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Drug test nei lavoratori: i dati dei test e le prospettive future

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Alcol e droghe

17/09/2009

Dalla 5° Conferenza Nazionale sulle Droghe due interventi che ci danno un panorama dei dati sul consumo fra i lavoratori e sulle attività che favoriscono l’uso di droghe: alcune problematiche critiche e le possibili soluzioni.

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Abbiamo già presentato nei giorni scorsi gli atti della “5° Conferenza Nazionale sulle Droghe” che si è svolta a Trieste nel mese di marzo, una conferenza che aveva l’obiettivo di “riunire in una rete ideale tutti gli attori in grado di analizzare il problema, proporre e condividere possibili soluzioni” in merito ai problemi della tossicodipendenza.
 
I temi relativi alla sicurezza lavorativa sono stati trattati nella sessione dal titolo “Drug Test nei lavoratori”, di cui, dopo la sintesi degli interventi proposta nel precedente articolo, ora approfondiamo due interventi.
 
Nell’’intervento “Drug Test dei lavoratori”, del medico del lavoro Luciano Riboldi, si è parlato molto del ruolo del medico del lavoro e si è ribadito che la Medicina del Lavoro si è sempre occupata e si occupa “della sicurezza, della tutela e della promozione della salute delle persone al lavoro, fondandosi su competenze ed esperienze preventive, cliniche, riabilitative e medico legali…”.
 
 
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Tuttavia è interessante rimarcare alcuni dei dati mostrati durante l’intervento.
Ad esempio da una ricerca del 2007 tramite 3000 questionari anonimi a lavoratori dai 18 ai 35 anni si è riscontrato un consumo del:
- 13,5 % di cannabis;
- 4,5 % di cocaina;
- 1,0 % di oppiacei;
- 1,2 % di acidi o altre sostanze.
Analoghe ricerche riportano dati sensibilmente più bassi riguardo al consumo in altri paesi europei (nell’intervento si fa riferimento a Regno Unito e Francia).
Alcuni drug test urinari, condotti in Italia con la collaborazione del relatore, su 1815 di mezzi pubblici in 4 anni riportano questi dati:
- 9 positivi per cannabinoidi;
- 2 positivi per cocaina;
- 1 positivo per oppiacei.
Una ricerca del UOOML Medicina del Lavoro e Preventiva di Varese su 481 autotrasportatori (analisi su urine) dal 15/09/08 al 14/11/08 ha riportato alla luce tre casi positivi a cannabinoidi (di cui due successivamente confermati).
Tuttavia è stimato, secondo alcuni ricercatori:
- che il “tasso di abuso sia otto volte superiore al tasso di test positivi” (DuPont);
- che ci sia “maggiore frequenza di abuso in attività o settori che richiedono impegno fisico, come ad esempio l’edilizia”, anche se l’utilizzo delle sostanze evidenziate dai test dipendono “principalmente da caratteristiche individuali, soprattutto deviazioni comportamentali, piuttosto che dal tipo di lavoro svolto” (Lehman e Bennet).
Ancora alcuni dati interessanti.
In Italia, secondo un’indagine del 2003, su 12.000 pazienti in cura presso 200 Ser.T. di 13 Regioni italiane si evidenziava che il 64% era occupato in attività lavorative (il 32% stabilmente).
 
Secondo altre ricerche, ancora limitate, le attività lavorative che favorirebbero l’uso di droghe sono caratterizzate da:
- “elevata responsabilità lavorativa (manager, dirigenti, …);  
- elevata competitività (liberi professionisti, avvocati, giornalisti, medici);  
- elevata richiesta psicologica (lavoratori della sanità);  
- condizioni eccessive di rischio (settore costruzioni, autotrasportatori);  
- condizioni lavorative usuranti;  
- fattori organizzativi – psicosociali (turni a rotazione e turni notturni, straordinari, monotonia e ripetitività)”. 
 
Dopo aver raccontato di alcune evidenze di efficacia dei programmi di prevenzione in ambito lavorativo nel ridurre il fenomeno infortunistico  (Drug-Free-Workplace Program - Stato di Washington, 1994-2000), il documento torna dunque ad affrontare alcune criticità  della normativa in Italia.
Il relatore indica che i provvedimenti delineano “nuove funzioni per il medico competente (funzioni di controllo) che appaiono in contrasto con il suo ruolo di riferimento nell'ambito del rapporto personale che ha con imprenditori e aziende e di figura di riferimento e fiducia dei lavoratori”.
Tralasciando altri aspetti critici, già visti nel nostro precedente articolo, cosa si può fare per superare i problemi evidenziati?
È possibile “affrontare il problema con modalità del tutto peculiari, che non possono schematicamente essere assimilate a quelle proprie dell’attività di sorveglianza sanitaria”, per esempio con  “veri e propri programmi di prevenzione e promozione della salute (specificamente previsti dal recente DL 81/2008) nell’ambito dei quali il medico del lavoro può intervenire ed agire, secondo scienza e coscienza, con metodologie già sperimentate”. 
In questo situazione il medico competente dovrebbe “poter operare in qualità di consulente del datore di lavoro, ma anche dei lavoratori, ai fini dell’osservanza di una specifica normativa che attiene la tutela dei terzi”.
Inoltre, oltre a prevedere “differenti modelli applicativi, adeguati alle specifiche condizioni di settore produttivo ed aziendali”, sarebbe interessante poter documentare l’efficienza e l’efficacia della prevenzione attraverso “metodi e momenti di verifica locale ed istituzionale”.
 
 
Interessante anche l’intervento “Drug test nei lavoratori – nodi critici” del Dr. Edoardo Cozzolino che affronta alcune problematiche e ambiguità di questa materia.
I principali nodi critici riscontrati sono:
- “normativi (art. 124 e 125 D.P.R. 309/90 e definizione dell’oggetto di accertamento nell’Accordo della Conferenza Stato Regioni del settembre 2008);
- procedurali (in merito alla diagnosi e agli accertamenti di II° livello);
- dimensionali (in merito al volume di attività)”;
 
Dei problemi normativi abbiamo già parlato nel precedente articolo.
Riguardo ai nodi critici in ambito procedurale l’autore ricorda che “il range delle procedure diagnostico accertative di II° livello è estremamente ampio e appare più consono alla procedura diagnostica utilizzata dai Ser.T. per la presa in carico di un paziente a fini terapeutici, piuttosto che a una procedura dedicata all’accertamento di uso, attuale o pregresso, di sostanze stupefacenti in un soggetto che ricopre una mansione a rischio”.
È dunque necessario attualizzare gli art. 124 e 125 del D.P.R. 309/90 e ridiscutere “i contenuti dell’Accordo Stato Regioni per valutare la possibilità di rendere più agili le modalità di accertamento di II° livello”.
Riguardo alla dimensione del problema il relatore sottolinea:
- “la grande diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti;
- il numero molto elevato di soggetti che gestiscono mansioni a rischio”;
- il numero di persone inviabili ai Ser.T., per una valutazione di II° livello, che “potrebbe essere molto alto”.
Tuttavia, pur nell’assenza di dati ufficiali (“e questo è il problema”), il numero di soggetti giunti ad una valutazione di II° livello, in Regione Lombardia, non arriva a 100 persone.
Questo numero esiguo, se confermato, “va valutato e capito”.
Forse siamo ancora in una fase di avvio e potrebbe “verificarsi un’improvvisa impennata” con conseguenti “difficoltà organizzative”.
 
 
 
- “Drug test nei lavoratori – nodi critici”, del Dr. Edoardo Cozzolino (Regione Lombardia, Direttore Ser.T. 1 Asl di Milano) (formato PDF, 76 kB);
 
- “Drug Test dei lavoratori”, di Luciano Riboldi (Clinica del Lavoro "Luigi Devoto”, Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena MILANO, Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale) (formato PDF, 334 kB).
 
 
 
 
 

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