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Sulla individuazione del mobbing nella pubblica amministrazione

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Datore di lavoro

13/06/2011

La condotta di mobbing del datore di lavoro deve essere provata dal dipendente ed in ogni caso determinati comportamenti non possono essere qualificati come mobbing se è dimostrato che vi è una ragionevole e alternativa spiegazione. A cura di G.Porreca.

 
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Perché sia configurato un mobbing è necessaria la sussistenza di una concorrenza di elementi quali a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore e d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio. E’ quanto emerge dalla lettura di questa sentenza della Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale Bari Puglia. Va pertanto esclusa, sostiene il T.A.R. la ricorrenza di una condotta mobbizzante quando la valutazione complessiva dell'insieme delle circostanze addotte e accertate nella loro materialità, pur se idonea a palesare elementi e episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di verosimiglianza, il carattere unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro.
 
In particolare, la condotta di mobbing dell'Amministrazione pubblica datrice di lavoro, consistente in comportamenti materiali o provvedimentali contraddistinti da finalità di persecuzione e di discriminazione deve essere provata dal dipendente ed in ogni caso determinati comportamenti non possono essere qualificati come mobbing se è dimostrato che vi è una ragionevole e alternativa spiegazione.
 

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Il caso
Un ufficiale ha citato in giudizio l’amministrazione militare di appartenenza chiedendo un risarcimento per danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da condotte di mobbing asseritamente poste in essere nei suoi confronti da colleghi e da superiori gerarchici nel corso di innumerevoli anni di servizio. Il ricorrente ha messo in evidenza alcuni episodi a suo dire sintomatici di una condotta mobbizzante mentre l’amministrazione di appartenenza resistente ha negato qualsiasi comportamento mobbizzante facendo presente che nei confronti dell’ufficiale non ha messo in atto alcun demansionamento, che lo stesso ha ottenuto una nuova sede di lavoro nonché un incarico previsto per il ruolo ed il grado da lui rivestito ed ancora che lo stesso è stato sottoposto a numerose visite mediche che hanno attestato la sua idoneità al servizio, che l’ufficiale aveva presentate innumerevoli istanze al fine del conferimento con i propri superiori tutte accolte e che pertanto non vi era alcun elemento da far pensare ad una condotta di mobbing.
 
Il ricorso e le decisioni del Tribunale Amministrativo Regionale
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, ha però respinto il ricorso sostenendo che  "la regola generale dell'onere probatorio, secondo cui spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti su cui fonda la pretesa avanzata, trova infatti integrale applicazione nel giudizio risarcitorio, nel quale non ricorre quella diseguaglianza di posizioni tra amministrazione e privato che giustifica nel giudizio di legittimità l'applicazione del principio dispositivo con metodo acquisitivo" (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3380) ed ancora che "L'azione risarcitoria non è soggetta alla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì al principio dell'onere della prova (artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.) in quanto inerente a processo avente ad oggetto diritti (risarcitori); ed invero, trattandosi di giudizio che verte principalmente sull'esistenza delle condizioni perché un danno possa ritenersi ingiusto, occorre innanzitutto la prova della sua esistenza e del suo ammontare, consistente nella verifica positiva degli specifici requisiti e, in particolare, nell'accertamento di una effettiva lesione alla propria posizione giuridica soggettiva tutelata ovvero la violazione della norma giuridica che attribuisce la protezione a tale interesse" (Consiglio di Stato Sez. IV, 21 aprile 2009, n. 2435).”Spetta alle parti” , ha quindi proseguito il T.A.R., “l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni." per cui il Collegio nel caso in esame ha ritenuto di rigettare il ricorso non avendo il ricorrente provveduto a fornire prova alcuna della "condotta persecutoria" dell'intento persecutorio della Pubblica Amministrazione datrice di lavoro.
 
Richiamando, altresì la sentenza della Corte di Cassazione civile Sez. lav. n. 3785 del 17 febbraio 2009, ha precisato il Tribunale amministrativo che “Per ‘mobbing’ si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità” per cui ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti: “a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio.".
 
Citando, inoltre, la sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV  n. 2272 del 21 aprile 2010, ancora ha sostenuto il T.A.R. che "La ricorrenza di una condotta mobbizzante va esclusa quante volte la valutazione complessiva dell'insieme delle circostanze addotte e accertate nella loro materialità, pur se idonea a palesare ‘singulatim’ elementi e episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di verosimiglianza, il carattere unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro". Secondo il Collegio amministrativo giudicante, ancora, “La condotta di mobbing dell'Amministrazione pubblica datrice di lavoro, consistente in comportamenti materiali o provvedimentali contraddistinti da finalità di persecuzione e di discriminazione, indipendentemente dalla violazione di specifici obblighi contrattuali nei confronti di un suo dipendente, deve da quest'ultimo essere provata e, a tal fine, valenza decisiva è assunta dall'accertamento dell'elemento soggettivo, e cioè dalla prova del disegno persecutorio (Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2010, n. 1991)" e costituisce mobbing “l'insieme delle condotte datoriali protratte nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all'emarginazione del dipendente con comportamenti datoriali, materiali o provvedimentali, indipendentemente dall'inadempimento di specifici obblighi contrattuali o dalla violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato; sicché, la sussistenza della lesione, del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata, procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi, considerando l'idoneità offensiva della condotta, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificatamente da una connotazione emulativa e pretestuosa. Tuttavia, determinati comportamenti non possono essere qualificati come mobbing se è dimostrato che vi è una ragionevole e alternativa spiegazione (Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2015) ".
 
È evidente” ha quindi concluso la Sez. I pronunciandosi definitivamente sul sul rigetto del ricorso, “che nel caso di specie i comportamenti posti in essere dalla P.A. resistente nei confronti dell'odierno ricorrente non si caratterizzano per il carattere unitariamente persecutorio e discriminante (il cui onere probatorio, rimasto inadempiuto, gravava - come detto - su parte ricorrente) mancando altresì la prova del disegno persecutorio. Né detti comportamenti possono essere qualificati come ‘mobbing’ posto che la stessa amministrazione, come visto in precedenza, ha dimostrato nel corso del presente giudizio che vi è una ragionevole e alternativa spiegazione”.
 
 
 
 
 


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Rispondi Autore: g. s. - likes: 0
19/07/2014 (02:26:10)
Illustre Avvocato


Il sottoscritto Silvestro Giuseppe, nato a Napoli il 16/04/1965, residente a Roma in Via Augusto Genina civ. 10 unitamente alla figlia minore (e orfana) Assistente Capo presso l’Autocentro della Polizia di Stato di Via Magnasco civ. 38, in Polizia dal Maggio del 1990, tel. 349/6840211,
avviato con evidente pretestuosità ed illegittimità a sottoporsi ad un ennesimo iter di accertamenti specialistici di natura psichica (in data 29/04/2013) che ancor ad oggi viene fatto perdurare con accertamenti psichiatrici che lo stesso ha avuto disposizione di effettuare presso il C.M.O. della Cecchignola nella giornata del 22/07/2014,
oltre che sottoposto al quarto procedimento disciplinare instaurato (il 10/04/2014) ai sensi dell’Art. 7, comma 3, 4 e 6, del D.P.R. 737/1981 (licenziamento) che verrà concluso ai primi di Agosto,
entrambi (esposti nel dettaglio verso la fine della presente) volti ad estrometterlo dai ruoli della Polizia,
espone
premessa
le seguenti inusitate e perduranti a catena, da lustri, vicissitudini lavorative in ambito POLIZIA DI STATO suggerendo di porvi attenzione e sensibilità non tanto per quanto riguarda frequenza ed entità dei provvedimenti irrogati od inflitti (seppur pretestuosi ed illegittimi) ma bensì al sistema - evidente e come diffusamente consolidato/agevolato, di travisamento e ertefazione della realtà, nonché di sviamenti, abusi, omissioni e sistematiche cattiverie od indelicatezze - adottato per attivarle (le vicissitudini) e condurle a sfavorevole conclusione nei suoi confronti al fine di estrometterlo dal suo contesto lavorativo O PEGGIO, non potendo infatti non essere stata considerata ogni possibile conseguenza di un tale violento ed incessante vessare (!);
fatti
1) che entrato a fare parte della Polizia di Stato in data 09/05/1990 veniva inviato ad effettuare il corso presso la Scuola di Polizia di Trieste ed al termine di questo si determinava il suo trasferimento a Roma,
ove, presso il Commissariato Prati, uno dei primi concreti provvedimenti avversi adottato nei suoi confronti fu il seguente: a seguito di un servizio di vigilanza fissa esterna effettuato presso un obiettivo, pur avendo potenzialmente scongiurato che ivi si verificassero problemi od incidenti, veniva sottoposto ad un procedimento disciplinare per essere stato visto presso tal obiettivo, intorno alle ore 3.00 di notte, a conversare con un collega dei Carabinieri (anche egli lì in servizio con lo stesso turno notturno e incarico) di fatti attinenti proprio quel servizio, in atteggiamento pretestuosamente ritenuto rilassato e sanzionandolo pertanto con il provvedimento disciplinare del richiamo scritto.
In pratica penalizzandolo pur in assenza dei necessari presupposti poiché quel servizio si svolse e concluse senza problemi di nessun genere (ad eccezione di tale procedimento disciplinare, ovvio).
Il sottoscritto non fece ricorso avverso tale provvedimento per mera inesperienza;

2) che nel 1992 il sottoscritto veniva trasferito presso il Reparto Volanti di Roma ove, dopo un iniziale periodo di apparentemente tranquilla attività, iniziarono ad evidenziarsi episodi di intolleranza nei suoi confronti come tendenti a emarginarlo ed isolarlo ma in nessun modo giustificabili essendo questi persona osservante e con buoni comportamenti verso chiunque,
con già da allora episodi di sistematica molestia/provocazione posti in essere ad orari notturni o di riposo, come colpi mirati e dosati inferti in corrispondenza delle pareti del suo alloggio di servizio o alla porta di questo, con anche comportamenti di rumorosità posti in essere mentre questi dormiva ad opera di alcuni colleghi ivi alloggiati, attuati con grossi mazzi di chiavi che cascavano troppo frequentemente in terra in un breve lasso di tempo o con colpi di tosse evidentemente estranei allo stesso ed evidentemente ingigantiti o con la porta dell’armadio personale e della stanza che venivano chiuse quasi sempre con energia eccessiva, etc..
Tali fatti di molestia e/o provocazione non sono mai stati esposti formalmente dal sottoscritto per non essere frainteso, con tutte le ovvie conseguenze del caso (!) comunque più avanti nel tempo patite;
3) che per tutto il periodo di servizio operativo effettuato presso il Reparto Volanti (circa 5 anni) al sottoscritto non fu mai aumentato il punteggio valutativo annuale (doc. 2) pur non avendo questi mai causato incidenti quando era impiegato come autista, né disservizi o problematiche di qualsivoglia genere quando era impiegato come capo pattuglia, né ricevuti inflitti provvedimenti disciplinari (a eccezione di un banale richiamo orale per l’alloggio trovato in lieve disordine a seguito di un controllo dell’allora Vice Dirigente Dr. Lucio Liberatore)
eppur avendo subito due incidenti riconosciuti come dipendenti da causa di servizio ovvero verificatisi nell’adempimento del dovere;
4) che presso la successiva sede di servizio (Ufficio di Gabinetto della Questura di Roma) avendo lì avuto motivo di acquisire documenti amministrativi tra cui il rapporto informativo del Funzionario di Gabinetto Dott.ssa Franchini Lucia (doc. 1) il sottoscritto veniva a conoscere che, con un atto riservatamente indirizzato al Questore e relativamente al suddetto periodo di appartenenza (di cui al punto 2) era stato subdolamente e infondatamente indicato dalla Dott.ssa Giovanna Petrocca (all’epoca dei fatti Funzionario di nucleo presso il Reparto Volanti) di essere stato egli stesso causa di detti episodi di intolleranza.
In merito a tale fatto apparve infatti evidente l’infondatezza di tali assunti poiché non vennero adottati provvedimenti sul sottoscritto, che altrimenti risulterebbero agli atti;
5) che presso tale Ufficio di Gabinetto, nei confronti del sottoscritto, sono stati anche irrogati improvvisi ed inaspettati provvedimenti di spostamento di Ufficio per asserite esigenze di servizio.
Infatti inizialmente assegnato presso l’Ufficio Telegrafo, dopo alcuni mesi veniva spostato all’Ufficio Servizi e dopo qualche settimana da lì all’Ufficio Posta, sino a quando, con un messaggio urgente del 27/6/1998 - comunicatogli però p. p. v. solo alle ore 18.00 circa del 30/6/1998, ovvero poche ore prima dell’ora in cui l’ordine con questo impartito avrebbe dovuto risultare già eseguito (pur essendo gli uffici in esso evidenziati situati nelle immediate vicinanze eppur dovendo organizzarsi con la famiglia e per un genere di servizio totalmente differente) - gli venne anche richiesto di aggregarsi presso il Commissariato “Lido di Roma” (ad Ostia Antica) per tutta la durata del periodo estivo (doc. 4);
6) che il sottoscritto cadeva malato proprio da quella stessa sera del 30/6/1998 per: “Faringo tracheite febbrile” e “Sindrome influenzale febbrile”, con totali sei giorni di prognosi scadenti il 5/07/1998 (doc. 5) così glissando l’ordine di aggregazione ma facendo indispettire i propri superiori gerarchici;
7) che rimessosi da tale malessere il sottoscritto riprendeva quindi servizio presso l’ufficio di appartenenza (Posta) in data 06/07/1998 con turno 8.00/14.00. Intorno alle ore 09.00 di quella stessa mattina però, il sottoscritto veniva perentoriamente convocato dal Funzionario Dott.ssa Lucia Franchini e da Costei inviato d’autorità all’Ufficio Sanitario Provinciale (sito al piano soprastante) per farlo lì sottoporre a visita ad indirizzo psichico (doc. 6) dal di lì Direttore Dr. Sacco Paolo;
8) nella stessa suddetta circostanza la Dott.ssa Franchini Lucia dava a conoscere al sottoscritto che tale decisione era stata adottata sulla base di gravi contenuti di due relazioni di servizio (doc. 7 e 8)
dalle quali però, lì permessagliene la visione insieme al rapporto informativo che le accompagnava (doc. 1) scaturirono solo travisamenti e affermazioni meramente tendenziose prive di qualsivoglia riscontro, nonché, in particolare, un eccezionale e anomala similarità come se fossero state prodotte con l’opzione di Microsoft Word denominata “copia - incolla” piuttosto che individualmente e spontaneamente, sia nella forma che nell’orientamento delle accuse come anche nel descrivere di tutto punto un disturbo bipolare già bello e pronto (!) oltre ad un fatto in nessun modo verificatosi, ovvero di avere innescato un diverbio con un anziano impiegato delle Poste Italiane dell’Ufficio di Piazza S. Silvestro, rispondente al nome di Ziantoni Renato.
Questi stesso però, successivamente contattato dal sottoscritto presso tale sede di servizio (per capire cosa stesse realmente succedendo) in presenza della Direttrice dell’Ufficio Postale riferiva per iscritto di suoi buoni e rispettosi comportamenti (doc. 9).
A nulla valse però far presente tale fatto e testimonianza palesemente smentente le accuse;
9) che ottemperando all’ordine verbale della Dott.ssa Franchini Lucia, quindi, il sottoscritto dovette recarsi presso l’Ufficio Sanitario Provinciale per sottoporsi a visita dal di lì Direttore Dr. Sacco Paolo (defunto) dal quale, con fare frettoloso ed un secco “mi dispiace adesso sta tutto a te”, vide disporre nei propri confronti i primi (di una interminabile serie) accertamenti psichiatrici da effettuarsi presso il C. M. O. della Cecchignola dal giorno seguente 07/07/1998 (doc. 6);
10) che con verbale datato 09/07/1998 al sottoscritto veniva quindi ritirata l’arma in dotazione personale con anche manette e tesserino personale di riconoscimento (doc. 10) di fatto irrogando nei suoi confronti un primo umiliante provvedimento cautelativo/restrittivo;
11) conclusi tali accertamenti psichiatrici, con decisione del 21/08/1998 - forzata dal Dr. Sacco Paolo lì presente in commissione (inopportunamente avendone lui stesso determinato l’interessamento - di cui sopra al punto 9) - venne dichiarata la temporanea inidoneità del sottoscritto al servizio per trenta (30) gg. in quanto, asseritamente, affetto da: “Tratti ipertimici del se con in atto lievi note disforiche da ricontrollare” (doc. 11).
In tutela dei propri diritti il sottoscritto contattava allora il Prof. Maurizio Marasco (Psichiatra e Psicopatologo Forense) il quale, informato dei fatti, dopo propri ampi accertamenti, con relazione clinica (doc. 16) permetteva allo stesso di impugnare tale (pretestuoso ed infondato) giudizio innanzi al T.A.R. Lazio ove, con Sentenza passata poi in giudicato, se ne deliberò infatti l’illegittimità (Sentenza 13155/1998 T.A.R. Lazio allegata);
12) tale iter di accertamenti psichiatrici, durato tre (3) interminabili mesi, veniva poi concluso il 30/9/1998 con il seguente esito: “Idoneo al servizio nella Polizia di Stato” (doc. 12). Presso il C. M. O. di Roma Cecchignola veniva quindi rilasciato al sottoscritto un foglio di uscita attestante tale idoneità con il quale lo stesso poté riprendere servizio nel ruolo di appartenenza (doc. 13);
13) che con verbale dell’1/10/1998 venivano quindi riconsegnati al sottoscritto sia l’armamento in dotazione individuale che le manette ed il tesserino personale di riconoscimento quale appartenente alla Polizia di Stato (doc. 14) contestualmente disponendo però, a sua insaputa, accertamenti sul suddetto foglio di uscita (doc. 15) evidentemente volti a verificarne la veridicità;
14) che per l’appunto il Professor Maurizio Marasco (rif. punto 11) specialista in Neurologia e Psichiatria, incaricato di Psico-Patologia Forense presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università La Sapienza di Roma, in particolare, accertava che: “… le varie diagnosi formulate dai sanitari che hanno posto in aspettativa forzata il Silvestro, appaiono i c t u - o c u l i pretestuose e nient’affatto indicative di una patologia psichiatrica inquadrabile in una effettiva condizione di infermità mentale o di disturbo di personalità o di disagio emotivo …” (doc. 16);
15) che venti giorni dopo aver concluso i suddetti accertamenti psichiatrici (quelli effettuati presso il C.M.O. della Cecchignola) a seguito di ulteriore segnalazione dell’Ispettore Capo Ardolino E. Gaetano (in quanto autore di una delle anzidette relazioni accusatorie al punto 8) veniva notificato al sottoscritto il provvedimento disciplinare della pena pecuniaria con i seguenti motivi: “Comandato di servizio presso l’Ufficio Posta, rifiutava di registrare alcuni fax in giacenza rivolgendosi in modo irriguardoso nei confronti del superiore che gli aveva impartito l’ordine.” (doc. 18).
Seppure i fatti si erano svolti in modo alquanto differente - avendo il sottoscritto fatto null’altro che presente al superiore gerarchico, con allora lì presente l’Agente Scelto Zanni Roberto (attualmente in forza presso l’Uff. Servizi Tecnico Logistici di Forte Ostiense) che la postazione del fax era già “operativamente” occupata dal Sovrintendente Agosta Armando e pertanto non era fattibile scalzare un superiore gerarchico per compiere un lavoro già effettuato (!) - il sottoscritto riteneva di non produrre ricorso avverso tale provvedimento per non rischiare di inasprire il già teso clima lavorativo, invano;
16) che pochissimo tempo dopo fu notificata al sottoscritto anche una lettera di contestazione di addebiti disciplinari relativa ad un (del tutto pretestuosamente ed infondatamente) asserito suo essersi assentato dall’obiettivo sensibile del quale era stato incaricato della vigilanza (doc. 19).
Avverso tali addebiti il sottoscritto produceva le deduzioni (doc. 20) con cui, in particolare, espose che prima di intraprendere quel servizio di vigilanza - dando a tutti gli effetti il cambio, in divisa ed apponendo il grado e la firma sull’apposito registro di quel posto di vigilanza - aveva avvertito l’acutizzarsi di un preesistente malessere al punto da far ritenere opportuno, a personale della Sala Operativa della Questura (contattato in tal senso) di chiedere per lo stesso l’accompagnamento al P. S. del Policlinico “Umberto I” a mezzo ambulanza (doc. 21).
In poche pratiche parole il giorno in cui si sarebbe verificata la presunta mancanza è lo stesso della diagnosi e prognosi refertata presso tale Policlinico e tale fatto, ossia quello di sottoporre il sottoscritto a procedimento disciplinare pur trovandosi in un accertato ed invalidante stato di malattia, verrà anche ripetuto (di cui sotto al punto 81 e 99)
senza peraltro (apparentemente) considerare che, piuttosto, avrebbe dovuto essere sottoposto ad un inchiesta disciplinare il personale smontante, ovvero del turno di servizio appena precedente, poiché non aveva doverosamente atteso che lo stesso avesse regolarmente e operativamente intrapreso il servizio prima di andarsene via (!).
Oltretutto e discordantemente dalle accuse inizialmente formulate - avendolo in particolare invitato a giustificarsi in merito al fatto che sarebbe risultato assente presso l’obiettivo - il Questore infliggeva al sottoscritto un provvedimento di pena pecuniaria con invece i seguenti motivi: “Intraprendeva un servizio di vigilanza fissa in abiti civili. Nella circostanza si discostava dall’obiettivo da tutelare senza notiziare la Sala Operativa al fine di ottenere la temporanea sostituzione” (doc. 22) e ciò è assolutamente irregolare.
Anche in merito a questo provvedimento disciplinare il sottoscritto ritenne di non produrre ricorso per non inasprire il già teso clima lavorativo, invano;
17) successivamente, con lettera del 15/02/1999 dell’Ufficio Sanitario Provinciale della Questura a firma del Dr. Sacco Paolo - che si rammenta essere Colui che determinò l’inizio ed il proseguo degli accertamenti di natura psichica descritti nel presente atto - il sottoscritto veniva (decisamente) proposto per l’adozione di un provvedimento disciplinare (doc. 23) per avergli inviato un telegramma (doc. 24) con cui per le vie brevi chiedeva notizie in merito al rinnovo della propria patente ministeriale, scaduta da tempo e di cui la relativa richiesta in tal senso era rimasta senza risposta alle più sollecitazioni;
18) che a tale perentoria richiesta per l’adozione di provvedimenti disciplinari non fu dato seguito, ma meno di un mese dopo, con lettera del 12/3/1999 del Direttore della Divisione Amministrativa e Sociale della Questura, fu disposto l’invio del sottoscritto presso l’Ufficio Sanitario Provinciale (ovvero dal Dr. Sacco Paolo per l’appunto) motivando che lì avrebbe dovuto essere sottoposto ad una visita per la convalida della patente ministeriale (doc. 25). Presso tale Sede tuttavia, anziché sottoporlo alle specifiche visite, gli fu notificato che avrebbe dovuto sottoporsi ad accertamenti psichiatrici presso il C.M.O. di Roma Cecchignola il 15/03/1999, in quanto asseritamente affetto da anomalie comportamentali (doc. 26);
19) che tali accertamenti psichiatrici effettuati sul sottoscritto vennero conclusi il 22/3/1999 con esito di sì idoneità del sottoscritto al servizio nella Polizia di Stato (doc. 27) ma rendendolo edotto (per confessione del Dr. De Bonis Giuseppe, della Commissione Medica Ospedaliera della Cecchignola) di continue pressioni per farlo giudicare inidoneo al servizio nella Polizia di Stato;
20) che trascorsi due giorni dalla notifica di tale favorevole esito di idoneità al servizio - con altro fax della Divisione Amministrativa e Sociale della Questura, questo del 24/03/1999 - fu ancora disposto nei confronti del sottoscritto obbligo a presentarsi presso l’Ufficio Sanitario Provinciale alle ore 9.00 del giorno seguente 25/03/1999, per il rinnovo della sua patente ministeriale (doc. 28). Lì però, per la seconda volta, anziché sottoporlo alle specifiche visite, nei suoi confronti vennero disposti (dal Dr. Sacco Paolo) accertamenti a indirizzo psichico da effettuarsi alle ore 9.00 del 25/06/1999 presso quell’Ufficio Sanitario Provinciale (doc. 29);
21) lì puntualmente presentatosi il sottoscritto vide ancora disporre nei confronti della propria persona e nella solita manciata di minuti (!) accertamenti psichiatrici da effettuarsi in data 5/7/1999 presso il Centro di Neurologia e Psicologia Medica (doc. 30) ed anche questi successivamente conclusi a suo favore, avendo emesso sullo stesso il seguente p. m. l.: “Idoneo al servizio di Polizia. Non necessitano ulteriori controlli” (doc. 31);
22) che tale favorevole esito veniva trasmesso al Direttore dell’Ufficio Sanitario Provinciale Dr. Sacco Paolo il quale, ma non prima che fosse trascorso un mese, con lettera riservata del 30/8/1999 (doc. 32) lo comunicava alla Dott.ssa Valeria Delle Rose (Dirigente dell’Ufficio Passaporti ove il sottoscritto prestava servizio) che a sua volta avrebbe dovuto notificarlo immediatamente al sottoscritto per il contestuale reimpiego dello stesso nei servizi di cui al ruolo di appartenenza, ma così non fu;
23) ebbene tale favorevole esito veniva sì fatto notificare al sottoscritto dalla Dott.ssa Valeria Delle Rose, con contestuale restituzione dell’arma in dotazione individuale e quant’altro, ma soltanto appena prima di rendere efficace nei suoi confronti (con una seconda notifica) un provvedimento di sospensione dal servizio (specificato al punto 24) che come si sa prevede oltre al forzato allontanamento dal posto di lavoro ed il dimezzamento dello stipendio, anche il ritiro di quanto assegnato all’atto dell’assunzione (per l’appunto l’arma in dotazione individuale, la divisa e quant’altro);
24) che infatti con la lettera di contestazione di addebiti del 28/05/1999 a firma del Dr. Domenico Sannino, era stato instaurato nei confronti del sottoscritto un procedimento disciplinare motivando che questi aveva riferito alla stampa notizie a carattere scandalistico (doc. 33 e 34). A conclusione del seguente procedimento il sottoscritto veniva proposto per sei mesi di sospensione all’unanimità, ossia con partecipazione punitiva anche dei due sindacalisti che in quella stessa circostanza componevano il Consiglio Provinciale di Disciplina con funzioni di difesa (doc. 35).
In parole povere, per avere il sottoscritto raccontato la verità (ovvero quanto nella presente esposto fin a quella data) veniva accusato di avere denigrato l’immagine dell’Amministrazione (!).
Tale proposta venne ovviamente accolta ed inflitta al sottoscritto dal Capo della Polizia con notifica del 12/11/1999 decorrente dal giorno dopo 13/11/1999 e con quindi nuovo ritiro dell’arma (che alcuni minuti prima gli era stata ri-consegnata) della divisa e di quant’altro (doc. 36);
25) che una istanza di ferie del sottoscritto veniva inaspettatamente respinta dal Dirigente dell’Ufficio di appartenenza Dott.ssa Valeria Delle Rose, seppur proprio da Costei ne era stata assicurata la concessione (chiesta proprio in considerazione del particolare periodo lavorativo, per non prenotare inutilmente il volo aereo) con le seguenti motivazioni: “Piano ferie modificato rispetto a quanto comunicato in precedenza ho già pianificato per altri colleghi. Non è possibile concedere inoltre il periodo è troppo lungo.” (doc. 37);
26) che il 24/2/2000, data relativa al periodo in cui il sottoscritto stava scontando il provvedimento di sospensione dal servizio, mentre si trovava in casa a pranzare con la propria compagna, sopraggiungeva senza preavviso un poliziotto che, con atteggiamenti alquanto perentori, gli notificava un invito a presentarsi presso il proprio Commissariato “San Basilio” per ragioni di giustizia - ma comunque non di urgenza tale da giustificare siffatte modalità (doc. 38). A seguito di tale modo di agire - sarebbe stato infatti sufficiente un invito telefonico ed il sottoscritto si sarebbe egli stesso recato presso tale Ufficio di Polizia per ricevere la notifica o diversamente preavvisare (conoscendo dello stesso ogni recapito) per poi giungere ad orari però consoni - la compagna del sottoscritto, allora al sesto mese di una gravidanza nient’affatto facile e memore delle precedenti vessazioni (anche dalla stessa in un certo qual modo subite e tollerate) ne ebbe a conseguire un lieve ma passeggero malore;
27) che due mesi dopo, ossia nel Maggio del 2000, il sottoscritto dovette chiedere l’autorizzazione a fruire di un alloggio di servizio per essersi dovuto separare da tale compagna - essendosi questa, comprensibilmente, stancata di doverlo dividere con problemi disciplinari e sanitari ma soprattutto con tutte le ovvie conseguenze di questi, tra cui di natura economica e relative a non riuscire a trovare più tempo da dedicare alla stessa ed alla figlioletta di entrambi.
L’alloggio di servizio gli veniva concesso presso la Caserma “Davide Campari” di Via Roberto Le Petit ed anche qui purtroppo, ben presto, iniziarono a essere posti in essere nei suoi confronti i soliti comportamenti di gratuite accuse e intolleranza volti a creare i presupposti per estrometterlo dal contesto lavorativo;
28) che con un atto di relazione del 19/04/2001 a firma del Sovrintendente Volo Pasquale (responsabile della Caserma “Davide Campari”) il sottoscritto veniva da questi indicato come autore di presunti danneggiamenti che a dire dello stesso sarebbero stati commessi presso il 5° piano della caserma, nonché di dispetti a danno di personale delle pulizie ivi lavorante - il tutto senza sostegno di prove o testimonianze e finanche egli stesso ammettendo in premessa: “Non ci sono prove concrete …” (doc. 39).
Dopo avere ovviamente espletato i doverosi accertamenti, il Dirigente dell’Ufficio Servizi Tecnico Logistici (al quale era stata indirizzata tale relazione) non reperì riscontro dal momento che non adottò provvedimenti di alcun genere nei confronti del sottoscritto, che altrimenti risulterebbero agli atti.
Si evidenzia che il sottoscritto provvedeva comunque a chiarire l’effettiva realtà di quella incredibile situazione alloggiativa - ovvero lo stato di estrema fatiscenza e pericolo di alcune delle parti di quella caserma, situata all’estrema periferia della città e come fosse abbandonata a se stessa (doc. 40) - certamente dovuto ad incuria e di vecchia data piuttosto che agli asseriti atti vandalici (!);
29) che nelle date 9/06/2001 e 12/06/2001 l’allora Assistente Abrugia Stefano (ad oggi in servizio presso il Poligono di Tiro di Via Magnasco civ. 60) - risaputo per essere amico del sopra nominato Sovrintendente Volo Pasquale ed alloggiato in una stanza posta fronte a quella del sottoscritto al 5° piano della Caserma “Davide Campari” - ebbe a produrre due distinte relazioni di servizio con cui lo accusò: di avere infilato un pezzo di stuzzicadenti nella serratura della porta di ingresso alla propria stanza; di avere preso a calci la medesima porta; di averlo apostrofato con parole offensive; di averlo sbattuto addosso ad un muro; di averlo minacciato di entrargli nella stanza per tagliargli la gola; di avergli fatto recapitare un messaggio minaccioso (doc. 41 e 42).
In realtà il sottoscritto non ha mai posto in essere tali aberranti comportamenti i quali, proprio perché di siffatta gravità, se effettivamente fossero stati commessi, avrebbero dovuto essere logicamente ed immediatamente denunciati all’Autorità Giudiziaria e dall’Abrugia in primis - ma chissà come mai si preferì che ciò non si verificasse (doc. 43);
30) con ulteriore relazione di servizio (doc. 44) - questa del 13/07/2001 ed anche indirizzata al Dirigente dell’Ufficio Servizi Tecnico Logistici - l’Ispettore Capo D’Alesio Claudio (allora responsabile della mensa “Davide Campari”) accusava il sottoscritto di attuare comportamenti scorretti verso colleghi e personale delle pulizie ivi lavorante.
Anche per queste (ennesime) accuse però, dopo avere ovviamente effettuato tutti i doverosi accertamenti di rito, non venne reperito riscontro dal momento che non si adottarono provvedimenti di alcun genere nei confronti del sottoscritto, che altrimenti risulterebbe agli atti;
31) con una ulteriore relazione di servizio dell’Ispettore Capo D’Alesio Claudio, sempre indirizzata al Dirigente dell’Ufficio Servizi Tecnico Logistici, questa del 16/7/2001, il sottoscritto fu anche accusato di avere attuato comportamenti di natura vandalica ed intimidatoria (doc. 45) anche qui chiamandolo in causa senza che vi fossero elementi idonei a supporto (proprio perché inesistenti). Ed infatti anche in questo caso, ovviamente effettuati tutti i doverosi accertamenti, non si reperiva nessun riscontro alla segnalazione dal momento che non vennero adottati provvedimenti sul sottoscritto, che altrimenti risulterebbero agli atti;
32) che tra tutte le accuse prodotte nei confronti del sottoscritto presso la Caserma “Davide Campari”, nell’arco di appena due mesi e dalla cricca al completo (allora frequentandosi costoro sopra nominati anche al di fuori del servizio) vennero poi portate avanti (o scelte) quelle gravi formulate dall’Assistente Abrugia Stefano (di cui su al punto 29) ma senza ritenere, proprio per ciò, di doverne prima di ogni impulso accertare la fondatezza - che non v’era, come successivamente acclarato dal T.A.R. Lazio con la Sentenza 1519/2003 - e tuttavia disponendo nei confronti dello stesso ogni possibile provvedimento volto ad estrometterlo dal suo contesto lavorativo della Polizia di Stato (accertamenti di natura psichica e procedimento di destituzione);
33) che per l’appunto, medio tempore venivano svolti nei confronti del sottoscritto tali accertamenti specialistici di natura psichiatrica (a causa delle sopra dette accuse dell’Abrugia Stefano) sullo stesso veniva instaurata anche un inchiesta disciplinare ai sensi dell’Art. 19 D.P.R. 737/1981 (destituzione) con la notifica di una lettera di contestazione di addebiti dell’11/08/2001 del Funzionario Istruttore Dr. Riccardo Buonocore (doc. 47);
34) che conclusi favorevolmente al sottoscritto anche tali accertamenti psichiatrici si determinò però di fargliene effettuare di ulteriori, in data 05/09/2001, presso il Centro di Neurologia e Psicologia Medica (doc. 49) ed anche questi però conclusi favorevolmente allo stesso e per la sua sì idoneità al servizio nei ruoli della Polizia di Stato;
35) pochi giorni dopo veniva allora notificato al sottoscritto un nuovo ordine di presentarsi presso l’Ufficio Sanitario Provinciale, alle ore 8.30 dell’1/10/2001, per lì sottoporlo ad ulteriori accertamenti sanitari (doc. 50).
In tale Sede furono disposti accertamenti psichiatrici nei confronti del sottoscritto da effettuare quella stessa mattina dell’1/10/2001 presso il Centro di Neurologia e Psicologia Medica - ed anche questi conclusi favorevolmente allo stesso con il riconoscimento della sua idoneità al servizio nella Polizia.
Sembrava un “gioco” del potere in cui prima o poi questo avrebbe dovuto vincere cacciando il sottoscritto dalla Polizia e non mancavano neanche le trappole (od in qualsivoglia altro modo le si voglia chiamare) come ad esempio: che nel suddetto Centro Medico il sottoscritto venne posto in attesa per quasi quattro (4) ore prima di essere chiamato a visita ed appena prima di varcare la soglia dell’ufficio dello psichiatra gli si parò innanzi il Segretario del Consiglio Provinciale di Disciplina Dott. Morelli Marco per notificargli - però con svariati/troppi giorni di anticipo, nel luogo e momento meno opportuno ed in presenza di un medico che lì prestava servizio - l’ordine scritto di presentarsi, il 15/10/2001, presso tale sede di giudizio per effettuare la trattazione orale relativa al procedimento disciplinare istruito dal Dr. Riccardo Buonocore (doc. 51) poi addirittura posticipata al 22/10/2001 (doc. 52) nonostante la predetta modalità di notifica (!);
36) il sottoscritto, medio tempore procedeva l’inchiesta istruita dal Dr. Riccardo Buonocore, con una lettera riservata datata 17/08/2001 chiedeva udienza al Capo della Polizia per esporgli tale propria assurda situazione lavorativa - richiesta che tuttavia non veniva esaudita per riferiti pressanti impegni (doc. 53);
37) che medio tempore, con una propria relazione del 20/09/2001 il Dr. Riccardo Buonocore concludeva la propria inchiesta riferendo così come segue: “Sono stati sentiti a verbale tutti gli alloggiati al 5° piano della Caserma Davide Campari” e “Non sono emerse testimonianze dirette circa i fatti avvenuti il 9 Giugno scorso” e ancora “Circa il comportamento tenuto dal Silvestro presso la Caserma Davide Campari si segnalano due episodi rappresentati dai testi Pastura Gaetano e Principale Walter” e infine “Nulla è emerso dall’esame del fascicolo personale” (doc. 54);
38) che dalla visione di tali risultanze e con un po’ più di scrupolo (trattandosi di un procedimento volto a licenziare un padre di famiglia) anche delle dichiarazioni rese a verbale dai testi ivi nominati, come anche di tutti gli altri pochi alloggiati al 5° piano della Caserma Davide Campari (doc. 55) avrebbe dovuto risultare più che evidente la non corrispondenza con la realtà delle accuse dell’Abrugia Stefano (di cui sopra al punto 29) e una tendenziosa “permettente” allusività del Funzionario Istruttore, non avendo in realtà né il Pastura né il Principale riferito nei confronti del sottoscritto assolutamente niente di sfavorevole od anche solo avvalorante le accuse a lui rivolte.
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E TALE GENERE DI TENDENZIOSA E “PERMETTENTE” ALLUSIVITA’ SI E’ ANCOR OGGI VERIFICATA PER AGIRE DEL DR. ARMANDO GUARDA (di cui all’attuale procedimento disciplinare esposto verso la fine, istaurato ai sensi dell’Art.7 del D.P.R. 737/1981 - destituzione) AVENDO QUESTI (stante i contenuti della sua relazione istruttoria del 9/05/2014) OMESSO DI SVOLGERE INDAGINI SU FATTI CHE PRETESTUOSAMENTE GIUDICAVA NON PERTINENTI LE ACCUSE PROPRIO PERCHE’ INDIRIZZANTI VERSO L’ESTRANEITA’ DEL SOTTOSCRITTO DAI FATTI DI ACCUSA (!) FINANCHE TRAVISANDONE E FALSANDONE ALTRI IN MODO DA FAR AGEVOLMENTE PROCEDERE VERSO L’IRROGAZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI DESTITUZIONE NEI CONFRONTI SOTTOSCRITTO (!).
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Il Questore di Roma ritenne dunque di dover deferire il sottoscritto al giudizio del Consiglio Provinciale di Disciplina (doc. 56);
39) che alle ore 12.40 del 15/10/2001 (per la seconda volta) mentre pranzava con la propria compagna e figlia ed ancora senza nessun preavviso, sopraggiungeva presso l’abitazione del sottoscritto personale della Questura per notificargli che alle ore 09.00 del 22/10/2001 avrebbe dovuto presentarsi al Consiglio Provinciale di Disciplina per effettuare la trattazione orale relativa al procedimento disciplinare istruito dal Dr. Riccardo Buonocore (doc. 57). Qui, tale indelicato comportamento apparve oltremodo intenzionale avendo potuto essere reperito il sottoscritto anche presso l’Ufficio di appartenenza in quanto regolarmente in servizio (!);
40) che il sottoscritto si presentò puntualmente presso il Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura, ma lì giunto, dopo essere stato posto in attesa per quasi quattro (4) ore, con notifica effettuata dalla Dott.ssa Maria Rosaria Placanica alle ore 12.25 del 22/10/2001 tale trattazione venne finanche posticipata al 25/10/2001 (doc. 58);
41) con Deliberazione del Consiglio Provinciale di Disciplina, riunito in tale data del 25/10/2001 - con cui, tra le altre, si era incappati nella manifesta irrazionalità o nel travisamento dei fatti asserendo che: “… dalle dichiarazioni rese dal Cappello Giuseppe e dal Pastura Gaetano risulta che l’Agente Scelto Silvestro Giuseppe ha comportamenti che rivelano mancanza di senso morale …” e “… dall’inchiesta del Funzionario Istruttore emerge a carico dell’inquisito responsabilità di quanto avvenuto all’interno della Caserma Davide Campari il 09 Giugno 2001 verso le ore 22.00 nei confronti dell’Assistente Abrugia Stefano” - a maggioranza di 3/5 il sottoscritto veniva proposto per la destituzione (doc. 59);
42) che senza ritenere di entrare nel merito di tale proposta disciplinare (proprio perché trattava il privare un padre di famiglia del proprio lavoro e unica fonte di sostentamento) con Decreto del Capo della Polizia datato 8/11/2001 il sottoscritto veniva destituito dalla Polizia di Stato con notifica decorrente dal giorno seguente 19/11/2001 (doc. 60);
43) che mentre il sottoscritto si trovava già da giorni nella condizione di poliziotto destituito a tutti gli effetti - con ulteriore ed inopportuna lettera di contestazione di addebiti, questa del 09/11/2001, notificatagli il 25/11/2001 a mezzo raccomandata inviatagli presso l’abitazione dei genitori sita ad Arzano, Napoli - incredibilmente, ricevette anche comunicazione dell’instaurazione di un procedimento disciplinare nei propri confronti con l’accusa di non avere ottemperato ad un invito a tagliare i capelli (doc. 61);
44) sebbene non più appartenente alla Polizia di Stato (poiché destituito - punto 42) ma avendo proprio perciò prodotto ricorso al T.A.R. Lazio e di conseguenza per non incappare in procedimenti disciplinari sospesi eventualmente avesse vinto la causa volta ad ottenere la riammissione in servizio - il sottoscritto produceva le deduzioni difensive (doc. 62) nei tempi ed anch’egli a mezzo di raccomandata a/r indirizzata al Questore.
Soltanto dopo averle ricevute e trattate il Questore archiviò il procedimento, ma esprimendo riserva di riesaminarlo qualora fosse rivissuto il rapporto di impiego tra lo stesso e l’Amministrazione della P. di S. (doc. 63);
45) ovviamente il sottoscritto avversava il provvedimento di destituzione innanzi al T.A.R. Lazio. il quale, con esemplare e smascherante Sentenza 1519 del 2003, accertava quanto segue: “Emerge la non coincidenza o corrispondenza tra i fatti addebitati e sanzionati dalla norma, di cui è stata contestata la violazione e quelli accertati in sede istruttoria e tale circostanza, oltre a riflettersi sulla motivazione del provvedimento impugnato inficia la contestata sanzione di destituzione anche sotto il profilo della manifesta irrazionalità o del travisamento dei fatti” (Sentenza allegata).
Tale Sentenza passava in giudicato;
46) con Decreto del Ministero dell’Interno del 08/05/2003 (doc. 64) veniva quindi disposta la riammissione del sottoscritto con decorrenza dal 24/05/2003 ma anche la sua (illegittima) ri-sottoposizione ad accertamenti attitudinali per il 26/05/2003 essendo che in tal senso la normativa (Art. 25, comma 2, Legge 121/1981 e Art. 9, D.P.R. 904/1983) dispone che: “Relativamente ai soggetti che espletano funzioni di Polizia, nel corso del rapporto d’impiego l’Amministrazione può d’ufficio verificare l’idoneità psico-fisica al servizio ma non quella attitudinale”.
Il sottoscritto si sottoponeva comunque a tali accertamenti attitudinali sempre per non rischiare di inasprire il clima lavorativo, ma ancora invano (!);
47) che presso tale Centro Psicotecnico, a seguito degli accertamenti (illegittimi) effettuati il 27/5/2003, si giunse a un giudizio (illegittimo) di inidoneità attitudinale del sottoscritto ai servizi di Polizia (doc. 65) per asserita carenza di requisiti di cui all’Art. 25, comma 2, Legge 121/1981.
Ebbene, presa piena cognizione della grave e inusitata situazione lavorativa subita e tollerata sin ad allora dal sottoscritto - senza battere ciglio e compiendo appieno il proprio dovere di poliziotto e padre - si riportano appresso, in sostanza, alcuni giudizi medici su cui si andò a basare il provvedimento di cessazione del servizio nella Polizia per inidoneità attitudinale in questione: “… acritico nel valutare le proprie esperienze, tende ad assumere atteggiamenti vittimistici …” e “… si delinea una iperemotività che lo rende facilmente reattivo se contrastato o sotto stress … l’autocontrollo è insoddisfacente rispetto alle mansioni proprie dell’Agente di Polizia …” e “… inadeguato il contenimento della tensione del momento …” e “… ambivalente e demotivato rispetto all’Amministrazione e ad un suo nuovo possibile impegno in Polizia …”;
48) quindi a seguito del suddetto (illegittimo) giudizio di inidoneità attitudinale del 27/05/2013, in data 28/05/2003 si notificava al sottoscritto un provvedimento del Ministero dell’Interno con cui si disponeva nei suoi confronti la cessazione del servizio a decorrere dal giorno seguente 29/05/2013 (doc. 66). In pratiche parole, dopo cinque (5) giorni dalla sua riammissione in servizio, disposta con tutta calma tre (3) mesi dopo il deposito della relativa Sentenza T.A.R. Lazio (di cui sopra al punto 46) il sottoscritto veniva nuovamente ed illegittimamente cacciato dalla Polizia di Stato in un solo (1) giorno (!);
49) avverso tale giudizio di inidoneità attitudinale ed il relativo provvedimento di cessazione del servizio, ancora in difesa di diritti e posto di lavoro, il sottoscritto produceva, nuovamente, ricorso al T.A.R. Lazio per chiederne l’annullamento previa sospensione cautelare;
50) che ravvisatene i presupposti, con l’Ordinanza 5093/2003 (allegata) il T.A.R. Lazio accoglieva la suddetta domanda incidentale di sospensione e con la Sentenza 2707 del 2006 anche il rispettivo ricorso trovava accoglimento, avendosi accertato l’illegittimità del provvedimento di cessazione del servizio (Sentenza allegata).
Tale Sentenza passava in giudicato;
51) che in esecuzione di tale Ordinanza T.A.R. Lazio, però dopo tredici (13) mesi dal suo deposito, con Decreto del Ministero dell’Interno dell’08/11/2004 veniva disposta la riammissione in servizio del sottoscritto con decorrenza dal 20/11/2004 anziché come avrebbe dovuto essere dal 29/05/2003 (ed anche questo fatto veniva impugnato, con un atto di motivi aggiunti accolti con la suddetta Sentenza T.A.R. Lazio 2707/2006) nonché, contestualmente, la sua ri-sottoposizione ad accertamenti psico-fisici per il 22/11/2004 (doc. 67) ignorando che (come chiarito dal Consiglio di Stato, Sez. IV ^, Ord. 2958 del 24/6/2004) “L’Amministrazione può, durante lo svolgimento del servizio, disporre la verifica del possesso dei requisiti psico-fisici e attitudinali ma solo quando vengano in rilievo elementi sintomatici che inducano a dubitare della permanenza dei requisiti stessi, non quando si tratti di riammettere in servizio il dipendente a seguito di provvedimenti giurisdizionali a lui favorevoli, apparendo altrimenti il comportamento della P. A. come palesemente volto a eluderli (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV ^, Ordinanza 2712/2004)”.
Il sottoscritto si sottoponeva comunque ai suddetti accertamenti psico-fisici, per non rischiare di inasprire il clima lavorativo - ancora del tutto vanamente (!) e anzi di fatto, con tale infinita pazienza e subordinazione, dando adito all’idea di potere ancora ed oltremodo abusare dei suoi diritti - come fosse un gioco di personaggi senza scrupoli con ben poco di Istituzionale (!);
52) conclusi tali accertamenti psico-fisici (in realtà ben più psichici che fisici) del relativo esito il sottoscritto fu costretto ad attenderne la notifica per quasi quattro (4) mesi “parcheggiato” presso l’Ufficio Personale della Questura (c/o la Caserma Statilia) privo della divisa, privo del tesserino personale di riconoscimento qual appartenente alla Polizia di Stato, privo dell’arma in dotazione individuale, senza mansioni né incarichi e senza neanche vedersi attribuire il primo vitale ed atteso stipendio, infatti dovette chiedere un prestito alla Prefettura tramite il Dr. Scalzo (allora in servizio proprio presso la Caserma Statilia) prima di vedersi notificare il provvedimento medico legale che segue: “Idoneo al servizio di Istituto” (doc. 68);
53) che infatti tale esito veniva notificato al sottoscritto il 7/03/2005 ma dopo più solleciti (doc. 69) dal Sovrintendente Capo Marmo F. Antonio responsabile di tale Ufficio del Personale della Questura (doc. 70) quando però i relativi accertamenti psico-fisici erano già stati ultimati da ben più di tre (3) mesi, ovvero nella data del 25/11/2004.
Tale fatto, già di per se assolutamente grave, si verificò nonostante che con il fax datato 07/12/2004, indirizzato al suddetto Ufficio del Personale (presso il quale il sottoscritto era stato parcheggiato) come all’Ufficio Servizi Tecnico Logistici ed all’Ufficio Amministrativo Contabile, l’allora Questore Cavaliere comunicò: “Il Ministero dell’Interno con il provvedimento n. 333.D/0168592 dell’8/11/2004, ha disposto la riammissione in servizio, a tutti gli effetti dal 20/11/2001, dell’Agente Scelto della P. di S. Silvestro Giuseppe …” (doc. 71);
54) dopo che la comunicazione di essere stato giudicato idoneo al servizio nei ruoli della Polizia di Stato era stata alla buon ora notificata, il sottoscritto venne quindi provvisto della divisa e dell’arma in dotazione individuale, nonché della placca metallica ma non del tesserino di riconoscimento, ovvero era stato armato ma non reso debitamente riconoscibile o identificabile come titolato al porto di un arma da fuoco (sic !);
55) dopo avere fatto presente tale problema di riconoscibilità veniva rilasciato al sottoscritto un foglio identificativo formato A/4 con intestazione della Questura di Roma, che però risultò inidoneo per alcuni dati personali dello stesso erroneamente dattiloscritti al suo interno (doc. 72).
Con tutta calma, soltanto dopo due giorni, tal errori furono sbianchettati e corretti a mano e così, tale foglio di identificazione, dovette tenerselo il sottoscritto per circa due (2) anni (sic!).
Durante tale periodo si verificarono più circostanze in cui il sottoscritto, tenuto a farsi riconoscere prima di accedere in strutture militari o di Polizia (in particolare se armato) dovette attendere temporalmente lunghi accertamenti ed ancora di più se effettuati durante il fine settimana, innanzi ad imbarazzanti scene di evidente e comprensibile incredulità non avendo nessuno mai trattato un tale (inappropriato) documento di identificazione di un appartenente alla Polizia di Stato, peraltro con ivi sovrapposti sbianchettamenti e correzioni come a farlo apparire il più pacchiano dei falsi;
56) che con lettera datata 03/03/2005, quindi prodotta quattro (4) giorni prima che fosse alla buon ora effettuata la notifica al sottoscritto del suddetto favorevole giudizio di idoneità al servizio nei ruoli della Polizia (di cui su al punto 53) il Questore - esponendo di vicende lavorative per le quali non era stata accertata la responsabilità del sottoscritto (proprio perché inesistente); esponendo di vicende lavorative prive però della precisa e specifica indicazione di quale fosse “il fatto”, oggettivamente accertato ed eventualmente valutato a carico del sottoscritto; esponendo di provvedimenti adottati nei confronti del sottoscritto pur risultando questi annullati dal T.A.R. Lazio con Sentenze passate in giudicato; esponendo di proprie conclusioni in merito a recidiva e gravità dei fatti assolutamente errate ed abnormi; esponendo di vicende lavorative pregresse ed ininfluenti rispetto alla fattispecie del trasferimento di ufficio d’autorità - proponeva l’allontanamento del sottoscritto (doc. 73);
57) oltre a quanto appena detto, che già da se dovrebbe seriamente far riflettere, si evidenzia che essendo il sottoscritto materialmente rientrato nella Polizia di Stato il 20/11/2004, su Sentenza T.A.R. Lazio e conseguente decreto di riammissione in servizio ed essendo la proposta di trasferimento di ufficio d’autorità del 3/03/2005, i fatti a cui si avrebbe voluto ricondurre l’esigenza sottesa alla richiesta in questione (pretestuosi e del tutto infondatamente) avrebbero dovuto verificarsi nel periodo, in realtà troppo breve, interposto tra tali date del 20/11/2004 e 3/03/2005.
Come dire che nell’arco di poco più di tre mesi il sottoscritto avrebbe potuto porre in essere quanto descritto nella lettera di proposta di allontanamento del Questore di Roma (doc. 73).
Di tutta evidenza, pertanto, l’assoluta pretestuosità con cui si andò a motivare tale proposta di allontanamento - che comunque veniva accolta alla faccia del corretto andamento che dovrebbe caratterizzare l’operato della P. A. (doc. 74);
58) che relativamente al procedimento di trasferimento di ufficio che prontamente veniva quindi instaurato (!) il sottoscritto produceva le proprie deduzioni (doc. 75) con le quali espose, oltre alle argomentazioni difensive, anche lievi problematiche a carico della propria figlia Mirella Greta (allora di cinque anni di età) ed infatti - nel periodo in cui lo stesso era stato privato del posto di lavoro per forza dei sopra descritti estremi provvedimenti (illegittimi) e di conseguenza costretto per quasi quattro (4) anni a stare lontano dalla figlia (essendosi dovuto trasferire dai propri genitori in provincia di Napoli per necessità di sussistenza) - un medico specialista dell’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù” ebbe modo di accertare sulla stessa: “… una certa ansia rispetto ai distacchi e all’imprevedibilità delle presenza o assenza delle persone …”;
59) che come se ciò non bastasse il sottoscritto rischiò anche di non riuscire a produrle nei termini ex Lege (le proprie deduzioni difensive) essendo stato più volte bloccato da insolite difficoltà e procedure armate da colleghi e superiori gerarchici ed alla fine accettate da un superiore gerarchico amico. Proprio per questi motivi lo stesso ritenne di esporre tali fatti con un proprio atto di relazione (doc. 76) che però non fu degnato né di chiarimenti né tanto meno di un qualsivoglia riscontro di cortesia;
60) che il suddetto procedimento di trasferimento di ufficio d’autorità - fatto protrarre ben oltre il termine ultimo ex Lege - veniva concluso con la notifica al sottoscritto di un provvedimento del Capo della Polizia datato 15/03/2006 (doc. 77) con cui lo si trasferiva presso l’Ufficio della Polizia di Frontiera dello Scalo Marittimo di Civitavecchia motivazionalmente esponendo di due propri decreti (di destituzione e di cessazione del servizio) annullati però dal T.A.R. Lazio con Sentenze passate in giudicato; di altri due propri decreti (questi però favorevoli al sottoscritto poiché di riammissione) emessi in ottemperanza di tali Sentenze; di una nota con cui a seguito della favorevole dichiarazione d’idoneità al servizio di istituto emessa sul sottoscritto dalla competente Commissione medico legale, il Questore proponeva incomprensibilmente il suo allontanamento dall’ufficio; di vicende lavorative pregresse e ininfluenti rispetto alla fattispecie del trasferimento di ufficio d’autorità; di vicende lavorative per le quali non era stata accertata la colpevolezza del sottoscritto (proprio perché inesistente); di conclusioni in merito alla recidiva ed alla gravità dei fatti assolutamente errate ed abnormi; di vicende lavorative riportate con gravi inesattezze; di vicende lavorative assolutamente prive della precisa e specifica indicazione di quale fosse “il fatto”, oggettivamente accertato ed eventualmente valutato a carico del sottoscritto.
Tale provvedimento fu notificato al sottoscritto in data 18/04/2006 con decorrenza 19/04/2006 ed avverso il quale lo stesso produceva ricorso al T.A.R. Lazio, anche richiedendo fissazione di pubblica udienza;
61) che in merito a tal genere di provvedimenti la Giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sentenza n. 2824 del 10 Febbraio 2009) ha definitivamente chiarito che: “… la natura ampiamente discrezionale dell’atto cui si collega l’allontanamento dall’ufficio impone all’Amministrazione un adeguata e congrua motivazione sulla esistenza oggettiva dei fatti impeditivi della permanenza nella sede, sul nocumento che si riflette sulla funzionalità e il prestigio dell’ufficio, sul nesso di correlazione fra la situazione di grave conflittualità e la condotta tenuta dal dipendente …” - motivazioni ovviamente mai fornite proprio perché inesistenti (sic!);
62) che medio tempore, in data 15/02/2006, veniva notificata al sottoscritto una ulteriore lettera di contestazione di addebiti (del Dr. Erminio Massimo Fiore) con contestuale avvio di procedimento disciplinare ai sensi dell’Art. 19, D.P.R. 737 del 1981 (sospensione o destituzione) (doc. 78) questa volta accusandolo: a) di avere spedito un plico anonimo al Questore e di averne disconosciuto la paternità innanzi a due superiori gerarchici ed in due distinte circostanze; b) di avere tenuto una persistente riprovevole condotta dopo che erano stati adottati nei suoi confronti altri provvedimenti disciplinari - accusa che risultò infondata ictu oculi posto che il T.A.R. Lazio aveva annullato gli ultimi provvedimenti disciplinari di destituzione e cessazione del servizio e perciò il più recente risaliva a ben sette (7) anni addietro, oltre al fatto che ci volle coraggio e totale assenza di vergogna per contestare al sottoscritto tal genere di persistenza alla luce di quanto perpetrato nei suoi confronti, di cui quanto su (e sotto) esposto rappresenta soltanto quella minima parte documentabile e quindi inconfutabile (Sic !);
63) che in merito a tali nuove accuse il sottoscritto produceva le proprie deduzioni difensive (doc. 79) esponendovi anche fatti fuori da ogni regola e con cui, di fatto, si era tentato di indirizzare il procedimento a suo sfavore:
a) con lettera datata 09/11/2005 dell’Ufficio del Personale della Questura a firma del Dirigente Dott.ssa Agnese Cedrone, venne richiesto: “… di far produrre una relazione di servizio da coloro che manualmente hanno compiuto tale operazione dalla quale si evinca la corrispondenza tra la busta e il contenuto …” (doc. 80) ovvero richiedendo di riferire i fatti non per come realmente si erano verificati ma bensì in modo tale da consentire di formulare e sostenere determinate accuse nei confronti del sottoscritto;
b) con lettera datata 08/11/2005 dell’Ufficio di Disciplina della Questura a firma del Dirigente Dr. Mauro Frisciotti, indirizzata al Dirigente il Gabinetto di Polizia Scientifica, nel chiedere il raffronto tra un foglio notizie compilato dal sottoscritto e la calligrafia apposta sopra la suddetta busta (di cui al punto a) venne dichiarato che: “… l’ipotizzato mittente del plico indirizzato al Sig. Questore, contenente numerosi atti riservati afferenti allo stesso, interpellato personalmente, ne ha oggi disconosciuto la paternità” (doc. 81) così affermando come avvenuto un fatto che in realtà non si era mai verificato (!);
c) con ulteriore lettera del Dirigente dell’Ufficio del Personale Dott.ssa Agnese Cedrone, questa del 12/12/2005, dalla stessa prodotta come nel tentare di riparare l’affermazione del Dr. Mauro Frisciotti (di cui al punto b) veniva richiesto di far redigere al sottoscritto un: “… apposita dichiarazione nella quale confermasse di disconoscere la paternità del plico” (doc. 82);
A seguito di tale richiesta il sottoscritto venne convocato dal Dr. Parisi Domenico, sommariamente reso edotto dei contenuti della stessa ed invitato con decisione a produrre in merito una relazione di servizio, entro la giornata, che ovviamente gli veniva prodotta (doc. 83) ma però ribadendo di non avere inviato nessun plico al Questore e null’altro di più poiché mai lo stesso avrebbe potuto confermare un disconoscimento di paternità in realtà mai effettuato (!);
64) che successivamente il Dr. Erminio Massimo Fiore concludeva le indagini e ne riferiva al Questore con la propria relazione del 06/04/2006, ma senza fare in questa neanche accenno agli incredibili fatti qui sopra descritti seppur chiaramente espostigli nelle deduzioni (doc. 84) che da qui il sottoscritto rimaneva in attesa di essere convocato per la trattazione orale;
65) che con decorrenza 20/04/2006 il Dirigente dell’Ufficio di Polizia di Frontiera Marittima di Civitavecchia accordò al sottoscritto venti (20) giorni di congedo straordinario speciale sensi Art. 15, Legge n. 395/1995 (doc. 85). Questi vennero dallo stesso utilizzati per organizzarsi in merito al trasferimento nonché per recarsi dalla propria prima figlia residente a Belgrado (Serbia).
Ebbene proprio mentre si trovava in tale città il sottoscritto veniva contattato dalla madre la quale, in evidente stato di preoccupazione, lo portava a conoscenza di due poliziotti appartenenti al Commissariato di Fratta Maggiore (Napoli) che si sarebbero recati presso l’abitazione della stessa (situata ad Arzano - Napoli) per effettuare una notifica disciplinare che lo riguardava; lì, tali poliziotti, da costei portati a conoscenza della sua assenza per i suddetti motivi di congedo e per forza di insistenza della propria ignoranza (in senso scolastico) sarebbero allora riusciti ad effettuare la notifica al marito di lei (nato nel 1933 e padre del sottoscritto) pur essendo evidente un suo grave stato di malattia (di cui arteriosclerosi cerebrale e diabete con annessa parziale cecità) giudicato terminale presso l’Osp. Cardarelli di Napoli (come da certificazione allegata di cui alla fine del doc. 86).
Per tali motivi il ricorrente produceva il 12/05/2006 una relazione che indirizzava ai propri vertici per fare presente il fatto ed ottenere chiarimenti (doc. 86) anche questa però lasciata senza riscontro;
66) che il 10/05/2006 fu notificato al sottoscritto di doversi presentare, alle ore 9.00 del 5/05/2006, presso il Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura per lì effettuare la trattazione orale relativa al procedimento disciplinare istruito dal Dr. Erminio Massimo Fiore (doc. 87) in tal modo però, disponendo che avrebbe dovuto effettuare la trattazione orale in una giornata già trascorsa (!).
Con ulteriore notifica, successiva e quindi ancora datata 10/05/2006, gli veniva invece comunicato di presentarsi presso il Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura alle ore 9.00 del 16/05/2006 (doc. 88);
67) che proprio in tale data del 16/05/2006 il sottoscritto doveva però comunicare a personale di Segreteria del Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura di essere impossibilitato ad ivi presentarsi per problematiche di salute e che pertanto si sarebbe recato presso la Sala Medica della Caserma Statilia, per poi comunicare eventuale diagnosi e prognosi. Ebbene proprio mentre lo stesso veniva lì assistito, ovvero senza avere quella delicatezza di attendere i primi successivi e più idonei momenti, sopraggiungeva il Dr. Claudio Cacace il quale, con effettiva noncuranza per il frangente, gli notificava sul posto il posticipo della trattazione al 29/05/2006 (doc. 89);
68) che il sottoscritto ottemperava puntualmente ma presso tale Sede di giudizio, dopo circa un (1) ora di attesa (ed andò di lusso) con una notifica del 29/05/2006, effettuata dalla Dott.ssa Ornella De Santis della Segreteria, la trattazione orale fu addirittura posticipata all’8/06/2006 (doc. 90). In tale ultima data la trattazione orale veniva effettuata.
Seguiva proposta d’infliggere al sottoscritto una pena pecuniaria, successivamente accolta dal Capo della Polizia con Decreto del 24/07/2006 (doc. 91).
Avverso tale provvedimento il sottoscritto ricorreva al T.A.R. Lazio;
69) che successivamente, in data 23/9/2006, accusando dolore alla parte bassa della schiena, il sottoscritto si recava presso la Sala Medica della Caserma Statilia ove gli veniva diagnosticata una: “Lombalgia in soggetto con discopatia L 4 - L 5” con prognosi di tre (3) giorni.
Il sottoscritto avvisava quindi l’Ufficio di appartenenza della propria impossibilità a presentarsi in servizio, informandoli di tale diagnosi e prognosi e che si sarebbe pertanto recato dai propri genitori ad Arzano (Napoli) per curarsi e riposare.
Decorso tale periodo di prognosi ma accusando ancora dolore, in data 26/9/2006 il sottoscritto avvisava chi di dovere del proprio Ufficio che si sarebbe quindi recato presso la Sala Medica della Questura di Napoli per lì ottenere eventuale ulteriore terapia e prognosi.
In tale Sede però, il Medico Capo Dr. Festa Giuseppe - seppur il sottoscritto gli esponeva di sentire forte dolore nella zona lombare della schiena e della suddetta diagnosi, come anche di un attinente patologia precedentemente riscontrata dai Sanitari del C.M.O. della Cecchignola (doc. 92) - ostinatamente lo volle giudicare idoneo al servizio con decorrenza da quel medesimo giorno del 26/09/2006 (doc. 93).
Non avendo ottenuto neanche una terapia per lenire il dolore, non appena usciva dalla Sala Medica della Questura di Napoli il sottoscritto doveva recarsi presso il Pronto Soccorso dell’A.S.L. Napoli 1, Regione Campania, Presidio Ospedaliero “S. Giovanni Bosco” ove, dal Dirigente Medico Dr. Scalera Giuseppe, gli veniva per l’appunto diagnosticata una: “Lombosciatalgia acuta” con prognosi di due (2) giorni e prescritta farmaco terapia intramuscolo con il “Niflam” da eseguire per sei (6) giorni (doc. 94).
Ottenuta la terapia lenitiva il sottoscritto ritenne però di non fruire di tali giorni di prognosi per non rischiare di creare (di suo e suo malgrado) situazioni lavorative complicate da gestire e da Napoli pertanto, si metteva quindi in viaggio alla volta di Civitavecchia per lì prendere servizio con turno 19.00/24.00 - notiziando di tali fatti il Dirigente;
70) essendo stato trasferito d’autorità presso il suddetto Ufficio della Polizia di Frontiera Marittima di Civitavecchia e perciò costretto a viaggiare frequentemente (e con il treno) per non incidere in maniera ancora più importante il rapporto con la figlia (allora di sei anni di età) e la propria già precaria situazione economica, il sottoscritto produceva istanza per farsi assegnare un armadio ove riporre la divisa ed un cassettino blindato ove riporre invece l’arma in dotazione individuale (doc. 95); ebbene la risposta del Dirigente dell’Ufficio, fattagli comunicare soltanto il mese successivo, fu decisamente negativa (doc. 96);
71) che nel periodo in cui è appartenuto al suddetto Ufficio di Polizia di Frontiera (circa due anni) tra un turno di servizio e l’altro di quelli seguenti: 19.00/24.00, 13.00/19.00, 7.00/13.00 e nella stessa giornata 24.00/07.00 (o detta turnazione in quinta) per dormire o riposare il sottoscritto ha dovuto arrangiarsi a giacere sopra ad una branda da campeggio ove possibile (spogliatoio, locale doccia o un ufficio lasciato aperto) poiché, già fruendo di un alloggio di servizio presso la Caserma “Massaua” in Roma (che non poteva lasciare per mantenersi un punto di appoggio quando si recava a fare visita alla propria figlia) a dire del di lì Dirigente non era possibile assegnargliene un secondo e neanche come informalmente, ovvero come appoggio solo per la notte.
Tale anomala situazione era perfettamente risaputa in Ufficio;
72) con una lettera di avviso di recupero credito datata 15/01/2008, notificata al sottoscritto p. p. v. la mattina del 21/1/2008 - ossia tre giorni prima dell’accredito dello stipendio, perciò di fatto senza dargli tempo di correre ai ripari pur sapendo che lo stesso non può contare su altre fonti di reddito e con due figlie a cui badare, Chi dell’Ufficio Amministrativo Contabile della Questura lo preavvisava di un conguaglio a debito di Euro 1.568,08 (anno 2007) che sarebbe stato recuperato per il 50% dallo stipendio di quel mese di Gennaio e per il restante 50% dal seguente mese di Febbraio (doc. 97) così facendo costringendolo quindi a gestire la propria situazione familiare e debitoria (di fatto scaturita da tale incredibile situazione di lavoro) con circa mezzo stipendio e per due (2) mesi;
73) che al contrario, dopo che i propri ricorsi al T.A.R. Lazio (avverso i suddetti estremi provvedimenti disciplinari di destituzione e cessazione del servizio) erano stati giudicati fondati e quindi accolti, per ottenere l’attribuzione degli stipendi arretrati con interessi e rivalutazione, il sottoscritto dovette attendere molto tempo ed infine arrivare a chiederli anche perentoriamente (doc. 98) e nonostante ciò ancora attendere, con infine una prima parte di questi che gli venne attribuita ma effettuando il conteggio senza prima aggiornare il suo grado da Agente Scelto ad Assistente Capo (doc. 99).
Verissimo che il sottoscritto avrebbe potuto ricorrere al T.A.R. Lazio, ma sia per questioni economiche che di generica difficoltà - regolarmente verificandosi che tale genere di provvedimenti (anche alquanto numerosi ed incalzanti) venivano sempre adottati o fatti concludere proprio nei periodi di festività, ovvero quando è alquanto complicato se non del tutto impossibile reperire un difensore - preferiva quindi lasciare correre;
74) che il sottoscritto, dopo circa due (2) anni di servizio prestati presso l’Ufficio della Polizia di Frontiera di Civitavecchia come fosse uno sfollato (per i motivi sopra spiegati al punto 71) produceva il 3/02/2008 un istanza di trasferimento a Roma per gravi motivi familiari (doc. 100) essendo venuto a conoscenza che la madre della propria seconda figlia Mirella Greta aveva contratto la Leucemia ed era pertanto frequentemente ricoverata.
Attesi circa quattro (4) mesi ma senza ricevere riscontro in merito a tale istanza, in data 23/05/2008 il sottoscritto ne produceva un altra ulteriore per tentare almeno di farsi avvicinare a Roma e indicando in tal senso l’Ufficio di Polizia di Frontiera dell’Aeroporto Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino, pensandolo di più facile attuazione poiché appartenente alla V^ Zona di Polizia di Frontiera.
Il 13/07/2008, dopo ancora vana attesa di riscontro e quindi ancora impossibilitato a fornire come avrebbe voluto la propria presenza ed assistenza alla famiglia, si verificava il decesso della madre della propria figlia e quattro giorni dopo, ovvero il 17/07/2008, ebbene sì soltanto allora (!) come in una sorta di sadica concessione, il sottoscritto veniva aggregato presso l’Ufficio della Polizia di Frontiera Aerea di Roma - Fiumicino;
75) a seguito di tali accadimenti familiari il sottoscritto prendeva con se la propria figlia Mirella e vi andava a costituire l’attuale nucleo familiare, chiedendo, appena giunto presso tal Ufficio di Polizia di Frontiera Aerea, autorizzazione ad effettuare turni di servizio agevolato con orario 9.00/15.00 per assisterla continuativamente ed in particolare con la scuola dell’obbligo (doc. 101).
Ebbene tale turnazione agevolata veniva sì concessa ma con evidente difficoltà e dopo più settimane di ingiustificabile attesa;
76) Che in data 13/09/2008 il sottoscritto produceva al Ministero dell’Interno un ulteriore istanza di essere trasferito a Roma, motivandola con i
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19/07/2014 (02:27:41)
i sopra detti ultimi gravi accadimenti familiari (doc. 104).
Ebbene in merito a tale istanza come anche a quella precedente datata 03/02/2008 (di cui sopra al punto 74) eppure avendovi chiaramente esposto della necessità di una minore orfana di essere assistita dal padre e unico genitore rimastole, a mezzo lettera del 6/11/2008 il sottoscritto ricevette risposta negativa (doc. 105);
77) che successivamente, dopo un perentorio preavviso verbale del Dr. Pacioni, allora responsabile dell’Ufficio Sicurezza dell’Aeroporto Leonardo Da Vinci (ove il sottoscritto prestava servizio) con decorrenza 01/03/2009 al sottoscritto venne anche sospeso il turno agevolato 9.00/15.00 con conseguenti intuibili problemi di gestione degli impegni della figlia (essendo lui stesso a doversene occupare e da solo) ed in merito riferendogli che questo sarebbe stato riattivato solo presentando una nuova istanza - pur ben sapendo però che, nella sostanza, questa sarebbe stata praticamente identica alla precedente (entrambe visibili ai doc. 102 e 103) non potendo ovviamente essere mutata la sua condizione di lutto familiare ed attinente necessità di assistere la figlia.
A tal punto il sottoscritto riteneva allora di mettersi a rapporto con il Reggente la V^ Zona di Polizia di Frontiera Dr. Capelli il quale, comprensivamente, disponeva la sua immediata aggregazione all’Ufficio di Polizia di Frontiera dell’Aeroporto di Roma - Urbe (doc. 106);
78) che presso tale nuovo Ufficio, lasciato trascorrere un certo periodo di tempo per non rischiare di farsi vedere dai colleghi come un para problemi per scansare fatiche, il sottoscritto chiese di non essere impiegato in turni di servizio con orario 19.00/24.00 ed in tale senso spiegando (ancora) di essere impegnato in compiti di assistenza continuativa alla propria figlia minore e orfana.
Tale richiesta trovò finalmente accoglimento dopo più settimane di attesa, per poi essere a distanza di due mesi improvvisamente revocata con un secco preavviso verbale del responsabile dell’Ufficio della Polizia di Frontiera dell’Aeroporto di Roma Urbe Ispettore Capo Tutone Fabrizio - con pertanto nuovi problemi per il sottoscritto di gestione degli impegni della figlia e ciò fin a quando, ricoordinando tali proprie necessità con una certa dose di coraggio, nuovamente si fece sotto per questa volta ottenere l’autorizzazione ad effettuare una turnazione fissa con orario 8.00/14.00 (unico orario eventualmente autorizzabile presso tale Ufficio) infine anche accolta sì ma dopo come “epidemiche” chiacchiere relative ad un ritenuto molto probabile rigetto della stessa e con puntuali cicchetti del di lì responsabile innanzi al minimo ritardo, seppur inerente l’accompagnamento della propria figlia a scuola, preavvisato per non creare disservizi e recuperato a fine turno come da regolamento;
79) che il 9/03/2009 il sottoscritto sporgeva denuncia - querela alla Procura della Repubblica c/o il Tribunale Ordinario;
80) che solo allora, con i primi movimenti di personale del 5/5/2010, il sottoscritto fu trasferito all’Ispettorato di P. S. Vaticano - ma anche qui, malgrado ogni suo comportamento di correttezza ed osservanza, ben presto dovette subire illegittimi o quanto meno anomali procedimenti e pretestuosi comportamenti ostativi dei propri diritti/doveri di padre e di Legge, appresso specificando però solo quelli che può documentare;
***
si evidenzia che il sottoscritto ritenne di informare il Dirigente dell’Ispettorato di P. S. Vaticano della propria anomala e perdurante situazione lavorativa con un atto di relazione del 26/11/2010, ciò per tutti i doverosi interventi di Legge che a tutela della sua integrità morale avrebbero dovuto essere posti in essere (!);
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81) che con notifica del 4/05/2011 veniva instaurato nei confronti del sottoscritto un procedimento disciplinare (doc. 107) accusandolo di non essersi presentato in ufficio alle ore 6.00 (per effettuare un turno di servizio con orario 6.00/12.00) ma bensì alle ore 8.00 (per effettuare un turno di servizio con orario 8.00/1400, come del resto prevedeva la programmazione settimanale dell’Ufficio).
Il sottoscritto produceva quindi le deduzioni (doc. 108) con cui, in particolare, esponeva di non essere stato avvertito da chi di dovere della variazione di due ore dell’orario di servizio originariamente previsto (come stabilisce l’Art. 7, comma 8, dell’A.N.Q. Polizia di Stato) che peraltro neanche avrebbe dovuto essere attuata (la variazione) essendo stato tale turno 8.00/14.00 espressamente autorizzato e senza eccezioni, con un provvedimento del Dirigente dell’Ufficio e che appena quindici (15) minuti dopo avere preso servizio, ovvero intorno alle ore 8.15, si era anche sentito male al punto da doversi recare al vicino Pronto Soccorso Ospedaliero, ove veniva emesso nei suoi confronti un (1) giorno di prognosi per: “Lombosciatalgia acuta dx. Difficoltà alla deambulazione. Contrattura muscoli lombari con dolore alla digitopressione” e praticata terapia Toradol (doc. 109) - risultando ancora, per la seconda volta (di cui sopra al punto 16) che il giorno della presunta mancanza e di avvio di un procedimento disciplinare è lo stesso di una invalidante diagnosi e prognosi Ospedaliera (sic!);
Comunque le deduzioni difensive del sottoscritto (doc. 108) vennero respinte con provvedimento del Dirigente dell’Ufficio (doc. 110) avverso il quale il sottoscritto produceva ricorso al Capo della Polizia (doc. 111) anche respinto (doc. 112) - ci si poteva scommettere (!);
82) che pochi mesi dopo il Dirigente Aiello faceva instaurare un 2° procedimento disciplinare nei confronti del sottoscritto ai sensi dell’Art. 4, commi 4 e 18, D.P.R. 737/1981, accusando questi di non avere onorato dei debiti (doc. 113).
Il sottoscritto produceva le deduzioni con cui, in particolare, premetteva che alla base della propria situazione debitoria vi erano numerosi illegittimi e pretestuosi provvedimenti adottati dall’Amministrazione di appartenenza, nonché di non aver ricevuto notizie di problematiche di alcun genere dalla propria Agenzia Unicredit, presso cui facevano capo le richieste di pagamento, nonché di fiducia mal riposta in un Avvocato (Luigi Parenti) a cui lo stesso non conferì mandato né altra forma di autorizzazione a procedere professionalmente ed eppur trovandosi con lo stesso che, quindi di propria assoluta iniziativa, avrebbe svolto comunque attività e pare per un importo vicino ai 20.000,00 Euro (doc. 114). Le deduzioni difensive furono comunque respinte (doc. 115) inducendo lo stesso a produrre un ulteriore ricorso al Capo della Polizia (doc. 116) anche respinto (doc. 117) - ci si poteva scommettere anche per questo caso (!);
83) che dal Dirigente Aiello fu (due volte) respinta una legittima istanza di accesso ai documenti amministrativi prodottagli dal sottoscritto (doc. 118) obbligandolo, in tutela dei propri diritti, a produrre un ricorso alla competente Commissione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (doc. 119) che ne accoglieva le ragioni con invito rivolto all’Ufficio ad ottemperare (doc. 120) e che infatti ottemperava senza presentare ulteriori pretesti (doc. 121);
84) che il 12/3/2012 il sottoscritto produceva al Dirigente Aiello istanza per essere autorizzato ad espletare servizio con turno agevolato in regime di settimana corta ed anche allora spiegando che ne avrebbe fatto utilizzo di assistenza continuativa alla propria figlia minore (e orfana) anche nel sabato e la domenica in cui la scuola della stessa rimaneva chiusa (doc. 122).
In merito il sottoscritto ricevette risposta negativa (doc. 123) eppur essendo tale stesso turno agevolato già stato concesso e addirittura a regime di servizio esterno, proprio presso tal Ispettorato di P. S. “Vaticano” dal precedente Dirigente Callini, pertanto con un precedente dell’Ufficio che non avrebbe dovuto essere ignorato e comunque pur avendone potuto motivatamente disporre lo spostamento ai servizi interni, non incontrando quindi gli addotti ostacoli di natura legislativa (!).
A seguito di tal evidentemente pretestuoso diniego il sottoscritto dovette utilizzare i propri giorni di C. O. (congedo ordinario) e P. L. (permesso legge) per assicurare la propria continuativa presenza ed assistenza alla figlia;
85) che il 02/05/2012 fu notificata al sottoscritto un altra lettera di contestazione disciplinare, così accusandolo di essersi presentato in Ufficio ad espletare un turno di servizio in regime di straordinario programmato con circa un (1) ora di ritardo (doc. 124).
Il sottoscritto produceva le deduzioni difensive con le quali - in particolare, oltre a pretestuosi e illegittimi fatti a mezzo solo dei quali era stato possibile formulare le accuse - rappresentava di non avere fornito la propria indispensabile adesione allo statuto volontario dello straordinario programmato per quel trimestre 2012 e che pertanto nessun obbligo poteva incombere sullo stesso (doc. 125) - queste furono comunque respinte (doc. 126) inducendolo a produrre ancora ricorso al Capo della Polizia (doc. 127) anche respinto (doc. 128) - ed anche qui ci si poteva scommettere sopra;
86) che in data 4/08/2012 il sottoscritto produceva un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario ed in data 17/1/2013 un secondo atto di denuncia - querela;
87) nei seguenti punti sono esposte invece le fasi iniziali dell’ultimo pretestuoso e palesemente illegittimo invio del sottoscritto a sottoporsi ad accertamenti di natura psichica (presso il Centro di Neurologia e Psicologia Medica di Castro Pretorio) su fatti motivazionali, questi ennesimi, esposti il 29/03/2013 dal Dirigente Avola dell’Ispettorato di P. S. Vaticano (doc. 137) in merito ai quali - essendo stati pochi giorni dopo l’ennesimo riconoscimento della sua idoneità al servizio nei ruoli della Polizia di Stato, posti anche alla base di un provvedimento di aggregazione nonché di trasferimento di ufficio d’autorità - venne data occasione allo stesso di produrre le proprie versioni dei fatti o deduzioni difensive (doc. 138) vanamente illuminanti però la realtà dei fatti poiché rimaste inascoltate e senza riscontro;
APPRESSO, ECCO QUINDI COME INIZIA IL PROCEDIMENTO DI NATURA PSICHICA ATTUALMENTE IN CORSO SUL SOTTOSCRITTO;
88) che il sottoscritto, poiché dolorante alla schiena, il 10/04/2013 si recava presso la Sala Medica del III Settore Sanitario del Ministero dell’Interno ove, dal Medico Capo Dott.ssa Martella Susanna, veniva giudicato temporaneamente non idoneo al servizio per: “Lombosciatalgia acuta in discopatia L4 - L5” con prognosi di otto giorni (doc. 129) senza ravvisare nello stesso disagi e/o malesseri di altra natura (psichica) proprio perché inesistenti e proprio perché, altrimenti, doverosamente, avrebbe dovuto emettere un ulteriore e specifico provvedimento nei confronti della sua persona;
89) che decorsa tale prognosi ma essendo stato sottoposto a operazione chirurgica orale la mattina seguente del 18/04/2013, il sottoscritto si recò nuovamente presso la suddetta Sala Medica Ministero dell’Interno con la certificazione dentistica, per farla confermare. Lì, dal Medico Capo Dott.ssa Loreto M. Francesca, apponendovi su questa il proprio visto p. p. v., ne veniva per l’appunto confermata sia diagnosi che prognosi (doc. 130) e senza che, neanche da costei - eppur avendo accennato, incredula e con evidente disaccordo, alla richiesta del Dirigente Avola (doc. 137) di fargli effettuare accertamenti di natura psichica - fossero stati ravvisati disagi e/o malesseri di tale natura proprio perché inesistenti e proprio perché, altrimenti, avrebbe dovuto doverosamente emettere un ulteriore e specifico provvedimento;
***
si evidenzia che il sottoscritto informava anche il Dirigente di tale III Settore Sanitario del Ministero dell’Interno di tale anomala e perdurante situazione lavorativa con riservata del 22/04/2013, ciò per i doverosi interventi di Legge che, almeno allora, dovuto essere posti in essere a tutela dell’integrità morale dello stesso oltre che della salute (!);
***
90) che decorsa anche tale prognosi (questa di 7 gg.) ma accusando ancora dolore, il giorno dopo 25/4/2013 il sottoscritto si recò all’A.S.L. RM-A di Via Lampedusa (essendo chiuso il suddetto III Settore Sanitario) ove, dalla Dott.ssa Ferraro Anna Maria, gli fu rilasciata una certificazione medica attestante: “postumi di intervento di chirurgia orale” con un (1) giorno di prognosi (doc. 131) e senza che, neanche da costei, fossero stati ravvisati disagi e/o malesseri di natura psichica, proprio perché inesistenti e proprio perché, altrimenti, avrebbe dovuto doverosamente refertarli con un ulteriore e specifico provvedimento;
91) che decorsa anche tale prognosi ma risentendo dei postumi dell’intervento di chirurgia orale, il giorno dopo 26/04/2013 il sottoscritto si recò presso il suddetto III° Settore Sanitario del Ministero dell’Interno ove, dal Medico Capo Dott.ssa Eliana D’Annibali, prima di ogni altro impulso, gli veniva manifestata incredulità e forte disaccordo per quanto gli era stato ordinato dal proprio Dirigente Dott.ssa Daniela Zambelli (lì assente) e addirittura a mezzo di postilla cartacea apposta sul computer dell’Ufficio, per i contenuti della quale lo stesso avrebbe dovuto essere accompagnato (forzatamente) presso il Centro di Neurologia e Psicologia Medica non appena si presentava presso quel Settore Sanitario o l’Ufficio di appartenenza (allora l’Ispettorato di P. S. Vaticano) e ciò al di là del fatto che non ve ne fossero i necessari presupposti (tale incontro è documentato dal file_audio_1 allegato);
92) che tale ingiustificata e quindi irregolare richiesta di accompagnamento del sottoscritto veniva glissata dal Medico Capo Dott.ssa Eliana D’Annibali che, però, comunque doveva ordinare al sottoscritto eppur non avendo ravvisato nello stesso disagi e/o malesseri di natura psichica (file_audio_1) di recarsi il 29/4/2013 presso il Centro di Neurologia e Psicologia Medica ed a tale fine ponendo nelle sue mani un proprio breve scritto su carta intestata dell’ufficio (doc. 133) privo, infatti, della indispensabile diagnosi motivante il provvedimento (di avvio a visita) poiché, non avendo per l’appunto ravvisato nulla, come dalla stessa testualmente esternato: “Non sapeva che mettere” (sic!);
93) che in merito a tali fatti il sottoscritto sporgeva ulteriore denuncia - querela all’A. G.;
94) che nonostante l’evidente pretestuosità e illegittimità dell’ordine, il 29/4/2013, dovendovi comunque ottemperare come da regolamento, il sottoscritto si recava al Centro di Neurologia e Psicologia Medica ove veniva sottoposto ai specifici test e colloqui, con infine esito favorevole allo stesso ed ordine a ivi ri-presentarsi nella mattinata del giorno seguente 30/04/2013;
95) che in tale data del 30/04/2013, senza ulteriori test o colloqui, al sottoscritto veniva comunicata la riconosciutagli idoneità al servizio nei ruoli della Polizia di Stato ma appioppandogli però un provvedimento di sorveglianza medica che, con tutto il rispetto, considerate le basi e quanto precedentemente verificatosi (di cui a tutta la suddetta esposizione) si ritiene sia stato emesso null’altro che per le stesse finalità estromettenti di sempre e per non contraddire clamorosamente Chi della suddetta Sala Medica del III° Settore Sanitario del Ministero dell’Interno aveva ritenuto di prendere le determinazioni iniziali relative al suo avvio a visita (di cui sopra al punto 91 e 92) e nonostante non ve ne fossero i presupposti (!);
96) che subito a seguito del suddetto comunque favorevole giudizio di idoneità al servizio nei ruoli della Polizia di Stato, inoltre (come accennato sopra al punto 87) veniva notificato al sottoscritto presso l’Ufficio di appartenenza Ispettorato di P. S. Vaticano, un provvedimento di aggregazione d’autorità (doc. 134) e neanche due minuti dopo, con una seconda notifica, anche l’apertura di un procedimento di trasferimento di ufficio d’autorità (doc. 135) - ambedue provvedimenti (ed oltre a quello sopra detto di accertamenti psichici per l’appunto) con alla base la suddetta nota del Dirigente E. Avola (doc. 137) avversata con fondate deduzioni difensive (doc. 138) ma di fatto ampiamente ignorate con il suo trasferimento all’Autocentro di Polizia di Via Magnasco (doc. 136);
SI EVIDENZIA CHE I COMPORTAMENTI CALUNNIOSI O FRUTTO DI TRAVISAMENTI ED EVIDENTI EQUIVOCI POSTI IN ESSERE DAL PERSONALE POLIZIA E CIVILE NOMINATO NEL SUDDETTO ATTO DEL DIRIGENTE ENRICO AVOLA (doc. 137) SONO STATI DENUNCIATI ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA ORDINARIA;
97) che il data 04/11/2013 il sottoscritto veniva ancora sottoposto ad accertamenti di natura psichica presso il Centro di Neurologia e Psicologia Medica (doc. 139) con in conclusione riferito esito di sì idoneità al servizio nei ruoli della Polizia di Stato ma mantenendo attivo nei suoi confronti il provvedimento di sorveglianza medica e con annesso avvertimento che ad una eventuale ulteriore segnalazione - quindi niente di più facilmente e prossimo a verificarsi, suo malgrado (considerato l’aspro clima lavorativo) - lo si sarebbe inviato direttamente al settore Neurologia e Psichiatria del C. M. O. di Roma Cecchignola;
ATTI E RISULTANZE DI TALE PROCEDIMENTO PSICHICO SONO VISIBILI NELLA CARTELLA: ATTUALE_PROCEDIMENTO_PSICHICO;
98) che il 2/12/2013 il sottoscritto veniva convocato presso l’Ufficio Matricola dell’attuale Ufficio di appartenenza “Autocentro di Polizia” e lì, relativamente al periodo di appartenenza all’Ispettorato di Pubblica Sicurezza Vaticano, a mezzo di rapporto informativo, gli veniva comunicato p. p. v. il seguente astruso e articolato avversamente, giudizio comportamentale: “Il dipendente, nell’anno di riferimento non ha evidenziato elevate conoscenze delle disposizioni particolari attinenti alle proprie attribuzioni; il dipendente nel corso dell’anno non ha dimostrato massima cura ed attenzione alla persona e all’aspetto esteriore; il dipendente nell’anno di riferimento non ha fornito un positivo rendimento ma è risultato insoddisfacente per il buon andamento dell’ufficio”, anche e ovviamente concordato dal Dirigente Avola come segue:
“Concordo con il giudizio espresso dal compilatore (Dott.ssa Federici Francesca) anche in relazione alle variazioni in negativo approvate rispetto al precedente periodo, in quanto nell’anno cui si riferisce il presente rapporto informativo il dipendente ha posto in essere comportamenti censurati disciplinarmente, ma ha anche tenuto al di fuori del servizio una condotta non conforme allo stato giuridico richiesto e oggetto, tra l’altro, di segnalazioni all’Autorità Giudiziaria da parte di privati cittadini” (doc. 140).
Il sottoscritto evidenzia che non ha proposto ricorso avverso tale “giudizio” per il profondo rispetto che nutre nei confronti del Dirigente Avola (ed anche per motivi economici) dissentendo comunque dallo stesso per gli evidenti motivi su esposti nella narrazione dei fatti di riferimento e chiarendo che l’A. G. è stata interessata sì ma dal sottoscritto e al comportamento calunnioso di tali condomini, per essere più precisi;
***
si evidenzia che con nota del 5/12/2013 il sottoscritto provvedeva a informare della propria anomala e di fatto perdurante (ancor oggi) situazione lavorativa anche il Direttore del proprio Ufficio di appartenenza Autocentro di Polizia, ciò per tutti gli interventi a tutela che avrebbero dovuto quindi essere posti in essere;
***
PRESSO L’ATTUALE UFFICIO DI APPARTENENZA
99) nel mese di Aprile c. a. il sottoscritto veniva accusato dalla donna delle pulizie di avere tenuto nei confronti della stessa comportamenti scorretti. Convocato dal Dirigente dell’Ufficio, questi non ravvisava fondatezza nell’accuse evidentemente strampalate della stessa, non adottando alcun provvedimento.
Alla luce di tale fatto non unico nel suo genere ed anche di specifici precedenti (di cui alla soprastante narrazione ai punti 28 e 30) pare evidente che il sottoscritto o è una sorta di molestatore delle donne delle pulizie (e non lo è come non lo è mai stato ovviamente) o anche in merito a ciò potrebbe essersi verificato ciò che a non solo suo parere si verifica da venti anni circa a questa parte, ovvero l’induzione od istigazione a formulare accuse nei confronti dello stesso, discretamente rivolte ai soggetti più “recettivi” con l’intento di far creare i presupposti per permettere con una certa legittimità (in realtà del tutto apparente) l’instaurazione di procedimenti volti a definitivamente estrometterlo dal suo contesto lavorativo;
100) che di recente il sottoscritto è stato confidenzialmente informato dal proprio responsabile suddetto (Ispettore Capo Mancini Mauro) della volontà del Direttore dell’Autocentro di Polizia che proceda nei suoi confronti a mezzo di segnalazione scritta alla seppur minima mancanza o presunta tale ed altresì, di raccogliere ogni informazione nei suoi confronti. L’Ispettore Mancini riferiva ancora al sottoscritto di non essere aggradato dal dover agire in tale modo e riferendosi nuovamente al Direttore dell’Ufficio lo identificava come segue: “Non ti fidare è tutta apparenza la sua disponibilità, tu per lui sei un problema, quello non capisce nulla e per fare carriera ti vuole inculare ma con il cazzo mio;
TALE FATTO, OLTRE AD ALTRI BEN PIU’ GRAVI, VENIVA DENUNCIATO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA;
101) che su incarico del Questore, in data 10/04/2014, il Funzionario Istruttore Dr. Armando Guarda (del Centro Polifunzionale di Roma - Spinaceto) instaurava nei confronti del sottoscritto un procedimento disciplinare ai sensi dell’Art. 7, comma 3, 4 e 6, D.P.R. 737/1981 (di cui gli atti nell’allegato file: Attuale_proc._discipl.) però pur trovandosi lo stesso in uno stato di malattia fisicamente invalidante (doc. 141) anche perdurato ventisette (27) gg., dal 29/03 al 25/04 c. a. e costringendolo perciò a raccogliere tutte le proprie forze per sopportare le assunte posizioni erette volte: a permettergli di stilare le deduzioni al computer, nonché per fargli guidare l’auto al fine di recarsi ad acquisire gli atti del procedimento - ciò anziché riposare debitamente (!) essendogli stato anche prescritto il lombostato (doc. 141);
102) che dal rammento dei fatti narrati sopra chiaramente si evidenzia che questo sopra non è l’unico caso isolato in cui, a dispetto di invalidanti condizioni fisiche, inopportune situazioni umane e frangenti che avrebbero richiesto ben altro genere di attenzione - siano stati instaurati procedimenti nei confronti del sottoscritto (ed anche assolutamente pretestuosi ed illegittimi) finanche durante le festività e/o nei periodi estivi e/o durante i pasti e mentre era con la famiglia, con anche quello attuale in argomento che, come molti altri di cui sopra, si concluderà in prossimità del mese di Agosto, ovvero quando sarà praticamente impossibile reperire un difensore legale - bruciandosi pertanto un altra estate in cui avrebbe potuto portare la propria figlia al mare ed altro … alla faccia del buon andamento che dovrebbe caratterizzare l’operato della P. A. (!);
103) che al Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura, in data 13/05/2014, al sottoscritto veniva permesso di acquisire atti inerenti il suddetto procedimento disciplinare istruito dal Dr. Armando Guarda, tra i quali la sua relazione istruttoria del 9/05/2014 (doc. 142) con la quale lo stesso, ivi asserendone relazione con una non specificata intera attività espletata e dall’esame delle deduzioni difensive del sottoscritto trascurando e/o disattendendo e/o distorcendo fatti ed elementi di prova a chiaro e inequivocabile carattere di decisività favorevole al sottoscritto si prodigava nel riferire al Questore come in modo tale da agevolare il procedere, di fatto, verso l’irrogazione del provvedimento di destituzione;
104) ovviamente il sottoscritto non si tirò indietro dall’evidenziare tale avverso ed assolutamente irregolare comportamento istruttorio, producendo un proprio atto datato 04/07/2014 (doc. 143).
***
Attualmente, con le prossime (ed ennesime) visite psichiatriche del 22/07/2014 ed a seguire, in data 28/07/2014, la trattazione orale relativa al procedimento per la sua destituzione dalla Polizia di Stato, ha veramente poco di cui stare sereno, ma, ringraziando la mamma, ha ancora tempra per queste ed altre situazioni del genere
PUR SPERANDO CHE QUANTO PRIMA VI VENGA POSTA LA PAROLA FINE.
Con Ossequio.
Silvestro Giuseppe

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