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Prevenzione e cause della mancata efficacia degli ancoraggi
Roma, 5 Dic - La legislazione relativa alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non affronta in maniera organica, diretta ed esauriente tutte le problematiche relative all’identificazione, qualificazione, progettazione ed installazione dei sistemi di ancoraggio.
Per questo motivo torniamo ad occuparci di una pubblicazione Inail-DTS – già presentata da PuntoSicuro - dal titolo “Guida tecnica per la scelta, l’uso e la manutenzione degli ancoraggi” che affronta diversi aspetti relativi agli ancoraggi: dalla valutazione del rischio, alla classificazione, scelta, uso, ispezione e manutenzione degli ancoraggi.
In particolare, riguardo ai rischi prevalenti, abbiamo visto come nei lavori in quota con ancoraggi il lavoratore è esposto al rischio derivante dalla loro mancata efficacia.
L’ ancoraggio può infatti non assolvere la propria funzione per:
- “cedimento e/o rottura dei componenti;
- cedimento e/o rottura del materiale base;
- sfilamento dei componenti;
- eccessiva deformazione dei componenti;
- eccessiva deformazione del materiale base;
- danneggiamento dovuto alla corrosione dei componenti e/o del materiale base;
- danneggiamento dovuto agli effetti dell’incendio;
- decadimento delle caratteristiche meccaniche nel tempo dei componenti e/o del materiale base (perdita della durabilità)”.
Cedimento e/o rottura dei componenti e/o del materiale base dovuto a carichi statici La guida tecnica ricorda che l’ ancoraggio è soggetto ad azioni combinate di taglio e trazione a cui i componenti ed il materiale base devono resistere. Nel documento – che vi invitiamo a visionare direttamente – sono indicate specifiche formule e offerte ulteriori indicazioni utili alla prevenzione di cedimenti e rotture:
-rottura a trazione dell’ancorante: “i metodi di progettazione da utilizzare devono descrivere tutti i modi di rottura a cui possono essere soggetti l’ancorante ed il materiale base. Ciò significa che va considerato il cedimento lato acciaio e lato materiale base (ad es. calcestruzzo) prevedendo coefficienti parziali di sicurezza in base al meccanismo di rottura considerato. È importante ricordare che vi sono altri coefficienti che bisogna considerare in fase progettuale (distanza dal bordo, interasse degli ancoranti, qualità del calcestruzzo, spessore del materiale base, direzione ed eccentricità del carico), ma ancor è necessario notare come tutti i valori caratteristici siano dati nella condizione di fessurazione del calcestruzzo (presenza di fessura di ampiezza pari a 0,3 mm) e quindi con notevole vantaggio per la sicurezza”;
-rottura a taglio dell’ancorante: “la verifica a taglio segue gli stessi parametri di quella a trazione, analizzando il valore caratteristico di resistenza per rottura dell’acciaio (fornito dal produttore) e poi quello di rottura del calcestruzzo, sulla base della disposizione degli ancoranti. Elemento da considerare è la superficie di collasso, anche se la superficie coinvolta nel meccanismo di rottura è diversa dal caso di trazione pura, per confrontare l’area effettivamente a disposizione con quella che porterebbe a pieno carico e determinare così il fattore di riduzione ed aumentare la sicurezza. Va posta attenzione anche allo spessore del calcestruzzo che entra direttamente nella determinazione dell’area di collasso”.
Cedimento e/o rottura dei componenti e/o del materiale base dovuto a carichi dinamici
Si ricorda che “le azioni dinamiche differiscono dalle statiche e dalle azioni variabili quasi statiche in quanto le accelerazioni indotte attivano forze di inerzia e di smorzamento (attrito, isolamento/assorbimento)” e viene proposto un “esempio di classificazione dei carichi dinamici in tre categorie principali: fatica, sismici e shock in funzione della loro insorgenza nel tempo”. Vediamo molto brevemente alcune ulteriori indicazioni:
-carichi dovuti a fatica: “la resistenza di un ancoraggio per carichi a fatica è fortemente influenzata dalla forza di pretensione nell’ ancoraggio. Se si verifica una fessura nel calcestruzzo, la forza di pretensione rapidamente andrà a zero. Il primo approccio per un corretto dimensionamento a fatica dovrebbe essere condotto trascurando la forza di pretensione. Con frequenti variazioni del carico, la resistenza dell’acciaio e del calcestruzzo diminuisce”;
-carichi sismici: “i carichi sismici possono essere visti semplicemente come eventi che causano un’accelerazione del terreno; essa viene trasferita agli edifici che a loro volta la trasmettono agli elementi da ancorare. Gli ancoraggi devono dunque sostenere i carichi indotti dalle accelerazioni degli elementi da ancorare. L’elevato numero di fattori che intervengono nella definizione dell’azione sismica rende praticamente impossibile un’accurata definizione preventiva dei carichi sismici che possono essere solo stimati”. Nel documento si riportano altri significativi dati, esempi e requisiti degli ancoranti;
-fessurazione: “il DM 14/1/2008 prevede che il calcestruzzo sia progettato in modo che le fessurazioni restino contenute durante la vita della struttura. L’apertura delle fessure di progetto si verifica quando la tensione nel calcestruzzo raggiunge il valore della resistenza media a trazione divisa per un coefficiente pari a 1,2. La norma prevede inoltre che, in funzione delle condizioni ambientali e della sensibilità delle armature alla corrosione, le fessure debbano aprirsi al massimo tra valori compresi tra 0,2 e 0,4 mm. In presenza di ancoranti installati nel calcestruzzo, è possibile che le linee di fessurazione del calcestruzzo interessino la zona dell’ancoraggio”;
-duttilità: “la duttilità non è una caratteristica intrinseca di un elemento, ma risente del contesto in cui è installato, della geometria, del tipo di sollecitazione agente e del meccanismo di collasso. Il progettista può dimensionare una struttura in calcestruzzo a sisma (sebbene il calcestruzzo sia notoriamente un materiale fragile) a patto di studiare le armature e le condizioni di vincolo. Non è possibile affermare dunque a priori se un ancorante sia duttile o fragile”. Anche in questo caso vengono proposti esempi e presentati ulteriori indicazioni utili al comparto edile;
-carichi d’urto: “i carichi d’urto (shock) sono caratterizzati da un numero ridotto di cicli (da 1 a 10) ed elevati valori di picco che si verificano durante un lasso temporale molto breve. Per esempio possono essere causati da urti di veicoli su barriere guard rail o altre strutture, caduta di oggetti, esplosioni o altro. La natura insolita di questa tipologia di carichi ( esplosioni, impatti) consente di accettare un danno delle strutture (o degli ancoraggi) purché non si abbia il collasso. In funzione dei livelli di sicurezza richiesti, il coefficiente parziale di sicurezza per i carichi a shock può essere al minimo pari a 1. I dati per il progetto degli ancoraggi soggetti a carichi da shock possono essere ottenuti ad esempio dalle certificazioni svizzere (approvals from the Swiss Office for Civil Protection)”.
Eccessiva deformazione dei componenti e/o del materiale base dovuta ai carichi
In talune applicazione è necessario non solo che i componenti e/o il materiale base resistano ai carichi statici o dinamici ma che essi non subiscano deformazioni eccessive in quanto l’elemento da fissare può essere soggetto a vincoli di tale tipo. In tutte le applicazioni riguardanti l’ancoraggio di opere provvisionali è richiesto che esse non subiscano eccessive deformazioni se soggette a determinati carichi. È evidente che questo requisito è direttamente connesso alle prestazioni dell’ancoraggio”.
Danneggiamento dovuto alla corrosione dei componenti e/o del materiale base
La guida tecnica ricorda e descrive in modo dettagliato le varie forme di corrosione alle quali sono generalmente soggetti gli elementi costruttivi in acciaio. Ad esempio:
- la “vaiolatura” (pitting corrosion);
- la “corrosione interstiziale”;
- la “corrosione galvanica”;
- la corrosione da “fatica”.
Tra le varie indicazioni offerte si ricorda che “quando un ancorante viene in contatto con una barra di armatura, il meccanismo di corrosione da contatto può iniziare se non vengono prese adeguate misure di isolamento galvanico”.
Danneggiamento dovuto agli effetti dell’incendio dei componenti e/o del materiale base
In alcuni luoghi particolari “definiti a maggior rischio in caso d’ incendio gli ancoraggi devono resistere all’azione dell’incendio per un tempo tale da garantire l’evacuazione delle persone coinvolte e possono essere richieste certificazioni specifiche che richiedono una progettazione differente come ad esempio per ancoraggi resistenti al fuoco”.
Il documento ricorda che le prove di laboratorio hanno permesso di stabilire che:
- “i materiali base alle alte temperature si danneggiano;
- la lunghezza degli ancoranti deve essere adeguata per tener conto del carico d’incendio e prevenire così danni permanenti in modo che vi sia sempre una capacità portante residua a sostenere il carico applicato, nonostante il danneggiamento della parte esposta al fuoco;
- sarebbe preferibile impiegare acciai inossidabili in quanto resistono meglio di quelli tradizionali al carbonio”.
Decadimento delle caratteristiche meccaniche nel tempo dei componenti e/o del materiale base (perdita della durabilità)
Il documento indica che “le sollecitazioni agenti sull’ancoraggio, il rilassamento dell’acciaio costituente l’ancorante e la viscosità del calcestruzzo, possono ridurre nel tempo la forza di pretiro. Per ripristinare le condizioni iniziali e garantire la necessaria tenuta dell’ancoraggio, è necessario procedere al riserraggio dell’ancorante dopo pochi giorni dall’avvenuta installazione”.
In particolare negli ancoranti chimici “la diminuzione di resistenza può essere provocata dalla sola viscosità del calcestruzzo ed eventualmente da quella della resina. La maggior parte dei fabbricanti effettua prove di viscosità sulla resina per verificare che l’entità di tale diminuzione sia ininfluente rispetto alla resistenza globale. La durabilità degli ancoraggi chimici viene inoltre testata verificando la loro resistenza a cicli gelo-disgelo ed alla resistenza in particolari condizioni ambientali, a contatto per esempio con numerosi agenti chimici potenzialmente aggressivi per la resina”.
Concludiamo ricordando che per tutte queste problematiche, che possono rendere inefficaci gli ancoraggi e che noi abbiamo riassunto brevemente, la guida tecnica offre molte informazioni spesso corredate anche da disegni esplicativi.
Inail - Dipartimento Tecnologie di Sicurezza - ex Ispesl, “ Guida tecnica per la scelta, l’uso e la manutenzione degli ancoraggi”, pubblicazione curata da Luigi Cortis e Luca Rossi (Dipartimento Tecnologie di Sicurezza - ex ISPESL) con la collaborazione di Michele Di Sario e Francesco Giancane (formato PDF, 5.13 MB).
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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