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Sostanze stupefacenti: le conseguenze della certificazione del SERD
Monza, 10 Feb – Più volte su questo giornale sono stati pubblicati quesiti, pareri, precisazioni, criticità sugli accertamenti relativi all’uso di sostanze stupefacenti nel mondo del lavoro, ad esempio con riferimento alla gestione sanitaria, alle complesse problematiche della “protezione” di dati sensibili e alle conseguenze sul mantenimento del posto di lavoro.
Ci soffermiamo oggi sul ruolo e sugli accertamenti dei Servizi per le Dipendenze (SERD) con riferimento al Piano Mirato di Prevenzione (PMP) “ Controlli sull’uso di sostanze stupefacenti da parte di specifiche categorie di lavoratori” - elaborato dall’ Azienda sanitaria locale della provincia di Monza e Brianza – e al correlato seminario che si è tenuto a Seregno (MB) il 14 novembre 2011.
Uno degli interventi, dal titolo “Accertamenti di assenza di tossicodipendenza. Applicazione della normativa in Lombardia”, affronta proprio il ruolo del servizio per le dipendenze (Serd/Sert) partendo dall’Accordo Stato Regioni, passando per le varie circolari interpretative regionali lombarde fino alla circolare del 22 settembre 2009. Quest’ultima è la circolare della Giunta regionale lombarda, Prot. H1.2009.0033589 “Ulteriori chiarimenti in materia di accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope negli ambienti di lavoro, in applicazione degli orientamenti forniti con Circolare regionale del 22 gennaio 2009”.
L’intervento, a cura del Dott. Maurizio Resentini (Direttore Dipartimento Dipendenze ASL MB), premette che non si può che condividere la finalità della normativa, laddove si parla di accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi. Non si può cioè che condividere la finalità “di tutelare terzi (e, verrebbe da dire, anche il lavoratore) da conseguenze derivanti dagli effetti di sostanze stupefacenti o psicotrope durante l’esercizio di attività lavorative a rischio”.
Tuttavia al di là di questa condivisione, emergono alcune criticità correlata all’applicazione della normativa:
- “possibile confusività tra tutela della libertà del singolo/sanzione di comportamenti illeciti (DPR 309/90) e tutela dell’incolumità di terzi (& ruolo del SER.T. tra terapia e controllo);
- le modalità con le quali vengono fatti gli accertamenti sono effettivamente adeguate per individuare una effettiva coerenza temporale tra assunzione di sostanze e loro effetti sul luogo di lavoro?
- E quali le conseguenze dell’applicazione della norma attuale, non tenendo conto, ad esempio, delle effettive dimensioni di una azienda e la conseguente impossibilità di cambio di mansioni”?
In merito agli accertamenti di secondo livello, ricordiamo che ai SER.T. viene riconosciuta una funzione “specialistica” e la possibilità di certificare:
- l’assenza da tossicodipendenza da sostanze stupefacenti;
- la presenza di tossicodipendenza da sostanze stupefacenti.
Inoltre il SER.T./SERD può redigere altre tipologie di certificazione:
- “Assenza di tossicodipendenza ma riscontrato uso di …”;
- “Uso terapeutico di …”.
In particolare il certificato è “l’atto scritto che dichiara conformi a verità fatti di natura tecnica, di cui il certificato stesso è destinato a provare l’esistenza. Ha valore medico-legale e risponde a requisiti sostanziali e formali. Tra i sostanziali la fondamentale è la veridicità, fondata sulla oggettività rappresentata dal contenuto tecnico-biologico, ma un certificato deve essere anche chiaro, completo e preciso. Requisiti formali sono invece quelli relativi a intelleggibilità, luogo e data rilascio, generalità, qualifica e firma del medico. Non deve perciò contenere abrasioni, cancellature o aggiunte”.
I difetti di verità – continua il relatore – “configurano il falso ideologico, di maggiore gravità se commesso da dipendente di Servizio Pubblico in quanto pubblico ufficiale, quelli di forma il falso materiale”. Dunque una certificazione è qualcosa di diverso sia da una “valutazione prognostica”, sia da una “alleanza terapeutica”.
Inoltre come viene considerata, all’atto pratico, la certificazione emessa dagli “specialisti” del SER.T.? In particolare “appare critico il criterio e opinabile di come vengono recepite” le certificazioni di “assenza di tossicodipendenza da sostanze stupefacenti” e di “Uso terapeutico di…”.
Le conseguenze della certificazione di assenza di tossicodipendenza sono il “reintegro immediato nella mansione”?
In realtà la regola generale “vuole che il riscontro anche di una sola positività agli accertamenti di primo livello deve essere seguito obbligatoriamente dall’allontanamento dalla mansione a rischio e dal monitoraggio cautelativo di sei mesi prima del reintegro. Il lavoratore potrà nel frattempo essere adibito ad altra mansione. In deroga a tale regola generale si ammette che in alcuni casi il MC possa riammettere immediatamente il lavoratore alla mansione a rischio e possa decidere di non sottoporlo a monitoraggio cautelativo per sei mesi. È opportuno che questa decisione venga concordata con il collega del SER.T.”.
Inoltre certificare l’eventuale “assenza di tossicodipendenza” “viene privata di senso se assimilata a quella di ‘riscontrato uso di…’”.
E riguardo alle conseguenze della certificazione di “uso terapeutico di…”?
Ad esempio “al lavoratore ancora in terapia con metadone è possibile che venga certificata la ‘remissione completa’ e che quindi possa essere riammesso a svolgere mansioni a rischio? No! La normativa prevede che l’idoneità venga data solo a seguito di certificazione di remissione completa. Tale certificazione non può essere rilasciata fino a quando il lavoratore assume terapia con metadone”.
Si possono trovare le motivazioni nella circolare del 22 settembre 2009 della Regione Lombardia: i criteri per la certificazione previsti dall’intesa Stato-Regioni sono riferiti al sistema diagnostico ICD10 che non indica criteri di “remissione” ma dei criteri per porre diagnosi di tossicodipendenza. L’indicazione a continuare la terapia con metadone è espressa, infatti, quando si suppone che il quadro clinico indicativo di dipendenza, secondo i sopraccitati criteri, non sia stabilmente risolto. Non risulta quindi coerente certificare la risoluzione completa della
tossicodipendenza quando ancora si mantiene una terapia per la medesima. Il contesto specifico della normativa sembra richiedere una certificazione di completa risoluzione del problema che quindi non è compatibile con la terapia sostitutiva.
Tuttavia le motivazioni addotte “necessiterebbero di ulteriore valutazione in quanto non tengono conto di considerazioni cliniche relative ai singoli pazienti e comportano pesanti ricadute”.
Infine ricordiamo le conseguenze della certificazione di “tossicodipendenza da …”.
In caso di accertata tossicodipendenza “scatta l’inidoneità alla mansione e il lavoratore viene addetto ad altra mansione e può usufruire di quanto previsto dall’art.124 DPR 309/90. Ma, come si è visto, è ancora considerato tossicodipendenze anche chi è in cura con terapia sostitutiva presso i SERT”.
Concludiamo ricordando ai lettori che nel documento in allegato, relativo all’intervento, sono presenti diverse tabelle e grafici riguardo agli accertamenti di secondo livello, ad esempio in relazione alla positività riscontrata e alle conseguenze per i lavoratori.
“ Accertamenti di assenza di tossicodipendenza. Applicazione della normativa in Lombardia”, a cura del Dott. Maurizio Resentini (Direttore Dipartimento Dipendenze ASL MB), intervento al seminario che si è tenuto a Seregno (MB) il 14 novembre 2011 correlato al Piano Mirato di Prevenzione “Controlli sull’uso di sostanze stupefacenti da parte di specifiche categorie di lavoratori” (formato PDF, 156 kB).
Tiziano Menduto
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