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La gestione del Primo Soccorso nei luoghi di lavoro

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Primo Soccorso

06/09/2012

Un efficace sistema di Primo Soccorso non solo riduce le conseguenze degli infortuni, ma favorisce l’adozione di comportamenti sicuri e la creazione di luoghi di lavoro sani e sicuri. La normativa, la situazione attuale e le proposte operative.

 
Roma, 6 Set – Il Decreto legislativo 81/2008 considera le misure di emergenza da attuare in caso di Primo Soccorso, uno degli elementi portanti della gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, tanto da inserirle nell’ambito delle misure generali di tutela (art. 15, D.Lgs. 81/2008). Tuttavia un efficace e valido sistema di Primo Soccorso nelle aziende non solo può influire positivamente sulle conseguenze dei possibili infortuni professionali, ma contribuisce a creare ambienti lavorativi sani e sicuri.
 
Il tema del Primo Soccorso è affrontato sul numero di gennaio/marzo 2012 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia attraverso il contributo dal titolo “ L’organizzazione e la gestione del Primo Soccorso nei luoghi di lavoro: aspetti critici e innovazioni da introdurre” e a cura di Bruno Papaleo, Giovanna Cangiano, Sara Calicchia, Laura Marcellini, Chiara Colagiacomo e Alessandra Pera (INAIL Settore Ricerca - Dipartimento Medicina del Lavoro).
 
Gli autori sottolineano che per fare in modo che il sistema di Primo Soccorso (PS) contribuisca realmente ad aumentare la salute e sicurezza nell’azienda, “è necessario mettere a verifica la sua reale efficacia, al di là del semplice adempimento della normativa”.
Il contributo fa dunque il punto della situazione normativa e della situazione reale nelle aziende con l’obiettivo di “fornire suggerimenti e proposte operative per migliorare il sistema di Primo Soccorso aziendale, ponendo particolare attenzione alla formazione degli addetti (selezione, motivazione, metodologie didattiche, retraining) e alle innovazioni da introdurre per consentire una risposta più immediata e tempestiva all’emergenza (dotazioni da tenere in azienda, altri devices utili)”.
 
Ricordando che per Primo Soccorso si intende “quell’insieme di interventi, azioni e manovre eseguite da qualunque cittadino che si trovi ad affrontare un’emergenza sanitaria, in attesa dell’intervento di personale specializzato”, il documento rivela che ciò che conta per i soccorsi, per la loro efficacia, “è soprattutto la tempestività”.
Se nell’ emergenza sanitaria le capacità tecniche dei soccorritori “influenzano direttamente le probabilità di successo dell’intervento e favoriscono la successiva stabilizzazione ospedaliera del paziente, purtroppo, l’attivazione di queste risorse ha tempi di risposta spesso troppo lunghi per la sopravvivenza dei soggetti”. In questi casi la “presenza sulla scena dell’evento di un primo soccorritore ‘laico’, cioè non sanitario, opportunamente formato ha due effetti positivi: uno diretto perché determina un allertamento precoce del sistema d’emergenza, contribuendo alla tempestività del successivo intervento sanitario, ed uno indiretto, poiché evita nei casi di non urgenza un uso improprio del personale e dei mezzi di soccorso sanitario, favorendo l’appropriatezza delle attività d’emergenza sanitaria”.
 
Dopo aver ricordato che la formazione al primo soccorso dei lavoratori è stabilita per  legge dal D.Lgs. 81/2008 e dal Decreto Ministeriale 388/2003 e che il D.Lgs. 81/2008 prevede che il datore di lavoro designi i lavoratori incaricati dell’attuazione del PS, gli autori si soffermano sulla realtà del Primo Soccorso nei luoghi di lavoro.
 
Vengono presentate in particolare alcune criticità:
- “i lavoratori addetti al PS non vengono scelti sulla base della motivazione ma vengono ‘designati’;
- la metodologia didattica seguita generalmente è di tipo tradizionale, con una parte teorica preponderante e scarso addestramento pratico;
- per contenere i costi i gruppi sono numerosi e il rapporto docente-discenti basso”. 
 
Tenendo conto che nel tempo, dopo un corso o una lezione, il ricordo di quanto ascoltato è piuttosto basso, il contributo propone alcuni suggerimenti per le aziende:
- per “sviluppare abilità pratiche in soggetti che non sono sanitari di professione e il cui intervento non avviene frequentemente, appare necessario dedicare più tempo ed energie alla parte addestrativa, dando quindi più spazio ad esercitazioni condotte in piccoli gruppi”;
- è bene aumentare la frequenza del retraining, del riaddestramento. Ad esempio le linee guida ERC (European Resuscitation Council) relative alla rianimazione cardiopolmonare “raccomandano, in soggetti laici che non hanno occasione di mettere in atto frequentemente le manovre, il riaddestramento addirittura con periodicità inferiore ai 6 mesi per il mantenimento delle abilità pratiche, mentre l’aggiornamento generale delle conoscenze è previsto ogni 3 anni”; 
- perché la formazione sia più efficace possibile, “appare necessario che la programmazione ed i contenuti dei corsi di formazione al PS siano il più possibile inerenti all’attività produttiva dell’azienda e ai rischi occupazionali evidenziati nel Documento di Valutazione dei Rischi. 
E coerentemente anche i contenuti delle cassette di PS dovrebbero essere adeguati alle specificità dei rischi. 
 Si sottolinea che tra le attrezzature di Primo Soccorso dovrebbe essere “valutata l’opportunità di inserire anche il Defibrillatore Semiautomatico Esterno (DAE), un dispositivo medico in grado di erogare una scarica elettrica di intensità prefissata che consente di interrompere la fibrillazione ventricolare, causa di arresto cardiaco”. Se non esistono specifici obblighi di legge per il datore di lavoro riguardo al tenere DAE in azienda, tuttavia “già dal 2005 le linee guida internazionali ne raccomandano l’uso nel caso di arresto cardiaco extraospedaliero anche da parte di personale non sanitario”. Infatti “il riconoscimento rapido dell’emergenza, l’inizio immediato della rianimazione cardiopolmonare e l’uso del Defibrillatore Semiautomatico entro 5 minuti dalla perdita di coscienza hanno ovunque portato ad un rilevante incremento del tasso di sopravvivenza”.

 
Infatti vi ricordiamo quindi che con il Decreto 18 marzo 2011 “Determinazione dei criteri e delle modalità di diffusione dei defibrillatori automatici esterni di cui all'articolo 2, comma 46, della legge n. 191/2009”, viene promossa la realizzazione di programmi regionali per la diffusione e l'utilizzo di defibrillatori semiautomatici esterni, e si indicano i criteri per l'individuazione  dei luoghi, degli eventi, delle strutture e dei mezzi di  trasporto dove deve essere garantita la disponibilità dei defibrillatori semiautomatici esterni, nonché le modalità della  formazione  degli operatori addetti. 
 
Per diffondere in Italia una cultura del Primo Soccorso aziendale è fondamentale una “presa di posizione da parte delle Istituzioni pubbliche che si occupano di Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro”, ad esempio con riferimento alla “promozione di best practices che orientino le aziende nell’adozione volontaristica di comportamenti e di sistemi gestionali in tema di rianimazione cardio-polmonare e defibrillazione precoce”.
 
In tal senso il gruppo di lavoro dell’Inail che ha redatto il documento “sta già operando ponendosi alcuni obiettivi:
- introdurre tematiche innovative ed ancora poco diffuse in Italia, integrando la normativa nazionale con consigli operativi in coerenza con le linee guida internazionali;
- diffondere buone prassi aziendali che consentano il tempestivo riconoscimento e l’immediato avvio delle manovre di soccorso quando l’evento si verifica, attraverso una formazione qualificata e reiterata delle squadre di Primo di Soccorso;
- diffondere il più possibile i defibrillatori semiautomatici nei luoghi di lavoro particolarmente a rischio, di pari passo con la formazione al loro corretto utilizzo secondo gli standard formativi internazionali”.


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Inoltre è evidente la necessità di “riconsiderare alcuni aspetti della gestione del PS nei luoghi di lavoro ed in particolare la necessità di rielaborare gli attuali programmi formativi e gli obiettivi didattici attualmente indicati dal D.M. n. 388, oltre a diffondere la cultura del DAE nei luoghi di lavoro”.
Se normalmente la formazione e l’addestramento al Primo Soccorso rappresentano dei “formidabili strumenti di prevenzione”, alcuni autori hanno rilevato che la formazione al PS può addirittura ridurre il verificarsi di eventi avversi “perché aumenta, nei lavoratori, la consapevolezza di essere esposti a rischi e favorisce l’adozione di comportamenti sicuri instillando la convinzione che il proprio comportamento sia uno dei fattori essenziali per evitare gli infortuni”.  In questo senso sarebbe utile, almeno nei settori produttivi con i rischi maggiori, “valutare se formare tutti i lavoratori e non solo gli Addetti al Primo Soccorso, almeno al BLSDa” (BLSD: Basic Life Support and Defibrillation).
 
Relativamente ai criteri di scelta nella designazione degli Addetti al Primo Soccorso “sarebbe utile operare una selezione in base alla reale motivazione, considerando eventuali esperienze pregresse o attuali nel campo del volontariato o della protezione civile”.
 
Gli autori concludono ribadendo che “un uso più ampio del DAE, l’addestramento alle manovre di RCP ( rianimazione cardiopolmonare, ndr) di base secondo le linee guida internazionali, i contenuti della formazione al PS più aderenti ai rischi individuati nelle realtà produttive, la focalizzazione della formazione al BLSDa e alla gestione delle emergenze, utilizzando metodologie didattiche più interattive e dedicando maggiore spazio all’addestramento pratico”, avrebbero indubbie ripercussioni positive sull’efficacia della formazione al Primo Soccorso e - aggiungiamo noi - sul sistema di Primo Soccorso aziendale.
 
 
 
L’organizzazione e la gestione del Primo Soccorso nei luoghi di lavoro: aspetti critici e innovazioni da introdurre” e a cura di Bruno Papaleo, Giovanna Cangiano, Sara Calicchia, Laura Marcellini, Chiara Colagiacomo e Alessandra Pera (INAIL Settore Ricerca - Dipartimento Medicina del Lavoro), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, volume XXXIV - N. 1 - gennaio/marzo 2012 (formato PDF, 66 kB).
 

 
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