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L’importanza di valutare la sensibilizzazione cutanea nelle serre

L’importanza di valutare la sensibilizzazione cutanea nelle serre
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Agricoltura

03/09/2018

Nelle serre i caratteristici aspetti microclimatici possono favorire lo sviluppo di dermatiti occupazionali. Focus sulle dermatosi occupazionali e su una ricerca in materia di valutazione della sensibilizzazione cutanea.

 

Roma, 3 Sett – Un ambiente di lavoro indoor come la serra “presenta caratteristici aspetti microclimatici che possono favorire lo sviluppo di dermatiti occupazionali, in seguito ad un maggior assorbimento cutaneo dei principi attivi dei comuni prodotti fitosanitari”.

 

Ad affermarlo e a fornire informazioni sul tema delle dermatosi professionali e sulla valutazione dei rischi nell’ambito delle serre è un intervento che si è tenuto al convegno “ La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre” (Lamezia Terme, 4 luglio 2016) e che è stato raccolto, insieme agli altri atti del convegno, in una pubblicazione del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail.


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Dermatosi occupazionali e dermatiti da contatto

Nell’intervento “Valutazione della sensibilizzazione cutanea”, a cura di A. Cristaudo e M. Ambrifi (Ifo-Istituto dermatologico San Gallicano-Irccs -Roma), si ricorda che la dermatosi professionale è descritta come una ‘patologia cutanea causata da o diversamente espressa come la risultanza di fattori primitivamente associati all’ambiente di lavoro’. E “tra le dermatosi occupazionali di più comune riscontro ritroviamo le dermatiti allergiche ed irritative da contatto”. Si ricorda poi che secondo la definizione Simlii 2005, “la dermatite da contatto (DC) è professionale quando legata ad eventi prevedibili e pertanto non fortuiti connessi con l’attività lavorativa, la quale è causa preminente, e cioè insostituibile, anche se non unica, ed è caratterizzata da un quadro clinico molto vario”.

 

Si segnala poi che questo “polimorfismo clinico è legato a diversi fattori: suscettibilità individuale, meccanismi patogenetici, tipo di esposizione, sedi cutanee interessate, particolari noxae, fasi evolutive della DC”. E i fattori che favoriscono lo sviluppo di dermatiti da contatto “sono rappresentati dalla presenza di uno stato atopico, patologie cutanee extraprofessionali predisponenti, la sensibilizzazione da contatto preesistente ad apteni ubiquitari e difetti della barriera cutanea”.

 

Si ricorda anche che la dermatite da contatto è “una reazione infiammatoria della cute ad uno stimolo esterno, che può essere causata da un meccanismo di sensibilità ritardata come nel caso della dermatite allergica da contatto (DAC), oppure da stimoli fisici e chimici, come avviene per la dermatite irritativa da contatto (DIC). La DAC è caratterizzata da una fase di sensibilizzazione che dura circa 5 - 7 giorni in cui non si osservano manifestazioni cliniche, ma gli antigeni penetrano a livello epidermico ove si legano a proteine di trasporto (proteine carrier), trasformandosi da antigeni incompleti (apteni) ad antigeni completi immunogeni”. E i fattori predisponenti possono essere diversi: “le proprietà chimico-fisiche della sostanza (peso molecolare, ph, solubilità ecc.); fattori ambientali (temperatura, umidità e pressione), fattori individuali (età, sesso, razza, atopia), dose, tempo di esposizione, tipo di veicolo e modalità di applicazione”.

 

Una ricerca sulla sensibilizzazione cutanea nelle serre

Come detto ad inizio articolo, la serra ha caratteristiche che possono favorire lo sviluppo di dermatiti in seguito ad un maggior assorbimento cutaneo dei principi attivi dei prodotti fitosanitari. Infatti l’assorbimento cutaneo è “correlato all’integrità della barriera cutanea, che in particolari condizioni microclimatiche può essere alterata”.

Quando si rimane in ambienti caldi come le serre, “l’organismo reagisce tramite una serie di meccanismi termodispersivi e si assiste alla sospensione dei processi metabolici sottesi alla termogenesi facoltativa, in particolare: la vasodilatazione cutanea, l’aumento della sudorazione, l’aumento della frequenza e della profondità del respiro e il rallentamento del battito cardiaco; tutti processi che hanno lo scopo di aumentare la dispersione del calore mediante evaporazione”.

 

Partendo da questi presupposti è stato svolto uno studio il cui obiettivo era rappresentato dalla “caratterizzazione clinica non invasiva dei parametri dermatologici di interesse nell’assorbimento cutaneo di prodotti fitosanitari presenti nella serra, dei parametri di sudorazione/idratazione/secrezione sebacea, prima ed alla conclusione della attività lavorativa; nonché dalla caratterizzazione del microclima di questo ambiente di lavoro al fine di definire un modello matematico che permetta la valutazione del rischio come funzione dei parametri microclimatici, del tempo di esposizione in serra e della concentrazione dei prodotti fitosanitari in essa  presenti”.

 

I risultati della ricerca

Si indica che l’anamnesi lavorativa “ha evidenziato una esposizione quotidiana dei lavoratori a pesticidi, diserbanti e concimi durante le mansioni lavorative che essi svolgono con l’uso di guanti di gomma”. Inoltre i lavoratori – il campione era formato da 29 lavoratori (28 di nazionalità indiana ed uno di nazionalità polacca) – “hanno riferito di effettuare l’igiene delle mani circa due volte al giorno con l’utilizzo di comuni detergenti”.

 

Alla fase di raccolta dei dati anamnestici è seguito un approfondito esame obiettivo cutaneo, che “ha messo in evidenza nella quasi totalità dei lavoratori un quadro clinico di fotoinvecchiamento cutaneo precoce localizzato al volto, al collo e alle estremità superiori, ossia le zone cronicamente fotoesposte”.

Si è poi posta particolare attenzione “all’osservazione clinica delle mani, caratteristicamente sede di dermatiti allergiche da contatto”: in corrispondenza dei palmi “si è evidenziata la presenza di lesioni quali xerosi, fissurazioni ed ipercheratosi mentre lentigo solari e cheratosi seborroiche ed attiniche erano situate sul dorso delle mani”.

 

Infine i soggetti sono stati sottoposti ad un patch test, “specificamente realizzato per testare le sostanze a cui è esposto il personale”. Il test “è stato ben tollerato”, non si è osservato “in nessun caso dermatiti irritative da contatto da apparato testante. 28 soggetti sono risultati negativi al patch test mentre 1 soggetto ha mostrato una debole positività ai seguenti allergeni: warfarin e diclorofene”.

 

In definitiva, conclude la relazione, “di fatto l’ esposizione ai prodotti fitosanitari rappresenta un reale fattore di rischio per lo sviluppo di dermatiti allergiche da contatto occupazionali”.

Per questo motivo “la valutazione della sensibilizzazione cutanea a questi prodotti impiegati nelle serre riveste un ruolo fondamentale per l’identificazione di adeguate misure di prevenzione”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica i documenti da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Atti di convegno. La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”, a cura di Elena Barrese e Marialuisa Scarpelli (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, Inail), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2017 (formato PDF, 1.93 MB).

 

 

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