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DIRITTO ALLA SALUTE E LIBERO MERCATO

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Approfondimento

15/12/2005

Tra diritto penale nazionale e direttive comunitarie: una illegittima, e irricevibile, sentenza della Corte di Giustizia Europea in tema di sicurezza delle macchine. A cura dell’avvocato Rolando Dubini.

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Nel lungo dibattito sulla sicurezza delle macchine che PuntoSicuro sta ospitando in questo ultimo periodo, si inserisce questo contributo dell’avvocato Rolando Dubini del foro di Milano.

 

Diritto alla salute e Libero mercato tra diritto penale nazionale e direttive comunitarie: una illegittima, e irricevibile,sentenza della Corte di Giustizia Europea.

 

Una recentesentenza(disponibile in banca dati per gli abbonati, ndr)della Corte di Giustizia della Comunità Europea sembra far la gioia dei sostenitori della illegittima (alla luce del diritto penale italiano vigente e del diritto costituzionale italiano) tesi per la quale il D.p.r. n. 459/1996, impropriamente definito "direttiva macchine", con il suo insieme di regole europee sulla libera circolazione delle macchine marcate CE avrebbe in sostanza disinnescato, con una abrogazione implicita, tutti gli articoli del D.p.r. n. 547/1955 relativi alla sicurezza delle macchine.

Poichési tratta proprio di una causa vertente sulla applicabilità ad un importatore-rivenditore di macchina marcata Ce della legge nazionale finlandese di sicurezza del lavoro (una sorta di D. Lgs. n. 626/94 e di D.p.r. n. 547/1955 fusi assieme), a seguito di un incidente su una macchina marcata CE da lui importata e rivenduta, che ha causato un grave incidente ad un operaio della ditta acquirente, con perdita di otto dita della mano: una causa quindi che riguarda da vicino, come termine di paragone, anche l'applicabilità delle disposizioni del nostro D.p.r. n. 547/1955, e all'interno di questo, dell'art. 7 (tutt'ora vigente).

La realtà è del tutto differente, la sentenzasi dimostra piena di contraddizioni irrisolteed irrisolvibili, ed è tuttaviadel tutto inidonea a produrre effetti nell'ordinamento interno (nel caso specifico, della Finlandia) in materia di applicazione della legge penale nazionale, come la stessa sentenza europea riconosce:

27In limine, deve rilevarsi che, nel contesto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, non spetta alla Corte pronunciarsi sulla compatibilità delle disposizioni di diritto nazionale con il diritto comunitario. “.

 

Tutti coloro che hanno attribuito un valore vincolante aquesta sentenza, si sono candidamente scordati questo punto 27, che svuota la sentenza di efficacia concreta nell'ordinamento interno, lasciano in realtà la Corte Suprema finlandese di decidere anche in modo difforme dalla presente sentenza

Il dispositivodella pronuncia , l'opinabile interpretazione del diritto comunitario, edel suo rapporto col diritto nazionale, è quello espresso nel dispositivo della stessa [ ]

 

 [1) Le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/37/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine ostano all’applicazione di disposizioni nazionali ai sensi delle quali l’importatore in uno Stato membro di una macchina prodotta in un altro Stato membro, munita di marcatura «CE» e accompagnata da dichiarazione di conformità «CE», debba verificare che la detta macchina sia conforme ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute previsti dalla direttiva medesima.

2) Le disposizioni della detta direttiva non ostano all’applicazione di disposizioni nazionali che impongano all’importatore in uno Stato membro di una macchina prodotta in un altro Stato membro di:

– verificare, prima della consegna della macchina all’utente, che essa sia munita di marcatura «CE» e di dichiarazione «CE» di conformità, accompagnata da una traduzione nella o nelle lingue dello Stato membro di importazione, nonché di istruzioni per l’uso, accompagnate da una traduzione nella o nelle lingue del detto Stato;
– fornire, successivamente alla consegna della macchina all’utente, ogni informazione e collaborazione utili alle autorità nazionali di controllo nell’ipotesi in cui la macchina presenti rischi per la sicurezza o per la tutela della salute, a condizione che tali requisiti non si risolvano nell’assoggettare l’importatore all’obbligo di verificare egli stesso la conformità della macchina ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute previsti dalla direttiva medesima.

3) Gli artt. 10 CE e 249, terzo comma, CE, devono essere interpretati nel senso che essi non vietano ad uno Stato membro di ricorrere a sanzioni penali al fine di garantire utilmente il rispetto degli obblighi previsti dalla direttiva 98/37, purché le sanzioni previste siano analoghe a quelle applicabili alle violazioni del diritto nazionale simili per natura e importanza e presentino, in ogni caso, carattere di effettività, di proporzionalità e di capacità dissuasiva.

 

Un dispositivo assai contraddittorio, che al punto tre lascia in effetti liberi gli stati nazionali di fare un po quel che credo, conformemente alle costituzioni nazionali, mentre il punto 2 è assai critico, perchè, come analizzato più oltre, mette in discussione tanto l'art. 7 c. 1 del D.p.r. n. 547/1955 che l'art. 6 c. 2 del D. Lgs.. n. 626/94.

Mette in luce anche un contrasto insanabile tra le legislazione nazionale, e l'interpretazione che ne da la giurisprudenza tanto finlandese, che italiana, la quale ultima, invece, ha ripetutamente affermato, con decisioni costanti dellaSuprema Corte,che il D.p.r. n. 547/1955 resta del tutto vigente (fatte salve alcune sporadiche ed isolate norme di carattere costruttivo), a dispetto di chi sostiene tesi diverse e non dimostrate [fondate su una fuorviante lettura dell'art. 46 c. 2 della Legge 128/98, che fa riferimento a disposizioni di omologazione, e a poche norme di carattere costruttivo del D.p.r. n. 547/1955, ad esempio, e non a tutte le altre disposizioni generali protettive e antinfortunistiche]:“la disciplina prevista dal D.p.r. n.459/1996 non ha abrogato gli artt. 55, 68, 69 e 75 del D.p.r. n.547/1955” [Cassazione Penale Sez.III – sentenza 08.07.2002 n.25953 e Cassazione penale sez. III - Sentenza 4 febbraio 2003, n. 5167 - Pres. Savignano - Est. Gentile - P.M. (Parz.conf.) Izzo - Ric. Sassi].

 

 E' lo stesso D.p.r. n. 459/1996 ad incaricarsi di dimostrare la non esaustività, ai fini di un compiuto adempimento degli obblighi di sicureza e salute dei lavoratori, della certificazione Ce e della conformità ai requisiti essenziali di sicurezza di cui al D.p.r. n. 459/96 (rinviando quindi al D.p.r. n. 547/1955 e al D. Lgs.. n. 626/94, tra l'altro):

D.p.r. 24 luglio 1999 n. 459 - Art. 2 (Conformità ai requisti essenziali di sicurezza)

 1. Possono essere immessi sul mercato o messi in servizio le macchine e i componeni di sicurezza conformi alle disposizioni del presente regolamento ed ai requisiti essenziali di cui all'allegato I,purchè, debitamente installati, mantenuti in efficienza ed utilizzati conformemente alla loro destinazione, non pregiudichino la sicurezza e la salute.

 La sentenza è una gran brutta sentenza, piena zeppa di contraddizioni flagranti, che pur riconoscendol eesplicitamente in premessa sconfiona, di fatto non in diritto, nellecompetenze esclusive degli stati membri, come quella di determinare le condizioni della punibilità penale: tanto più nel caso di reati contro l'incolumità, la salute e la vita dei lavoratori, reati di lesioni personali colpose, che tanto in Italia quanto in Finlandia, restano sotto la competenza esclusiva dellalegislazione interna, e ovviamente anche della giurisdizione nazionale.

 Viene pure qui in evidenza il fatto che l'ordinamento giuridico, e in particolare quello composito derivante dalla giustapposizione, a tutt'oggi mal realizzata e peggio digerita dalla giurisdizione europea, non è affatto un insieme compiuto, coerente e armonico, ma è solcato da profonde e non di rado irrisolvibili contraddizioni. Contraddizioni di valori e di prospettive che hanno, tra l'altro, avuto una significativa traduzione "politica" e popolare con ivoti referendari in Francia e Olanda, dove gli elettori hanno respinto, e dunque bocciato una Costituzione europea che si è ritenuta censurabile sotto diversi profili, il primo dei quali, dal nostro punto di vista, la scarsa attenzione peralcuni diritti fondamentali e prioritari previsti dalle costituzioni nazionali, inclusa la nostra.

Ma anche prescindendo dai vincoli rigidi e insormontabili sanciti dalle costituzioni nazionali, un'altra osservazione si impone.

L'esigenza di tutelare la libera circolazione della macchine tra gli stati membri è una esigenza che ha un importante rilievo nel sistema del diritto comunitario, ma non è certo l’unica prevista dal sistema stesso, come i considerando della c.d. “direttiva macchine” si incaricano di rivelare:

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine (89/392/CEE)

IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A,

vista la proposta della Commissione (1),

in cooperazione con il Parlamento europeo (2),

visto il parere del Comitato economico e sociale (3),

considerando chegli Stati membri sono tenuti a garantire nel loro territorio la sicurezza e la salute delle persone e, all'occorrenza, degli animali domestici e dei beni, in particolare dei lavoratori, specie nei confronti dei rischi che derivano dall'uso delle macchine;

considerando che le legislazioni in materia di prevenzione degli infortuni differiscono notevolmente negli Stati membri; che le disposizioni coattive in materia, frequentemente completate da specificazioni tecniche cogenti de facto e/o da altre norme facoltative non comportano necessariamente livelli di sicurezza e di tutela della salute diversima a motivo delle loro disparità costituiscono degli ostacoli agli scambi all'interno della Comunità; che anche i sistemi di attestazione di conformità e di certificazione nazionale delle macchine differiscono notevolmente;

considerandoche il mantenimento o il miglioramento del livello di sicurezza raggiunto negli Stati membri costituisce uno dei principali obiettivi della presente direttiva e della sicurezza quale viene definita mediante i requisiti essenziali;

considerando che le attuali disposizioni nazionali in materia di sicurezza e di tutela della salute, che garantiscono la protezione dai rischi originati dalle macchinedevono essere ravvicinate per garantire la libera circolazione delle macchinesenza abbassare i livelli di protezione esistenti e giustificati negli Stati membri; che le prescrizioni di progettazione e di costruzione delle macchine di cui alla presente direttiva, essenziali nella ricerca di un ambiente di lavoro più sicuro, saranno accompagnate da disposizioni specifiche concernenti la prevenzione di taluni rischi cui possono essere esposti i lavoratori durante il lavoro, ed anche da disposizioni basate sull'organizzazione della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro;

considerando che il settore delle macchine costituisce una parte importante del settore della meccanica ed è uno dei pilastri industriali dell'economia comunitaria;

considerando che il Libro bianco concernente il completamento del mercato interno, approvato dal Consiglio europeo nel giugno 1985, prevede ai paragrafi 65 e 68 il ricorso alla nuova strategia in materia di ravvicinamento delle legislazioni;

considerando che il costo sociale dovuto all'alto numero di infortuni provocati direttamente dall'utilizzazione delle macchine può essere ridotto integrando la sicurezza nella progettazione e nella costruzione stesse delle macchine nonché una corretta installazione e manutenzione;

considerando che il campo d'applicazione della direttiva deve essere basato su una definizione generica del termine «macchina» onde consentire l'evoluzione tecnica delle produzioni; che lo sviluppo delle «installazioni complesse» nonché i rischi che esse provocano sono di natura equivalente, tale da giustificarne l'inclusione esplicita nella direttiva;

considerando che sin d'ora è prevista l'emanazione di direttive specifiche che comportano disposizioni relative alla progettazione ed alla costruzione per talune categorie di macchine; che il campo d'applicazione molto vasto della direttiva dev'essere limitato nei confronti delle suddette direttive ma anche delle direttive già esistenti che prevedono disposizioni in materia di progettazione e di costruzione;

considerando chel'attuale diritto comunitario, in deroga a una delle regole fondamentali della Comunità costituita dalla libera circolazione delle merci, prevede che gli ostacoli alla circolazione intracomunitaria dovuti alla disparità delle legislazioni nazionali relative alla commercializzazione dei prodottidevono essere ammessi qualora dette prescrizioni possano essere riconosciute necessarie per far fronte ad esigenze inderogabili; che pertantol'armonizzazione legislativa nella fattispecie deve limitarsi alle prescrizioni necessarie per soddisfare i requisiti inderogabili e essenziali di sicurezza e di tutela della salute relativi alle macchine; che detti requisiti, in quanto essenziali, devono sostituire le prescrizioni nazionali in materia;

considerando che il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute è imperativo per garantire la sicurezza delle macchine;che detti requisiti dovranno essere applicati con discernimento per tener conto del livello tecnologico esistente al momento della costruzione nonché degli imperativi tecnici ed economici;

 

Molte affermazioni, anche contradditorie tra di loro, ma va qui ben sottolinato che mentre la direttiva è finalizzata al riavvicinamento delle legislazioni nazionali, le norme del D. Lgs.. n. 626/94 e del D.p.r. n. 547/1955 riguardano essenzialmente il miglioramento della salutee sicurezza dei lavoratori e le regole di prevenzione antinfortunistica, quindi materie concettualmente diverse, seppur unificate da contenuti in buona misura comuni. Ed inoltre la riserva generale di cui al su menzionato articolo 30 del Tratto istitutivo della CE rende chiari i limiti di questa disposizione, recessiva a fronte del diritto nazionale penalmente sanzionato per tutelare la salute dei lavoratori..

Quindi certamente raggiungere il riavvicinamento delle leggi nazionali, ed una sicuraomogeneità di condizioni omologative delle macchine nei diversi stati membri è sicuramente un obiettivo necessario, e imposto dalle norme fondamentali della Comunità Europea,ma questo non può in alcun modo essere fatto mettendo a repentaglio il diritto alla vita, o le norme sanzionate penalmente che questo diritto, superiore ad ogni altro, si badi bene, posto al di sopra di ogni altra necessità (inclusa quella del riavvicinamento delle legislazioni nazionali), come prevede la costituzione finlandese, o il diritto alla salute, come prevede l'art. 32 della costituzione italiana.

Tra l'altro sia in Finlandia che in Italia vige la riserva di legge in materia penale, riconosciuta peraltro anche dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nellasentenza che si commenta, che esclude, fortunatemente, che simili concezioni astrattamente liberistiche incidano sui diritti fondamentali dei lavoratori, sui diritti umani alla vita e alla salute.

 

Estratto dalla vigente costituzione finlandese

Art. 7

Tutti hanno diritto alla vita e alla libertà, all'integrità e alla sicurezza della persona.

(...) Le pene che comportano privazione della libertà possono essere irrogate soltanto da un tribunale [nazionale finlandese - n.d.r.]

(...)

Art. 8

Nessuno può essere ritenuto colpevole di un reato o condannato a una pena in relazione a un fatto che la legge non considerava punibile nel momento in cui è stato commesso.(...)

 

Tra gli argomenti di questa sentenza, uno pare particolarmente stravagante,e inaccettabile, laddove il giudice europeo sostiene, in base a principi che non si riscontrano neppure nel trattato Ce, ma sono un parto fantasioso del decidente, che

44 Non è coerente con l’economia della detta direttiva, in particolare con l’art. 7, n. 3, della direttiva medesima, moltiplicare il numero dei soggetti che possono essere ritenuti responsabili della conformità delle macchine.

Il che confligge non solo con l'art. 7 del D.p.r. n. 547/1955, ma mette in gioco anche la stessa conformità ad diritto comunitario, così come lo vede però questa stravagante sentenza, dello stesso articolo 6 del D. Lgs.. n. 626/94.

In Svezia ilSweden’s Work Environment Act 1977 (come emendato ) contiene nel capitolo3 sezione 8 la prescrizione che“chiunque costruisce, importa, vende o concede in uso una macchina, un impianti, un equipaggiamento protettivo o altro dispositivo tecnico deve assicurare che il dispositivo sia dotato di adeguata sicurezza contro i danni alla salute e gli incidenti quando è immesso sul mercato, concesso o esposto per la vendita” (“everyperson manufacturing, importing, delivering or providing a machine, implement, protective equipment or other technical device shall ensure that the device affords adequate security against ill-health and accidents when it is placed on the market, delivered to be used or displayed for sale”). L'Act prevede anche le informazioni che devono essere fornite, e le rende obbligatorie in forza di una legge penale in presenza di determinate circostanze (capitolo 8, sezione1 prevede sanzioni penali a carico di chi non adempie le ingiunzioni o le proibizioni decise dall'ispettorato del lavoro) Il Capitolo 7 prevede un sistema di misure amministrative che si applicano al costruttore e al fornitore di attrezzature di lavoro.

In Francia l'articolo L-235-5 del Codice del lavoro prevede sanzioni penali a carico degli stessi soggetti previsti dall'art. 6 comma 2 D. Lgs. n. 626/94 in Italia.

Nel regno UnitoilSafety at Work Act 1974 prevede obbligazioni per i costruttori e i fornitori di attrezzature di lavoro nella sezione 6, con conseguenti sanzioni penali.

In Spagna l'art. 41 della Legge sulla prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro prevede obblgiazioni per costruttori, importatori e fornitori sia riguardo alla sicurezza intrinseca delle macchine sia riguardo al tipo di informazione che deve essere fornita all'utilizzatore. Ma la violazione di questo articolo 41 non è direttamente sanzionata, sebbene lo possa essere attraverso altre disposizioni dilegge (ad esempio in caso di danno, lesioni ecc.).

 

Che la sentenza sia un pasticcio è dimostrato anche da un'altra incredibile considerazione in essa contenuta al punto 48:

“secondo la nota 1 dell’allegato II, parte A, della direttiva medesima, la dichiarazione CE di conformità deve essere accompagnata da una traduzione in una delle lingue del paese di utilizzazione, effettuata secondo le stesse modalità applicate per le istruzioni per l’uso.Ne consegue che la normativa di uno Stato membro, conformemente alla , può imporre all’importatore di una macchina l’obbligo di tradurre le istruzioni per l’uso nella o nelle lingue del detto Stato, nonché di tradurre la dichiarazione CE di conformità nella o nelle lingue del detto Stato”.

Può imporre, afferma la sentenza, lo stato membro, un obbligo invece previsto dalla direttiva e dunque obbligatorio per tutti gli stati membri?

E' proprio vero che per le contraddizioni non c'è mai un limite.

 

E difatti questa sentenza iconoclasta è stata emessa violando quanto previsto dall'art. 30 delTrattato istitutivo della Comunità europea:

Trattato che istituisce la Comunità europea (firmato a Roma il 25 marzo 1957)

Parte terza — Politiche della Comunità

 Titolo I — Libera circolazione delle merci

CAPO 2

DIVIETO DELLE RESTRIZIONI QUANTITATIVE TRA GLI STATI MEMBRI

Articolo 28 (ex articolo 30)

Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente.

Articolo 29 (ex articolo 34)

Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all' esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente.

Articolo 30 (ex articolo 36)

Le disposizioni degli articoli 28 e 29 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle personee degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.


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