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Riflettere sugli infortuni per migliorare la prevenzione
Milano, 17 Mag – È evidente come lo studio, l’analisi, la riflessione sui dati relativi agli infortuni e alle malattie professionali possa essere molto importante per comprendere non solo le conseguenze più visibili del lavoro sulla salute, ma anche quelle difficilmente misurate o misurabili, quelle meno conosciute e, magari, emergenti.
Per poter proporre un’ampia e utile riflessione sui dati relativi agli infortuni in Italia, presentiamo oggi un intervento al seminario “Infortuni sul lavoro : programmazione degli interventi, comunicazione”, organizzato dalla Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione ( SNOP), che si è tenuto il 4 marzo 2016 a Milano. Il convegno ha affrontato la questione degli infortuni sul lavoro partendo dai risultati positivi ottenuti dai Piani Nazionali Edilizia e Agricoltura nella prevenzione degli infortuni. Si è dato particolare risalto all'importanza della programmazione e dell'analisi della dinamica degli infortuni, un’analisi necessaria per conoscere le principali cause di infortunio e trovare misure adeguate per prevenirle.
Nell’intervento “Infortuni sul lavoro: serie storica, dati mancanti e riflessioni”, a cura di Claudio Calabresi (SNOP), Antonella Bena e Osvaldo Pasqualini (Associazione italiana di epidemiologia), si sottolinea che in Italia i dati su infortuni e patologie professionali “provengono in massima parte dall’INAIL. È un’ottima opportunità che non i tutti i paesi è ugualmente disponibile”. Tuttavia non va dimenticato “che si tratta di dati raccolti prevalentemente a scopo assicurativo, il cui utilizzo anche per altri fini comporta varie criticità e richiede conseguenti cautele e adattamenti; è tra l’altro alquanto azzardata l’analisi di lungo periodo, per le modifiche verificatesi nella raccolta, archiviazione e valutazione dei dati nel corso del tempo; inoltre i dati non riguardano l’intera popolazione lavorativa”.
Riguardo al fatto che i dati non rappresentano l’intera popolazione lavorativa vengono riportate diverse tabelle e grafici sul rapporto tra occupati (fonte Istat) e Addetti (Inail). Dove con il termine “Addetti Inail” si intendono i lavoratori assicurati presso l’Istituto.
In particolare lo ‘scarto’ tra addetti Inail e occupati ISTAT “nel 2010 era del 71,8%, nel 2012 era del 70,2%, nel 2013 era del 70,6%, nel 2014 era del 69,6%”. E sembrerebbe di assistere nel quinquennio “ad un progressivo - seppur non costante (2013) - aumento dei lavoratori non tutelati assicurativamente da Inail”.
E rimane “l’annosa questione di uno scarto alquanto differente tra le Regioni del Nord e del Centro (attorno al 70%, in alcune superiore) e quelle del Sud (attorno al 50%). Da notare che la percentuale più alta di addetti soprattutto in due regioni (Lazio - > 90% - e Lombardia - 85% -) dipende in gran parte dal fenomeno dell’accentramento contributivo”.
L’intervento, che vi invitiamo a visionare integralmente, riporta poi moltissimi utili grafici per comprendere quanti infortuni - dove, con quale gravità e come - avvengano in Italia.
Ad esempio sono riportati grafici relativi a:
- infortuni denunciati (al netto delle franchigie) e riconosciuti (senza non ancora definiti e ‘negativi’) 2000-2014;
- infortuni riconosciuti per gruppo ATECO 2007-Industria (% sul totale del quinquennio 2010/2014);
- infortuni riconosciuti nel 2012 – Industria;
- indice di incidenza infortuni riconosciuti 2010-2014;
- incidenza nelle costruzioni (infortuni riconosciuti in occasione di lavoro 2010-2014);
- proporzione di occupati Istat 1977-2014;
- infortuni in occasione di lavoro riconosciuti per dimensione aziendale (2005-2012);
- infortuni mortali riconosciuti in alcuni gruppi ATECO 2010-2014 – Industria;
- proporzione di infortuni gravi sul totale 2000-2013.
Ci soffermiamo sui dati relativi agli infortuni riconosciuti per gruppo ATECO 2007-Industria:
Da questi dati emerge come “rispetto agli eventi ‘assegnati’ a gruppi ATECO (quasi l’87% del totale degli infortuni riconosciuti nel periodo 2010-2014), l’80% degli infortuni avviene in soli 18 Gruppi (1/5 del totale).
Interessante anche il rapporto tra infortuni e genere:
In cui si nota una “progressiva tendenza all’aumento infortunistico nelle femmine rispetto ai maschi, più rilevante negli eventi in itinere”.
Si ricorda poi anche la recente comunicazione Inail sul 2015 dove si indica che “calano gli infortuni sul lavoro nel 2015 ma, dopo un decennio, tornano ad aumentare i morti. In totale, l'anno scorso si sono avute 632.665 denunce, con una riduzione del 3,9% rispetto al 2014. Le denunce d’infortunio mortale sono state invece 1.172, contro le 1.009 di un anno prima. Il maggior incremento di denunce si è registrato nei settori fabbricazione dei macchinari, costruzioni, trasporto e magazzinaggio, attività dei servizi di alloggio e ristorazione. L'analisi per classi d'età evidenzia un notevole aumento tra i 60 e i 64 anni (+42,2%)”.
Per analizzare questi i dati si ricordano nell’intervento alcuni degli effetti della crisi economica, ad esempio sottolineando che “i tassi di infortunio sono legati positivamente a: PIL, numero di nuovi lavoratori, permessi per costruire, intensità del lavoro”. E “sono legati negativamente alla disoccupazione”.
Quale programmazione si deve fare per prevenire gli infortuni?
Si indica che, come uscito da una precedente Conferenza Nazionale di Torino, “le ‘grandi’ priorità su cui intervenire sono:
- le Costruzioni, l’Agricoltura, i Trasporti;
- l’appartenenza a microimprese;
- le fasce deboli (anziani, giovani, stranieri/extracomunitari, condizione femminile, lavoro precario, e su tutti il lavoro sommerso e irregolare)”.
Ma i sistemi informativi disponibili contengono informazioni affidabili per aiutare la programmazione?
Inoltre riguardo ai dati di fonte Inail si riporta qualche problema:
- “cosa avviene negli 8-9 milioni di lavoratori non tutelati da Inail? (quali possibilità di approccio?)
- la sottonotifica (specie per i casi meno gravi ma in parte anche per gravi e mortali);
- gli infortuni in franchigia (entro i 3 gg.):oggi è ancora più difficile averne un quadro (normativa ‘di passaggio’ con l’abolizione del registro degli infortuni);
- il lavoro nero…”.
Rimandiamo anche in questo caso alla lettura integrale del documento che riporta vari aspetti, esperienze e riflessioni. Ad esempio anche sull’efficacia degli interventi di vigilanza.
Si segnala, ad esempio, che le ispezioni, come strumento della vigilanza, “hanno un effetto inconsistente nel breve termine ma portano alla diminuzione dei tassi di infortunio dopo più di 3 anni di follow-up. Tipologie specifiche di ispezioni portano a tassi di conformità maggiori rispetto a quello che si ottiene in generale. Le sanzioni possono portare a tassi di infortunio più bassi nel breve termine ma non nel lungo termine e nelle aziende di grandi dimensioni”.
Veniamo, infine, alle considerazioni conclusive degli autori.
Si sottolinea che sugli infortuni e sulle patologie da lavoro “vi sono molte possibilità di conoscenza, anche se dal punto di vista normativo e istituzionale è attesa da 7 anni l’emanazione del Decreto previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 81/2008 (SINP). Vi sono però altre fonti utilizzabili per tentare di ‘coprire’ almeno in parte ciò che non si vede con i dati Inail. I limiti dei sistemi informativi saranno comunque sempre presenti: dobbiamo utilizzarli per quello che sono e che ci servono”.
“ Infortuni sul lavoro: serie storica, dati mancanti e riflessioni”, a cura di Claudio Calabresi (SNOP), Antonella Bena e Osvaldo Pasqualini (AIE), intervento al seminario “Infortuni sul lavoro : programmazione degli interventi, comunicazione” (formato PDF, 2.78 MB).
RTM
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