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Il sequestro o la scomparsa di lavoratori distaccati

Il sequestro o la scomparsa di lavoratori distaccati
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Criminalità

20/02/2014

Un articolo si sofferma sul problema del sequestro o scomparsa di lavoratori distaccati in paesi con intensa attività di gruppi terroristici o di guerriglia. I profili civili, previdenziali e penali.

 
Roma, 20 Feb – PuntoSicuro si è occupato in passato dei problemi relativi alla tutela dei  lavoratori distaccati e del personale operante all’estero. Tuttavia un recente articolo, pubblicato sul sito di  Anmil a cura di Maria Giovannone (Direttore Scientifico di ANMIL Sicurezza) si sofferma sugli obblighi del datore di lavoro in relazione alla presenza di lavoratori operanti in zone con attività di gruppi terroristici o di guerriglia. Intitolato “Sequestro o scomparsa di lavoratori distaccati in paesi “Hot Spot”: profili di security aziendale e carenze del sistema”, lo proponiamo integralmente anche per i nostri lettori.

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Premessa
La recente scomparsa dei due operai italiani in Libia, nei pressi di Derna nella Cirenaica - ad oggi imputata ad un presunto sequestro di persona avvenuto nel corso dello svolgimento della attività lavorativa a bordo di un furgone - non è solo l’ennesima vicenda criminale che colpisce nostri connazionali all’estero. Da quanto emerso, dalla stampa nazionale e internazionale, i due uomini meridionali di origine calabrese si trovavano nel paese, in distacco, da alcuni mesi ad operare come tecnici per una azienda italiana, per l’esecuzione di opere nel settore edile e in condizioni contrattuali non meglio specificate. Oltre ai rilevanti profili internazionali e nell’attesa che ne vengano definiti meglio i contorni, la vicenda offre lo spunto per una riflessione sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori operanti in scenari ad alto rischio, caratterizzati dalla forte presenza di gruppi terroristici e di criminalità diffusa. Ciò tenuto conto del fatto che sono sempre più numerosi i casi di sequestri di persona a danno di lavoratori italiani, espatriati e/o in missione o distacco per conto di datori di lavoro italiani, che cadono vittime di singoli e/o gruppi organizzati in Paesi c.d. “Hot Spot” (+ 9% nel 2011). Infatti, sebbene con particolare riferimento alla “materiale consistenza” del fenomeno non sia possibile trovare dati esatti, tenendo conto della classifica dei paesi con un maggior numero di sequestri di persona, elaborata nel 2011 da Special Contingency Risk LTD e riportata nella Relazione Annual kidnap review 2011, mentre nei primi anni del 2000 le zone più pericolose risultavano essere quelle del Centro e Sud America (dove nel 2004 si è registrato il 65% di tutti i sequestri al mondo), oggi, con il crescere della crisi medio orientale, il primato è passato a Paesi quali Afghanistan, Nigeria, Sudan, Pakistan e Iraq e, con l’incremento degli episodi di pirateria da ultimo registrati, alla Somalia. Quello della esposizione dei lavoratori ad atti di criminalità endemica o terroristica è dunque un problema molto diffuso, specie in quei settori produttivi come l’energia, i trasporti, le comunicazioni, e in generale quello delle infrastrutture critiche, in cui i cosiddetti rischi di security aziendale sono parte integrante dei processi produttivi e non possono essere ignorati dai datori di lavoro italiani, anche quando operano oltre i confini del territorio dello stato. Inoltre, data la sensibilità dell’argomento, è in attesa di esame da parte delle Commissioni Affari Costituzionali e Esteri del Senato il ddl Istituzione di un Dipartimento per la sicurezza dei cittadini italiani all’estero presso l’Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna operante in coordinamento con l’Unità di crisi del ministero degli affari esteri (16a legislatura, Disegno di Legge n. 3469). L’Italia dal canto suo è parte del Global Counter Terrorism Forum, organismo volto a coordinare le politiche dei singoli Paesi membri di reazioni ad atti terroristici e a sequestri di persona da parte di terroristi, come nel caso del Memorandum di Algeri. E’ a questo punto opportuno analizzare i possibili profili civili, previdenziali e penali sottesi a vicende come questa.
 
Profili civili e previdenziali
La giurisprudenza si è soffermata più volte, nel corso degli anni, sull’analisi delle conseguenze civili e previdenziali di un infortunio o della morte di un lavoratore sul luogo di lavoro causate dall’attività criminosa di terzi. Invero per i settori di maggiore incidenza, e sui lavoratori e gli addetti coinvolti, oltre ai rischi più noti e censiti per la salute e sicurezza, incombono normalmente anche rischi di sicurezza originati dalla attività criminosa di terzi (es. terrorismo, criminalità endemica, atti con finalità di turbamento dell’ordine socio-politico, etc...) che, pur essendo esterni alla attività produttiva, sono prevedibili e considerabili quali rischi “ambientali” inscindibilmente connessi allo svolgimento dell’attività produttiva stessa, e pertanto assoggettati alla disciplina di cui all’art. 2087 c.c. e alle norme di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, come ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 4012 del 20 aprile 1998; Cass., n. 5048 del 6 settembre 1988.; Cass. n. 7768 del 17 luglio 1999; nonché da ultimo Cass., n. 8486 dell’8 aprile 2013). I rischi sopra citati devono pertanto rientrare a pieno titolo nell’obbligo di valutazione, gestione e prevenzione da parte del datore di lavoro. La inosservanza di questi obblighi, tra l’altro, ove determini conseguenze come la morte o le lesioni del lavoratore, può determinare effetti risarcitori in capo al datore di lavoro, oltre che legittimare la richiesta, da parte del lavoratore o dei suoi familiari, di prestazioni indennitarie INAIL. Molto significativa per entrambe le prospettive - prevenzionistica in senso stretto e risarcitoria da una lato e assicurativa e indennitaria dall’altro – è la sentenza della Corte di Cassazione del 20 aprile 1998, n. 4012, che ha chiarito che “L’obbligo dell’imprenditore di tutelare l’integrità fisiopsichica dei dipendenti impone l’adozione non solo di misure di tipo igienico sanitario o antinfortunistico, ma anche di misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione di detta integrità nell’ambiente od in costanza di lavoro in relazione ad attività, pur se allo stesso non collegate direttamente come le aggressioni conseguenti all’attività criminosa di terzi, in relazione alla frequenza assunta da tale fenomeno rispetto a determinate imprese ed alla probabilità del verificarsi del relativo rischio, non essendo detti eventi coperti dalla tutela antinfortunistica di cui al dpr n. 1124 del 1965 e giustificandosi l’interpretazione estensiva della predetta norma alla stregua del rilievo costituzionale del diritto alla salute che dei principi di correttezza e buona fede”. Tali principi sono ancora oggi confermati dall’orientamento dominante in materia.
 
Come ribadito in numerose altre pronunce, poi, alla luce dell’articolo 2087 c.c., il datore di lavoro non solo è tenuto a predisporre le migliori misure tecnicamente possibili di tipo igienico, sanitario e antinfortunistico, ma anche quelle volte ad evitare eventi, come l’aggressione ad opera di terzi che, benché non direttamente legati al processo produttivo, si presentino in alcuni settori con frequenza periodica. Ciò in ragione sia del rilievo costituzionale attribuito al diritto alla salute (art. 32 cost.), sia dei principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1135 c.c.) ai quali il rapporto lavorativo si deve informare.
 
Tuttavia, nonostante tali doveri e le correlate responsabilità siano riconosciuti dalla giurisprudenza e dal nostro sistema normativo complessivamente inteso, il Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro (d.lgs. n. 81/2008) non disciplina espressamente e in modo inequivocabile l’obbligo di valutare e gestire i rischi di security aziendale, limitandosi alla più ampia diposizione dell’art. 28, co. 1, che stabilisce che il datore di lavoro, nella redazione del documento di valutazione dei rischi, deve considerare tutti i rischi “compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”. Né giova alla effettività delle tutele il fatto che tra i circa venti decreti attuativi del TU Sicurezza rimasti sospesi stia ancora languendo quello sulla qualificazione nel settore dell’edilizia, volto a regolamentare un processo di selezione delle imprese tale da garantire l’applicazione di standard di sicurezza elevati e condizioni di lavoro regolari per tutti gli addetti, ovunque prestino la loro opera.
 
I profili di responsabilità penale
Nel caso in cui una determinata condotta inosservante degli obblighi dettati da specifiche disposizioni normative riguardanti la salute e sicurezza sul lavoro, oltre che della comune prudenza e diligenza, sia valutata dal giudice causalmente efficiente, unitamente al comportamento doloso di terzi, a cagionare il reato, il datore di lavoro potrebbe essere imputabile anche penalmente per cooperazione colposa al delitto doloso commesso da terzi. In altri termini, il datore sarebbe considerato responsabile poiché è la sua negligenza ad aver ingenerato la possibilità che l’evento criminoso si realizzasse.
 
Essendo il datore di lavoro, in forza dell’art. 2087 c.c., garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, l’evento lesivo derivante da un’inottemperanza dell’obbligo di tutela può essere allo stesso datore imputato secondo il meccanismo reattivo previsto dall’art. 40, comma 2 c.p., il quale statuisce che “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
 
Inoltre nel caso di specie, in cui non vi sono ancora elementi per identificare la esatta natura dell’ipotizzato sequestro (sequestro semplice ex art. 605 c.p. ovvero a scopo di estorsione 630 c.p. ovvero a scopo di terrorismo o eversione ex art. 289 bis c.p.), ove scaturissero conseguenze mortali o lesioni gravi o gravissime per il lavoratore, potrebbe ipotizzarsi a carico del datore di lavoro la imputazione per le fattispecie di cui agli artt. 589, comma 2 e 590 comma 3 c.p.
Inoltre, nella ipotesi di morte dei lavoratori sequestrati, non è a rigore da escludere la possibilità di un’imputazione per omicidio doloso a titolo di dolo eventuale a carico delle figure responsabili dell’azienda, qualora dalle indagini emergesse che questi, pur avendo appreso da fonti attendibili l’imminenza del pericolo, non abbiano adottato anche le più lievi forme di cautela per garantire l’incolumità dei propri dipendenti.
Né tali responsabilità sarebbero neutralizzate dal fatto che il reato sia avvenuto fuori dal territorio dello Stato, considerata la rilevanza extranazionale dei profili penalistici correlati alla violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. A norma del codice penale, dunque, i reati potenzialmente connessi al sequestro dei due operai, potrebbero essere di competenza della giurisdizione italiana, seppur in concorrenza con quella del Paese ove i crimini si sono verificati.
 
Nelle ipotesi di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme prevenzionistiche, inoltre anche la società datrice di lavoro potrebbe poi essere responsabile in applicazione dell’art. 25 septies del d.lgs. n. 231/01, a meno che non dimostri di aver adottato e correttamente attuato un modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Analogamente, l’impresa potrebbe essere chiamata a rispondere innanzi al giudice, ex artt. 24-ter (Delitti di criminalità organizzata) e 25-quater (Delitti con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico) d.lgs. n. 231/2001, nella circostanza in cui erogasse delle somme di denaro ai rapitori allo scopo di favorire la liberazione degli ostaggi, ottenere informazioni o migliorarne le condizioni.
 
Conclusioni
Alla luce del quadro normativo composito appena analizzato e nonostante l’assenza di una norma prevenzionale che si esprima letteralmente sul punto, si può dunque a ragione sostenere, in via interpretativa, che il datore di lavoro operante in zone nelle quali intensa è l’attività di gruppi terroristici o di guerriglia, come nel caso di specie, non possa non farsi carico anche del rischio di atti criminosi di terzi (come il reato di sequestro di persona), predisponendo le opportune cautele e rispondendo delle conseguenze connesse alla inosservanza delle stesse.
 
 
Maria Giovannone
Direttore Scientifico di ANMIL Sicurezza
 
 
Fonte: Anmil.
 
 
Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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Rispondi Autore: GIANLUCA ANGELINI - likes: 0
20/02/2014 (08:59:08)
... E S EL'AEREO SU CUI VIAGGIA IL LAVORATORE CADE? O VIENE SEQUESTRATO E DIROTTATO? LA RESPONSABILITA' E' DEL DATORE DI LAVORO? SIAMO ALLA FOLLIA PIENA!!!
Rispondi Autore: Gaetano M. - likes: 0
21/02/2014 (12:13:07)
Mi perdoni caro Gianluca, me lei andrebbe a lavorare in Libia o Irak o Siria o Nigeria (o dove vuole lei) senza che il suo datore di lavoro adotti le misure necessarie di security, atte a garantire la sua sicurezza ed incolumità?! Premetto che non sto scrivendo per difendere il redattore dell'articolo, che neanche conosco, ma solo per fare chiarezza: il datore di lavoro deve valutare TUTTI i rischi (art. 17,Dlgs 81/08) legati alla mansione lavorativa, che comprende anche l'attività all'estero in zone a rischio!
Rispondi Autore: GIANLUCA ANGELINI - likes: 0
21/02/2014 (14:17:52)
QUINDI L'INCIDENTE AEREO CHE MI PORTA VERSO LA LOCALITA' ESTERA? COME LO TRATTIAMO COME INFORTUNIO IN ITINERE? E SE DURANTE LO SPOSTAMENTO CON L'AEREO (IN ORARIO DI LAVORO) QUESTO CADE? E' INFORTUNIO SUL LAVORO? E SE LA NAVE CHE MI TRASPORTA VIENE SEQUESTRATA DAI PIRATI? TRA LE MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE LEI COSA PREVEDEREBBE? IL PARACADUTE E IL SALVAGENTE COME DPI? LA SCORTA ARMATA PER IL LAVORATORE CONTRO I SEQUESTRI DI PERSONA? E ALLORA NELLE ITALICHE REGIONI A FORTE RISCHIO DI ATTENTATI MAFIOSI? IL DATORE DI LAVORO DOVREBBE VALUTARE ANCHE IL RISCHIO DI ATTENTATI? PER CORTESIA LA SICUREZZA E' UNA COSA SERIA, SMETTIAMOLA DI INVENTARCI INTERPRETAZIONI FUORVIANTI O CAMPI DI APPLICAZIONE CHE NON HANNO ALCUNA POSSIBILITA' CONCRETA DI ATTUAZIONE E CONCENTRIAMOCI SUL RISPETTO DEGLI OBBLIGHI REALI!!! IL DATORE DI LAVORO E' OBBLIGATO A VALUTARE TUTTI I RISCHI SPECIFICI DELLA PROPRIA ATTIVITA' LAVORATIVA E SINCERAMENTE MI RISULTA DIFFICILE PENSARE CHE IL RISCHIO DI ATTENTATI, DI SEQUESTRO,... SIANO RISCHI SPECIFICI A MENO CHE NON SI TRATTI DI MANSIONI QUALE LA GUARDIA DEL CORPO, L GUARDIA GIURATA, IL SERVIZIO D'ORDINE, ECC.
Rispondi Autore: djghfs - likes: 0
21/02/2014 (14:38:12)
ma che ti gridi...
Rispondi Autore: GIANLUCA ANGELINI - likes: 0
21/02/2014 (17:06:44)
djghfs, INTANTO INVECE DI NASCONDERTI DIETRO UNA SIGLA FIRMATI COME FACCIO IO. POI TI INVITO CORTESEMENTE A FARTI GLI AFFARI TUOI E AD INTERVENIRE IN MODO PERTINENTE NELLA DISCUSSIONE, SE HAI DEGLI ARGOMENTI SERI E NON DELLE BUFFONATE DI COMMENTO (EVIDENTEMENTE FAI MOLTA FATICA!!!). POI, GUARDA, L'IGNORANZA E' SEMPRE UN BRUTTO BIGLIETTO DA VISITA, VISTO CHE QUANDO SI SCRIVE E' DIFFICILE GRIDARE (se poi ti riferisci al fatto che scrivo in maiuscolo e con i punti esclamativi, beh, se non ti piace, FATTENE UNA RAGIONE, PERCHE' IL PROBLEMA E' TUTTO TUO!!!!. POI SE VUOI CONTINUARE A QUALIFICARTI IN QUESTO MODO, BEH, FAI PURE, SE HO VOGLIA CONTINUO A RISPONDERTI, ALTRIMENTI ME LA RIDO E CONTINUO A PORTARE FATTI E RAGIONAMENTI SERI ALLA DISCUSSIONE. IO!!!
Rispondi Autore: djghfs - likes: 0
24/02/2014 (08:32:55)
@GIANLUCA ANGELINI

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veda lei...
buona giornata
Rispondi Autore: gianluca.angelini72@gmail.com - likes: 0
24/02/2014 (10:07:14)
NO, PIU' CHE ALTRO VEDA LEI. PERCHE' IO NEL RISPONDERE A GAETANO M. NON AVEVO OFFESO NESSUNO. MENTRE LEI SI E' PERMESSO DI COMMENTARE LA MIA RISPOSTA CON UN "MA CHE TI GRIDI..." CHE DENOTA UN ELEVATO LIVELLO DI MALEDUCAZIONE DA PARTE SUA. AL CONTRARIO IO LE HO RISPOSTO IN MANIERA DECISA SENZA OFFENDERE NESSUNO. PER CUI NON SI PERMETTA MAI PIU' DI SCRIVERE, COME HA FATTO NELL'ULTIMO POST, CHE HO USATO QUESTO SPAZIO PER SCRIVERE COSE NON ATTINENTI O CHE SONO STATI SCRITTI COMMENTI OFFENSIVI, INGIURIOSI. RAZZISTI, SESSISTI, ECC. SOPRATTUTTO, LO RIBADISCO, NASCONDENDOSI DIETRO UNO PSEUDONIMO QUANDO IO UTILIZZO NOME E COGNOME. SPERO CHE ABBIA BEN CAPITO, PERCHE' IN CASO CONTRARIO MI VEDRO' COSTRETTO A TUTELARMI NELLE SEDI COMPETENTI DOTT. GIANLUCA ANGELINI
P.S.: SE RITIENE OFFENSIVO IL TERMINE "IGNORANZA" CHE HO UTILIZZATO SI VADA A LEGGERE IL SUO SIGNIFICATO IN UN QUALSIASI DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA. TANTO ERA DOVUTO
Rispondi Autore: Marco Braghini - likes: 0
24/02/2014 (18:55:06)
Francamente non riesco a comprendere l'irritazione nel considerare quali possibili fonti di pericolo anche la presenza di possibili sequestratori o la sicurezza dei mezzi di trasporto impiegati e non mi sembra neppure il tentativo di estremizzare l'applicazione del campo di applicazione del d. lgs. 81/08.
Penso ad esempio alla possibilità che un datore di lavoro, per risparmiare, decida di avvalersi di una società aerea inserita nella black-list dell'ENAV. E' sua responsabilità o no?
Il fatto di inviare dei lavoratori in aree del mondo ad elevato rischio è convenienza dell'impresa oppure no? se è convenienza forse deve preoccuparsi di come tutelare e proteggere anche i suoi lavoratori.
Senza scomodarsi andando all'estero, le banche italiane inseriscono nel loro dvr anche il rischio rapina. Non mi sembra che siamo così distanti dal considerare i rischi legati al terrorismo o alla presenza di rapitori.
Non si tratta di prescrivere il paracadute come dpi ma come al solito di definire oggettivamente cosa può fare il datore di lavoro per tutelare i propri collaboratori.
Dai rischi biologici endemici fino alla tutela dalle aggressioni.
Esistono già gli strumenti per prevenire: dall'obbligo di registrarsi sul sito "dove siamo nel mondo" della Farnesina alla assunzione di società specializzate nell'assistere le imprese che operano in paesi a rischio e le assicuro che la loro organizzazione fa impallidire quella di alcuni stati.
Credo che il suo sfogo sia dettato anche dal non aver mai dovuto affrontare simili situazioni che al giorno d'oggi diventano sempre più frequenti.

Rispondi Autore: gianluca.angelini72@gmail.com - likes: 0
25/02/2014 (06:29:59)

Non si tratta di uno sfogo nemmeno di irritazione, ma semplicemente del fatto che in una materia così delicata è ora di finirla con interpretazioni fuorvianti e pericolose e di far passare come vero tutto ciò che passa per la testa.
E la imostrazione è che ha portato degli esempi ce non c'entrano nulla. Intanto andarsi a studiare il campo di applicazione di una legge e, in questo caso, del D.Lgs. 81/08. Intanto il rischio rapina in una banca, dato che una banca l'ho seguita, prima di essere riconosciuto come rischio specifico (perchè questi rischi chiede di valutare il D.Lgs. 81/08) è stato oggetto di anni di discussione. Poi, sinceramente, l'iscrizione al sito che lei cita non mi pare una grande misura di prevenzione e protezione (tra l'altro mi aiuti cortesemente a trovarla nel D.lgs. 81/08 o in qualche norma tecnica perchè sinceramente ci ho provato ma senza successo). Ribadisco stiamo parlando di cose senza senso e che non trovano alcun fondamento giuridico come purtroppo se ne vedono tante nelle pronunce giurisprudenziali. Comunque le chiedo cortesemente, visto la grandissima esperienza che Lei evidentemente ha in situazioni simili che diventano sempre più frequenti come si deduce dalle Sue parole, di condividere tutto questo sapere tecnico con noi. Sarebbe comunque un'arrichcimento per tutti. Aspetto un Suo gradito riscontro tecnico e concreto in merito a come, ad esempio, si fa una valutazione dei rischi di un'azienda che manda propri lavoratori ad operare ad esempio in Nigeria con individuazione delle misure di prevenzione e protezione previste e adottate, con i criteri adottati, i riferimenti normativi, ecc. (una normalissima valutazione dei rischi, insomma). Poi magari ne facciamo una che ipotizzi uno scenario lavorativo, che so, in Ucraina magari distinguendo tra quando non c'era la guerra civile e cosa pevedere per quello che è successo in questi giorni. Infine facciamo una valutazione per un'azienda che opera in Italia in territori a rischio n'drangheta, camorra, sacra corona unita ... Dal confronto potrebbero magari scaturire buone indicazioni sui rischi che, ad esempio, doveva aver valutato un oneto datore di lavoro per i propri dipendenti nella terra dei fuochi. Diceva un grande comico: MA MI FACCIA IL PIACERE. Thissengroup, Eternit, Ilva, ... di questo si deve parlare altro che di fantasie che non stanno in cielo e in terra. SCUSATE LO SFOGO.
Rispondi Autore: Iuliana Ciocan - likes: 0
31/08/2019 (01:37:20)
Mi piacerebbe sapere dove si inquadra un datore di lavoro che impedisce ai collaboratori con un contratto di collaborazione di andare in pausa visto che coloro che fanno i callcenter ogni 2 ore hanno diritto a 15 min di pausa. Si chiama sequestro di persona art. 605 del c. p? Grazie.

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