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Al servizio del cittadino: il Tg2 racconta la sicurezza sul lavoro

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Campagne di prevenzione

06/04/2012

Per tutto aprile nell'edizione delle ore 13 una campagna di sensibilizzazione per raccontare quegli aspetti del fenomeno infortunistico ai quali raramente viene data parola: dal significato della prevenzione ai costi sociali ed economici degli incidenti.

 
 
Roma, 6 Apr - Tre servizi a settimana (il lunedì, il mercoledì e il venerdì), per tutto il mese di aprile, nell'edizione delle ore 13: ha preso il via questa settimana la campagna di sensibilizzazione che il Tg2 ha dedicato alla sicurezza sul lavoro. Rifuggendo il facile sensazionalismo al quale spesso i mass-media sono costretti quando raccontano la cronaca quotidiana degli incidenti, l'inchiesta del Tg2 affronta in un modo nuovo - e forse per la prima volta per quanto riguarda l'informazione televisiva - la realtà complessa che gravita intorno al contrasto del fenomeno infortunistico e alla promozione della prevenzione. Ne parliamo col coordinatore del progetto, Mauro Lozzi.
 

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Come nasce questa iniziativa del Tg2?
"Questa campagna è stata fortemente voluta dal direttore Marcello Masi col desiderio di raccontare storie, di presentare dati, di descrivere aspetti e sfaccettature di una realtà alla quale troppo spesso non viene data a sufficienza parola. In linea di massima, infatti, televisioni e giornali tendono ad attribuire scarsa considerazione al tema della sicurezza sul lavoro, limitandosi a fare il resoconto del fatto di cronaca, della dinamica dell'incidente o a mostrare le lacrime dei parenti delle vittime. Elementi senza dubbio importanti e dei quali un giornalista non può non tenere conto, ma che lasciano nell'ombra tanta altra informazione che è possibile fare. E il Tg2, con questa inchiesta, cerca proprio di concentrarsi su questi altri aspetti".
 
Quali sono i temi che verranno affrontati nel corso dei servizi?
"I temi sono molteplici e, volendoli riassumere, richiamano l'importanza della prevenzione, della formazione e dei costi - non solo sociali, ma anche economici - che la sicurezza comporta. Quando un lavoratore si infortuna o muore - eventi di per sé inaccettabili - al dramma umano si associano anche altri fattori di cui si parla raramente: per esempio, le spese che deve sostenere non solo l'azienda - in termini di risarcimenti, di produttività persa o di danno d'immagine - ma tutto lo Stato e, dunque, tutti noi cittadini. L'informazione raramente dà conto delle implicazioni macroscopiche legate alla sicurezza sul lavoro e delle strategie che si possono mettere in atto per potenziarla".
 
Che ruolo possono svolgere in tal senso i mezzi di informazione?
"Senza dubbio importante. Mi riferisco, in particolare, al contributo di consapevolezza nei confronti di questo fenomeno che i mass-media possono dare ai propri lettori o ascoltatori e che, per certi aspetti, si riallaccia alla funzione educativa che, su questo stesso tema, è propria della scuola. Gli infortuni sul lavoro non si combattono solo con le sanzioni - che pure sono importanti - ma con la maturazione della coscienza civile delle imprese, del mondo del lavoro in generale e della gente. Ridurre un incidente esclusivamente a un'inadempienza di un'azienda o alla disattenzione di un operaio è un approccio superficiale e riduttivo. E su questo versante - su questa maturazione della consapevolezza dell'opinione pubblica - noi giornalisti possiamo fare davvero tanto e di più".
 
 
Fonte: Inail.


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Rispondi Autore: Sauro Bartoli - likes: 0
06/04/2012 (09:04:10)
Ottima iniziativa. La Tv è un mezzo potentissimo di divulgazione e quindi è giusto che temi di così rilevante importanza vengano trattati e diffusi in televisione. Aggiungo e chiedo che sia rivolta attenzione anche agli spot pubblicitari , nel senso che spesso purtroppo vengono fatte vedere immagini " bucoliche" o tipicamente italiane con attrezzature agricole non a norma e/o lavoratori che non si attegono alle norme di sicurezza. Ciò non è per niente educativo, anzi fuorviante . Credo che per questo ci vorrebbe un comitato di selezione degli spot che valuti di mandare in onda quelli che sono rispettosi delle regole e delle leggi che ci siamo dati. Sauro Bartoli - Tecnico di Prevenzione ASL 8 Arezzo
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0
06/04/2012 (11:12:36)
@ Sauro Bartoli

Verissimo.
Talvolta si vedono macchine e attrezzature leggermente naif...
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
06/04/2012 (11:38:04)
Se si volessero realmente veicolare dei nuovi messaggi per cambiare la cultura diffusa in tema di sicurezza sul lavoro (infortunio = fatalità oppure infortunio "parte del gioco", ecc.), si dovranno usare le forme di comunicazione che vengono utilizate per veicolare i messaggi in funzione del target e dell'obiettivo da raggiungere.

Andando a vedere le campagne di comunicazione fatte fino ad oggi sull'argomento, purtroppo non si può che essere pessimisti.
Pensate al successo che ha avuto "Napo" quando veniva proposto in video all'operaio edile Tone della Val Brembana o al Carmelo di Canicattì.

Pensiamo anche alle campagne televisive di pochi mesi fa.
E' sembrato a qualcuno che l'ambiente in cui si riproducevano determinati momenti di vita extralavorativa di un operatore, fossero realmente quelli che oggi si trova ad affrontare un bergamasco della Val Brembana che si alza alle 4 di mattina per andare a guadagnarsi il pane nei cantieri del milanese?
A me sembrava piuttosto la pubblicità delle merendine di una nota azienda.

Quindi, il problema sarà vedere come e da chi saranno costruiti i servizi e quanto questi saranno vicini alla realtà di tutti i giorni.
In altre parole, come in un film, bisognerà vedere chi scriverà il soggetto e chi preparerà la sceneggiatura.
Se queste saranno scritte senza coinvolgere tutti gli attori (e non solo i soliti politici, sindacalisti, ministeriali, controllori, ecc.), sarò pesimista, ma sarà l'ennesimo buco nell'acqua a cui, ormai, ci siamo abituati.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
06/04/2012 (12:00:55)
Se si volessero realmente veicolare dei nuovi messaggi per cambiare la cultura diffusa in tema di sicurezza sul lavoro (infortunio = fatalità oppure infortunio "parte del gioco", ecc.), si dovranno usare le forme di comunicazione che vengono utilizate per veicolare i messaggi in funzione del target e dell'obiettivo da raggiungere.

Andando a vedere le campagne di comunicazione fatte fino ad oggi sull'argomento, purtroppo non si può che essere pessimisti.
Pensate al successo che ha avuto "Napo" quando veniva proposto in video all'operaio edile Tone della Val Brembana o al Carmelo di Canicattì.

Pensiamo anche alle campagne televisive di pochi mesi fa.
E' sembrato a qualcuno che l'ambiente in cui si riproducevano determinati momenti di vita extralavorativa di un operatore, fossero realmente quelli che oggi si trova ad affrontare un bergamasco della Val Brembana che si alza alle 4 di mattina per andare a guadagnarsi il pane nei cantieri del milanese?
A me sembrava piuttosto la pubblicità delle merendine di una nota azienda.

Quindi, il problema sarà vedere come e da chi saranno costruiti i servizi e quanto questi saranno vicini alla realtà di tutti i giorni.
In altre parole, come in un film, bisognerà vedere chi scriverà il soggetto e chi preparerà la sceneggiatura.
Se queste saranno scritte senza coinvolgere tutti gli attori (e non solo i soliti politici, sindacalisti, ministeriali, controllori, ecc.), sarò pesimista, ma sarà l'ennesimo buco nell'acqua a cui, ormai, ci siamo abituati.

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