Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Classificazione e uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie
Roma, 12 Ott – I dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie sono DPI di terza categoria, la categoria che - come indicato del D.Lgs. n. 475 del 4 dicembre 1992 - comprende i DPI di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente. E per permettere il loro uso corretto sono obbligatorie l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori.
Per cercare di migliorare la conoscenza di questi importanti DPI riprendiamo ad occuparci del progetto multimediale Impresa Sicura – un progetto elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail - che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013.
Pubblicità
Nel documento “ ImpresaSicura_DPI”, correlato al progetto, viene presentata una raccolta dettagliata di informazioni sui Dispositivi di Protezione Individuale e un capitolo di quasi 200 pagine è dedicato ai I DPI a protezione delle vie respiratorie che sono chiamati anche APVR (apparecchi protezione vie respiratorie).
Questi mezzi di protezione delle vie di respirazione, che servono ad “evitare l’inalazione di sostanze nocive quali aerosol e aeriformi” e a “fornire ossigeno in quantità sufficiente alla respirazione”, “devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva quali impianti di aspirazione, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro, dopo analisi e valutazione del rischio”.
Il documento ricorda che per fare una scelta corretta per la protezione delle vie respiratorie, si devono considerare almeno i seguenti fattori:
- “tipo di sostanza: corretta scelta del tipo di filtro; necessità/opportunità di proteggere altre parti del volto (occhi - viso);
- concentrazioni: capacità del filtro in relazione al tempo di esposizione;
- visibilità: riduzione della protezione;
- libertà movimento: riduzione del peso e del disagio;
- anatomia del viso: adeguatezza maschera;
- condizioni ambientali”.
Dopo aver riportato le indicazioni del D. Lgs. 81/2008 sugli ulteriori “criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo” e le norme tecniche sulla protezione delle vie respiratorie, il documento ricorda che i DPI di protezione delle vie respiratorie, a seconda che dipendano o meno dall’atmosfera ambiente, si distinguono in:
- respiratori isolanti;
- respiratori a filtro;
- respiratori a barriera d’aria con filtro.
I respiratori isolanti sono dispositivi di protezione delle vie respiratorie che “consentono di respirare indipendentemente dall’atmosfera circostante. Il dispositivo infatti impedisce il contatto con l’atmosfera esterna e fornisce ossigeno o aria da una sorgente autonoma non inquinata. In particolare devono essere utilizzati quando:
- la percentuale di ossigeno è inferiore al 17%;
- la concentrazione dei contaminanti è superiore ai limiti di utilizzo dei respiratori a filtro;
- non si conosce la natura e/o la concentrazione dei contaminanti;
- in presenza di gas/vapori con scarse proprietà di avvertimento (es.: il contaminante ha soglia olfattiva superiore al valore limite di esposizione professionale)”.
Inoltre a seconda che la sorgente di aria possa o meno spostarsi insieme all’utilizzatore, i respiratori isolanti si suddividono in:
- respiratori isolanti autonomi (autorespiratori): “possono essere utilizzati ad esempio, nella pulizia, verniciatura e trattamento a pennello/rullo o spruzzo delle parti interne di strutture dimensionalmente consistenti, concave”. Sono costituiti da “maschere intere o semimaschere con erogatori a domanda alimentati con gas respirabile contenuto in un recipiente a pressione (il sistema è dotato di riduttore di pressione per consentire la respirazione). Offrono una maggiore libertà di movimento rispetto ai sistemi isolanti non autonomi, ma essendo sistemi piuttosto complessi richiedono una formazione di livello elevato e una manutenzione rigorosa. Sono di autonomia ridotta rispetto ai sistemi isolanti non autonomi”. Possono essere a circuito aperto (l’aria espirata viene rilasciata all’esterno) oppure a circuito chiuso. Particolari respiratori isolanti autonomi “sono le attrezzature per uso subacqueo come gli autorespiratori per uso subacqueo a circuito chiuso e gli autorespiratori per uso subacqueo a circuito aperto ad aria compressa, mentre gli scafandri per sommozzatori sono dei particolari respiratori isolanti non autonomi”;
- respiratori isolanti non autonomi: “sono riforniti di aria respirabile esterna all’ambiente di lavorazione (solitamente si tratta di aria compressa in linea). Hanno lo svantaggio della ridotta libertà di movimento, ma sono di autonomia superiore agli autorespiratori. Pertanto sono indicati per le attività che implicano la stazione fissa e lunghe durate”. “Oltre agli autorespiratori per l’esecuzione normale delle lavorazioni, vi sono anche autorespiratori per la fuga (di autonomia ridotta), ovviamente per l’uso in situazioni di emergenza”.
Veniamo ai respiratori a filtro che sono dispositivi di protezione delle vie respiratorie “nei quali l’aria inspirata passa attraverso un materiale filtrante (filtri) in grado di trattenere gli agenti inquinanti. I filtri si classificano in base al tipo, alla classe e al livello di protezione”.
In particolare i respiratori a filtro possono essere:
- “non assistiti (l’aria passa all’interno del facciale solo mediante l’azione dei polmoni);
- a ventilazione assistita (l’aria passa all’interno del facciale costituito da una maschera mediante un elettroventilatore normalmente trasportato dallo stesso utilizzatore; questi dispositivi forniscono una certa protezione anche a motore spento);
- a ventilazione forzata (l’aria passa all’interno del facciale costituito da un cappuccio o da un elmetto mediante un elettroventilatore normalmente trasportato dallo stesso utilizzatore; questi dispositivi non sono concepiti per fornire protezione anche a motore spento)”.
Chiaramente laddove si utilizzino respiratori a filtro a ventilazione forzata o assistita “dovrà essere prestata particolare attenzione alla manutenzione dei motori e delle batterie”.
Inoltre i respiratori a filtro sono classificati in base al tipo di inquinante dal quale i lavoratori devono essere protetti:
- respiratori con filtri antipolvere: “sono costituiti da materiale filtrante di varia natura in grado di trattenere le particelle di diametro variabile, in funzione della porosità. I filtri antipolvere (da montare su maschere o semimaschere) e i respiratori con filtro antipolvere (facciali filtranti, elettrorespiratori con cappuccio, elettrorespiratori con maschera) sono suddivisi in tre classi in base alla diversa efficienza di filtrazione”;
- respiratori con filtri antigas che proteggono da gas e vapori: “i filtri antigas hanno filtri a carbone attivo che, per assorbimento fisico o chimico, trattengono l’inquinante. Non vengono suddivisi in base all’efficienza filtrante (che deve essere sempre del 100%), ma sono classificati in base alla capacità intesa come ‘durata’ a parità di altre condizioni e in base al tipo di inquinante dal quale proteggere i lavoratori;
- respiratori con filtri combinati che proteggono da aerosol e aeriformi: “i filtri combinati trattengono oltre ai gas anche particelle in sospensione solide e/o liquide; la combinazione deve essere realizzata in modo che l’aria di inspirazione attraversi prima il filtro antipolvere
- respiratori a barriera d’aria con filtri”;
I respiratori a barriera d’aria con filtro sono, infine, “ dispositivi di protezione delle vie respiratorie che consentono di eseguire un lavaggio delle prime vie aeree mediante una visiera, ancorata alla parte superiore del capo, che copre tutto il volto, ed un flusso di aria laminare che viene fatto scorrere sul lato interno di essa, a pressione, dall’alto verso il basso. La visiera non aderisce alla faccia e fa defluire l’aria immessa in modo naturale. Non si ha quindi isolamento dall’ambiente circostante, ma una diluizione dell’inquinante presente a livello del naso e della bocca dell’utilizzatore. L’aria compressa viene filtrata e successivamente regolata in base alle esigenze operative: la compressione avviene mediante collegamento di questo dispositivo ad un impianto di compressione locale, mentre vengono utilizzate cartucce in carbone attivo, alloggiate nella cintura dell’operatore, per la decontaminazione dell’aria”.
Inoltre la presenza della visiera “permette non solo la protezione da inalazione di agenti tossici, ma anche il riparo del viso e in particolar modo degli occhi da schizzi e contatti accidentali”.
Questa tipologia di DPI ha il “vantaggio di essere di peso e ingombro limitato e andrebbe utilizzato, in sostituzione alla più classica mascherina filtrante, quando l’atmosfera circostante contiene elevate concentrazioni di inquinanti pericolosi per la salute, soprattutto se si opera in spazi di lavoro confinati o se, per la conformazione\dimensione del manufatto, l’aspirazione localizzata non è sufficientemente efficace. Rientrano in questa categoria gli apparecchi respiratori con maschera per saldatura amovibile”.
Concludiamo dando, infine, qualche indicazione sull’utilizzo e la manutenzione degli APVR.
Innanzitutto è necessario verificare la tenuta del respiratore prima di entrare nell’area di lavoro, ricordando che la “presenza di basette lunghe oppure di barba, baffi o una rasatura non curata, può pregiudicare la tenuta sul viso del respiratore”. E non bisogna mai dimenticare che i respiratori “vanno indossati e/o tolti in atmosfera non inquinata”.
Inoltre dopo ogni utilizzo, la semimaschera, la maschera pieno facciale o l’elettrorespiratore utilizzati con regolarità devono essere puliti e disinfettati, poiché “eventuali residui di saliva o di traspirazione possono solidificarsi sulle valvole, impedendone il corretto funzionamento.
L’integrità del respiratore va sempre controllata, anche nel caso di maschere tenute a disposizione per i casi di emergenza”. E nelle istruzioni per l’uso “è sempre indicato se il respiratore necessita di manutenzione (sostituzione periodica delle valvole e delle parti usurabili) e come questa deve essere effettuata”.
Riportiamo, infine, ulteriori indicazioni sulla manutenzione dei DPI:
- “la presenza di fori, abrasioni può modificare il grado di protezione del respiratore;
- la maschera deve essere disinfettata prima dell’uso da parte di altro utilizzatore;
- i facciali filtranti hanno una perdita di tenuta nel tempo, di cui bisogna tener conto;
- le norme tecniche prevedono, in generale, che il facciale sia sostituito ad ogni turno di lavoro, e qualora il facciale abbia bordo di tenuta, al massimo dopo tre turni lavorativi. Bisogna, in ogni caso, considerare le risultanze della valutazione del rischio, quindi la natura del contaminante e la sua concentrazione;
- la durata del filtro dipende da una serie di fattori diversi, quali concentrazione e natura del contaminante, temperatura, umidità, nonché capacità polmonare e ritmo respiratorio dell’utilizzatore. La durata del filtro non è pertanto definibile a priori”;
- in generale il filtro antipolvere è “da sostituire quando aumenta la resistenza di respirazione (inalazione)” e il filtro antigas è da sostituire “quando il carbone attivo ha esaurito la sua capacita di assorbimento, cioè quando l’utilizzatore avverte il sapore o l’odore della sostanza”.
Il sito “ Impresa Sicura”: l’accesso via internet è gratuito e avviene tramite registrazione al sito.
RTM
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.