Stanno aumentando i morti sul lavoro
Dall’inizio dell’anno si sono registrati 29 vittime in più a confronto dello stesso periodo dello scorso anno: 591 decessi nel 2017 contro i 562 del 2016 (+ 5,2%). Un dato allarmante e preoccupante.
Non può essere compreso e condiviso il ragionamento del sottosegretario al lavoro Luigi Bobba per il quale "In qualche modo negli anni passati si scontava il fatto di una diminuzione delle ore lavorate e, quindi, di un calo degli infortuni. Ora con la ripresa economica più sostenuta si registra un aumento dei casi". Significa forse che, come auspicabile, con la ripresa economica in atto dovremo abituarci e prevedere nuovi morti sul lavoro?
Certo lo stesso sottosegretario poi afferma che "bisogna continuare a investire sulla prevenzione e sulla sicurezza. Un investimento che però non tocca solo i datori di lavoro, ma anche i giovani i quali devono imparare a conoscere le norme sulla sicurezza del settore in cui lavorano o andranno a lavorare". Affermazione interessante che, però, non può restare una buona intenzione ma deve trovare politiche attuative e strumenti efficaci di intervento. Prima di tutto - vale la pena di sottolineare - dov’è il Ministero del Lavoro? Assistiamo ormai da alcuni anni ad una specie di latitanza, non tanto normativa ma piuttosto di indirizzo, stimolo, dibattito sull’applicazione della norma.
In questa tragica occasione si inserisce una, condivisa breve nota del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il quale "Il nostro Paese non può rassegnarsi a subire morti sul lavoro. E' indispensabile che le norme sulla sicurezza nel lavoro vengano rispettate con scrupolo e i controlli devono essere attenti e rigorosi". Ecco il punto!
Condividiamo questo messaggio del Presidente cogliendone due semplici ed importanti indicazioni. Da un lato il rispetto scrupoloso delle norme. E questo spetta a tutti gli operatori della sicurezza: datori di lavoro, dirigenti, rappresentanti dei lavoratori, R.S.P.P., consulenti. Del resto il rispetto scrupoloso della norma non è un adempimento formale ma, piuttosto, pensare ed agire in modo sostanziale con la normativa per attuare la prevenzione della salute e della sicurezza sul lavoro. A ciò deve far seguito l’azione di controllo attento e rigoroso.
Anche in questo caso, però, qualora i controlli vengano effettuati, non si sa mai come è andata a finire. Le lungaggini giuridiche e le sentenze dei tribunali incidono poco o nulla sia nella prevenzione e sia nei controlli. Un’area grigia e nebulosa aleggia su tutti i processi che vedono infortuni e morti sul lavoro con ribaltamenti di sentenze tra il Giudizio di primo grado e la Cassazione. Ora nessuno vuole inficiare il sistema legislativo e le garanzie della difesa ma stabilire tempi certi e più veloci deve essere un richiamo per tutti.
La sicurezza sul lavoro deve interessare anche la magistratura che deve intervenire nei tempi giusti ed in modo utile affinché il percorso che inizia dalla prevenzione al controllo ed alla sanzione possa rappresentare esempio di comportamenti e di azioni corrette nell’applicazione delle norme.
L’attuale sistema sanzionatorio applicato dagli organismi di vigilanza spesso si traducono nel pagamento di una semplice sanzione amministrativa che risolve la questione. In alcuni casi per alcune aziende è più conveniente pagare o, magari, andare a processo confidando nella prescrizione. L’azione degli stessi ispettori del lavoro o delle ASL risulta incompleta e inconclusa non venendo in tempi ragionevoli a conoscenza dell’esito dei rispettivi controlli. Tali compiti non rappresentano solo una corretta azione di polizia giudiziaria ma, dovrebbero, costituire veri e propri esempi (negativi, al contrario delle buone prassi) di errate valutazioni, errori, inadempimenti, ecc. Insomma una specie di near miss che si potrebbero definire “le contravvenzioni e i mancati adempimenti” affinché, sia a livello statistico e sia a livello territoriale possano essere conosciuti e rappresentare gli aspetti della sicurezza (non attuati e non applicati) che devono essere alla base di un serio e corretto adempimento delle norme prevenzionistiche. Una bella lezione sulle norme da portare a conoscenza degli operatori della sicurezza che come ricorda il Presidente Mattarella devono essere rispettate con scrupolo.
Rocco Vitale
presidente AiFOS
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Rispondi Autore: Alberto Rosso - likes: 0 | 06/09/2017 (08:59:00) |
Con una classe imprenditoriale ed artigianale media come quella italiana, per la quale l'importante è fare poco o nulla spendendo il meno possibile, che ritiene di essere a posto con un pezzo di carta che si chiama documento di valutazione rischi nel cassetto, è inevitabile che più ore lavorate equivalga a più infortuni e, ahimè, morti sul lavoro. Ed è inutile parlare di controlli più serrati, tempi giuridici certi ecc... Non cambierebbe nulla, perchè anche di fronte alla prospettiva di ispezioni, sanzioni ecc..., tantissimi artigiani ed imprenditori non si muovono. E' una questione di mentalità, e quella italiana media è così.... Potrà sembrare un discorso rassegnato, ma non lo vuole essere, personalmente continuerò a prodigarmi dando le necessarie indicazioni ai clienti su cosa fare per sanare situazioni a rischio e per migliorare. E' soltanto la constatazione di una situazione ampiamente diffusa |
Rispondi Autore: Massimo Tedone - likes: 0 | 06/09/2017 (09:14:03) |
Sono perfettamente daccordo con quanto esposto dal Sig. Russo; è vero che nella maggior parte dei casi (anche nelle grandi aziende) c'è la convinzione che sia sufficiente un po di carta per ritenersi a posto. Purtroppo però molti imprenditori ... e non sol, sono in buonissima compagnia, .... ritengono che "tanto non succede nulla", poi c'è un avvenimento, tutti pronti a dare addosso al datore di lavoro reo di voler risparmiare a tutti i costi quando, invece, troppo spesso ci troviamo dinnanzia a "professionisti" che pensano di sapere tutto e rifiutano eventuali diverse interpretazioni e/o modi di agire. Speriamo sia solo un brutto periodo |
Rispondi Autore: Carmelo Giannì - likes: 0 | 06/09/2017 (09:50:06) |
Caro Presidente hai perfettamente individuato la formula giusta: ognuno faccia il proprio dovere. 1) controlli più frequenti e PRESENZA degli Organi di vigilanza sul territorio (non solo per sanzionare ma anche per suggerire...) 2) tempi certi e celeri nei processi. 3) certezza della pena. Infine vorrei aggiungere che pagare una semplice sanzione amministrativa per reati come lesioni colpose è una vergogna del nostro sistema. |
Rispondi Autore: Flora Francesco - likes: 0 | 06/09/2017 (10:29:05) |
concordo con il sig. Rosso A., il vero problema sono le leggi di garanzia a favore dei datori di lavoro, che da un lato stabiliscono le conoscenze ( ma nessuno le quantifica ) che devono possedere, dall'altro lato gli permettono di avvalersi di tecnici consulenti interni ed esterni, Morale in Italia con il generalizzato sistema del così detto scarica barile ( sistema molto in uso tra le classi dirigenti ) abbiamo dei DL assolutamente ignoranti in materia di prevenzione. |
Rispondi Autore: francesco B. - likes: 0 | 06/09/2017 (11:06:51) |
Ritengo che per meglio analizzare il fenomeno, sarebbe il caso di conoscere: - l'andamento degli indici standard (in particolare frequenza) - quali i settori nei quali si è registrato il maggior incremento - confronto con gli andamenti degli altri paesi europei. Per quanto riguarda le posizioni espresse da quanti mi hanno preceduto vorrei fare una considerazione: vero è che l'approccio alla sicurezza da parte di molti nostri imprenditori è quanto meno "formale", ma ciò è anche un effetto dell'impianto, appunto formale e non volto alla concretezza, della nostra legge, vero è che per molti di essi gli investimenti in prevenzione sono uno spreco, ma teniamo anche presente che tutti sono i soggetti attivi della sicurezza e che in molti casi vi è anche da parte dei lavoratori un approccio poco responsabile, dovuto anche al nostro approccio che tende a deresponsabilizzare tutti. Non è con il giustizialismo che si risolve il problema (sono diminuiti gli incidenti stradali con l'introduzione del reato di omicidio stradale? Ne dubito), ma con la cultura e con l'adozione di un impianto normativo più snello e pragmatico. |
Rispondi Autore: Stefano P. - likes: 0 | 06/09/2017 (17:40:18) |
Sì, se aumentano le ore lavorate e se non c'è ragione di pensare che le cose nel frattempo siano migliorate, ci si aspetta un aumento del numero di morti. Se ci sono N eventi in un periodo, statisticamente si considera una variabilità dell'ordine di radice di N: per 562 siamo attorno a +/- 23. Combinando le due considerazioni, non è un dato che appaia discostarsi significativamente dal precedente. Il che vuole dire che possiamo essere ben delusi dal non aver realizzato progressi, perché quanto dice il Presidente è giusto, e gli spazi per migliorare ci sono. In tale prospettiva sorprende la mancata menzione dei lavoratori fra gli operatori della sicurezza, come se i soggetti che devono e hanno l'obbligo di lavorare in sicurezza non siano un fattore essenziale, ma ovviamente non è, perché non può essere, questa l'intenzione. Purtroppo la mentalità per la sicurezza, e dovrebbe essere un'ossessione, non è marcata in chi si affaccia al mondo del lavoro, e alle aziende è demandato il compito di inculcarla, assumendo che l'azienda parta lei stessa con la giusta mentalità. E questo mi fa porre la domanda di quale debba essere il contributo della scuola nell'aspirazione del nostro Paese al non poter accettare queste morti sul lavoro. A mio modo di vedere non esiste una ragione al mondo per cui un giovane appena uscito dalla scuola dell'obbligo non abbia come minimo e tanto per fare un esempio le nozioni che sono il contenuto del normale corso RSPP, o che tali nozioni non siano parte di un esame di maturità: dopotutto la prossima cosa che farà la maggior parte di loro sarà cercare un lavoro. |
Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0 | 06/09/2017 (18:17:52) |
A seguito del mio post precedente mi sono preso la briga di fare due conti sulla base del data base statistico INAIL e altre informazioni reperite in rete. Il primo dato che emerge, per me preoccupante, non è il numero degli infortuni mortali (poi spiegherò il perchè), ma il numero degli infortuni denunciati. Al 31/7/17 il numero totale di infortuni denunciati è 380236 (da Repubblica del 29/8), con un aumento del 1,2 % rispetto allo stesso periodo del 2016. Considerando che negli anni tra il 2012 e il 2016 la percentuale degli infortuni in itinere è stata praticamente costante, intorno al 13%, si può ritenere che gli infortuni "reali" siano stati circa 330800. Per quanto riguarda gli infortuni mortali, escludendo sempre quelli in itinere, a luglio 2017 si sono verificati 348 eventi senza mezzo di trasporto e 38 con mezzo di trasporto, per un totale di 431 incidenti (da osservatorio VEGA). La percentuale di incidenti mortali sul totale denunciato (escluso itinere) negli anni 2012 - 2016 oscilla tra 0,16 e 0,19%, al 31/7/17 la stessa percentuale risulta pari a 0,13%, addirittura più bassa di quella del 2016 (0,16% - detto per inciso la percentuale del 2013 è stata dello 0,16% con 719 incidenti mortali , come quella del 2016, con "soli" 667 incidenti mortali, a riprova che i numeri puri non sono indicatori significativi). L'incidenza effettiva degli incidenti mortali di questa prima parte del 2017, dunque, sembrerebbe la più bassa in assoluto. A questo punto "quid est veritas"? Secondo il mio punto di vista l'indicatore significativo, riguarda l'aumento assoluto degli infortuni. C'è del vero, secondo me, nell'affermazione che il calo degli anni scorsi è stato influenzato anche dalla crisi, pesante soprattutto in settori critici come le costruzioni, ma il fatto che ora si assista ad un aumento significativo del numero degli incidenti (sempre che sia significativo un aumento del 1,2% e non rientri invece nella normale oscillazione di un fenomeno statistico). Gli infortuni denunciati sono ancora troppi, anche se tra essi vi è di tutto un po', dall'addetto delle pulizie che scivola sul pavimento al muratore che cade dal tetto. Ricordando la piramide di Heinrich per ridurre il numero degli incidenti mortali bisogna ridurre il numero dei near miss, degli incidenti lievi e così via. I mezzi : - responsabilità di tutti i soggetti (anche i lavoratori, che la giurisprudenza imperante tende a deresponsabilizzare, credo che per contare le condanne per violazione da parte dei lavoratori basti una mano sola) - ben vengano controlli e sanzioni, ma che siano eseguiti da operatori qualificati che non si limitano agli aspetti formali - formazione e crescita della cultura della sicurezza - SEMPLIFICAZIONE, che non significa ammorbidimento, ma fare finalmente una legge che sia comprensibile e chiara, sia improntata al pragmatismo e non al formalismo, enti di controllo e magistratura che applichino la legge senza pregiudizi ideologici o convinzioni personali. |