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Quando diciamo Design for All … di che cosa parliamo?

Quando diciamo Design for All … di che cosa parliamo?

Design for All non è una formula, bensì un modo di intendere la progettazione che ha significative ricadute sul benessere delle persone e sulla stessa sicurezza sul lavoro.

Innanzitutto occorre chiarire che il Design for All non è il Design per la disabilità, anche se strettamente connessi e intersecati sono gli ambiti disciplinari. 

L’attenzione alla disabilità ha origine nella prima metà del Novecento a seguito degli effetti devastanti delle Guerre mondiali sulla popolazione. Tanto per dare un numero, gli invalidi causati dalla Prima Guerra Mondiale in Italia furono quasi 500.000. È chiaro che di fronte a queste cifre, la disabilità riguardava per la prima volta una fascia di popolazione molto ampia e costituiva, quindi un fenomeno sociale. Nei decenni a seguire il concetto di disabilità si è poi esteso piano piano ad un più generale modo di valutare le prestazioni degli individui, considerando quindi da un lato i diversi tipi di possibili difficoltà motorie e percettive, fino a quelle cognitive, e infine venendo a comprendere anche gli impedimenti indotti semplicemente dall’avanzare dell’età. In un certo senso ci si è gradualmente accorti che pochi sono nel pieno possesso di tutte le funzioni fisiche e quasi nessuno lo è costantemente nella vita. Per lo più tutti sperimentiamo anche temporaneamente qualche disabilità: è sufficiente rompersi una gamba, ma anche avere un bimbo piccolo o un’età avanzata per capire quanto gli ostacoli, prima banali della vita quotidiana, possano essere insormontabili. 

Progettare for All significa quindi progettare per noi stessi e non per un individuo ipotetico. 

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Disabilità e Handicap 
La disabilità è conseguenza di una menomazione che determina un'incapacità di agire, mentre l’handicap è lo svantaggio che il soggetto disabile affronta quando è inserito nella comunità. Questa distinzione è molto importante perché mette in evidenza il fatto che l’ambiente umano, a differenza di quello naturale, può e deve essere costruito a misura d’uomo.

Il Design for All (DfA) ha le proprie origini nel funzionalismo scandinavo degli anni '50 del secolo scorso e a partire dagli anni '60 nell'ergonomia. Un grande ruolo in questa disciplina è stato giocato dalla politica scandinava del welfare, che alla fine degli anni ’60 ha coniato il concetto della “società per tutti”, confluito poi nelle Regole delle Nazioni Unite per le Pari Opportunità per le Persone Disabili, adottate dall’Assemblea Generale dell’ONU nel '93. L’orientamento delle Regole verso l’accessibilità, in un chiaro contesto di uguaglianza, è fonte continua d‘ispirazione, per lo sviluppo della filosofia del Design for All. Concetti analoghi si sono sviluppati con lo Universal Design statunitense, che fornisce delle pratiche liste di controllo a supporto ai progettisti per condurre e monitorare i progetti, o l'Inclusive Design britannico. Negli ultimi decenni la Comunità Europea prima e l'Italia poi, hanno emanato leggi volte all'eliminazione delle barriere architettoniche, per garantire ai diversi livelli, l'accessibilità agli edifici delle persone disabili.

Il Design for All è un approccio culturale al progetto che, tenendo conto della normativa, amplia l'orizzonte oltre la mera applicazione della legge, coniugando gli aspetti tecnici con quelli più generali della qualità del progetto architettonico e in definitiva della qualità della vita.

In un mercato globale, sempre più si amplia la gamma delle diversità umane, anagrafiche, culturali e di abilità. Si sopravvive a malattie e infortuni e si convive con disabilità come mai prima. Sebbene il mondo odierno sia un luogo complesso, è un luogo fabbricato dall’uomo e, quindi, per il quale possiamo – e dobbiamo – fondare i nostri progetti sul principio dell’inclusione.  

“Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza” (dalla Dichiarazione di Stoccolma dell’EIDD, 2004). 

Questo approccio interdisciplinare, lungi dall’essere un vincolo, è un’opportunità creativa ed etica per i progettisti, gli imprenditori, gli amministratori pubblici, i politici e i decisori. Lo scopo del Design for All è facilitare per tutti le pari opportunità di partecipazione, in ogni manifestazione della società. Per realizzare lo scopo, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, le attrezzature digitali, la cultura e le informazioni – in breve ogni cosa progettata e realizzata da persone perché altre persone la utilizzino – devono essere comode da usare per ognuno nella società e capaci di rispondere all’evoluzione della diversità umana: devono insomma essere accessibili. 

Accessibilità è quindi la parola chiave, intesa tuttavia in modo ampio, considerando oltre agli aspetti motori, ai quali siamo spesso portati a limitare la riflessione, anche gli aspetti sensoriali e cognitivi. 

Gli individui sono tutti diversi e, in quanto tali, preziosi. Non esiste l’individuo standard. La diversità umana è in tal senso una risorsa a cui un prodotto for All flessibilmente si adegua. Molto importante in tal senso è anche l’approccio multisensoriale che consente di accontentare il maggior numero di persone venendo incontro e compensando i deficit di ciascuno. Dalla piccola alla grande scala, un prodotto for All tiene conto infatti degli aspetti visivi determinati dalla luce e dal contrasto cromatico, ad esempio nei percorsi per gli ipovedenti, di quelli tattili derivanti dalla forma ergonomica e dalla scabrosità delle superfici, che facilitano la prensione degli oggetti per le persone con ridotta capacità delle mani o che guidano i ciechi nell’uso di oggetti, di quelli acustici o olfattivi che possono essere anche essi guide naturali, oltre che fattori di benessere. 

Se si parte dal presupposto che il Design for All è il progetto per l'inclusione sociale, il progetto che soddisfa non solo i bisogni, ma anche le aspirazioni di tutti, è importante considerare i cosiddetti “utenti finali” come soggetti attivi, di cui è necessario conoscere e considerare la variegata composizione, ma anche le reazioni di fronte all'ambiente. Un prodotto for All quindi deve essere anche bello per contribuire al benessere fisico e spirituale degli individui e non costituire un motivo di disagio per chi lo usa. 

La percezione che i fruitori hanno delle architetture e dei prodotti, può essere infatti profondamente diversa da quella propria degli addetti ai lavori. Si parla di Design for All e quindi di forma e funzione, ma in un'ottica che tiene conto anche degli sguardi “esterni” rispetto a quelli dei progettisti. 

Come fruitori inoltre non dobbiamo intendere unicamente gli '“utilizzatori” nelle loro diverse potenzialità ed esigenze, ma anche coloro che si trovano a produrre, immagazzinare, commercializzare, mettere in opera o gestire a vario titolo un prodotto o un sistema. 

Progettare per tutti significa ampliare il numero di destinatari possibili di un prodotto o di un sistema, significa potenziare l'offerta, ampliare il mercato e rendere sostenibile il progetto. 

Progettare luoghi e prodotti amichevoli, che si fanno capire, che si lasciano usare, che anzi invitano a servirsi di loro per rendere tutti più liberi, significa imparare ad ascoltare e considerare che la vita di un manufatto inizia compiutamente con il suo utilizzo. 

Marcella Gabbiani 

Fonte: PdE, n. 62
 



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