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Datore di lavoro e formazione: aggiungere carta o a fare la differenza?

Come più volte ricordato nei nostri articoli, al di là degli aspetti positivi o negativi, delle promesse mantenute o mancate, l’ Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 17 aprile 2025, in materia di formazione, ha riaperto un dibattito interessante sulla qualità della formazione che, con il nuovo accordo, si erogherà ai datori di lavoro.
Ne abbiamo parlato in un precedente contributo di Graziella Silipo, dal titolo “ Riflessioni sulla formazione in materia di SSL per i datori di lavoro” e torniamo a parlarne oggi con un interessante contributo di Renata Borgato, formatrice e docente, dal titolo “La formazione del Datore di Lavoro: aggiungere carta o provare a fare la differenza?”.
La formazione del Datore di Lavoro: aggiungere carta o provare a fare la differenza?
Certamente non è la formazione lo strumento più incisivo per fermare quello che, con lucida crudezza, il magistrato Bruno Giordano e il giornalista Marco Patucchi definiscono nel loro libro “operaicidio”. Né si può individuare un solo intervento (politico, legislativo, sociale, di controllo…) che possa da solo raggiungere tale obiettivo.
Occorre, infatti, agire su un sistema complesso, reticolare, fatto di nodi e delle linee che li connettono. Non tutti i nodi sono connessi a tutti gli altri in forma indiscriminata, alcuni hanno un’importanza strategica maggiore o più connessioni, ma il funzionamento di ciascuno determina quello complessivo del sistema, proprio come avviene in un orologio che compie la sua funzione solo se tutti gli ingranaggi fanno correttamente il proprio lavoro.
La formazione è uno dei nodi e in questa logica assume un’importanza determinante.
Per contribuire per quanto di competenza al funzionamento del sistema, la formazione può agire sulle conoscenze, sulle capacità e sulle attitudini delle persone con stretta connessione alla situazione di contesto in cui viene erogata. Il suo obiettivo è quello di far acquisire un mindset adattivo in grado di effettuare scelte in situazioni in continua evoluzione come quella attuale.
Deve, insomma, insegnare a pensare, ad acquisire una percezione adeguata del “qui e ora” e a leggere le probabilità di evoluzione degli eventi in atto.
È in base a questo obiettivo, aspecifico e al contempo da ancorare alla situazione lavorativa specifica, che si può predisporre una programmazione mirata.
Le prescrizioni dell’ Accordo Stato Regioni del 17 aprile 2025 sembrano essere inadeguate sia per quanto riguarda l’individuazione dell’obiettivo, che per quanto riguarda l’individuazione degli argomenti da presentare.
L’obiettivo dichiarato delle disposizioni contenute nell’Accordo è quello di: “fornire ai discenti competenze organizzative, gestionali e giuridiche per gestire il processo della salute e sicurezza sul posto di lavoro nell’ottica del superamento di una visione formale della materia a favore di una visione sostanziale orientata alla prevenzione e alla protezione della salute dei lavoratori, anche alla luce della continua evoluzione del mondo del lavoro”.
Si tratta di un obiettivo con almeno due aspetti di debolezza: uno generale e uno espressamente riferito all’azione didattica.
La considerazione generale consiste nel fatto che un obiettivo così definito sembra partire dal presupposto che, a quasi vent’anni dall’emissione del d.Lgvo 81/08, i Datori di Lavoro (DL) che non hanno assunto il ruolo di RSPP possano non avere gli strumenti indispensabili per ottemperare agli obblighi cogenti posti in capo a tutti i DL dall’art. 18 di tale decreto nonché da ben precedenti specifiche obbligazioni (cfr. codice civile).
Di per sé formulare tale obiettivo costituisce l’esplicita ammissione del cattivo funzionamento dei controlli sull’applicazione delle norme (e soprattutto dovrebbe spingere a interrogarsi sulle cause di tale inefficacia e sui possibili rimedi da porre a tali carenze).
Per quanto si riferisce alla didattica possiamo dire che manca ogni segmentazione dell’utenza e che, in tal modo, si scardina la possibilità di basare la progettazione sull’attività chiave di ogni progettazione: la rilevazione dei bisogni. È ovvio che il DL in una multinazionale difficilmente necessita dello stesso programma del DL di una piccola impresa di pitturazioni.
All’obiettivo generale, segue l’elenco dei sotto obiettivi:
- far acquisire le conoscenze e le competenze per esercitare il ruolo di datore di lavoro;
- far conoscere gli obblighi e le responsabilità penali, civili ed amministrative posti in capo al datore di lavoro e alle altre figure della prevenzione aziendale;
- illustrare il sistema istituzionale della prevenzione e il ruolo degli organi di vigilanza;
- far acquisire competenze utili per l’organizzazione e la gestione del sistema di prevenzione e protezione aziendale;
- illustrare gli strumenti di comunicazione più idonei al proprio contesto per un’efficace interazione e relazione.
Tutti questi argomenti dovrebbero essere presentati con 16 ore di attività didattica articolata in due moduli, quello giuridico normativo e quello relativo all’organizzazione e gestione della SSL.
A questo punto ci troviamo di fronte a due ordini di problemi, il primo è quello legato alla già citata mancanza di segmentazione dell’utenza che rende impossibile stabilire il livello di dettaglio della trattazione.
Il secondo deriva dal gran numero e dallo spessore dei contenuti indicati in relazione al numero di ore assegnato, 16. Ne discente che, se si vogliono effettivamente trattare tutti i temi, si è quasi inevitabilmente costretti a ricorrere a modalità trasmissive e a ridurre drasticamente i momenti di rielaborazione e di coinvolgimento, le attività di gruppo, le discussioni, l’esame di casi e le simulazioni, modalità didattiche peraltro espressamente indicate dall’Accordo. Siamo di fronte a un vero e proprio “Imbuto di Norimberga”.
Dato che non è realistico imporre ai DL corsi con una durata oraria superiore, se si vuole raggiungere un minimo di efficacia, è necessario lavorare sulla riduzione strategica dei contenuti ed effettuare una scelta razionale delle tematiche che davvero potrebbero essere utili al DL e in base a esse scegliere gli argomenti.
Si dovrebbe quindi partire dall’analisi dei bisogni, che, come abbiamo visto, non è possibile effettuare se non si segmenta la platea, ma soprattutto occorre chiedersi qual è il contributo che ciascuno dei temi porta all’ambizioso obiettivo proclamato.
Alcuni di essi si dovrebbero dare per acquisiti. Tanto per fare qualche esempio: sarebbe almeno inquietante se i DL dovessero essere formati per “acquisire le conoscenze e le competenze per esercitare il (loro) ruolo”. Cioè per fare una cosa che già fanno, che, si suppone, in molti casi facciano da tempo e, che si presume e si auspica, sappiano fare.
Altrettanto allarmante sarebbe pensare che un DL - che non ha assunto il ruolo di RSPP, a quasi vent’anni dalla data di emissione dell’art. 18 del d.lgs. n. 81/2008 e che non sia già “in grado di svolgere le funzioni attribuite(gli) dalla normativa (…)” - che debba ancora acquisire “la consapevolezza delle azioni conseguenti alle responsabilità del ruolo”, che gli siano ignoti “gli obblighi e le responsabilità penali, civili ed amministrative posti in capo al datore di lavoro e alle altre figure della prevenzione aziendale” e che debba ancora acquisire le “competenze utili per l’organizzazione e la gestione del sistema di prevenzione e protezione aziendale”.
L’Accordo include (direi “a forza”) anche tematiche quali violenza e molestie nel luogo di lavoro e l’inserimento di lavoratori disabili. Si tratta di argomenti di una delicatezza tale da richiedere, per non svilirne le implicazioni, una trattazione approfondita. Peraltro, essi sono soggetti a una normativa specifica già attuativa e che, quindi, dovrebbe essere nota al DL.
Osservazioni analoghe si possono fare per quanto riguarda i contenuti del modulo relativo all’Organizzazione e gestione della SSL in cui ci si pone l’obiettivo di “far acquisire competenze utili per l’organizzazione e la gestione del sistema di prevenzione e protezione aziendale” competenze che, ancora una volta, si presume siano state utilizzate per adempiere agli obblighi sanciti nell’art 18 del d.lgs 81/08 tra cui rientra quello della nomina di un RSPP la cui collaborazione solleva il DL se non dalla responsabilità almeno dalla necessità di possedere approfondite conoscenze in materia di valutazione del rischio”.
Alla luce di queste considerazioni appare chiaro che i formatori si trovano a scegliere tra seguire pedissequamente obiettivo e programma con le relative implicazioni in termini di metodologie da usare e conseguenze in termini di efficacia o interpretarli strategicamente, declinandoli liberamente in relazione agli effetti che si vogliono produrre.
È una scelta impegnativa se si pensa all’estrema sensibilità dei sistemi complessi alle perturbazioni che fa sì che un singolo evento intervenga bruscamente sulla traiettoria antecedente del sistema, attualizzando talune possibilità ed eliminandone altre. In parole più semplici si può dire che un semplice corso di formazione potrebbe avviare una radicale inversione di tendenza. O aggiungere solo carta alla carta.
Renata Borgato

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Rispondi Autore: raffaele scalese ![]() | 08/10/2025 (09:14:43) |
auspico, sinceramente, che anche un corso cosi contenuto possa portare a " una radicale inversione di tendenza" Premesso che il tessuto connettivo produttivo italiano è costituito da piccole e medie Aziende ritengo molto utile la variazione apportata dal recente ASR in merito all'obbligo formativo del DL. Spero, con ciò di non dovere più necessariamente rispondere, a fronte di osservazioni sia di tipo sicurezza che di tipo organizzativo a domande tipo: "chi lo ha detto" "dove è scritto" "ma non lo fa nessuno" "abbiamo sempre fatto così e nessun ha mai detto niente" e ultima ma non ultima: "mi faccia un piano costo / benefici e poi ne parliamo" (ricordo che stiamo parlando di sicurezza... ) |
Rispondi Autore: giovanni raffaele ![]() | 08/10/2025 (09:17:08) |
Il nuovo ASR per ciò che attiene alla formazione dei datori di lavoro non poteva fare peggio, praticamente la principale figura di gestione del lavoro sicuro si trova a dover fare un corsetto (di 16 ore simile a quello dei suoi dipendenti se di rischio alto, piu il modulo cantieri), poi ci aggiungi che potrà farlo in e-learning e il compromesso voluto dopo gli anni di trattative è fatto. Come sempre ci sarà chi vende e chi compra ...... pazienza .... Ancora con i tantissimi argomenti da trattare nella formazione forse non bastavano 4 ore per soddisfarli tutti ..... quindi lascio a voi immaginare. Riguardo l'articolo sopra certamente poi ognuno di noi calibrerà gli argomenti centrando i punti piu critici dell'attivita dei DdL almeno me lo auguro. |
Rispondi Autore: giovanni raffaele ![]() | 08/10/2025 (09:19:13) |
scusate sopra ho scritto 4 ore , intendevo 40 ore almeno |