Edilizia: le difficoltà operative nella valutazione del rischio chimico
Bologna, 25 Ott – Se la valutazione del rischio chimico ha i suoi punti di forza negli strumenti di valutazione (software specifici, schede di dati di sicurezza, …) che hanno migliorato la “qualità” delle valutazioni, nel comparto costruzioni questa qualità riscontra anche dei limiti. Ad esempio “riscontra un limite quando le misure di prevenzione e protezione conseguentemente definite non trovano il favore dei DDdL” (datori di lavoro), che, “costretti a bilanciare esigenze operative, gestionali ed economiche, si limitano sostanzialmente alla distribuzione dei DPI ed all’attuazione della sorveglianza sanitaria”.
Qualche miglioramento a questa situazione “potrà esserci solo con una presa di coscienza da parte di tutti gli operatori di cantiere sulle esigenze di prevenzione e tutela della salute con un approccio culturale che incida sui valori cardine della nostra società”. Solo quando le valutazioni del rischio chimico “cesseranno di essere redatte al solo scopo di essere esibite all’Organo di Vigilanza e le misure in esse indicate entreranno nei pensieri dei DDdL, allora potremo dire di essere ‘quantomeno’ sulla strada giusta”.
A fare queste affermazioni e a riportare alcune esperienze professionali, provenienti dalla consulenza presso “utilizzatori a valle” operanti nel settore delle costruzioni, è un intervento che si è tenuto al convegno bolognese “REACH_EDILIZIA - L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nell'ambiente da costruire e nell’ambiente costruito” (Ambiente Lavoro, 20 ottobre 2016).
L’aggiornamento delle SDS e della valutazione
Nell’intervento “Aspetti qualificanti e criticità nella valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni. Le ricadute dei Regolamenti REACH e CLP nell'applicazione del D.Lgs. 81/08 nel settore delle costruzioni” - a cura di Paolo Balboni, Marco Bettini, Giacomo Niboli (Gruppo di lavoro “Sicurezza” - Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bologna) – sono presenti varie riflessioni sugli aspetti gestionali e operativi connessi alla valutazione del rischio chimico.
Ad esempio, riguardo uno degli aspetti gestionali affrontati, i relatori si soffermano sull’aggiornamento delle Schede di Dati di Sicurezza (SDS) e della valutazione del rischio. Si indica che “avere presso l’azienda un archivio aggiornato delle SDS dei prodotti utilizzati è senz’ombra di dubbio il primo e fondamentale passo per poter effettuare una corretta valutazione del rischio chimico”.
Il problema è che “molto spesso le SDS risultano aggiornate alla valutazione precedente e non sono state recepite quelle relative alle nuove sostanze nel frattempo introdotte, oppure quelle aggiornate a seguito dei diversi Regolamenti europei intervenuti in questi ultimi anni ( Regolamenti europei N.1272/2008, N.453/2010, N.830/2015); in tali situazioni non sempre è chiaro se sono i fornitori ad eludere l’obbligo di trasmettere all’utilizzatore le SDS (art.223 D.Lgs.81/08), oppure se sono i DdL che dopo averle ricevute omettono di gestirle convenientemente”.
Si indica poi che nelle imprese che ricorrono alla consulenza esterna “l’aggiornamento delle SDS è il più delle volte lasciato all’iniziativa del consulente al quale viene conferito l’incarico di aggiornare la valutazione del rischio chimico (incarico spesso ricevuto a seguito di problematiche esterne quali ad esempio l’intervento dell’Organo di Vigilanza o la necessità di gestire un infortunio/malattia professionale) sentita dal DdL più come un adempimento normativo che come un’esigenza operativa per controllare adeguatamente il rischio”.
E i datori di lavoro “pare non abbiano molta considerazione dell’obbligo di aggiornamento della valutazione dei rischi a seguito di modifiche al processo produttivo (introduzione di nuove sostanze) o delle informazioni ricevute (SDS aggiornate); ma si vuole credere che ciò possa dipendere almeno in parte dalla difficile realtà economica e di mercato presente in cui versa il mercato delle costruzioni in questi ultimi anni”.
Si segnala poi che le principali “difficoltà riscontrabili in sede di valutazione dei rischi si riscontrano nel censimento dei prodotti chimici e nell’ottenimento delle relative SDS aggiornate”:
- riguardo al censimento dei prodotti chimici utilizzati nei processi produttivi “il consulente, partendo eventualmente da una precedente valutazione e non potendo ricorrere ad un’analisi documentale di bolle e fatture”, si limita a “considerare solo i prodotti rilevati in deposito/magazzino, presso il cantiere e che gli vengono segnalati dal DdL, Capocantiere, RLS, ecc. Ovviamente i margini di incertezza di un tale approccio sono facilmente intuibili”;
- riguardo il reperimento delle Schede di Dati di Sicurezza aggiornate “il consulente, non potendo contattare i singoli fornitori, bypassa il problema scaricando da internet le SDS che gli servono. Se questo approccio può comportare aspetti di dubbia legalità, esso è comunque efficace ai fini del risultato in quanto le SDS disponibili in internet risultano generalmente adeguate ed aggiornate in riferimento alla recente normativa di classificazione ed indicazione dei pericoli”.
È tuttavia evidente che “l’aggiornamento della valutazione dei rischi non serve a molto se poi non si predispongono misure di prevenzione/protezione in grado di migliorare le condizioni di lavoro intervenendo efficacemente sulle caratteristiche delle sostanze impiegate ovvero sulle modalità operative di svolgimento dell’attività”.
E si indica che un aspetto comune a tutte le aziende, grandi e piccole, “è quello di implementare le misure di prevenzione e protezione definite in sede di valutazione del rischio limitatamente a quelle più semplici, quali ad esempio l’uso dei DPI previsti dalle SDS”.
Ci sono invece spesso significative resistenze “per quelle misure che hanno un impatto di natura economica oppure organizzativa/gestionale più significativo sull’impresa, sia per oggettive difficoltà legate alle tempistiche di produzione (in generale sono previste penali molto onerose per eventuali ritardi), sia per una difficoltà gestionale che potrebbe richiedere interventi di riorganizzazione aziendale interna. Si pensi ad esempio all’esigenza di sostituire il cemento contenente cromo esavalente con cemento che ne è privo, e cosa questo comporti in termini di organizzazione dell’attività aziendale e del magazzino; oppure si pensi all’impiego di colle contenenti formaldeide in percentuali tali da configurare un rischio cancerogeno ed ai conseguenti adempimenti richiesti per la tutela della salute dei lavoratori esposti”.
Veniamo invece ad alcune considerazioni sugli aspetti operativi connessi alla valutazione e gestione del rischio chimico.
La sottovalutazione dell’esposizione ad agenti chimici
La relazione si sofferma innanzitutto sulla generale sottovalutazione dell’esposizione ad agenti chimici.
Si ricorda, come segnalato in una nostra intervista ai relatori, che nel settore delle costruzioni il rischio chimico “è un fattore generalmente sottovalutato in quanto, nell’immaginario collettivo dei lavoratori di questo settore, è convinzione diffusa che altri siano i fattori di rischio significativi ai quali prestare attenzione quali ad esempio le cadute dall’alto, l’uso di macchine di movimento terra, scavi e seppellimenti, rischi dorso lombari da movimentazione manuale dei carichi, rumore, ecc…”.
E, partendo da questa constatazione, in termini pratico-operativi la gestione del rischio chimico, in particolare nelle piccole imprese edili, “si sostanzia:
- in una valutazione documentata dei rischi da esposizione ad agenti chimici (non sempre aggiornata);
- in alcune informazioni di massima dedotte dall’etichettatura delle confezioni;
- nell’uso di DPI scelti prevalentemente in base all’esperienza ed alla consuetudine;
- nella sorveglianza sanitaria generalmente attuata per tutti i lavoratori addetti”.
Si sottolinea che una maggior considerazione dell’importanza del rischio chimico “potrebbe portare ad esempio ad una comunicazione più precisa dei rischi connessi alle proprietà delle sostanze e ad una scelta dei DPI più oculata nonché basata sull’analisi delle SDS e delle reali condizioni operative”.
Concludiamo che, per quanto riguarda gli aspetti operativi della valutazione dei rischi in ambito chimico, la relazione si sofferma anche su:
- problematiche di monitoraggio e di campionamento ambientale: ad esempio si segnala che nelle imprese che operano nei grandi cantieri delle opere infrastrutturali “il rischio chimico risulta convenientemente gestito”. Ciò nonostante “alcuni aspetti risultano comunque critici”. Ad esempio “mentre il monitoraggio della silice cristallina viene gestito con la necessaria e giusta attenzione, soprattutto negli ambienti di lavoro sotterranei (gallerie), esistono anche altre sostanze che meriterebbero maggiore considerazione”;
- varietà delle tipologie di esposizione: una caratteristica delle imprese edili di piccole dimensioni “è quella di svolgere attività molto diverse all’interno dei cantieri edili. Questo significa che i lavoratori possono entrare in contatto, anche nell’arco della stessa giornata, con parecchie sostanze aventi caratteristiche molto differenti tra loro (colle, additivi, biocidi, vernici, solventi, catrami, ecc..)”. E l’acquisto di prodotti chimici “viene spesso effettuato senza alcuna considerazione preliminare in termini di prevenzione del rischio”.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro”, pubblicazione che raccoglie gli atti dei due convegni “REACH 2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” e “REACH edilizia. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nell’ambiente da costruire e nell’ambiente costruito” (formato PDF, 13.34 MB).
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