gli elementi per considerarla una formazione "sul campo", come si dice. Quante volte siamo andati nei reparti durante la "specifica" con i preposti che illustravano il funzionamento di "alcune" macchine. Comunque speriamo che un 30 giugno di qualsiasi anno, esca la famosa "emendatio" degli accordi di formazione, durata, contenuti minimi, efficacia...Aspettiamo fiduciosi |
Rispondi Autore: Davide Dalla Pria - likes: 0 | 24/06/2022 (12:02:38) |
Buongiorno, sarebbe interessante capire se il descritto percorso di integrazione della formazione possa essere applicabile anche alla formazione antincendio, ad esempio per un addetto che debba passare da rischio medio ad elevato. |