Permetrina, biocida nei DPI: abbondare aiuta o è invece dannoso?
Chi opera nei settori della caccia e della silvicoltura o lavora altrimenti nei boschi, ma anche presso servizi di manutenzione stradale ed esercito federale è maggiormente esposto al rischio di punture di zecche durante il lavoro. Per questi gruppi una possibile forma di prevenzione consiste nell’indossare indumenti da lavoro con protezione antizecche. I più usati sono quelli trattati con permetrina.
La permetrina è un principio attivo biocida impiegato per proteggere dai parassiti, in particolare dalle zecche. Se impregnati con permetrina in fase di produzione, gli indumenti si trasformano in dispositivi di protezione individuale (DPI) contro le zecche. In tal caso il biocida viene applicato sugli abiti mediante trattamento spray, immersione in emulsioni acquose, rivestimento polimerico delle fibre durante la produzione, microincapsulazione o nanoincapsulazione.
Gli indumenti possono tuttavia rilasciare il principio attivo, che in caso di contatto con la pelle viene da questa assorbito. Sull’assorbimento possono incidere il contatto prolungato con il corpo e condizioni esterne come umidità, temperatura, sudorazione o proprietà materiali dei tessuti. In base al regolamento CLP (CE) n. 1272/2008 la permetrina è classificata come sensibilizzante della pelle della categoria 1 con indicazione di pericolo H317 (“Può provocare una reazione allergica della pelle”). Nell’UE, nell’ambito della valutazione della sostanza attiva come da regolamento (UE) sui biocidi n. 528/2012, la permetrina è giudicata non cancerogena.
Una bozza di norma contenente requisiti controversi
A marzo del 2020 è stata pubblicata la prima bozza di norma su questo tema: la EN 17487 “Indumenti protettivi – Capi d’abbigliamento trattati con permetrina allo scopo di proteggere dai morsi di zecche”. Il documento descrive i requisiti necessari e le prove da svolgersi sugli indumenti trattati con permetrina affinché sia data una protezione dalle punture di zecche (anche dopo un numero predefinito di lavaggi effettuati a determinate condizioni). Nello stesso tempo nella bozza viene affermato che gli indumenti in essa descritti sono “innocui” per chi li indossa.
Ai sensi della bozza, negli indumenti confezionati il tenore medio di permetrina non deve eccedere i 1600 mg per m2 di tessuto ed è ammessa una disomogeneità non superiore al 20%. Con ciò sarebbero possibili concentrazioni locali di permetrina superiori a 1900 mg/m². Gli studi finora condotti in merito alla tutela della salute degli utilizzatori di tessuti trattati con permetrina (per es. 1, 2, 3) prevedevano per lo più un tenore di 1250 mg per m2 di tessuto. Il dosaggio raccomandato dall’OMS 4 per cappotti, giacche, camicie a manica lunga e pantaloni è di 1,25 g/ m2 (equivalenti a 1250 mg/m2), quello raccomandato per le camicie a manica corta addirittura di 0,8 g/m2 soltanto. Il valore indicato nella bozza di norma si attesta pertanto decisamente al di sopra delle concentrazioni raccomandate.
Nell’inchiesta del 2020 la Germania si è espressa a sfavore di tale elevata concentrazione di permetrina. Non sono infatti disponibili dati in grado di rivelare se tale concentrazione sia necessaria (o venga invece promossa solo per via delle procedure attualmente adottate da alcuni produttori) e, nello stesso tempo, non è chiaro se, in caso di uso prolungato degli indumenti, detta concentrazione possa finire per esplicare degli effetti nocivi. Attualmente è in corso l’inchiesta pubblica relativa a una seconda bozza di norma in cui continua a essere riportato l’elevato valore di permetrina.
La bozza affronta anche la questione dei “requisiti in materia di tutela della salute degli utilizzatori”. A tal proposito viene fatto riferimento al valore DGA (accepted daily intake) – ossia la dose giornaliera ammissibile – indicato dall’OMS. Secondo la bozza “si prevede che, in caso di normale uso professionale degli indumenti e copertura della parte superiore e inferiore del corpo (torso, braccia, gambe), nell’arco di una giornata lavorativa di otto ore il valore DGA del 20% non venga superato. In caso di utilizzo più prolungato – p. es. durante una giornata lavorativa di 24 ore – viene raggiunto al massimo il 60% del valore DGA”.
A seconda del metodo di trattamento, la modalità di fissaggio della permetrina al tessuto assume tuttavia un ruolo di rilievo. Nell’allegato E dell’attuale bozza di norma si legge la seguente avvertenza: “Se la permetrina non è stabilmente fissata al tessuto, il valore DGA della stessa può venire superato, soprattutto laddove la concentrazione iniziale di questa sostanza si avvicini al tenore massimo di permetrina nei tessili indicato nel presente documento”. Nella sezione E 10.4, inoltre, il gruppo di lavoro competente fa notare che non esistono metodi normati che consentano di valutare in maniera affidabile gli effetti che la permetrina ha sulla salute.
La bozza di norma, dunque, lascia senza risposta alcuni interrogativi. In via di principio è opportuno che vengano normati dei metodi di prova per i DPI trattati con permetrina. Sarebbe altresì importante standardizzare i metodi d’impregnazione e riuscire a capire in che misura incidono sul tasso di rilascio e, dunque, sull’assorbimento da parte dell’uomo in presenza di diverse condizioni. Solo allora sarà davvero possibile valutare i rischi. Nel frattempo, in linea con l’imperativo della riduzione ai minimi termini e date le limitate conoscenze scientifiche disponibili, per quanto riguarda l’impregnazione non si dovrebbe superare la concentrazione media di 1250 mg/m2.
Dr. Anja Vomberg
Dr. Michael Thierbach
Fonte: Kanbrief, n. 3/2021
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