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I distributori europei irresponsabili sono “mercanti di morte”

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Ambiente

29/04/2005

L'intervento di Neil Kearney, segretario generale della Federazione mondiale dei sindacati del settore tessile, al Convegno inaugurale di Expo Sicuramente.

La non attenzione a salute e sicurezza nel settore tessile, abbigliamento e calzaturiero sta convertendo i rivenditori in “mercanti di morte”.
La Global Union Federation (federazione mondiale dei sindacati) che rappresenta i lavoratori del settore denuncia oggi in occasione dell’International Workers’ Memorial Day.

Neil Kearney, Segretario generale della federazione mondiale dei sindacati del settore tessile, abbigliamento e calzaturiero, ha parlato oggi a Brescia in un convegno per annunciare il progetto di un Museo del Lavoro, il primo di questo tipo in Italia. L’iniziativa comprende progetti per sponsorizzare un Premio per la sicurezza sul lavoro che intende promuovere la cultura della sicurezza.

"Secondo l’Organizzazione Internazionale del lavoro (ILO), ogni anno 2,2 milioni di persone muoiono per cause correlate al lavoro. Ciò equivale a 6000 persone al giorno , una morte ogni 15 secondi", ha detto Kearney.
“Di queste morti almeno 350000 avvengono durante incidenti sul lavoro, ed il resto è dovuto a malattie legate al lavoro.
“Altri 1,2 milioni di persone restano infortunate ogni anno, mentre 160 milioni si ammalano a causa di posti di lavoro insicuri o insalubri”.

“Questa carneficina si è intensificata mentre la globalizzazione si velocizza. Gli investitori multinazionali continuano a delocalizzare la produzione in cerca di manodopera più conveniente, le ore di lavoro sono aumentate e gli standard di sicurezza sono diminuiti.
Non sorprende che il dolore e la sofferenza continuino ad essere all’ordine del giorno nelle industrie tessili, dell’abbigliamento e delle calzature, dove la competizione per le quote dei mercati di esportazione è feroce”.

“Infatti in molte parti del mondo la non attenzione alla salute e la sicurezza attribuisce all’industria dell’abbigliamento la reputazione di essere “miniere di carbone in superficie”.
Il Bangladesh, per esempio è noto per gli incidenti nelle fabbriche di abbigliamento.
Nei 5 ani precedenti al 2000 ci furono 30 incendi con oltre 250 vittime. Almeno 48 morirono e centinaia rimasero feriti nel solo incendio della fabbrica Chowdhury. 10 vittime erano bambini”.
"Alcuni bruciarono vivi , altri soffocarono o rimasero intrappolati a morire mentre cercavano di scappare attraverso le scure e strette scale a chiocciola , solo per trovare le porte chiuse.
Altri ancora rimasero impalati sulle punte di ferro della cancellata che circondava l’edificio mentre si gettavano da diversi piani di altezza nel disperato tentativo di sfuggire alle fiamme”.

“Il più recente orrore è il crollo di una fabbrica a 9 piani a Savar nel Bangladesh. La società era nota per avere un record spaventoso per salute e sicurezza. Viene riferito che un lavoratore morì prima del crollo a causa di sostanze ustionanti uscite dagli impianti; un’altra lavoratrice rimase in ospedale nei tre mesi precedenti dopo essere stata folgorata dall’elettricità in quanto i suoi abiti furono intrappolati nei cavi.
La fabbrica era stata costruita su una palude senza fondazioni. In origine aveva 4 piani e 5 piani furono aggiunti quando la Società ebbe bisogno di espandersi per soddisfare un enorme ordine dall’Europa. Nei piani superiori c’erano macchine che pesavano diverse tonnellate ed il peso e le continue vibrazioni resero l’edificio sempre più esposto al rischio di crolli. In breve la fabbrica era un disastro in attesa di accadere.
L’aspetto più scioccante è che i lavoratori avvertirono gravi crepe nelle colonne portanti dell’edificio nelle prime ore dell’11 aprile, circa 16 ore prima del crollo. Quando riportarono la cosa ai responsabili, gli fu detto di continuare la produzione per raggiungere gli obiettivi di esportazione.
Quando la fabbrica crollò, all’incirca all’una di notte, centinaia di lavoratori, inclusi ragazzi di 15 anni, stavano lavorando per completare l’ordine urgente.
In realtà il crollo di Savar non fu un incidente. Fu un omicidio. I responsabili sono i proprietari che non hanno disposto un ambiente di lavoro sicuro, il governo che non ha disposto regole sulla sicurezza e i distributori che non si assicurano della sicurezza nelle fabbriche dove si producono le merci”.
"I distributori coinvolti comprendono nomi di spicco di diversi Paesi europeii. Includono zara, che fa parte del distributore di moda spagnolo Inditex, Karstadt in Germania, Carrefour in Francia e Cotton Group in Belgio.”

“I sindacati ed i consumatori devono tenere conto di questi responsabili.
Ma questo non è abbastanza” – ha concluso Kearney – “mentre la responsabilità per assicurare salute e sicurezza è dei datori di lavoro, distributori e governi, i sindacati chiaramente devono avere un importante ruolo nella promozione attiva di salute e sicurezza. Infatti, il modo più efficace per mantenere un ambiente di lavoro sano e sicuro si ha dove i lavoratori sono organizzati in sindacati che si fanno carico di salute e sicurezza”.

“La federazione internazionale dei lavoratori del settore tessile, abbigliamento e calzaturiero è una federazione sindacale globale ce rappresenta insieme 220 organizzazioni affiliate in 100 paesi”.
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