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Sicurezza sul lavoro: nuova condanna per l’Italia
Il D.Lgs 626/94 ancora una volta sotto la lente dalla Corte di giustizia europea che ha condannato l'Italia per aver trasposto in modo incompleto le direttive Ue in tema di sicurezza sul lavoro.
Secondo la sentenza del 10 aprile 2003 (causa c-65/01) la nostra legislazione, relativamente ai requisiti di sicurezza e di salute per l'uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori, non garantirebbe adeguate tutele.
Quattro le disposizioni di sicurezza che la legislazione italiane non ha recepito:
-La direttiva 89/655 prevede nelle zone pericolose «[l]a persona esposta deve avere il tempo e/o i mezzi di sottrarsi rapidamente ad eventuali rischi causati dalla messa in moto e/o dall'arresto dell'attrezzatura di lavoro». Tale esigenza si aggiunge alla necessità di prevedere un «segnale d'avvertimento sonoro e/o visivo».
-La direttiva 89/655 prevede che la rimessa in moto di una macchina dopo un arresto, indipendentemente dalla sua origine, e il comando di una modifica rilevante delle condizioni di funzionamento (ad esempio, velocità, pressione, ecc.) devono poter essere effettuati soltanto mediante un'azione volontaria su un organo di comando concepito a tal fine, salvo che questa rimessa in moto o questa modifica di velocità non presenti alcun pericolo per il lavoratore esposto.
-La direttiva 89/655 prevede che l'ordine di arresto dell'attrezzatura di lavoro debba essere prioritario rispetto agli ordini di messa in moto; ottenuto l'arresto dell'attrezzatura di lavoro o dei suoi elementi pericolosi, l'alimentazione degli azionatori deve essere interrotta.
-I requisiti minimi previsti all'allegato I, punto 2.8, seconda frase, dal secondo al quinto trattino, della direttiva 89/655 riguardano le protezioni ed i sistemi protettivi per gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro che presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti. Tali sistemi non devono provocare rischi supplementari, né essere facilmente elusi o resi inefficaci e non devono limitare più del necessario l'osservazione del ciclo di lavoro. Inoltre, essi devono essere situati ad una distanza sufficiente dalla zona pericolosa.
Il testo integrale della sentenza di condanna è consultabile qui.
Secondo la sentenza del 10 aprile 2003 (causa c-65/01) la nostra legislazione, relativamente ai requisiti di sicurezza e di salute per l'uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori, non garantirebbe adeguate tutele.
Quattro le disposizioni di sicurezza che la legislazione italiane non ha recepito:
-La direttiva 89/655 prevede nelle zone pericolose «[l]a persona esposta deve avere il tempo e/o i mezzi di sottrarsi rapidamente ad eventuali rischi causati dalla messa in moto e/o dall'arresto dell'attrezzatura di lavoro». Tale esigenza si aggiunge alla necessità di prevedere un «segnale d'avvertimento sonoro e/o visivo».
-La direttiva 89/655 prevede che la rimessa in moto di una macchina dopo un arresto, indipendentemente dalla sua origine, e il comando di una modifica rilevante delle condizioni di funzionamento (ad esempio, velocità, pressione, ecc.) devono poter essere effettuati soltanto mediante un'azione volontaria su un organo di comando concepito a tal fine, salvo che questa rimessa in moto o questa modifica di velocità non presenti alcun pericolo per il lavoratore esposto.
-La direttiva 89/655 prevede che l'ordine di arresto dell'attrezzatura di lavoro debba essere prioritario rispetto agli ordini di messa in moto; ottenuto l'arresto dell'attrezzatura di lavoro o dei suoi elementi pericolosi, l'alimentazione degli azionatori deve essere interrotta.
-I requisiti minimi previsti all'allegato I, punto 2.8, seconda frase, dal secondo al quinto trattino, della direttiva 89/655 riguardano le protezioni ed i sistemi protettivi per gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro che presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti. Tali sistemi non devono provocare rischi supplementari, né essere facilmente elusi o resi inefficaci e non devono limitare più del necessario l'osservazione del ciclo di lavoro. Inoltre, essi devono essere situati ad una distanza sufficiente dalla zona pericolosa.
Il testo integrale della sentenza di condanna è consultabile qui.
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