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Sicurezza sul lavoro, l'Italia condannata dall'Europa

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Approfondimento

19/11/2001

La Corte di giustizia europea ha sentenziato: il D. Lgs. 626/94 non ha recepito in modo corretto le direttive comunitarie.

La Corte di giustizia delle Comunità europee di Lussemburgo ha condannato l'Italia per non aver rispettato la direttiva 391 dell'89 sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. La sentenza è del 15/11 e si riferisce alla causa C-49/00 del 31 maggio 2001 intentata dalla Commissione delle Repubbliche Europee contro la Repubblica Italiana. L'Italia è stata condannata "non avendo prescritto che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza esistenti sul luogo di lavoro; avendo consentito al datore di lavoro di decidere se fare o meno ricorso a servizi esterni di protezione e di prevenzione quando le competenze interne dell'impresa sono insufficienti, e non avendo definito le capacità e attitudini di cui devono essere in possesso le persone responsabili delle attività di prevenzione e protezione dei rischi professionali per la salute e la sicurezza dei lavoratori, la Repubblica Italiana è venuta a meno agli obblighi [...] concernenti l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e salute di lavoratori durante il lavoro." Il primo è più importante rilevo è quindi l'assenza di una chiara definizione dei requisiti degli incaricati dell'attività di prevenzione e protezione lasciando al datore di lavoro al responsabilità di determinarne le caratteristiche. Inoltre, la corte ha stabilito che la normativa italiana restringe il campo della valutazione dei rischi alle tre categorie indicate nella direttiva europea solo a titolo esemplificativo non chiarendo, invece, che l'analisi deve riguardare tutti i possibili fattori di rischio nell'azienda. Infine, è contestato il margine di discrezionalità lasciato al datore di lavoro di rivolgersi ad esperti esterni in caso di insufficienti risorse interne: la Corte ha stabilito che in questi casi deve scattare l'obbligo di nomina dei consulenti. L'Italia deve quindi modificare la sua legislazione come indicato dalla Corte di Giustizia Europea, pena una ulteriore procedura di infrazione per mancato adeguamento alla sentenza (con la conseguente ammenda).
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