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Rischio di incidenti in itinere: obblighi, prevenzione e formazione

Rischio di incidenti in itinere: obblighi, prevenzione e formazione
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Sicurezza stradale

13/03/2017

Un intervento si sofferma sugli incidenti in itinere con particolare riferimento agli obblighi e responsabilità del datore di lavoro. Le definizioni, il riconoscimento dell’Inail, i compiti del Mobility Manager e la norma ISO 39001.

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Bari, 13 Mar – Per capire quanto sia delicato e complesso il tema degli infortuni in itinere è sufficiente scorrere i dati raccolti dall’Inail in questi anni. Ad esempio dei 1246 infortuni con esito mortale denunciati nel 2015, ben 310 sono infortuni in itinere, di cui 271 con mezzo di trasporto.

Per questo motivo ci siamo soffermati come PuntoSicuro più volte sul tema di questa tipologia di eventi infortunistici, abbiamo intervistato ad Ambiente Lavoro Andrea Bucciarelli (Consulenza Statistico Attuariale dell’Inail) e continuiamo oggi l’approfondimento attraverso la presentazione di un intervento che si è tenuto al convegno “Formazione, Giurisprudenza, Appalti Pubblici e Antincendio. Novità e aggiornamento tecnico-normativo” (Bari, 12 settembre 2016).

 

Nell’intervento “Incidenti in itinere. Obblighi e responsabilità del datore di lavoro”, a cura dell’Ing. Daniele Longo (Coordinatore AIAS – Bari), si cerca di fare chiarezza su cosa siano gli incidenti in itinere, su cosa dice la legge e su cosa devono fare il lavoratore e il datore di lavoro. 

 

L’intervento parte dalla definizione di infortunio e ricorda che l’assicurazione obbligatoria Inail “copre ogni incidente avvenuto per ‘causa violenta in occasione di lavoro’ dal quale derivi la morte, l’inabilità permanente o l’inabilità assoluta temporanea per più di tre giorni”.

E si parla di «occasione di lavoro» e, dunque, non di infortunio «sul posto di lavoro» o «durante l’orario di lavoro». Infatti non è “necessario che l’evento avvenga durante il lavoro ma che si verifichi per lavoro. Deve pertanto esistere un rapporto, anche indiretto, di causa-effetto tra attività lavorativa svolta dall’infortunato e l’incidente che causa l’infortunio”.

E gli incidenti in itinere sono quelli che “accadono ai lavoratori durante il tragitto che li conduce verso il luogo di lavoro e lungo il percorso inverso dopo aver lasciato il luogo di lavoro. Di norma ricadono in questa categoria di infortuni anche gli incidenti che avvengono mentre il lavoratore si sposta da un luogo di lavoro a un altro, ma solo se opera alle dipendenze di datori di lavoro diversi, e quelli che si verificano durante la pausa pranzo, lungo il tragitto che va dal luogo di lavoro a quello di ristoro e viceversa, ma solo se non esiste un servizio di mensa interna aziendale (oppure se per particolari esigenze la mensa non è idonea al caso specifico)”.

 

Chiaramente, continua il relatore, non è «automatico» che un incidente di questo tipo venga riconosciuto. Per il riconoscimento l’Inail hai il diritto-dovere istituzionale di dare corso a specifiche istruttorie. 

Queste le “condizioni da analizzare nell’istruttoria:

- il percorso deve essere quello che va dal luogo di partenza a quello di arrivo e viceversa, con esclusione, quindi, di tutti gli eventi che accadono prima di partire da casa, oppure di ingiustificati percorsi alternativi.

Tuttavia esistono alcune eccezioni. Ad esempio:

- “interruzioni e/o deviazioni effettuate in attuazione di una direttiva del datore di lavoro;

- interruzioni e/o deviazioni dovute a causa di forza maggiore (ad esempio un guasto del mezzo) o per esigenze essenziali e improrogabili (problemi di salute, esigenze fisiologiche particolari) o nell'adempimento di obblighi penalmente rilevanti (esempio: prestare soccorso a vittime di incidente stradale);

- interruzioni e/o deviazioni al fine di accompagnare i figli a scuola ( circ. Inail n. 62/2014) sempre che non siano possibili altre soluzioni;

- brevi soste che non alterino le condizioni di rischio”.

Queste altre valutazioni importanti:

- “viene eventualmente riconosciuto indipendentemente dal fatto che il lavoratore personalmente guidi il mezzo, oppure in qualità di passeggero;

- presenza di mezzi di trasporto pubblico o navette aziendali;

- anche nel caso di giustificato uso di un mezzo di trasporto privato, l’INAIL esclude la tutela da incidenti direttamente causati dall’abuso di alcoolici e psicofarmaci o da guida senza patente o non valida”. 

 

La relazione, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta poi alcune sentenze della cassazione sul riconoscimento o non riconoscimento dell’indennizzo.

 

Riguardo agli obblighi del datore di lavoro, viene poi presentata la figura del Mobility Manager, introdotta con il Decreto Interministeriale “Mobilità Sostenibile nelle Aree Urbane” del 27 marzo 1998. Una norma che ha come obiettivo la riduzione e razionalizzazione del traffico veicolare privato in itinere “con tutto quello che ne consegue sicuramente per la riduzione degli incidenti in itinere ma anche per preoccupazioni di tipo ambientale”.

Questi i compiti del Mobility Manager:

- Organizzazione degli spostamenti casa-lavoro;

- Ottimizzazione della fruizione del servizio mensa (se esterno all’azienda);

- Incentivi alla riduzione dell’auto propria con: incentivi all’utilizzazione dei mezzi pubblici; incintivi alla modalità ciclabile o incentivi al car-pooling (logica in cui ciascun lavoratore a turno mette a disposizione la propria auto condividendola con altri colleghi)”.

E se questa figura è un obbligo per le grandi aziende che contemplano anche fattori ambientali, “la logica è applicabile anche a realtà minori indipendentemente dall’obbligo normativo, visti gli alti costi sociali, previdenziale e di produttività insita negli incidenti in itinere”.

 

Veniamo agli obblighi del datore di lavoro in presenza di auto aziendali date ai propri dipendenti:

- “garantire formazione, informazione e addestramento (che non può essere assolto dalla semplice patente di guida in quanto si fa riferimento ad un rischio specifico), ovvero dei veri e propri corsi di guida sicura;

- garantire un parco auto efficiente, con programmazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie;

- considerare, nel proprio documento di valutazione rischi dell’aggravio del rischio da Stress da lavoro correlato”. 

 

L’intervento presenta poi il Sistema di Gestione Sicurezza Stradale (ISO 39001:2016).

Si ricorda che la norma, come riportato dall’UNI, “specifica i requisiti per il sistema di gestione in sicurezza del traffico stradale (RTS – Road traffic safety) per consentire a un’organizzazione che interagisce con il sistema del traffico stradale di ridurre le morti e le lesioni gravi dovute agli incidenti stradali sui quali può intervenire. I requisiti della ISO 39001 includono lo sviluppo e l’applicazione di una politica RTS adeguata, lo sviluppo di obiettivi e piani d’azioni correlati ad essa, che considerino requisiti legali e altri sottoscritti dall’organizzazione, nonché le informazioni sugli elementi e i criteri correlati al sistema RTS che l’organizzazione identifica come quelli che ha la possibilità di controllare e sui quali può intervenire”. E non bisogna dimenticare le possibilità di integrazione con i Sistemi di Gestione della Qualità (ISO 9001), dell’Ambiente (ISO 14001) e della Sicurezza (OHSAS 18001).

 

L’intervento, che riporta anche l’esempio di un “modulo di domanda per la riduzione del tasso medio di tariffa” con riferimento ai corsi di “guida sicura”, si conclude segnalando che spesso le difficoltà degli spostamenti in itinere “causano stress che risultano essere causa di altri infortuni in modalità diversa”. E vengono ricordate le difficoltà culturale “nel comprendere che un incidente per strada ha una serie di costi, sociali, per la comunità, per la sanità, per la stessa azienda in termine di mancata o tardiva produzione, premi assicurativi maggiorati, ecc”.    

 

 

Incidenti in itinere. Obblighi e responsabilità del datore di lavoro”, a cura dell’Ing. Daniele Longo (Coordinatore AIAS – Bari), intervento al convegno “Formazione, Giurisprudenza, Appalti Pubblici e Antincendio. Novità e aggiornamento tecnico-normativo” (formato PDF, 608 kB).

 

Link alla registrazione video del convegno. 

 

 

Tiziano Menduto



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Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0
13/03/2017 (11:56:59)
Mi che si stia perdendo ogni ben dell'intelletto.
Posso essere d'accordo sul fatto che possano essere adottate misure di miglioramento nei casi in cui l'uso del mezzo sia funzionale all'attività lavorativa svolta, ma anche in questo caso ho delle riserve: posso pensare che un camionista dotato di CAP e patente D/E o di patente ADR non abbia nessun bisogno di formazione o addestramento alla guida, così come ad esempio il guidatore di un'ambulanza, comunque ben vengano i orsi di guida sicura, che comunque in un paese civile dovrebbero essere compresi nell'iter di conseguimento della patente.
Quello che mi lascia più perplesso è che si vuole caricare di fatto il Datore di Lavoro anche di una corresponsabilità nei veri infortuni in itinere, non in modo esplicito, ma pensando ai vari magistrati e derive giustizialista ritengo che questo sia un rischio molto pesante.
Il traffico è un fattore stressogeno, non è una grande scoperta, vivo in Lombardia e spesso ho a che fare con le tangenziali milanesi, ma che dovrebbe fare il Datore di Lavoro per limitare lo stress? procurare a tutti alloggi nelle immediate vicinanzze del posto di lavoro? Siamo seri per cortesia! Mobility manager, al di la del fatto che le espsrienze da me viste sono fallimentari, ma in certe condizioni il rischio è maggiore: con quattro persone in car sharing il rischio è moltiplicato per quattro.
E nelle microaziende? Al di la di ogni considerazione mi sembra comunque che si voglia caricare l'impresa di aspetti e responsabilità che dovrebbero ricadere sulla cosa pubblica.
Rispondi Autore: Laura Izzi - likes: 0
18/03/2017 (13:45:57)
Sono d'accordo Francesco che così come viene espresso e concepito non sia così comprensibile e condivisibile, ma se invece per i camionisti (e per gli altri lavoratori) si prevedesse una formazione al "comportamento" di guida e sulla "percezione del rischio alla guida" le cose cambierebbero molto. Inoltre incentivare l'uso di mezzi pubblici dove possibile credo sia semplicemente buon senso....non credi?
Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0
18/03/2017 (15:57:13)
Gentilissima Laura,
ritengo che che una "educazione" al comportamento di guida e alla percezione del rischio alla guida sia sacrosanta, ma per tutti, e dovrebbe essere materia dei corsi di guida, parte dell'educazione civica, non demandata al Datore di Lavoro, che già ha le sue gatte da pelare. Per quel che riguarda il mezzo pubblico sappiamo purtroppo che se in Lombardia, Emilia, Piemonte, Veneto, Trentino, Toscana e altre regioni del centro-nord non possiamo lamentarci, pur tra luci e ombre, in altre zone d'Italia...lasciamo perdere (non è certo un discorso ... da lega, ma sono le evidenze oggettive). Ancora una volta, quindi, si rischia di caricare l'azienda di prerogative che non sono sue proprie.
Rispondi Autore: Laura Izzi - likes: 0
18/03/2017 (16:07:51)
Che dire... hai perfettamente ragione ma si è preferito dare "spazio" ai corsi di guida sicura che hanno un effetto boomerang... piuttosto che incentivare la formazione che va alla radice del problema... un'altra occasione persa! Ti auguro una buona giornata!
Rispondi Autore: matteo - likes: 0
20/03/2017 (09:10:03)
"garantire formazione, informazione e addestramento (che non può essere assolto dalla semplice patente di guida in quanto si fa riferimento ad un rischio specifico), ovvero dei veri e propri corsi di guida sicura"

credo che la chiave del discorso stia tutta qui: l'obiettivo, nemmeno troppo implicito, è scaricare per l'ennesima volta sui DDL ciò che dovrebbe essere cura delle istituzioni garantire.. poi mi piacerebbe che qualcuno mi dimostri per quale astruso motivo il "rischio specifico" della guida non debba essere già ampiamente coperto dall'abilitazione alla guida (leggi "patente")

già inizia male la giornata

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