COVID-19: quali sono i possibili scenari di diffusione del contagio?
Roma, 9 Nov – Una delle novità del DPCM 3 novembre 2020, al di là delle nuove misure differenziate per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, è la presenza dell’allegato 25, a cui si fa riferimento negli articoli (2 e 3) che individuano le regole per le aree a maggior rischio biologico.
A titolo esemplificativo riprendiamo l’incipit dell’articolo 3 del DPCM dove si indica che allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, “con ordinanza del Ministro della salute, adottata sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, sulla base del monitoraggio dei dati epidemiologici secondo quanto stabilito nel documento di ‘Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno invernale’, condiviso dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome l’8 ottobre 2020 (allegato 25) nonché sulla base dei dati elaborati dalla cabina di regia di cui al decreto del ministro della salute 30 aprile 2020, sentito il Comitato tecnico scientifico sui dati monitorati, sono individuate le Regioni che si collocano in uno ‘scenario di tipo 4’ e con un livello di rischio ‘alto’ di cui al citato documento di Prevenzione”.
Proprio in relazione all’importanza, dichiarata nella norma, di tale documento, abbiamo deciso di raccontarne alcune parti che ci possono permettere non solo di comprendere la genesi delle nuove misure di protezione dal virus, ma anche l’eventuale sviluppo futuro della gestione dell’emergenza COVID-19.
Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:
- Il documento di prevenzione e risposta all’emergenza COVID-19
- La rimodulazione delle misure di contenimento e mitigazione
- I possibili scenari che si possono prospettare riguardo all’emergenza
Il documento di prevenzione e risposta all’emergenza COVID-19
L’allegato 25 del DPCM 3 novembre 2020 contiene un documento - prodotto dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità con una lunga serie di collaborazioni rilevanti (Consiglio Superiore di Sanità, Dipartimento della Protezione Civile, INAIL, Conferenza Stato Regioni, …) - dal titolo “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno invernale” e con il sottotitolo “Approfondimento complementare ai documenti generali già resi pubblici su preparedness, pianificazione e contesti specifici”.
Il documento ricorda che la preparedness nelle emergenze di sanità pubblica “comprende tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive e per mitigare il loro impatto durante una emergenza di sanità pubblica, a prescindere dalla entità dell’evento (locale, regionale, nazionale, internazionale). Durante una emergenza di sanità pubblica sono richieste capacità di pianificazione, coordinamento, diagnosi tempestiva, valutazione, indagine, risposta e comunicazione”.
Il documento si inserisce come ulteriore evoluzione nell’ambito delle attività nazionali di preparedness “per supportare la verifica, e se necessario il rafforzamento, dello stato di preparazione dei sistemi sanitari nelle Regioni/PA al fine di fronteggiare in modo ottimale un eventuale aumento nel numero di nuove infezioni da SARS-CoV-2 nonché i diversi scenari possibili nella stagione autunno-inverno 2020-2021”.
Infatti a seguito della “analisi delle criticità riscontrate nella prima fase epidemica, della elaborazione di possibili scenari epidemici e dello sviluppo di uno strumento di autovalutazione della preparedness dei servizi sanitari” (si fa riferimento ad una circolare pubblicata l’11 agosto 2020), il documento “intende rafforzare il coordinamento e la pianificazione nazionale nel breve termine raccogliendo le iniziative, gli strumenti e i provvedimenti disponibili sviluppati dall’inizio di questo evento pandemico e operativi in questa fase”.
Ricordiamo che la struttura del documento segue quella degli 8 pilastri strategici chiave identificati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la risposta alla pandemia COVID-19:
- Pilastro 1: Coordinamento nazionale, pianificazione, e monitoraggio
- Pilastro 2: Comunicazione del rischio e coinvolgimento della popolazione
- Pilastro 3: Sorveglianza, team di risposta rapida, indagine sui casi
- Pilastro 4: Punti di ingresso/sanità transfrontaliera
- Pilastro 5: Laboratori nazionali
- Pilastro 6: Infection prevention and control (IPC)
- Pilastro 7: Gestione clinica dei casi
- Pilastro 8: Supporto operativo e logistica.
La rimodulazione delle misure di contenimento e mitigazione
Rimandando alla lettura integrale del documento allegato al DPCM, riprendiamo brevemente alcune indicazioni tratte dal capitolo 5 che presenta un approccio alla ri-modulazione delle misure di contenimento/mitigazione a livello regionale/PA in ambito di ipotetici scenari di trasmissione del virus SARS-CoV-2 sul territorio nazionale nel periodo autunno-invernale.
Si indica che le misure declinate negli scenari “hanno la funzione di supportare ed orientare il processo decisionale delle singole Regioni e Province Autonome in relazione al proprio scenario epidemiologico e, proprio per la loro funzione di orientamento, non sono da intendersi vincolanti. Per ciascuno scenario nazionale vengono quindi ipotizzate misure scalabili in base al verosimile livello di rischio che potrebbe essere identificato nella classificazione settimanale fornita a ciascuna Regione/PA in base al monitoraggio definito ai sensi del DM Salute del 30 aprile 2020 (es. non sono considerati verosimili livelli di rischio molto bassi in scenari di trasmissione critici come lo scenario 4)”.
Si indica poi che la ri-modulazione proposta sia in senso restrittivo che permissivo (escalation e de-escalation) è coerente con quanto indicato all’allegato 10 “Principi per il monitoraggio del rischio sanitario” al DPCM 26 aprile 2020. E per la modulazione in escalation e de-escalation delle misure “vengono posti dei criteri temporali che tengono conto sia del ritardo fisiologico di almeno 3 settimane nell’osservazione di cambiamenti epidemiologici dai dati di sorveglianza e legati all’incubazione della malattia e ai tempi di notifica/trasmissione dei dati, sia di possibili ulteriori ritardi in scenari a più elevata trasmissione per un aumento rilevante nel numero di casi da segnalare tale da sovrastare la capacità di mantenere adeguati livelli di tempestività e completezza”.
Riprendiamo dal documento uno schema relativo ai i principi per il monitoraggio del rischio sanitario (All. 10 - DPCM 26 aprile 2020):
I possibili scenari che si possono prospettare riguardo all’emergenza
Rimandando a futuri aggiornamenti l’approfondimento dei vari scenari, concludiamo raccogliendo dal documento alcune indicazioni dei “possibili scenari che si prospettano per l’autunno nelle diverse regioni” (ricordiamo che con “Rt” si intende la “trasmissibilità di un patogeno calcolata nel tempo in presenza di interventi”):
- SCENARIO 1: “Situazione di trasmissione localizzata (focolai) sostanzialmente invariata rispetto al periodo luglio-agosto 2020, con Rt regionali sopra soglia per periodi limitati (inferiore a 1 mese) e bassa incidenza, nel caso in cui la trasmissibilità non aumenti sistematicamente all’inizio dell’autunno, le scuole abbiano un impatto modesto sulla trasmissibilità e i sistemi sanitari regionali riescano a tracciare e tenere sotto controllo i nuovi focolai, inclusi quelli scolastici”.
- SCENARIO 2: “Situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario nel breve-medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1 e Rt=1,25 (ovvero con stime dell’Intervallo di Confidenza al 95% - IC95% - di Rt comprese tra 1 e 1,25), nel caso in cui non si riesca a tenere completamente traccia dei nuovi focolai, inclusi quelli scolastici, ma si riesca comunque a limitare di molto il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie. Un’epidemia con queste caratteristiche di trasmissibilità potrebbe essere caratterizzata, oltre che dalla evidente impossibilità di contenere tutti i focolai, da una costante crescita dell’incidenza di casi (almeno quelli sintomatici; è infatti possibile che si osservi una riduzione della percentuale di casi asintomatici individuati rispetto al totale vista l’impossibilità di svolgere l’investigazione epidemiologica per tutti i nuovi focolai) e corrispondente aumento dei tassi di ospedalizzazione e dei ricoveri in terapia intensiva. La crescita del numero di casi potrebbe però essere relativamente lenta, senza comportare un rilevante sovraccarico dei servizi assistenziali per almeno 2-4 mesi”;
- SCENARIO 3: “Situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta del sistema sanitario nel medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1,25 e Rt=1,5 (ovvero con stime IC95% di Rt comprese tra 1,25 e 1,5), e in cui si riesca a limitare solo modestamente il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie. Un’epidemia con queste caratteristiche di trasmissibilità dovrebbe essere caratterizzata da una più rapida crescita dell’incidenza di casi rispetto allo scenario 2), mancata capacità di tenere traccia delle catene di trasmissione e iniziali segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali in seguito all’aumento di casi ad elevata gravità clinica (con aumento dei tassi di occupazione dei posti letto ospedalieri – area critica e non critica) riconducibile ad un livello di rischio elevato o molto elevato in base al sistema di monitoraggio settimanale. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 2-3 mesi. È però importante osservare che qualora l’epidemia dovesse diffondersi prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani), il margine di tempo entro cui intervenire potrebbe essere maggiore”;
- SCENARIO 4: “Situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente maggiori di 1,5 (ovvero con stime IC95% di Rt maggiore di 1,5). Anche se una epidemia con queste caratteristiche porterebbe a misure di mitigazione e contenimento più aggressive nei territori interessati, uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani). A questo proposito, si rimarca che appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità”.
Segnaliamo, infine, che il documento riporta nel dettaglio anche le fasi della pandemia in Italia e le politiche adottate per affrontare la fase autunnale-invernale.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Istituto Superiore di Sanità – Ministero della Salute, “ Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”, ottobre 2020 (formato PDF, 4.25 MB).
Scarica la normativa di riferimento:
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