La necessità di consolidare i piani nazionali di prevenzione tematici
Roma, 14 Mag – Perché si possano migliorare le strategie in materia di salute e sicurezza sul lavoro, è necessario che a livello regionale e locale si consolidino e strutturino i vari piani di prevenzione tematici. Ad esempio il Piano nazionale edilizia, di cui abbiamo parlato anche nell’intervista “ Novità, obiettivi e risultati del Piano Nazionale per l’Edilizia”, ma anche il Piano nazionale agricoltura, il Piano nazionale patologie da sovraccarico biomeccanico, il Piano nazionale stress lavoro correlato e il Piano nazionale cancerogeni occupazionali e tumori professionali.
A ricordarlo e a fornire informazioni sui diversi piani e sulle strategie più globali in materia di salute e sicurezza sul lavoro è il “ Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025” adottato il 6 agosto 2020 con Intesa in Conferenza Stato-Regioni.
Dopo aver presentato, in precedenti articoli, i fattori di rischio rilevati in materia e le strategie in materia di salute e sicurezza, ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:
- I piani nazionali di prevenzione in edilizia e in agricoltura
- Il piano nazionale cancerogeni e tumori professionali
- I piani nazionali per le malattie muscoloscheletriche e lo stress lavoro correlato
I piani nazionali di prevenzione in edilizia e in agricoltura
Riguardo ai vari piani di prevenzione tematici il documento ricorda che il Piano nazionale edilizia nasce dal considerare “che c’è una ricorrenza di infortuni gravi e mortali, anche collettivi, derivanti da:
- macchine e attrezzature di lavoro non conformi ai Requisiti Essenziali di Sicurezza (RES) e non adeguatamente utilizzate;
- esplosioni causate da agenti chimici, innescate da cause meccaniche o termiche/elettriche
- asfissia in luoghi confinati e/o ad atmosfera controllata;
- esecuzione di lavori in quota;
- esecuzione di lavori in prossimità di scavi;
- strutture, macchine, impianti elettrici, incendio ed esplosione”.
Inoltre il comparto edilizia “vede anche una notevole ricorrenza di malattie professionali originate da:
- agenti fisici, chimici, cancerogeni, biologici;
- esposizione professionale ad amianto;
- sovraccarico biomeccanico all’origine di patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, derivante da posture incongrue e/o movimenti ripetuti”.
E riguardo a questo Piano si sottolinea che, tra le numerose azioni da mettere in campo per migliorare la prevenzione, le buone pratiche per la salute e sicurezza nei cantieri edili, “di facile consultazione e semplice applicazione, rivestono sempre di più un ruolo strategico per la promozione della salute e della sicurezza nei cantieri edili e possono contribuire in modo significativo alla riduzione degli infortuni”.
Cambiando comparto di lavoro si indica che l’agricoltura italiana è una realtà molto composita, “con strutture produttive molto differenziate sia per la struttura del territorio, sia per le dimensioni e la tipologia delle aziende”.
In particolare molte realtà sono costituite da “microimprese o da piccoli appezzamenti gestiti a livello ‘hobbistico’. Specie nella frutti/orticoltura e, in genere, nelle attività di raccolta sono presenti in gran numero lavoratori a tempo determinato e stagionali”.
Dal punto di vista della sicurezza e salute sul luogo di lavoro – continua il PNP – “l’agricoltura è un settore produttivo ad alto rischio infortunistico e con presenza di rischi importanti per la salute”. E in rapporto ad altri settori produttivi “si osserva un fenomeno quantitativamente rilevante di denuncia di malattie professionali (nel 2018 presenti 11.499 denunce pari a circa il 19% del totale)”.
È dunque necessario “strutturare un Piano nazionale di prevenzione in agricoltura che abbia, tra gli altri, la priorità di controlli e verifiche su aziende e macchine agricole, ricordando che numerosi infortuni, spesso mortali, accadono per il non corretto uso o per la vetustà del parco macchine di cui l’agricoltura, sempre più meccanizzata, si avvale”.
Il piano nazionale cancerogeni e tumori professionali
Riguardo poi al tema dei tumori il Piano Nazionale di Prevenzione ricorda che l’International Labour Office (ILO) afferma che, nel mondo, “ben l’80% circa delle 2.300.000 morti collegate al lavoro sono da attribuire a malattie e il 20% a infortuni. Tra le malattie da lavoro più gravi, evidentemente, vi sono le neoplasie professionali, il cui numero conosciuto (in quanto oggetto di denunce o segnalazioni), tuttavia, in Italia come in altri Paesi, è fortemente più basso di quello atteso sulla base di stime scientificamente validate (Doll e Peto, Parkin, Hutchings)”.
In particolare su oltre 373.000 casi di tumore occorsi nel 2018 in Italia “ci attenderemmo (utilizzando una percentuale cautelativa del 4%) quasi 15.000 casi di neoplasie professionali all’anno; i dati ufficiali INAIL parlano di circa 2.000 casi denunciati all’anno”.
E dunque da ciò emerge “la necessita di conoscere meglio il fenomeno dal punto di vista quali-quantitativo al fine di programmare azioni di prevenzione mirate ed efficaci e consentire il dovuto riconoscimento delle malattie professionali”. E tale azione di emersione dei tumori professionali “deve essere necessariamente accompagnata da una sufficiente conoscenza della diffusione dei principali agenti cancerogeni nelle imprese e nei comparti produttivi, prerequisito per una corretta pianificazione e programmazione delle attività di controllo da parte delle istituzioni preposte”.
Queste maggiori conoscenze relative ad agenti cancerogeni e neoplasie professionali “possono essere ottenute attraverso il pieno funzionamento dei sistemi istituzionali e delle banche dati già previste dal sistema istituzionale del D.lgs. 81/08 e successivi accordi e decreti applicativi, che tuttavia devono essere attivate laddove ancora non avviene e comunque messe in rete tra gli Enti che sono incaricate di gestirle”.
In questo senso il Piano Nazionale Cancerogeni e tumori professionali è “uno strumento di cui ogni Regione deve avvalersi per l’emersione di tali patologie sottostimate e, talora, ancora poco conosciute. Tutto ciò congiuntamente a una forte azione di sistema che consolidi e perfezioni le banche dati già previste dalla normativa vigente”.
I piani nazionali per le malattie muscoloscheletriche e lo stress lavoro correlato
Il documento si sofferma poi sulle malattie muscoloscheletriche.
Si indica che sempre in tema di malattie professionali quelle correlate all’apparato muscoloscheletrico (MSK), trasversali a più settori produttivi e spesso relative a condizioni di sovraccarico biomeccanico lavorativo, rappresentano (dati INAIL) “la maggioranza assoluta delle patologie professionali denunciate e riconosciute in Italia”.
Con riferimento ai dati INAIL relativi al 2018 si stima che le patologie dell’apparato muscoloscheletrico “hanno rappresentato quasi l’80% delle patologie professionali denunciate”. E dunque la crescente diffusione di queste patologie “conferma la necessita di una diffusione capillare e strutturata del Piano nazionale prevenzione malattie muscoloscheletriche i cui principali obiettivi sono, da un lato, favorire la emersione delle patologie professionali muscoloscheletriche, dall’altro, implementare e rafforzare le capacità del sistema pubblico e privato di valutare e gestire le diffuse condizioni di sovraccarico biomeccanico lavorativo per strutturare idonei interventi di prevenzione delle patologie professionali muscoloscheletriche e dei relativi esiti”.
Infine, con particolare riferimento ai rischi trasversali sui luoghi di lavoro, “si ravvisa la necessita di strutturare e consolidare il Piano nazionale stress lavoro correlato”.
Si ricorda che lo stress lavoro-correlato (SLC) “risulta al secondo posto in Europa tra i problemi di salute dovuti al lavoro, dopo i disturbi muscoloscheletrici, con evidenti ripercussioni anche a livello di produttività delle aziende” e a livello economico.
Tutto ciò ha portato, come ricordato più volte anche dal nostro giornale, alla sottoscrizione in sede europea di “un accordo tra le parti sociali per contrastare il fenomeno. L’accordo e stato recepito in Italia nel 2008 ed è espressamente richiamato dal D.lgs. 81/2008 in relazione all’obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro compresi quelli connessi allo stress lavoro correlato”.
Riguardo a questo tema – “anche con il supporto di norme nazionali in fase di perfezionamento” – è poi necessario “inquadrare, nell’ambito delle attività di prevenzione dei rischi psicosociali, le molestie, le violenze e le aggressioni nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento alla sanità e alle professioni di aiuto”.
Il Piano nazionale stress lavoro correlato intende “contribuire all’accrescimento e al miglioramento complessivo del sistema di gestione dei rischi psicosociali, attraverso un piano di monitoraggio sullo stato di attuazione delle indicazioni normative e tecniche, la definizione di standard per gli interventi formativi e la realizzazione di azioni mirate di prevenzione”.
In definitiva il PNP 2020-2025 intende sviluppare, tra le altre cose, azioni volte a consolidare e strutturare più capillarmente, a livello regionale e locale, i piani di prevenzione tematici (piano nazionale edilizia, piano nazionale agricoltura, piano nazionale patologie da sovraccarico biomeccanico, piano nazionale stress lavoro correlato, piano nazionale cancerogeni occupazionali e tumori professionali).
Tiziano Menduto
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