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La tecnologia Internet of Things può contribuire alla tutela della sicurezza?

La tecnologia Internet of Things può contribuire alla tutela della sicurezza?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: DPI

21/07/2023

Un contributo si sofferma sulla tecnologia Internet of Things per la salute e sicurezza dei lavoratori presentando una disamina delle applicazioni, dei rischi e dell’impatto sul mondo del lavoro. Focus sulla tecnologia indossabile e sui rischi.

Urbino, 21 Lug – La sempre più grande diffusione delle nuove tecnologie nella vita quotidiana e nel mondo del lavoro richiede “nuove riflessioni nel campo giuslavoristico, dovendosi necessariamente interrogare sulla natura e sulla funzione delle stesse nell’ambito del rapporto di lavoro”.

Infatti i vari strumenti tecnologicamente avanzati e le recenti applicazioni “non hanno più una finalità ancillare al rapporto giuridico in cui vengono utilizzati, ma la loro operatività assurge ad elemento essenziale delle obbligazioni principali”. E ciò è sicuramente avvenuto “con lo sviluppo della tecnologia dell’Internet of Things (IoT ovvero Internet delle Cose), intendendo con tale locuzione l’insieme di connessioni internet operate da oggetti e da luoghi, senza l’intervento di operatori umani”.

 

A presentare, in questi termini, la necessità di riflettere su queste nuove tecnologie, è un contributo pubblicato sul numero 2/2022 di “Diritto della sicurezza sul lavoro”, rivista online dell'Osservatorio Olympus dell' Università degli Studi di Urbino.

 

Nel contributo “Internet of Things al servizio della salute e della sicurezza dei lavoratori”, di Antonio Ambrosino (assegnista di ricerca di Diritto del lavoro nell’Università di Modena e Reggio Emilia), viene esaminato in particolare il ruolo dei dispositivi di protezione individuale evoluti nell’ambito del rapporto di lavoro con riferimento all'impiego della c.d. “tecnologia indossabile”, che rappresenta un’area di sviluppo dell’ Internet of Things.

 

Il contributo analizza, inoltre, la possibilità, da parte del datore di lavoro, di poter assolvere all’obbligazione di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c. mediante l’utilizzo della tecnologia dell’Internet of Things. E si sofferma anche sulla verifica del pieno rispetto delle tutele in materia di privacy e dati personali dei prestatori.

 

Presentiamo il saggio contributo soffermandoci, in particolare, sulla descrizione delle nuove tecnologie, delle applicazioni e dei possibili rischi:



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Tecnologia Internet of Things e aree di sviluppo

Il contributo ricorda che la tecnologia Internet of Things riguarda ‘un’infrastruttura globale per la società dell’informazione, che consente di disporre di servizi avanzati interconnettendo oggetti (fisici o virtuali) grazie alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) interoperabili esistenti o in evoluzione’ ( ITU, Agenzia specializzata delle Nazioni Unite per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione). In questo contesto – continua il saggio – “gli oggetti possono collegarsi alla rete, comunicare il proprio status e i dati sul proprio utilizzo, come statistiche ed altro, ed accedere ad informazioni utili per il proprio funzionamento, in modo del tutto automatico”. E nello specifico, la IoT si riferisce “all’interconnessione di oggetti all’infrastruttura internet attraverso dispositivi informatici incorporati, come chip di identificazione a radiofrequenza (RFID) e sensori vari. Tale connessione può avvenire, peraltro, tanto tra oggetto e oggetto (Machine to Machine), quanto tra essere umano e oggetto (Machine to Human)”.

 

Le applicazioni nel campo dell’ Internet of Things sono molteplici e potrebbero altresì “giocare un ruolo fondamentale in tema di sicurezza sul lavoro, offrendo una tutela prevenzionistica rafforzata da strumenti di protezione c.d. smart: non semplici oggetti, ma ‘cose’ capaci di processare dati ed informazioni del mondo fisico attraverso la digitalizzazione on line di essi”.

Si ricorda che la tecnologia IoT si articola, attualmente, “su tre aree di sviluppo:

  • la ‘tecnologia indossabile’ (Wearable Computing ovvero Wearable devices), ossia informazioni ricavabili da vestiti, occhiali, orologi che contengono sensori interconnessi tra loro;
  • la ‘quantificazione del sé’ (Quantified Self), ossia gestione di informazioni relative al proprio corpo come tracciati del sonno, battiti cardiaci, indicatori dell’attività fisica, delle calorie bruciate in riferimento all’attività svolta;
  • la ‘domotica’ (Home Automation/Domotics) ossia connessioni automatiche alla rete internet nelle abitazioni e negli uffici, che avvisano gli utenti di talune circostanze che si realizzano in quegli ambienti, come la rilevazione continuata e in remoto della presenza di individui o cose ed i loro movimenti”.

 

Internet of Things, tecnologia indossabile e applicazioni

Se tutte le possibili aree di sviluppo potrebbero essere utilizzate per scongiurare gli infortuni e le malattie sul lavoro, “una sicura vocazione prevenzionistica potrebbe essere assunta dalla c.d. tecnologia indossabile”.

Si indica che una declinazione applicativa di questa tecnologia è rappresentata “dalla Radio Frequency ID Devices (RFID), anche nota come ‘etichette intelligenti’; tale tecnologia è costituita da dispositivi microscopici simili a microchip contenenti un identificativo, che è possibile riconoscere attraverso un lettore compatibile e funzionante in radiofrequenza. I predetti dispositivi vengono per lo più utilizzati per l’identificazione e/o il tracciamento automatico degli oggetti mediante radiofrequenza. Ma le etichette intelligenti potrebbero anche fornire informazioni sulle persone e, nel caso di specie, sui lavoratori che le indossano”.

 

Anche l’agenzia europea EU-OSHA si è occupata del tema, “interrogandosi proprio sui vantaggi e le criticità della tecnologia di monitoraggio incorporata ed indossabile”.

 

Si pensi, ad esempio, “all’utilizzo di arnesi potenzialmente pericolosi per l’integrità fisica di chi li maneggia, come i coltelli adottati in macelleria, che vengono ‘potenziati’ attraverso la tecnologia IoT e divengono capaci di localizzare la loro posizione e, eventualmente, segnalare all’utilizzatore la presenza dell’utensile in luogo fisico diverso dall’ordinaria postazione di lavoro al fine di evitare ferimenti involontari; oppure, si pensi ancora, agli occhiali dotati di schermi e funzionalità di realtà virtuale da adoperare lungo le catene di montaggio in grado di poter indurre i lavoratori a cambiare volontariamente i loro atteggiamenti o comportamenti, indirizzandoli verso percorsi e/o luoghi sicuri, attraverso la persuasione posta in essere con luci o altri impulsi”.

 

Internet of Things, dispositivi di protezione e possibili rischi

Tuttavia l’utilizzo dei predetti dispositivi di protezione individuale intelligenti (smart PPE personal protective equipment) “costringe a rivedere gli attuali modelli organizzativi adottati poiché l’innovazione tecnologica se, da un lato, è capace in astratto di potenziare il cordone di sicurezza intorno alla persona del lavoratore, dall’altro, è essa stessa foriera di altrettanti potenziali rischi psicosociali in capo al prestatore, come il rischio di ambiguità e carenza di informazioni sul ruolo, sulle responsabilità, sui compiti da eseguire, sino ad invadere la sfera di riservatezza personale del dipendente”.

 

E a tali rischi indiretti, infine, possono esserne aggiunti altri prettamente “fisici” legati “all’utilizzo di tali nuove tecnologie. Si pensi alle patologie riguardanti l’apparato muscolo-scheletrico derivanti dai rischi ergonomici, all’esposizione alle onde elettromagnetiche emesse dai telefoni cellulari e da qualunque dispositivo dotato di connessione wireless, nonché al sovraccarico informativo e della mancanza di separazione tra vita privata e vita professionale”.

 

Dunque le potenzialità e rischi connessi alle nuove tecnologie “richiedono giocoforza una mappatura delle fonti di pericolo e di ricostruzione dei ruoli giuridici inedita poiché taluni dispositivi di sicurezza, stante la loro intrinseca capacità di processare informazioni e dati, potrebbero autonomamente inibire taluni comportamenti del lavoratore al fine di scongiurare situazioni pericolose rilevate, sostituendosi di fatto al datore di lavoro”.

 

Concludiamo rimandando alla lettura integrale del contributo che, presentando le riflessioni in materia giuslavoristica, si sofferma anche, come anticipato in apertura di articolo, su:

  • adempimento dell’obbligo datoriale di sicurezza ai sensi dell’art. 2087 c.c.
  • compatibilità con la tutela della privacy dei dati dei prestatori di lavoro.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Università di Urbino Carlo Bo, Osservatorio Olympus, Diritto della sicurezza sul lavoro, “Internet of Things al servizio della salute e della sicurezza dei lavoratori”, a cura di Antonio Ambrosino, assegnista di ricerca di Diritto del lavoro nell’Università di Modena e Reggio Emilia, DSL n. 2/2022.

 



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