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Gestione delle emergenze: le reazioni della folla

Gestione delle emergenze: le reazioni della folla

Le reazioni della folla nelle situazioni di emergenza sono di grande importanza, ma per nulla sconosciute. Una breve presentazione per chi deve predisporre piani di emergenza. Di Antonio Zuliani e Wilma Dalsaso.


 

Ospitiamo un articolo tratto da  PdE, rivista di psicologia applicata all’emergenza, alla sicurezza e all’ambiente, che propone un intervento realizzato da Antonio Zuliani e Wilma Dalsaso.

 

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La folla, questa sconosciuta

 

Alcuni eventi di questi ultimi mesi hanno riproposto un tema mai sufficientemente approfondito: come reagisce una folla di persone a fronte di una situazione di pericolo?

Lo studioso che ha avviato e caratterizzato gli studi sulla folla è Gustav Le Bon che nel 1895 con il suo libro “Psicologie delle folle”, la presenta come una nuova protagonista della storia. Secondo Le Bon, la folla non è il risultato della somma delle singole persone che la compongono, ma diviene una sorta di super organismo indipendente, che acquista un’identità e una volontà propria. Le Bon ritiene che in questo passaggio il singolo perda le sue caratteristiche per acquistare quelle della folla che sono: stupida, irrequieta, manipolabile, impulsiva e distruttiva.

 

Gli studi successivi hanno dimostrato che in parte Le Bon aveva ragione: una persona quando entra a far parte di una folla arriva a pensare e ad agire diversamente da quanto farebbe se fosse sola.

 

Dall’altra, però, la ricerca scientifica ha fortemente criticato la posizione secondo la quale la folla sia sostanzialmente irragionevole nei suoi comportamenti e facilmente in preda al panico.

Con questo non si intende abbracciare l’idea che esista una saggezza della folla secondo la quale la somma delle opinioni di numerose persone tendono a correggere quelle più estreme e, annullandole, arrivare a individuare un risultato migliore. Questa “saggezza” non è della folla, ma della somma dei suoi componenti: ad esempio, se si chiede a cinquanta persone quante biglie ci sono all’interno di una bottiglia di vetro è verosimile che la media delle valutazioni espresse si avvicini in modo sorprendente al numero esatto. Se fosse il gruppo di cinquanta persone per intero a dover esprimere la valutazione, questa sarebbe influenzata dall’effetto àncora determinato dalla prima opinione espressa tanto più se da un membro del gruppo ritenuto autorevole.

 

 

Ritenere che il comportamento della folla sia del tutto irragionevole e imprevedibile non solo è errato dal punto di vista scientifico, ma tende a deresponsabilizzare chi ha il compito di progettare i sistemi di sicurezza dall’adottare misure efficaci che tengano conto delle problematiche relative ai movimenti e alla gestione della folla, aspetto di cui abbiamo già trattato parlando dei ragazzi morti a Duisburg (PdE, numero 20/20133)

 

Quando una persona entra a far parte di una folla

Ciò premesso vediamo quali sono, allo stato attuale, le conoscenze sui meccanismi psicologici della folla utili per chi si preoccupa di predisporre dei piani di emergenza.

Quando si affronta il tema della folla e lo si contestualizza nelle emergenze, proprio per uscire da alcuni stereotipi dannosi, occorre distinguere la modalità attraverso la quale si è andata a comporre la folla stessa. Infatti, una folla che abbia una sua identità e un suo obiettivo comune da perseguire si comporterà in modo diverso da una folla composta da individui casualmente raccolti in quel determinato spazio.

 

Identità

La persona, entrando a far parte della folla, arriva a perdere molte delle sue caratteristiche personali per assumere una sorta di identità collettiva (Le Bon, 1985, parlava di “mente collettiva”). Zimbardo (2007) parla di una sorta di anonimato che la persona arriva ad acquisire attraverso un processo di “deindividuazione”, che può essere rappresentato come uno stato mentale caratterizzato da una ridotta consapevolezza di sé.

Reicher e altri (2004) mostrano come le persone, entrando in un gruppo, non perdono l’identità personale, ma piuttosto passano da quella individuale (ciò che rende una singola persona distinta dagli altri) a quella che possiamo definire identità sociale (ciò che rende il gruppo al quale la persona appartiene, distinto rispetto ad altri gruppi). Di conseguenza, esse non perdono valori e norme, ma piuttosto si muovono e agiscono in termini di valori e norme associate con il gruppo corrispondente, salvo poi ritornare ad abbracciare la personale scala di valori una volta usciti dal gruppo.

 

Motivazioni

La comprensione della specifica identità sociale della folla diventa uno strumento di grande utilità pratica perché è la chiave per capire come trattarla e, in modo particolare, per predisporre le più efficaci forme di comunicazione da adottare in caso di emergenza. Si tratta di individuare le principali caratteristiche di quello specifico raggruppamento sia in termini delle norme e dei valori del gruppo (pensiamo a esempio ai tifosi di una squadra di calcio) o delle motivazioni che hanno spinto le persone a riunirsi in quel luogo (pensiamo ai partecipanti a un concerto rock rispetto a un gruppo di pellegrini che partecipano a una funzione religiosa). Ciò significa che le strategie spaziali e organizzative della sicurezza devono tenere conto di queste differenze. Spesso il comportamento della folla viene giudicato a posteriori anomalo o irrazionale, ma se lo si analizza emerge sempre una logica nei movimenti.

 

Una folla che frequenta un evento sportivo ha come motivazione quella di trovare un posto da cui guardare la squadra del cuore giocare; se alla stessa viene chiesto di evacuare lo stadio, la modifica degli obiettivi e delle motivazioni sarà drastica e contrasterà gli obiettivi preesistenti (a esempio, è difficile lasciare il posto conquistato a fatica o mentre la partita continua).

Nelle situazioni di emergenza le persone tendono a far affidamento sulla coesione al gruppo al quale appartengono, accrescendo la disponibilità ad assecondare le azioni della maggioranza (Van Vugt e De Cremer, 1999).

 

Le Bon sembra non prendere in sufficiente considerazione un altro aspetto vitale e motivazione rappresentato dal raggrupparsi delle persone: la protezione. Come ricordano Cacioppo e Patrick (2008) “poiché per i primi esseri umani era più probabile sopravvivere rimanendo in gruppo, l’evoluzione ha rafforzato la preferenza per i legami forti selezionando geni che generano piacere quando si è in compagnia e sensazioni di disagio quando si è da soli senza volerlo” (p.23). Se l’evoluzione ci ha forgiati in questo modo, la folla può essere un problema se composta da persone sconnesse tra di loro, mentre può essere una risorsa se c’è o se si riesce a offrire un’occasione di connessione interna, proprio perché il viversi in relazione reciproca trasmette benessere.

 

Il panico della folla

Molti ancora credono alle parole di Le Bon circa la stupidità, l’irrequietezza, l’impulsività e la distruttività della folla, poiché pensano che la folla non sia gestibile, e quindi abusano di termini quali “panico della folla”.

 

Ma il panico vero e proprio in cui la folla può cadere, con la conseguenza di incidenti mortali, con persone che vengono schiacciate e calpestate, è un fenomeno fortunatamente raro che può essere attivato da molteplici fattori, tra cui il timore del fuoco, violente scosse di terremoto e, comunque, situazioni nelle quali le persone temono di perdere la vita.

 

Il panico non è una paura, alla quale comunque si può reagire difendendosi, fuggendo o cercando di salvarsi, ma una situazione o un oggetto contro cui non c’è più nulla da fare.

 

Il panico, seppur preceduto dallo svilupparsi di un’intensa paura, può scatenarsi improvvisamente e propagarsi velocemente per imitazione o subalternità. In queste situazioni ci si aspetta di riscontrare il dissolversi della coscienza individuale accompagnata da alterazioni delle percezioni e del giudizio, regressione, suggestionabilità, impulsività, gregarismo acritico con adeguamento automatico al movimento degli altri, sentimento di appartenere a una potenza oscura e partecipazione violenta senza responsabilità. Se tutto ciò dipinge efficacemente quello che ci si attende da una reazione di panico collettivo, occorre prestare attenzione a non generalizzare questa immagine come l’unica capace di descrivere ciò che accade in una folla durante una situazione di emergenza. Vi è, infatti, un’altra reazione, ben più pericolosa e insidiosa che viene troppo spesso sottovalutata: la negazione del pericolo.

 

Appare evidente che non si possono definire panico i comportamenti delle persone che non fanno quello che ci si aspetta da loro o che fanno cose che non ci si attende (Norwood, 2003), anche se questo è certamente un grosso problema e una grave preoccupazione per chi pianifica o dirige gli interventi di emergenza. Il problema sta nel non confondere il panico con le misure di autoprotezione spontanee che le persone avviano, ma di vederle come un segnale del desiderio di attivarsi e del bisogno di avere delle indicazioni da parte delle autorità competenti. Se si sviluppasse questa attenzione sarebbero più facili i dialoghi tra esperti e addetti all’emergenza con la popolazione con il conseguente contenimento dei fenomeni di preoccupazione collettiva che spesso si manifestano.

 

Movimenti della folla

La folla ha sempre una sua ragione per i movimenti che produce, sta al sistema essere intelligente e, per quanto possibile, prevederli.

 

La folla non è un gregge alla ricerca di un padrone, ma un’entità alla ricerca di una risposta di senso condivisa verso quello che sta vivendo e sta all’organizzazione di emergenza fornirla.

Quando si manifesta un movimento o una fuga di persone da una zona sono identificabili alcuni aspetti che può essere utile conoscere al fine di prendere le misure necessarie a non creare ulteriori problemi in questa fase di per sé già delicata. Helbing e altri (2000) riassumono nel modo seguente le caratteristiche di questi movimenti:

 

- Una persona che cammina in mezzo a tante altre si tiene leggermente spostata di lato per poter vedere di fronte a sé sopra la spalla della persona che ha davanti. Con questo atteggiamento la persona si protegge, ma al contempo sente di avere la padronanza sulla situazione. Quando c’è un movimento di folla durante una situazione critica questa strategia non è possibile e ciò aumenta l’ansia delle persone.

 

- Le persone si spostano cercando di andare molto più velocemente di quanto non sia normale. L’impedimento alla velocità del proprio moto crea uno stato di tensione. Il desiderio di muoversi più rapidamente di fatto crea dei rallentamenti nell’efficienza dell’evacuazione a causa dei cambiamenti di direzione delle persone. In questa direzione due aspetti sono rilevanti: il numero delle persone che devono evacuare e la tempestività e la chiarezza delle informazioni che fanno sì che decidano per questa soluzione. Tanto più l’informazione sull’evacuazione è ritardata e tanto maggiore risulterà la densità delle persone che imboccheranno le vie di fuga contemporaneamente e la loro ansia.

 

- Durante i movimenti, è probabile che alcune persone si spostino in direzioni diverse, che altre cerchino di ritornar indietro per recuperare oggetti perduti, che altre si fermino a cercare o ad aspettare amici e parenti. Si tratta di situazioni che richiedono un’attenta programmazione nei piani di evacuazione.

 

- Le caratteristiche del movimento sopra descritte determinano il fatto che alcune persone iniziano a spingerne altre, a esempio per la loro diversa velocità di movimento, e ciò può rendere le interazioni tra le stesse più ansiose e impazienti. La solidarietà che nella fase della presa di decisione poteva aver unito le persone si allenta per lasciare il posto ad atteggiamenti più francamente competitivi.

 

- L’evacuazione viene spesso rallentata dalla presenza di strozzature nel percorso, di ostacoli, dalla stessa frizione tra le persone. Tali aspetti possono aumentare lo scoordinamento del movimento delle persone. Aumenta l’intasamento sia nelle uscite, sia nelle relative vie di accesso perché si crea una maggiore densità di persone nelle stesse. Tutto ciò aumenta il livello di stress nelle persone coinvolte, arrivando a diminuire la lucidità con la quale vengono prese le decisioni.

 

- L’interazione fisica tra le persone “incastrate” nella folla può giungere fino a causare pericolose pressioni o fino a impedire i movimenti autonomi delle stesse. La fuga è ulteriormente rallentata dalla presenza di persone cadute o ferite che fungono da veri e propri “ostacoli”.

 

- La situazione può aggravarsi dal fatto che le persone, in queste situazioni, tendono a muoversi in modo gregario. Ciò implica che la maggior parte delle persone tendono a utilizzare le stesse vie di fuga, aumentandone l’intasamento.

 

- Le vie di fuga alternative sono spesso trascurate o non utilizzate, in quanto le persone tendono a servirsi di vie in qualche modo note: così in un supermercato saranno preferite le casse alle uscite di emergenza oppure si ripercorrerà la strada utilizzata per entrare.

 

Che fare

Quando una folla di persone si mette in movimento a causa di una situazione di emergenza vi sono alcune strategie importanti per favorire l’esito positivo di questi movimenti e per evitare che possano degenerare verso forme incontrollate.

 

Consapevolezza della situazione

Le persone reagiscono alle situazioni che incontrano non soltanto in base all’evento che hanno di fronte ma anche in riferimento alle pregresse condizioni di ansia o incertezza che stanno vivendo. Consapevolezza della situazione significa considerare la presenza di situazioni di ansia pregresse che potranno influire nella percezione dell’evento da parte delle persone. Da questo punto di vista vivere una condizione che a causa degli attacchi terroristici determina ansia verso determinati luoghi aumenta il rischio che anche segnali irrilevanti possono far scatenare ansie e reazioni pericolose.

 

Fornire una guida sicura

In situazioni di emergenza è fondamentale che vi sia una riconosciuta e qualificata guida, ciò permette alle persone di avere la percezione che vi sia qualcuno con il quale costruire dei legami di fiducia, a cui quindi potersi affidare per la propria salvaguardia e sicurezza. Una guida deve sapere anche fornire adeguate informazioni.

In assenza di informazioni ufficiali e non, le persone e la folla sono portate a percepire l’angoscia dell’ignoto e di conseguenza sono spinte a ricercare una spiegazione che permetta di dare un significato a ciò che sta accadendo. A questo punto, perfino poche persone possono, anche soltanto attraverso il passaparola o il racconto di eventi “leggendari”, influenzare il comportamento umano e della folla. È necessario dunque addestrare il personale di sicurezza a essere attore protagonista per favorire il dispiegamento dei bisogni che la folla manifesta, imparando anche come si guida fisicamente un’evacuazione. L’assenza di queste figure “guida” fornirà la possibilità ad altri di inserirsi in questo fondamentale ruolo lasciato scoperto, e causare conseguentemente danni ingenti.

 

Fornire messaggi veritieri

È di fondamentale importanza fornire messaggi veritieri perché la menzogna è estremamente pericolosa in quanto la scoperta di scorrettezze dei messaggi aumenta l’ansia e la preoccupazione e instaura l’impressione che tutto ciò che è stato detto attorno all’evento possa risultare falso.

 

Mostrare le vie di fuga

Una delle situazioni che possono scatenare reazioni di panico è la percezione che si stiano chiudendo le vie di fuga: l’idea della perdita della possibilità di fuggire è un fattore precipitante che va tenuto sotto controllo. Anche quando vi fosse un’unica via di fuga o la stessa fosse di difficile raggiungimento è importante che questa notizia non traspaia perché rischierebbe di creare reazioni scomposte e caotiche.

 

Controllare i fattori precipitanti

In ogni situazione possono presentarsi dei fattori che possono trasformare uno stato di ansietà in un fuga precipitosa e quindi nel panico. Tra i fattori precipitanti si può certamente annoverare la reazione scomposta di alcuni soggetti presenti; in questo caso gli stessi vanno prontamente individuati e vanno messe in atto azioni di contenimento sia delle emozioni che dei comportamenti che manifestano.

 

Antonio Zuliani

Wilma Dalsaso





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Rispondi Autore: Antonio Lovato - likes: 0
02/01/2017 (11:45:12)
Uno dei rari articoli dove si possono trovare utili suggerimenti per gestire la folla in emergenza.
Complimenti
Rispondi Autore: lucio sanasi - likes: 0
14/12/2018 (17:18:29)
in questa parte dell'articolo - L’evacuazione viene spesso rallentata dalla presenza di strozzature nel percorso, di ostacoli, dalla stessa frizione tra le persone. Tali aspetti possono aumentare lo scoordinamento del movimento delle persone. Aumenta l’intasamento sia nelle uscite, sia nelle relative vie di accesso perché si crea una maggiore densità di persone nelle stesse. Tutto ciò aumenta il livello di stress nelle persone coinvolte, arrivando a diminuire la lucidità con la quale vengono prese le decisioni. -----
avrei sottolineato l'importanza di tenere libera l'uscita una volta fuori quindi allontanarsi immediatamente oppure tenere una persona che in caso di evaquazione accelleri la liberazione dell'uscita senza creare tappo e quindi agevolare l'uscita . Meglio se si prevede un luogo sicuro e si indirizzano le persone in quel luogo (anche come una esigenza oppure un posto dove si può ricevere assistenza, ad esempio)

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